Misteri e intrattenimenti
sotto il lenzuolo bianco
 

Lisa Morton
Fantasmi
Una storia di paura
Traduzione di Carlo Braccio

il Saggiatore, Milano, 2020
pp. 241, € 24,00

(a cura di) Philippe Baudouin
Spectra Ex Machina:
A Sound Anthology

of Occult Phenomena
1920-2017 – Vol. 1
Sub Rosa, 2019

Mike Ahern, Enda Loughman
Extra Ordinary
Cast principale: Maeve Higgins, 

Barry Ward, Will Forte, 
Claudia O’Doherty, Jamie Beamish, 
Terri Chandler, Risteárd Cooper
Blinder Films/Umedia, 2019

Lisa Morton
Fantasmi
Una storia di paura
Traduzione di Carlo Braccio

il Saggiatore, Milano, 2020
pp. 241, € 24,00

(a cura di) Philippe Baudouin
Spectra Ex Machina:
A Sound Anthology

of Occult Phenomena
1920-2017 – Vol. 1
Sub Rosa, 2019

Mike Ahern, Enda Loughman
Extra Ordinary
Cast principale: Maeve Higgins, 

Barry Ward, Will Forte, 
Claudia O’Doherty, Jamie Beamish, 
Terri Chandler, Risteárd Cooper
Blinder Films/Umedia, 2019


“La luce elettrica è la morte per i fantasmi” sentenzia il narratore di Thurnley Abbey, esemplare racconto di Perceval Landon incluso da Fabio Genovesi nella corpulenta raccolta a tema I racconti delle tenebre, volume che ha curato per Einaudi e arrivato in libreria nell’autunno 2019.  Genovesi ha selezionato soprattutto ghost story, affiancando autori di grande notorietà e/o di culto ad altri meno conosciuti, se non agli appassionati del genere, anzi dei vari sottogeneri che fioriscono nel buio, nell’oscurità, nelle tenebre, appunto. Vi troviamo storie di Edgar Allan Poe, Howard P. Lovecraft, Bram Stoker, Ambrose Bierce, Arthur Machen e Algernon Blackwood da un lato e dall’altro di Gwendolyn Ranger Wormser, o di un sorprendente Salvatore di Giacomo, che poi lasciò perdere la carriera di scrittore su suggerimento di Matilde Serao e prese a comporre canzoni celeberrime come Era de maggio e Marechiaro.
Tra questi ignoti dell’ignoto va annoverato anche Perceval Landon, che nella vita fece tutt’altro, un “avventuriero che ha conosciuto i luoghi più remoti della Terra, scrivendo preziosi reportage sulla guerra in Sudafrica, sulla spedizione britannica in Tibet nel 1903, e poi Persia, Nepal, India, Egitto e altri mille luoghi da esplorare e raccontare”, ricorda Genovesi. Come si è detto, il narratore di Thurnley Abbey definisce mortale la luce elettrica per qualsiasi presenza spettrale, una sorta di kryptonite dei fantasmi, che progressivamente si sono ritirati in spazi sempre più ristretti fino a sparire del tutto, lasciando il testimone ad altri incubi e terrori tra le pagine dei libri.  È andata così, più o meno, e storie come quelle antologizzate da Veronesi non si scrivono più per mancanza o quantomeno insufficienza di buio, anche se si leggono ancora, eccome, e il curatore non fa che esortare a frequentarle chi invece le disdegna. Più o meno, perché proprio l’elettricità ha in realtà fatto sì che i fantasmi potessero trovare altri spazi dove scorrazzare, adoperando i nuovi media che presero forma e sostanza a metà Ottocento.
Invero, il fantasma è la prima figura dell’immaginario che possiamo definire autenticamente multimediale, quasi per statuto (il manifestarsi) vocata a dotarsi di supporti tecnologici e non importa se il medium sia fatto di carne e ossa o sia un marchingegno per fissare immagini o suoni. Val la pena di ricordare subito che “esiste un parallelo tra fonografia e fotografia: l’una e l’altra son la maschera mortuaria della realtà” (Reynolds, 2017). Non solo, è proprio grazie all’elettricità che il fantasma sparisce sì dalle vecchie magioni ma ricompare nella sala buia del cinema e impazza per tutto il secolo scorso e non solo. Balza subito all’occhio.

Fantasmi acchiappatrofei
È sufficiente un rapido sguardo ai vincitori del Trieste Science + Fiction Festival 2019 per cogliere una macroscopica anomalia: c’è un film che ha fatto incetta di premi sbaragliando la concorrenza. Si tratta di Extra Ordinary firmato a quattro mani da Mike Ahern ed Enda Loughman. Si è aggiudicato il Premio Méliès d’argent (miglior lungometraggio), in pratica il trofeo principale e a corredo lo Stars’ War – Premio della Critica Web, il Premio Nocturno Nuove Visioni e il Premio del pubblico.
Nel cartellone della manifestazione triestina era incluso anche un altro film sul tema del fantasma, Répertoire des villes disparues (Ghost Town Anthology è il titolo internazionale) del canadese Denis Côté. Qui, in un piccolo villaggio sperduto, immerso nelle nevi del Quebec, dove tutti si conoscono (sono 251 anime), iniziano ad apparire inquietanti presenze in seguito alla morte del ventunenne Simon, toltosi la vita lanciandosi in automobile contro dei blocchi di cemento. In bilico tra storia di spettri e paura xenofoba, il film non spicca il volo anche se le apparizioni sono senza dubbio inquietanti.

