L’horror in un buco scavato
tra Buñuel, Ballard e Dante

Galder Gaztelu-Urrutia
Il buco
(Spagna, 2019)

Cast principale: Iván Massagué,
Zorion Eguileor, Antonia San Juan
Produzione: Basque Films, Mr.
Miyagi Films,
Plataforma La Película A.I.E
Distribuzione: Netflix

Galder Gaztelu-Urrutia
Il buco
(Spagna, 2019)

Cast principale: Iván Massagué,
Zorion Eguileor, Antonia San Juan
Produzione: Basque Films, Mr.
Miyagi Films,
Plataforma La Película A.I.E
Distribuzione: Netflix


Il buco di Galder Gaztelu-Urrutia racconta un microcosmo sociale che si sviluppa in verticale mimando i gironi danteschi. Una misteriosa casa di cura che si rivela essere una vera e propria prigione chiamata “La fossa”. Probabilmente scavati nelle viscere della terra, i livelli della torre al contrario ospitano ciascuno due pazienti-prigionieri. L’unica connessione tra un piano e l’altro è un’apertura centrale entro la quale l’Amministrazione cala ogni giorno una grande piattaforma colma di cibo. Per i piani bassi la sopravvivenza è quasi impossibile e l’ansia colpisce tutti perché ogni mese le assegnazioni dei livelli ruotano in maniera casuale. Nessuna guardia in giro a impedire che gli ospiti si sbranino a vicenda.

Spazializzazione dantesca e discorso surrealista
L’organizzazione dello spazio riflette una modalità di rappresentazione della conoscenza e del potere che ricorda il catalogo dei gironi infernali di Dante Alighieri. La duttilità espressiva e comunicativa della Divina Commedia (2013) aiuta ad allegorizzare la catastrofe della civilizzazione. Lo squarcio tra i piani della fossa innesca un gioco di sguardi sull’asse alto/basso. Visto dall’alto del Paradiso dantesco, il sotto appare come quella “aiuola che ci fa tanto feroci” (Paradiso, canto XXII). Il primo compagno del protagonista Goreng è il vecchio e saggio Trimagasi, un Virgilio che coccola il suo coltellaccio da cucina (Miracle Blade) e si fa primo ambasciatore di un cinico messaggio di benvenuto: mangia o sarai mangiato.
L’irraggiungibile Amministrazione e il limite fisico della gravità compongono un metafisico confine conoscitivo. Virgilio direbbe “vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare” (Inferno, canto III). Ecco l’eco di una cristianità medievale contro la quale lavorava a modo suo Luis Buñuel, altro importante modello per Galder Gaztelu-Urrutia.
Il grande maestro del surrealismo europeo novecentesco ha avuto qualcosa da dire sul concetto di pasto problematico. In L’angelo sterminatore (1962) gli ospiti dell’alta società non riescono a lasciare la casa dove sono stati invitati a cena. In Il fascino discreto della borghesia (1972) ancora problemi per gli altolocati che non riescono a consumare il pranzo. In un episodio di Il fantasma della libertà (1974) si assiste a una tavolata in cui ciascuno dei commensali è seduto su un water mentre discute amabilmente di defecazione. La maliziosa inversione delle convenzioni ribalta il senso dell’osceno e del fuoricampo. Un ospite affamato si scusa e si ritira uscendo dalla grande sala da bagno collettiva. Si apparta in una piccola sala da pranzo ovvero un cubicolo simile a una toilette dove può consumare il cibo e leggere il giornale in privato e al riparo dagli sguardi altrui. Non importa quale calamità (dittatura franchista o pandemia) arrivi a problematizzare i bisogni primari sconvolgendo i sistemi valoriali: l’uomo è destinato a sopravvivere come una pianta graminacea adattandosi al nuovo ordine, per quanto assurdo e kafkiano.

