MALESSERE DELL'ARTE E INTERVENTI D'URGENZA

a cura di Antonello Tolve e Eugenio Viola

06. PASSIONI
E TENDENZE
DEL COLLEZIONISMO

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di Elena Forin

 

passioniCercare di delineare le ragioni e la natura del collezionismo in questo periodo di grande flessione, comporterebbe necessariamente una analisi molto vasta strutturata a partire dalle peculiarità economiche, politiche e fiscali del nostro contesto. Non è possibile in questa sede addentrarsi in maniera capillare in tali questioni, eppure, anche nella rapidità di questa riflessione, alcune considerazioni su alcune macro tendenze e sul comportamento del mondo del collezionismo in Italia possono essere fatte. L’elemento più rilevante degli ultimi tempi è probabilmente legato a una dinamica che affonda le proprie radici in qualche decennio fa, e che oggi non solo è ampiamente diffusa, ma che continua anche a espandere e allargare le proprie modalità in maniera costante. Collezioni e collezionisti, infatti, hanno sempre più una immagine e una visibilità pubblica che nascono da una volontà di condivisione e da un forte senso di responsabilità per la cultura contemporanea.
Alcuni luoghi e taluni nomi sono stati più rilevanti di altri per questo sviluppo, e nell’impossibilità di ricostruire metodicamente ogni intervento decisivo per la crescita di tale spirito di partecipazione, verranno fatti solo alcuni esempi. 
Uno di questi è certamente rappresentato da una delle più importanti istituzioni internazionali legate al mondo dell’arte contemporanea: la Peggy Guggenheim Collection. Inaugurata nel 1980 a un anno dalla scomparsa della grande magnate americana, questo museo raccoglie la collezione della casa lagunare di Peggy. Esempio di collezionismo illuminato, di sostegno al talento, di comunicazione, connessione e diffusione dei linguaggi artistici al di là delle loro geografie (basti pensare al lavoro fatto su Tancredi Parmeggiani, oggi raccolto nei principali musei americani grazie al lavoro della Guggenheim in questo senso), oggi la PGC costituisce un modello di riferimento per qualità e gusto, e ospita fondi e collezioni che, come quella di Gianni Mattioli, dialogano con le opere acquistate dalla Guggenheim.
A partire dal decennio successivo inizia a prendere concretamente corpo il passaggio da privato-domestico a privato-pubblico: alcuni collezionisti decidono, infatti, di condividere le loro opere con il pubblico cercando parallelamente di creare percorsi critici e occasioni espositive per gli artisti. Nel 1993 Miuccia Prada e Patrizio Bertelli aprono la Fondazione Prada, affidandone poco dopo la programmazione a Germano Celant, iniziando un percorso di estrema qualità e di apertura al dialogo con istituzioni di vario genere, e cercando di costruire concretamente un rapporto con il contesto (pensiamo ad esempio all’installazione di Dan Flavin donata alla città di Milano per la Chiesa di santa Maria in Chiesa Rossa).

Più o meno coeva è la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, anch’essa strutturata a partire da una collezione privata, e declinata come attività di ricerca, produzione, diffusione e collaborazione con altre istituzioni. Diretta da Francesco Bonami, la Fondazione torinese ha sempre avuto una fortissima vocazione internazionale e un obiettivo molto importante: la formazione e la didattica. Su questo punto in particolare hanno creduto anche altre realtà private, e in alcuni casi, come quello della Fondazione Ratti di Como e del suo Corso Superiore di Arti Visive, i cicli dedicati all’ampliamento delle conoscenze sono diventati non solo delle occasioni ambite, ma anche lo stimolo per ulteriori progetti come quello de “La Kunsthalle più bella del mondo”.
Questi esempi di grande lungimiranza sono nati direttamente dalla volontà di quei moderni mecenati che hanno dato vita a una svolta non indifferente non solo per la creazione di una rete di luoghi e di possibilità relazionali, ma anche per la vocazione allo sviluppo di una coscienza critica più raffinata, come la Fondazione Puglisi Cosentino e la Fondazione Broadbeck entrambe di Catania, la Morra e la Morra Greco di Napoli.
Va in questa direzione anche un altro fenomeno di collezionismo che nasce proprio dalla necessità di mettere in discussione il principio stesso della collezione e del collezionare: Nomas Foundation e Fondazione Giuliani, attraverso le loro scelte espositive, cercano di attraversare anche le criticità che animano gli acquisti, attivando, di conseguenza, una particolare volontà di crescita insieme al pubblico.

