Tre corpi, tre versioni
e un problema in gioco

David Benioff, D. B. Weiss,
Alexander Woo (ideatori)
Il problema dei 3 corpi
Prima stagione
Otto episodi
Cast principale: Jess Hong,
Rosalind Chao, Zine Tseng,
John Bradley, Liam Cunningham,
Benedict Wong, Jonathan Pryce,
Jovan Adepo.
Produzione e Distribuzione:
Netflix, 2024

David Benioff, D. B. Weiss,
Alexander Woo (ideatori)
Il problema dei 3 corpi
Prima stagione
Otto episodi
Cast principale: Jess Hong,
Rosalind Chao, Zine Tseng,
John Bradley, Liam Cunningham,
Benedict Wong, Jonathan Pryce,
Jovan Adepo.
Produzione e Distribuzione:
Netflix, 2024


Il problema è che tutti i corpi esercitano e subiscono attrazione. Nulla che abbia una massa e occupi una posizione nello spazio è neutrale rispetto a un campo di influenze reciproche. Forze fondamentalmente invisibili. Almeno finché non se ne osservano gli effetti sui corpi. Liu Cixin riesce a catturare e a portare queste linee sottili all’attenzione intrecciando mirabilmente il linguaggio delle scienze esatte con quello delle vicende umane. Una suggestione catturata ed espansa con intelligenza da due appassionanti serie tv. La prima è Three-Body, prodotta dalla cinese Tencent nel 2023. Un progetto che deve aver convinto Netflix a lanciarsi nell’impresa di catturare la fitta rete di speculazioni scientifiche e filosofiche di Cixin. Nel 2024 arriva così la serie tv ideata dal duo David Benioff e D. B. Weiss (i creatori de Il trono di spade) insieme ad Alexander Woo (The Terror) per Netflix. Una notevole impresa di compressione che restituisce, in sole otto puntate, il senso del complesso affresco tecno-scientifico contenuto nella famosa trilogia letteraria di Liu Cixin, in particolare gli eventi del primo romanzo intitolato Il problema dei tre corpi. Come nel libro, i plot delle due serie ruotano intorno al contatto a distanza tra i terrestri e i trisolariani (San-Ti nella serie tv), una specie senziente in fuga da un pianeta assillato da continue catastrofi ambientali dovute ai capricci dei suoi tre turbolenti soli.

Quasi mai una versione cinematografica o televisiva riesce a convincere chi ha particolarmente amato un determinato romanzo. Prevedibilmente, ogni singolo lettore di Cixin avrà qualcosa da ridire sulle scelte di Tencent e di Netflix. La serie Tencent troppo prolissa (forse perché troppo fedele). Quella Netflix troppo sbarazzina e infedele con la scelta di mettere al centro un gruppo di ex-compagni di college che fa sembrare tutto una rimpatriata di Friends tra gli acceleratori di particelle. In effetti il contrasto tra lo stupore fantascientifico della grandiosa trama sullo sfondo e la banalità dei subplot sentimentali può disturbare non poco. Ma in un modo piuttosto goffo e a tratti omologato, il team Benioff-Weiss-Woo riesce a creare un piccolo sistema solare interno fatto di influenze reciproche che rappresentano la varietà del panorama emotivo umano da contrapporre alla enigmatica psiche aliena. Il problema dei tre corpi targato Netflix si sofferma molto sulla contraddizione tra l’affermazione di un’umanità empatica e la puntualità con cui si presentano le logiche della volontà di potenza nei momenti decisivi. Cina, 1967. Al grido “schiacciamo gli insetti”, la serie di Benioff-Weiss-Woo parte in quarta proprio come il libro di Cixin. La folla assiste alla sfilata di “autorità accademiche reazionarie e borghesi” legate e trascinate nella pubblica piazza al fine di espletare violente “sessioni di lotta”, pressoché identiche in tutte le guerre civili.

Il fisico Ye Zhetai è l’agnello sacrificale di turno. Un esperto di meccanica che si prepara a sperimentare con il proprio corpo da insetto quanto è vano opporre resistenza a un’immensa forza collettiva che ha una sola idea in testa. Il professore finisce disteso senza vita in una pozza di sangue, davanti agli occhi della figlia Ye Wenjie che diventerà a sua volta scienziata e protagonista del primo contatto con gli alieni. La violenza umana viaggia dalle botte maoiste ai giorni nostri. Con il cruento attacco alla nave Giorno del Giudizio, il team Benioff-Weiss-Woo introduce un’importante variazione rispetto al libro amplificando la crudeltà con cui viene fatta letteralmente a fette una pacifica comunità di civili (compresi anziani e bambini), mostrando fino in fondo la misura della risolutezza umana. Si tratta di una rappresentazione grafica della violenza che le narrazioni riservano tipicamente agli atti terroristici così da fomentare un sentimento di odio profondo nei confronti del malvagio di turno. Ma qui sono gli umani protagonisti a colpire. Uno spostamento simbolico non da poco. Violenza strategica, efficienza militarista e autoritarismo sono aspetti che accomunano tutte le cosiddette specie intelligenti nella visione di Cixin. Gli altri in competizione per le stesse risorse diventano metaforicamente insetti da schiacciare.

