Surreali alternative
all’architettura del giallo

Arkadij e Boris Strugackij
L’albergo dell’alpinista morto
Traduzione di Daniela Liberti

Carbonio Editore, Milano, 2022
pp. 248, € 16,50

Arkadij e Boris Strugackij
L’albergo dell’alpinista morto
Traduzione di Daniela Liberti

Carbonio Editore, Milano, 2022
pp. 248, € 16,50


Carbonio Editore ha recentemente pubblicato, dopo le edizioni italiane de La chiocciola sul pendio, La città condannata e L’isola abitata, il suo quarto romanzo estratto dalla sterminata produzione dei fratelli Arkadij e Boris Strugackij: L’albergo dell’alpinista morto. Tradotto da Daniela Liberti e finora inedito in Italia, il romanzo è del 1970, ed è sottotitolato Ancora un requiem per il romanzo giallo. Il riferimento è dichiarato ed è un omaggio al corrispondente sottotitolo de La promessa, romanzo del drammaturgo e romanziere svizzero Friedrich Dürrenmatt, che recitava Requiem per il romanzo giallo. Per il lettore abituato agli stilemi della narrativa gialla e noir in questo contesto è evidente la proposizione di intenti dei fratelli Strugackij, ovvero quella di ribaltare le formule del giallo classico, in questo caso lo schema noto come l’omicidio nella stanza chiusa. L’ambiente costruito dagli autori non ha nulla da invidiare a un romanzo di Agata Christie, o di Conan Doyle, dove la razionalità e l’acume investigativo del poliziotto incaricato delle indagini escono vittoriose dall’incontro con la pura emotività propria del colpevole, che viene comunque individuato proprio per la incontestabile superiorità della ragione sulle passioni. Dürrenmatt, ne La promessa, introduce nello schema della trama l’elemento del caos, il puro evento che entra in conflitto con la razionalità positivista, e che si rivela essere l’elemento incommensurabile, l’imprevedibile e l’inimmaginabile. La lezione del drammaturgo, su cui riflettevano i fratelli, li spingeva a cercare

“[…] qualcosa di paradossale, con una svolta inaspettata e tragica proprio nel finale, quando l’interesse del lettore, secondo tutte le leggi del giallo, va scemando”.

I due scrittori in quegli anni erano drammaticamente stretti dalle maglie della censura e riuscivano a pubblicare solo a prezzo di importanti modifiche ai personaggi e ai contesti. Questo romanzo nasce proprio dalla condizione di necessità economica in cui erano costretti a causa di quelle difficoltà, e quindi loro stessi lo vedevano come una sorta di ripiego, rispetto ai temi più drammatici e cruciali su cui scrivevano in quegli anni, e che oggi leggiamo – per esempio – ne La città condannata. Nonostante il volenteroso tentativo di compiacere la nomenclatura e la burocrazia sovietica con un romanzo apparentemente più leggero, Boris non poté che ammettere come ormai nei loro confronti fosse assente qualsiasi tipo di collaborazione e di tolleranza. Fu quindi anche in questo contesto complicato e scoraggiante che dovettero affrontare l’ulteriore lavoro di riscrittura e autocensura a cui si sottoposero. Questo però non deve in alcun modo far pensare a un testo trascurabile. La maestria dei fratelli Strugackij emerge anche in questa occasione, cosicché riescono a sfruttare il tema a loro poco consono per far emergere tematiche tangenziali, e poco affini a quelle di un romanzo giallo classico.

L’impossibilità del giallo
Boris Strugackij nella postfazione annessa al romanzo è alquanto severo con sé stesso e il fratello in merito al romanzo, soprattutto riguardo il valore letterario della sortita compiuta nel territorio del giallo.

“Non si può dire tuttavia che fossimo del tutto soddisfatti del risultato. Avevamo progettato il nostro giallo come una sorta di esperimento letterario. Il lettore, secondo le nostre intenzioni avrebbe inizialmente dovuto percepire quello che stava accadendo nel racconto come un ordinario «delitto della camera chiusa» e solamente alla fine, quando nel romanzo giallo tradizionale ha luogo una spiegazione generale, accompagnata da un calo naturale dell’interesse, il nostro soggetto avrebbe dovuto compiere una virata improvvisa […]. E dunque l’idea era buona, ma l’esperimento non riuscì, Noi lo capimmo subito, non appena mettemmo l’ultimo punto. […] L’esperimento non riuscì, perché non era possibile che accadesse. Mai. Nonostante gli sforzi e i sotterfugi”.