La particolarità dello spaesamento proposto dalla sceneggiatura di Il buco (firmata da David Desola e Pedro Rivero) è nella casualità con cui si alternano Inferno, Purgatorio e Paradiso per l’individuo. Delle “biopolitiche” (cfr. Foucault, 2005) che ruotano intorno alla terrificante distribuzione alimentare vediamo solo le conseguenze (la scia di sangue) ma non l’origine né lo scopo.
Seguendo la traccia di spazi ristretti, della paura dell’altro e del cannibalismo sociale, il film spagnolo richiama le radici nobili del cinema horror: in particolare il ribaltamento del consumismo edonistico proposto da George Romero (l’assalto zombie al centro commerciale in Zombi – Dawn of the Dead, 1978) e l’anarchia sociale che diventa morbo contagioso narrati da David Cronenberg negli esperimenti andati a male in Il demone sotto la pelle, (1975) e in Rabid – sete di sangue (1977). Ma c’è anche lo stabile di Delicatessen: film francese del 1990 scritto e diretto da Jean-Pierre Jeunet e Marc Caro, dove il macellaio rappresenta l’insensibile mannaia di un sistema che può rendere improvvisamente vittima chiunque, non importa se inquilini storici o alieni degenerati (vegetariani) provenienti dal sottosuolo.

Don Chisciotte contro il Miracle Blade
Armato solo di Don Chisciotte (la copia del libro finirà con l’essere ovviamente divorata), Goreng è il protagonista di una quest eroica contro l’homo homini lupus che si risolve in un discorso sulla decostruzione/ricostruzione di universi simbolici autoreferenziali a partire dal dato tecnico-ambientale di partenza. Con i suoi racconti James G. Ballard ha dimostrato ampiamente l’alto tasso di produttività metaforica insito nel raccontare un condominio (cfr. Ballard, 2014) o in generale luoghi chiusi e perimetri ben delimitati. La fossa può ben dirsi una “eterotopia” (cfr. Foucault, 2016) in negativo che trasforma le persone secondo traiettorie ballardiane. Per cambiare le cose c’è da combattere il contagio (a)morale, la proliferazione del cinismo e quello che Ballard vede come un vero e proprio demone dell’individualismo. Lo stesso Goreng (dopo aver perso un pezzo) diventa cinico, tutto concentrato sulla propria sopravvivenza. La sua è una semplice risposta bio-psicologica (come in tanti protagonisti ballardiani) di adattamento all’ambiente. Ma poi c’è il folle slancio donchisciottesco che cambia tutto e si candida a diventare il primo mattone di una nuova religione o di una nuova società. “La panna cotta è il messaggio”: citando sguaiatamente McLuhan (cfr. McLuhan, Fiore, 2011), il curioso viaggio del dessert è forse ultima speranza di rinascita per la civilizzazione anche in balia di una desertificazione di ogni scambio simbolico. È il tenero sogno di un virus dell’informazione che riesce a vincere la barriera fisica, biologica e psicologica propagandosi a fin di bene.

Letture
  • Dante Alighieri, La Divina Commedia, Mondadori, Milano, 2013.
  • James G. Ballard, Il condominio, Feltrinelli, Milano, 2014.
  • Michel Foucault, Sicurezza, territorio, popolazione, Feltrinelli, Milano, 2005.
  • Michel Foucault, Utopie Eterotopie, Cronopio, Napoli, 2016.
  • Marshall McLuhan, Quentin Fiore, Il medium è il massaggio, Corraini, Mantova, 2011.
Visioni
  • Luis Buñuel, Il fascino discreto della borghesia, Mondo Home, 2003 (home video).
  • Luis Buñuel, Il fantasma della libertà, Sinister Film, 2019 (home video).
  • Luis Buñuel, L’angelo sterminatore, Sinister Film, 2020 (home video).
  • David Cronenberg, Il demone sotto la pelle, CG Entertainment, 2014 (home video).
  • David Cronenberg, Rabid – sete di sangue, CG Entertainment, 2011 (home video).
  • Jean-Pierre Jeunet e Marc Caro, Delicatessen, Eagle Pictures, 2017 (home video).
  • George Romero, Zombi – Dawn of the Dead, Mondo Home, 2010 (home video).