 Il problema della comunicabilità
Tradurre Cixin in audiovisioni significa affrontare la complessità di una scrittura di stampo asimoviano che tiene tutto ancorato alle scienze STEM. Qui c’è un percorso che lega tutte le tappe della fantascienza classica, tenendo sempre pronti articolati e affascinanti ultra spiegazioni, come prescrive la hard science-fiction più pura. Lo scrittore cinese mette in fila praticamente tutte le tecnologie più rilevanti del nostro tempo. L’approccio di Benioff, Weiss e Woo sembra (almeno nella prima stagione) è invece quello di tenere alta la suggestione del primo contatto procrastinando il più possibile una rappresentazione grafica precisa, in particolare dell’aspetto degli alieni. Il problema dei 3 corpi Netflix rientra in quella lunga e nobile tradizione cinematografica e televisiva che racconta l’incontro senza mostrare (o mostrando poco) gli alieni. Arrival è un esempio recente. Ma ricordiamo soprattutto 2001: Odissea nello spazio e Contact, il film di Robert Zemeckis basato sull’omonimo romanzo di Carl Sagan (tra i fondatori di SETI). Nel primo caso Stanley Kubrick propone il contatto con gli alieni come un lungo volo in terre sconosciute, un tutto abbracciato dall’inquadratura fluttuante di un occhio che è nel contempo macchina e intelletto. Proprio come il sofone trisolariano, un sofisticato dispositivo grande quanto un protone e dotato di intelligenza artificiale. Il sofone è stato inviato per spiare e sabotare la ricerca scientifica degli umani. Cosa che è l’esatto contrario del dono alieno in 2001: Odissea nello spazio. Il videogioco alieno Tre corpi persegue questa stessa linea di ambiguità simbolica e conferma la non rappresentabilità del trisolariano.

Qualcosa del genere avviene nelle visioni/osservazioni in Contact. La protagonista è Ellie Arroway (interpretata da Jodie Foster), una scienziata che, proprio come Ye Wenjie, si offre anima e corpo alla causa del contatto con gli alieni e passa le sue giornate davanti alle strumentazioni di un radiotelescopio. Orfane di padre, Wenjie ed Ellie cercano entrambe qualcosa nel vuoto dell’oscurità siderale, nel fruscio del rumore bianco. La versione di Zemeckis sottolinea il problema dello scambio simbolico tra culture troppo diverse che cercano un contatto sul terreno delle immagini e delle metafore. I dubbi che vengono continuamente insinuati in Contact seminano quel concetto di falsificabilità delle immagini sonore che oggi sboccia nella cultura del deep fake. Resta il messaggio principale di Sagan ovvero che la matematica (e, per estensione, tutte le scienze esatte) possa essere la colonna portante di un messaggio universale. Ma cos’altro c’è intorno alla matematica? In Cixin i trisolariani dimostrano di aver percorso le stesse identiche tappe della corsa tecno-scientifica umana ma pervenendo a un risultato finale che estirpa qualsiasi traccia di empatia. Che tipo di dialogo sarebbe possibile tra due popoli così psicologicamente lontani? Il problema dei tre corpi raccoglie la prospettiva filosofica del racconto di Sagan/Zemeckis ma tronca ogni sospensione poetica.
La serie Netflix si sbilancia nel descrivere gli alieni come una sorta di mente collettiva. Gli alieni non sembrano in grado di comprendere le metafore o la finzione. “Questo non lo comprendiamo”, ripete più volte la voce del sofone alieno. Si prospetta un incontro tra intelligenze che non hanno alcuna base emotiva in comune che non sia la cultura tecno-scientifica e la paura di morire. Ironico il momento in cui la voce degli alieni chiede a Mike Evans di fargli conoscere il lupo protagonista della fiaba di Cappuccetto Rosso. Agli occhi dei trisolariani, quella fiaba non è altro che una bugia su un bugiardo. Il sofone dice: “Non possiamo coesistere con i bugiardi. Abbiamo paura di voi”. Fine delle trasmissioni.