 

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A cercare più apertamente un rapporto con l’ambiente e con il suo patrimonio, sono invece alcune forme di collezionismo direzionate verso interventi di tipo ambientale. La Fattoria di Celle di Giuliano Gori, che oggi vanta una settantina di lavori pensati e realizzati ad hoc dagli artisti per le aree del parco, è certamente l’esempio più importante in questo senso, fondamentale anche per altre esperienze indirizzate a una condivisione sociale.

Una di queste nasce di recente dal rapporto e dall’amicizia tra due collezionisti che hanno unito passione enologica e interesse artistico: “Arte, architettura e vino” è il loro progetto per un borgo medievale in Toscana vicino a Cortona, Borgo Syrah , nato per iniziativa di Giuseppe Calabresi e Massimo D’Alessandro, un luogo che accoglie il pubblico tra storia, tradizione e contemporaneità offrendo un’esperienza di grande impatto e raffinatezza. 
Oltre a tali realtà, un altro aspetto estremamente rilevante per l’universo del contemporaneo in Italia, risiede nel rapporto – più tradizionale – tra collezioni, collezionisti, musei e spazi pubblici in generale. Data la carenza dei fondi destinati alla cultura, e vista l’ampia necessità di conservazione dei beni storici del nostro paese, la possibilità di spesa e acquisto da parte dei musei è spesso ridottissima o totalmente assente. In questo senso, l’attività di tutti coloro i quali attraverso prestiti e comodati – in forma più o meno anonima – contribuiscono a rafforzare le collezioni museali è sempre più importante, e permette di mettere a fuoco anche percorsi curiosi e inaspettati (imprescindibile il nome di alcuni collezionisti in particolare per il sostegno alle collezioni dei musei, uno su tutti è quello di Claudia Gianferrari). Una occasione espositiva gustosa che nasce direttamente da una collezione di Washington DC e Boston, è stata, invece, The Eye of the Collector (28 gennaio/5 febbraio 2012 a Villa delle Rose di Bologna, a cura di Julia Draganovic, Claudia Löffelholz e La Rete Artprojects), un affondo in una scelta estrema: quella di Manuel de Santaren, di collezionare per lo più video e new media art. In questa logica si inseriscono anche le varie associazioni di “amici” dei musei, come ad esempio i MACRO Amici o gli Amici del MAXXI), che spesso operano al fianco delle istituzioni intervenendo in termini di acquisto, di produzione, e di sostegno delle attività espositive ed editoriali.
Oltre all’iniziativa dei singoli e di queste associazioni, un ultimo esempio di grande forza, struttura e ambizione è un’altra “unione”, che attiva dal 2003, ha uno scopo ben preciso e chiaro: la costituzione di un museo di arte contemporanea per la città di Milano. Acacia, l’associazione di collezionisti fondata da Gemma De Angelis Testa ha questo fine dichiarato, e coopera con le istituzioni per diffondere e sostenere la ricerca contemporanea e per dare alla città e al suo pubblico uno spazio adeguato. A tale scopo, e con l’intento di una futura donazione, l’associazione sta creando una collezione che costituirà il nucleo di partenza di questa nuova realtà, e che rifletterà l’entusiasmo e l’impegno di tutti coloro che hanno deciso di dare voce a questa importante necessità.
Esempi come questo rivelano quanto l’universo del collezionismo in Italia sia una realtà certamente ancora in crescita, ma anche caratterizzata da volontà, fermento e ambizioni fortissime. E questi elementi, certamente rilevanti anche per l’arrivo in Italia di François Pinault e di collezioni come la VAF di Volker Feierabend, secondo chi scrive, dimostrano non solo l’esistenza di un sistema vero e proprio, ma anche di una responsabilità per il contemporaneo che riflette quell’idea tanto cara a Gianni Agnelli, di arte intesa come un patrimonio di piacere, bellezza e gioia.