Il percorso narrativo del romanzo segue una sorta di decomposizione della trama. Il titolo, che pare sia stato scelto dal redattore di una rivista, o almeno questo è ciò che lascia intendere Boris Strugackij nella postfazione, si riferisce al nome dell’albergo montano in cui si svolge l’intera vicenda, e allude a una disgrazia avvenuta tempo addietro a un alpinista ospite dell’albergo stesso. Nella locanda la stanza dello scomparso è stata mantenuta così come lui l’aveva lasciata, trasformandola in una sorta di reliquiario.

Locandina e fotogrammi (sotto) del film di Grigori Kromanov tratto dal romanzo nel 1979.

Nella prima parte del romanzo si lascia intendere in più punti la possibilità che la morte dell’alpinista non sia stata una disgrazia, e che il suo spirito aleggi ancora nel suo appartamento. Tutto lascia perciò intuire che sia questo l’evento criminoso oggetto dell’indagine, ciò che il lettore si aspetta da ogni giallo. Invece, in questo caso il tema viene progressivamente abbandonato, fino a essere trattato alla stregua di una serie di scherzi. In modo inversamente proporzionale alla scomparsa dell’indagine sul passato, opportunamente dimenticata, emerge quella sul delitto nel presente, e questa si dipana attraverso l’analisi dei personaggi presenti sulla scena. D’altronde quest’ultimo delitto avviene quando ormai metà del romanzo è trascorsa.
Costruito come un dramma psicologico, il romanzo procede descrivendo, in ordine di apparizione, gli elementi della trama, incarnati dalle varie figure che – a poco a poco – arrivano all’albergo. Il personaggio principale, la voce narrante, è un poliziotto in vacanza, e chi meglio di lui per descrivere in modo apparentemente logico e sistematico gli eventi? Solamente che il proseguo del racconto, invece di approfondire le caratteristiche individuali e sviscerarne le motivazioni, ne fa emergere le incongruenze e le contraddizioni. Ciò che appare evidente all’inizio a poco a poco perde la sua cartesiana chiarezza per trasferirsi in un ambiente surreale, dove ogni elemento perde i contorni e la definizione.

Tra i personaggi troviamo un famoso prestigiatore, il di lui nipote, definito come l’unica creatura “del caro fratello morto”, dalla sessualità dubbia e indefinita per tutto il romanzo, uno scienziato appassionato di alpinismo, una coppia i cui membri sono totalmente diversi tra di loro, e così via. Questa ambiguità continua, ed estremamente legata agli aspetti fisici dei presenti, prima ancora che a quelli psicologici, vale per la distinzione tra vivi e morti, tra umani e animali, tra uomini e donne, e così via, in un processo di decostruzione del reale e del racconto che conduce fino alla sorpresa finale cercata dagli autori. Se è vero che si tratta di un caso classico, l’omicidio in una stanza chiusa, è anche vero che, in una sorta di scatole cinesi incastrate una nell’altra, è l’albergo stesso a diventare la scena del delitto, dato che rimane isolato in seguito a una valanga.
Inoltre, i fratelli Strugackij, nel ben noto Picnic sul ciglio della strada, ma anche in molti altri romanzi, come nei già citati La città condannata e L’isola abitata, hanno ampiamente approfondito l’idea della zona come di un’area dotata di regole e di leggi autonome. Il meccanismo funziona indipendentemente dal motivo per cui la stessa esiste. Gli uomini e le donne, posti in un forzato isolamento reagiscono in modi che presentano delle affinità. Che si tratti di un isolamento dettato da questioni oggettive, come una valanga, che sia determinato da aspetti psicologici oppure forzato da un potere delimitante che impone vincoli e muri insuperabili, è il vissuto di chi è costretto a convivere con i suoi carcerieri che interessa ai fratelli Strugackij.