Fermi nella foresta oscura
Il Paradosso di Fermi: dato il vertiginoso numero di sistemi planetari simili al nostro (dato molto confermato anche dalle recenti ricerche astrofisiche), com’è possibile che non abbiamo ancora tracce dell’esistenza di civiltà aliene? Tutte le evidenze e la stessa esistenza finora infruttuosa del progetto SETI farebbero propendere per l’assoluta rarità del fenomeno chiamato “civiltà” il cui numero potrebbero essere di molto inferiore alle 600 stimate dall’equazione di Drake (cfr. deGrasse Tyson, Strauss, Gott) riguardo alla Via Lattea. La cifra uno non è poi così improbabile. La vita biologica e il pensiero intelligente sono davvero fenomeni così rari nell’universo? Gli scrittori di fantascienza non possono rassegnarsi al grande silenzio, pur comprendendone i motivi. Sull’incontro tra umani e intelligenze realmente aliene ha giocato molto Stanislaw Lem. L’autore polacco presenta un’ampia disamina dei problemi della “tecnoevoluzione cosmica” e della “densità di civilizzazione” nel capitolo Civiltà cosmiche del suo Summa technologiae, finalmente disponibile in italiano grazie alla Luiss University Press (2023).

La “fase psicozoica” (l’era tecnologica di una civilizzazione) sarebbe congelata nella sua solitudine e nell’impossibilità di un confronto. Sempre Lem offre una divertente spiegazione che copre sia il Paradosso sia l’origine delle nostre leggi fisiche. Nel racconto breve La nuova Cosmogonia (2010) c’è un nuovo modello di universo: le leggi della fisica sarebbero il risultato di un gioco condotto da antiche civiltà estremamente avanzate. La strategia è quella di mantenere un certo equilibrio, in modo che nessuno possa ottenere un vantaggio decisivo. Si gioca per non perdere e sopravvivere. La strategia diventa regola. Le azioni di gioco portano a tre ineluttabili leggi fisiche: 1) l’universo è in costante espansione così da assicurare la giusta distanza tra i giocatori; 2) la velocità della luce è limite invalicabile così da evitare sconfinamenti; 3) la direzione del tempo è univoca così che nessuno possa tornare indietro e annullare tutto. Anche Liu Cixin ha qualcosa da aggiungere sugli equilibri insiti nel Paradosso: l’universo è fondamentalmente una Foresta Oscura in cui trionfa la paranoia, come l’autore spiega nel secondo volume della trilogia dei tre corpi. Ogni civiltà è un cacciatore che si aggira silenzioso tra gli alberi, pronto a sparare. Si muove senza far rumore per poter cogliere di sorpresa la preda, ma anche per non essere a sua volta predato. In quanto specie anaffettiva, i trisolariani dovrebbero essere disinteressati a qualsiasi comunicazione o espansione. A meno che non venga messa in discussione la loro sopravvivenza.

Alfa del Centauro
A quanto pare siamo davvero soli nell’universo. Ma Cixin galleggia in un suo oceano luminescente composto da una peculiare miscela di sense of wonder e realismo cosmico. Un sense of wonder che non guarda in faccia a nessuno, come dimostra il racconto La Terra errante (AA.VV., 2010) in cui colloca un colossale jetpack fatto di 10.000 propulsori dietro la schiena del nostro bel pianeta azzurro per farlo scappare da un Sole improvvisamente moribondo. Spazio 1999 ma con la Terra che si sposta di quattro anni luce per andare a mettersi in orbita intorno ad Alpha Centauri. Un trasloco leggermente più importante di quello organizzato dai trisolariani. Interessante la fissazione di Cixin per il sistema centauriano. Ma come? Con Il problema dei tre corpi che si sbraccia a indicare il Paradosso di Fermi come momento di riflessione sulla nostra arroganza antropocentrica? Con le antenne (tra l’altro i cinesi hanno recentemente costruito il radiotelescopio FAST, il più grande orecchio orientabile al mondo) puntate verso l’infinito a spulciare quadrante per quadrante miliardi di possibili fonti, la tanto sognata presenza aliena sarebbe proprio nel giardino più vicino? A soli quattro anni luce di distanza? Tra l’altro Cixin si è divertito a romanzare non poco le caratteristiche astrofisiche reali del sistema Alpha Centauri: tre stelle sì ma senza interferenze gravitazionali, muovendosi tranquille e ben organizzate con Proxima Centauri a ruotare con raggio molto ampio rispetto al centro costituito da una coppia di stelle molto simili al nostro Sole, Rigil e Toliman, che compongono un pacifico sistema binario.

