Metti una sera a cena
con delitti, neve rossa e AI

Brit Marling e Zal Batmanglij (ideatori)
A Murder at the End of the World
Stagione unica
Cast principale: 
Emma Corrin,
Brit Marling, 
Clive Owen,
Harris Dickinson
Produzione: Mysterium Valley / FXP
Distribuzione Italia:
Star (Disney +), 2023

Brit Marling e Zal Batmanglij (ideatori)
A Murder at the End of the World
Stagione unica
Cast principale: 
Emma Corrin,
Brit Marling, 
Clive Owen,
Harris Dickinson
Produzione: Mysterium Valley / FXP
Distribuzione Italia:
Star (Disney +), 2023


L’ambientazione della miniserie A Murder at the End of the World è una sorta di bunker-albergo seppellito da qualche parte in un’Islanda flagellata dalle tempeste di neve. In questa località super-segreta, il tycoon dell’hi-tech Andy Ronson organizza un incontro tra cervelli ben assortiti. Lo scopo è spremere uno stimolante brainstorming in attesa dell’ineluttabile fine del mondo. La neve che assedia l’albergo è un elemento scenico di forte pressione psicologica che ricorda il cambiamento climatico e la probabile catastrofe dietro l’angolo. L’isolamento fisico, diventa presto isolamento psichico quando uno degli ospiti muore. Il male scivola gradualmente all’interno della scatola chiusa. A Murder at the End of the World sembra a tratti una rilettura postmoderna del romanzo Dieci piccoli indiani di Agatha Christie. La sceneggiatura si inserisce in quella stessa tradizione di storie su piccoli gruppi isolati in cui ogni personaggio si presenta e “legge” il suo percorso. L’idea del duo Brit Marling e Zal Batmanglij (già ideatori di The OA, qui alla sceneggiatura e alla regia) è quella di lavorare su tracciati estremamente classici e riconoscibili per poi ricomporli all’interno di un più complesso dramma postmoderno sugli eccessi della tecnologia.
Riecco i gialli britannici delle origini, quelli che traboccavano di pregiudizi, tra cui puntare il dito contro il maggiordomo (per la verità pochi clamorosi casi di domestici assassini sono bastati a cementare questo stereotipo). Ed ecco la giovane protagonista Darby Hart e il suo libro: un diario della sua caccia al serial killer femminicida attraverso il quale l’investigatrice dilettante lega i delitti affrontati a un percorso di autoanalisi. Darby e il suo ex Bill: personaggio che lega il periodo avventuroso analizzato dai flashback al presente ansiogeno nel fortino tecnologico. Il confronto ieri/oggi in montaggio alternato dosa goccia a goccia la backstory di Darby e Bill, esplorando motivazioni e personalità.

Un po’ come se ne Il silenzio degli innocenti, la caccia al killer venisse intercalata con flashback che scavano nel passato e nel profondo della recluta dell’FBI, Clarice Starling. Scelta di scrittura rischiosa perché è inevitabile il confronto con i grandi thriller psicologici del passato con una giovane donna protagonista. Ma in A Murder at the End of the World la freschezza degli inserti hacker distoglie dal baratro del didascalismo: il rapporto tra Darby e le lampadine wi-fi per esempio, ma soprattutto Darby e Bill, in quei flashback che sono anche un revival del tempo dei forum, dell’internet delle origini in cui si creavano spontaneamente falò digitali riservati e intimi. Interessi comuni e connessioni profonde: un’epoca fatalmente destinata a finire, così come viene seppellita la gioventù nel freddo resort del titano industriale.