Possono l’immaginazione e il fantastico aiutare le persone a liberarsi dai propri vincoli? Questo si chiedono nella sostanza i fratelli, e la risposta a volte sembra abbracciare il gramsciano ottimismo della volontà coerentemente propugnato dai fratelli Strugackij, e la risposta potrebbe quindi essere un sì deciso. Eppure, la condizione che viene descritta nella parte finale del romanzo, lo stato dei personaggi a posteriori della fine, la reazione a quel ribaltamento ricercato, alla sorpresa voluta, rivela una forte amarezza per quello che si rivela un destino forse ineluttabile, la rabbia per quella che appare poi come una azione imperdonabile, e il drammatico silenzio che resta, superiore (e insuperato) persino alla morte stessa. La storia va avanti, pare dicano i fratelli Strugackij, ma a un prezzo che non siamo in grado di pagare, e il silenzio si rivela come l’unica risposta dignitosa alla quotidiana estorsione della propria umanità. A margine va segnalato che anche questo romanzo dei fratelli Strugackij ricevette una trasposizione cinematografica grazie al regista estone Grigori Kromanov che mantenne il titolo originale. Il film, infine, non è mai uscito in edizione italiana, così come non è disponibile in Italia il videogame realizzato nel 2009 in Russia basandosi proprio sul film.

La crudeltà e l’opulenza
Il romanzo pubblicato da Carbonio Editore non è l’unica novità italiana a proposito dei fratelli Strugackij. La collana Urania ha pubblicato un romanzo che risale al 1965, anch’esso inedito in Italia, e che porta il titolo L’ultimo cerchio del Paradiso. Nell’originale russo suona Le cose predatorie del secolo, ma la versione italiana riprende quella inglese, americana e francese, mentre il titolo russo era stato conservato nella edizione tedesca. Il romanzo viene presentato come un precursore del cyberpunk, ma questo è vero solo in un’ottica banalizzante e riduttiva dello stesso. Vi è una atmosfera sostanzialmente distopica e si tratta ampiamente dell’uso (e abuso) di sostanze stupefacenti, ma sono assenti però gli elementi distintivi del cyberpunk, ovvero la presenza della rete vista come organismo e la riconversione dei corpi dopo l’incontro con la tecnologia.

I fratelli Strugackij: da sinistra Arkadij e Boris.

Inoltre, il romanzo vede come protagonista Ivan Žillin, e va inserito quindi nei romanzi che precedono il Ciclo del Mezzogiorno. L’ultimo cerchio del paradiso viene scritto tra È difficile essere un Dio e La chiocciola sul pendio, due dei romanzi più importanti dei fratelli, ed è quindi frutto del loro periodo più prolifico e che vede la loro più ampia diffusione. La Terra in cui si ambienta quest’opera, analogamente alle altre del ciclo è un mondo intriso di crudeltà, nonostante il meccanismo di rassicurazione che ci viene presentato fin dalle prime righe. L’osservazione che viene proposta circa il tema del bisogno e della sua soddisfazione è visionaria e decisamente anticipatrice. Paradossalmente la critica rivoltagli da Aleksandr N. Jakovlev, un alto funzionario del Politburo, consigliere di Michail Gorbačёv, è assolutamente corretta. Viene riportata in Wikipedia nella scheda dedicata al romanzo:

“In sostanza, la pubblicazione del romanzo Le cose predatorie del secolo è un caso senza precedenti nella storia della letteratura sovietica, dal momento che gli scrittori, impegnandosi a scrivere un libro sullo stile di vita dello stato «capitalista», non solo non cercano di analizzarne gli specifici aspetti sociali, ma rifiutano in toto di operare valutazioni sociali, e ciò, secondo l’intenzione degli autori, è stato fatto deliberatamente”.

L’ultimo cerchio del Paradiso è quindi un’opera, come le altre di questo periodo, impregnata di una visione alquanto pessimista del mondo e dell’umanità, ma contestualmente attenta ai risultati ottenuti dalle singole persone, spesso migliori di quanto proposto e progettato dai grandi sistemi politici.

Letture
  • Friedrich Dürrenmatt, La promessa, Adelphi, Milano, 2019.
  • Arkadij e Boris Strugackij, Picnic sul ciglio della strada, Marcos Y Marcos, Milano, 2005.
  • Arkadij e Boris Strugackij, La chiocciola sul pendio, Carbonio Editore, Milano, 2019.
  • Arkadij e Boris Strugackij, La città condannata, Carbonio Editore, Milano, 2020.
  • Arkadij e Boris Strugackij, L’isola abitata, Carbonio Editore, Milano, 2021.
  • Arkadij e Boris Strugackij, L’ultimo cerchio del Paradiso, Mondadori, Milano, 2022.
Visioni
  • Grigori Kromanov, “Hukkunud Alpinisti” Hotell, Tallinfilm, 1979.