Nulla esiste a sé stante
“In natura, nulla esiste a sé stante” dice Ye Wenjie. Il grido disperato dell’astrofisica che chiama gli alieni a invaderci è gesto anti-umanista solo in apparenza votato all’autodistruzione. Sarebbe così dannosa una soggettività altra che ci fa capire dove sbagliamo? Perché non provare a trarre ispirazione? Forse estirpare le emozioni e stigmatizzare ogni forma di individualismo non sono pratiche da prendere proprio alla lettera. “Se uno di noi sopravvive, viviamo tutti”: dicono i trisolariani. Non è forse vero che se un umano sopravvive, questi prende in carico il ricordo dei suoi cari? I processi psichici trisolariani sono davvero così lontani e mostruosi? In pratica Ye Wenjie evoca il Grande Altro lacaniano (cfr. Zizek, 1999) nell’auspicio di ciò che potrebbero rappresentare i trisolariani per i terrestri: un fertile terreno di scambio simbolico.
Qui sembra calzare una riflessione di Sartre sull’alieno-altro:

“Per quel marziano […] che conosce da molto tempo la tecnica della navigazione interplanetaria, noi siamo […] una specie animale il cui sviluppo scientifico e intellettuale è stato ritardato da certe circostanze […] Il marziano […] noterà che gli abitanti di questo pianeta sottosviluppato hanno certi comportamenti orientati verso certi obiettivi”
(Sartre, 2006).

Un agente esterno, ipoteticamente superiore, conosce ciò che noi non conosciamo svolgendo così la funzione di Grande Altro per l’umanità intera. La speranza di Wenjie è che esista proprio questo spazio simbolico in grado di sancire le condizioni pubbliche di un discorso interstellare basato sull’armonia e non sulla sopraffazione. Il secondo e il terzo volume della trilogia di Cixin dimostreranno esattamente il contrario. Mentre tutto grida “nulla esiste a sé stante”, riecco spuntare Sartre a rovinare i sogni di Wenjie. Per il filosofo esistenzialista il Grande Altro marziano rappresenta “un ottenebramento intellettuale, una negazione di interiorità al cuore della nostra vita” (ibidem) mettendo in discussione il concetto di coscienza ovvero il “per-sé” che si oppone allo “in-sé” (cfr. Sartre, 2014). Vedremo nella seconda stagione dello show Netflix se gli Impenetrabili saranno davvero così ascetici come promettono. Sarà davvero possibile pensare rinunciando a ogni tecnologia per comunicare? Oppure trionferà il “nulla esiste a sé stante”? Sarà ancora in qualche modo accessibile quel nodo gioco-simulazione-scienza esposto dal videogioco?

Empatia videoludica
La serie Netflix si distingue dal libro e dalla serie Tencent nel collocare la frase “Siete insetti” non sulla retina di ogni singolo individuo ma al centro della frenesia luminosa dei cartelloni pubblicitari, sui display di ogni singolo dispositivo elettronico. Uno stridio particolarmente acuto e dissonante che spezza il rumore di fondo della vita quotidiana, ricordandoci che fino a poco prima vivevamo nel torpore ipnotico di un’esistenza fatta soprattutto di brand e di effimero. Interrompendo improvvisamente le nevrosi del “sempre attivo” tanto amato dal capitalismo, imponendosi alla dispersività dell’attenzione in mobilità, gli alieni ci strappano da una allucinazione collettiva e ci ricordano che possono decidere con cosa sostituirla. All’opposto, all’interno del videogioco alieno, tutto appare dimesso nella sua essenzialità di funzione. La serie Netflix riesce a comunicare un senso di mistero e di indeterminatezza attraverso scenografie e costumi, senza esagerare nel dettaglio come sceglie invece di fare la serie Tencent, che propone un ambiente che ricorda quelli della saga Final Fantasy. Più efficace proporre un deserto dell’attenzione dal quale far emergere di volta in volta piccoli dettagli. Il videogioco di origine aliena è una sottile opera di seduzione del cuore degli umani. Sfumature psicologiche possibili solo attraverso una simulazione immersiva. Il personaggio strappalacrime della bambina che muore sempre diventa il simbolo di un intero popolo.

“- Siete veri? Anche voi giocate? Un personaggio del gioco?

– Lei è la mia seguace. La puoi chiamare… Seguace”.