Il sangue, la neve, il rosso, i precedenti
C’è poi la neve, qui rosso sangue. L’idea di tingerla di rosso risale ai noir della Hollywood anni Cinquanta, come nell’insolito dramma poliziesco Neve rossa (1951, On Dangerous Ground è il titolo originale) diretto da Nicholas Ray. In breve, il brutale detective Jim Wilson (Robert Ryan) e i suoi discutibili metodi vengono spediti lontano dalla grande città e dagli occhi dei media. Indaga su un femminicidio in una minuscola cittadina di provincia. Le impronte nella neve conducono alla fattoria di Mary Malden (Ida Lupino), una ragazza non vedente, che ammorbidirà il rude detective con la sua storia di solitudine e fiducia. Il tragico finale e la speranza di rinascita allegata, è in sintonia con il panorama innevato, con il congelamento e la dissimulazione del desiderio e della rapacità umana. Elementi procedurali e disperazione si mescolano con un ritmo e un equilibrio molto avanti sui tempi: dal cumulo dei rifiuti urbani alla pace della campagna, Neve rossa presenta quella qualità contemplativa che ritroviamo in A Murder at the End of the World e che evidenzia l’invarianza della furia umana in città come ovunque. La neve insanguinata come metafora delle apparenze che ingannano e delle ingiustizie dello status quo. Idea che parte dai margini dello studio system, da un gruppo di reietti del maccartismo e del puritanesimo, per essere poi rilanciata da diverse generazioni di creativi anticonformisti come i fratelli Coen che nella neve di Fargo (1996) utilizzano la loro glaciale ironia per esaltare la discrepanza tra la routine delle vite ordinarie e il desiderio che cova nel profondo.

A Murder at the End of the World riprende le temperature e la consapevolezza di quel fuoco nascosto. Un’idea che piace anche agli autori della recente quarta stagione di True Detective che parte subito mettendo in chiaro il feeling con i ghiacci di un altro cult pieno di freddo e isolamento: La cosa (1982) di John Carpenter. La neve seppellisce e mimetizza arcane energie distruttive. In True Detective ancora figure femminili protagoniste: ritroviamo Jodie Foster nei panni di un’investigatrice come ai tempi di Clarice Starling. Ancora un gruppo di cervelloni in un luogo isolato dal freddo. Ancora il cambiamento climatico. Ancora un femminicidio e una rude poliziotta (interpretata dalla pugile professionista Kali Reis) a usare le maniere forti.
A proposito di mestieri non più riservati agli uomini e di cose interessanti che accadono nella neve, da notare che Fargo lanciò su scala planetaria il talento dell’attrice protagonista Frances McDormand, che vestiva i panni del capo della polizia locale Marge Gunderson, donna e incinta. A Murder at the End of the World prosegue dunque questo importante lavoro di decomposizione di antichi equilibri dietro e davanti alla macchina da presa, collocando l’attrice-sceneggiatrice-regista Brit Marling nel solco di Ida Lupino ed Emma Corrin in quello di Jodie Foster. Quanto al buen retiro di Ronson si tratta di un bunker all’avanguardia in fatto di protezione della vita da ogni minaccia. O almeno quelle provenienti dall’esterno.

Qui va annotata una critica all’idea profondamente antidemocratica che l’umanità possa andare avanti tramite riunioni più o meno segrete, think tank, circoletti letterari chiusi. Ma così è sempre stato e così continuerà a essere, con o senza il web e i social media. L’unico contributo del soluzionismo tecnologico al dibattito sull’imminente catastrofe si riduce dunque alla preparazione di un’antidemocratica arca di Noè gestita e manutenuta da una AI. Si tratta di una visione ampiamente esplorata dalla recente sci-fi post-apocalittica, in particolare i bunker giganti di Silo (serie partita nel 2023, dai romanzi di Hugh Howey) e di Fallout (popolare saga videoludica che ha ispirato una serie attualmente in lavorazione). Tanta tecnologia e nessuno sa cosa fare per aggiustare l’ecosistema. Nel modus operandi dell’hacker Darby ci sono tutte le contraddizioni di un’industria dei gadget informatici che sono contemporaneamente strumenti di sorveglianza e di liberazione. Nei flashback, Bill e Darby discutono di big data e di come schemi e modelli del mondo reale si ripetono nel cyberspazio e nella tecnologia d’avanguardia presentando il conto degli errori di sistema: capitalismo selvaggio, misoginia e, soprattutto, potere ossessionato dal controllo su cose e persone. Così come sembra un glitch del software tutto questo tornare ai gialli classici poggiando su codici ormai piuttosto consumati (la scena del crimine, l’arma del delitto, il movente, ecc.) in un mondo di finzione in cui il colpevole potrebbe essere ancora una volta il maggiordomo.

Letture
  • Agatha Christie, Dieci piccoli indiani (… e poi non rimase nessuno), Mondadori, Milano, 2019.
Visioni
  • Joel e Ethan Coen, Fargo, MGM, 2020 (home video).
  • Nic Pizzolatto, True Detective 4: Night Country, HBO, 2024.
  • Nicholas Ray, Neve rossa, Terminal video, 2008 (home video).
  • Graham Yost, Silo, Apple TV+, 2023.