Nella serie Netflix, quando Jin Cheng entra nel gioco, si apprezza lo smarrimento iniziale del giocatore che è il sale del coinvolgimento emotivo nelle simulazioni immersive. Nei suoi primi momenti di gioco Jack Rooney nota un piccolo insetto e lo accarezza. Un’importante differenza rispetto ai libri consiste nel mettere in evidenza come gli alieni cerchino di studiare l’empatia umana. Forse per usarla come arma? In effetti nello show Netflix viene sottolineato spesso (anche troppo) l’importanza dell’empatia e delle relazioni emotive. Questo emerge grazie anche a un ottimo cast (a eccezione dello scivolone sul personaggio di Auggie, l’esperta in nanotecnologie). Un’empatia intermittente, contraddittoria, ambigua come dimostra la strage della nave. Quando vengono svelati i piani di fuga dei trisolariani, la bambina frigna “Ci accoglierete, non è vero?”, stringendo le mani di Cheng. Del resto per i trisolariani una guerra sarebbe un inutile spreco di risorse.

Teorie del gioco e della sopraffazione
I trisolariani rivelano la loro strategia contro gli umani, ovvero l’invio dei sofoni in grado di manipolare la ricerca scientifica sulla Terra. Nel quinto episodio il sofone alieno riassume la situazione con la più assoluta trasparenza: gli umani evolvono molto velocemente la loro tecnologia e quindi nell’arco di quattro secoli (ovvero poco prima dell’arrivo della flotta aliena) sarebbero senz’altro in grado di mettersi alla pari, prevedibilmente preparandosi a schiacciare gli alieni come insetti. Sul fronte avverso, a causa dei sofoni, Thomas Wade non può fare altro che definire le strategie degli umani dando per scontato di non poterle nascondere agli alieni. È interessante notare come Cixin e la serie Netflix accostino il Paradosso di Fermi alle teorie del gioco. Vediamo per un attimo Ye Wenjie trafficare con dei libri tra cui Game Theory: A Simple Introduction di K.H. Erickson (2013). Subito dopo Wenjie racconta a Saul la barzelletta dell’Einstein violinista sottolineando che la sopravvivenza dell’umanità potrebbe dipendere dalla nostra capacità di scherzare. Sicuramente la vecchia scienziata deve avere qualche cartuccia in serbo contro i trisolariani.

La Teoria del gioco è uno schema analitico che viene continuamente utilizzato per studiare una vastità di fenomeni sociali o di interazioni. Come si afferma un equilibrio di deterrenza tra due entità in competizione? La risposta a questa domanda è spesso la chiave per comprendere la nascita di un contratto sociale e quindi di una civiltà. Il videogioco immersivo mette in luce le ambiguità del concetto di giocatore, la distinzione tra per-sé e in-sé sartriani: abbiamo da una parte intelligenze artificiali che si rivelano tutt’altro che presenze neutrali, dall’altra soggetti umani che finiscono per comportarsi come automi seguendo passivamente i binari della deterrenza e di sceneggiature composte altrove. La grande intuizione di Cixin, ben riflessa dal serial tv, è che i giochi forniscono la miglior chiave di comprensione rispetto alla soggettività e all’agire umano. Ambienti virtuali a stento distinguibili dalla vita reale esaltano l’idea di falsificabilità del reale e soprattutto l’idea che la soggettività non è altro che una simulazione.

Letture
  • Liu Cixin, La terra errante in Autori vari,  Shi Kong China Futures, Urania 1564, Mondadori, Milano, 2010.
  • Neil deGrasse Tyson, Michael A. Strauss, J. Richard Gott, Benvenuti nell’universo, Hoepli, Milano, 2023.
  • K.H. Erickson, Game Theory: A Simple Introduction, CreateSpace / Amazon Kindle Direct Publishing, U.S.A., 2013.
  • Stanislaw Lem, Summa technologiae, Luiss University Press, Roma, 2023.
  • Stanislaw Lem, Vuoto assoluto, Voland, Roma, 2010.
  • Jean-Paul Sartre, Critica della ragione dialettica. L’intelligibilità della storia. Tomo II, Marinotti, Milano, 2006.
  • Jean-Paul Sartre, La nausea, Einaudi, Torino, 2014.
  • Slavoj Zizek, Il Grande Altro, Feltrinelli, Milano, 1999.
Visioni
  • Stanley Kubrick, 2001: Odissea nello Spazio, Warner, 2007 (home video).
  • Yang Lei, Vincent Yang, Three-Body, Tencent, 2023 (streaming).
  • Robert Zemeckis, Contact, Warner, 2000 (home video).