Commedia oltremondana: Extra Ordinary di Mike Ahern ed Enda Loughman.

Al contrario, Extra Ordinary è una commedia, deliziosa e un po’ ruffiana, la si potrebbe definire di genere ghostbuster. Ha conquistato tutti anche grazie alla prova attoriale della protagonista, Maeve Higgins, che veste i panni di un’istruttrice di guida irlandese, Rose, figlia d’arte, in un certo senso, perché dal babbo Vincent ha ereditato “i talenti” come li chiama lei, ovvero i poteri soprannaturali che le consentono di entrare in contatto con gli spiriti. Ne farebbe a meno, ma i vicini nel paesello in cui abita le si rivolgono di continuo per esorcizzare bidoni della spazzatura stregati o sassolini infestati. A un certo punto tutto cambia e Rose dovrà far sul serio… così il successo le ha sorriso al TSFF.
Possibile? D’accordo, i due registi hanno dosato alla perfezione gli elementi tradizionali, inserendo tutto quanto rende una storia un racconto di fantasmi; al tempo stesso hanno amorevolmente preso in giro il genere, così da non scontentare nessuno (è in questo che è ruffiana) ma, smaliziati come siamo, ci facciamo ancora rapire dalle ghost story? Ebbene sì, non abbiamo mai smesso, non siamo mai stati liberi dai fantasmi, o rovesciando il discorso, sono loro a non essersi mai liberati di noi. Parafrasando con ampia licenza, potremmo dire che un’ossessione si aggira tra gli spettri: quella che nutriamo nei loro confronti. Non una novità, beninteso. Stanno lì a documentarlo cronache che datano anche quattromila anni, le prime segnalazioni scritte (il racconto Gilgameš, Enkidu e l’aldilà, una delle storie dell’eroe sumero), ma per molti c’è tuttora il sospetto che già le pitture rupestri ne siano remote testimonianze.
Non potrebbe essere altrimenti, è oltremodo superfluo annotarlo dal momento che lo spettro ha a che fare con la madre di tutte le domande: dopo la morte ci attende un’altra esistenza? Non potrebbe essere altrimenti, ma la persistenza del fantasma tra i viventi si è arricchita nel tempo di diversi corollari, per così dire, a iniziare da quello che ne ha fatto un protagonista del moderno e dei tempi a seguire fino all’attuale ipermodernità: il fantasma intrattiene.

Uno stuolo di fan d’ogni fatta
Inizia a farlo compiutamente non appena si trasforma in discorso autonomo, campo d’indagine a sé stante. Lungo il suo percorso evolutivo tesse relazioni, affinità e intrecci con zone del pensiero eterogenee. Afferiscono al fantasma lo spiritismo e l’occultismo, correnti filosofiche su misura come l’antroposofia e la teosofia, studi in odor di scienza come la parapsicologia, tradizioni alchemiche, leggende e miti, un nugolo di fanfaroni, cialtroni e lestofanti, una schiera di mecenati e propagandisti, uno sciame di scrittori, di artisti, di musicisti e ancora filosofi e scienziati d’ogni sorta, tutti più o meno illustri. Infine, la maggioranza dei cultori della materia, i lettori, gli spettatori, la gente comune, le masse, che da secoli si lasciano catturare dalle storie di fantasmi specialmente se mescolate con altri sottogeneri dell’horror, lettori ai quali oggi si aggiungono anche i turisti dell’insolito.
I fantasmi ci intrattengono incarnandosi nel medium più innovativo del momento, trasmigrando da uno all’altro, svelando una insolita propensione al novum tecnologico: il libro a stampa, la fotografia, il fonografo, il cinema e il piccolo schermo. Si pensi all’adattamento del capolavoro di Shirley Jackson, L’incubo di Hill House, prodotto da Netflix nel 2018 (The Haunting of Hill House). I cardini del tempo libero dell’era moderna, e la civiltà digitale ne ha ereditato l’intero patrimonio. In anni recenti, a latitudini differenti, il fantasma è apparso sul grande schermo sciorinando l’intero suo repertorio.
D’accordo, non è più tempo di catene cigolanti e fanciulle tremanti, il gotico è alle nostre spalle, lo spectral turn, ovvero l’impiego come metafora concettuale in ambiti eterogenei del sapere della metafora del fantasma, si è consolidato come branca d’avanguardia degli studi culturali (cfr. Puglia, Fusillo, Lazzarin, Mangini, 2018) ma sul piano dell’immaginario e del consumo, il fantasma è più vivo che mai, se ci si passa l’espressione.

Alla ricerca del fantasma di un fratello perduto: Personal Shopper di Olivier Assayas.

Appare senza soluzione di continuità al cinema, anche nel XXI secolo inaugurato dal jamesiano The Others (2001) di Alejandro Amebar non solo giocando con i propri topoi, come nel caso di Extra Ordinary, ma, restando ad anni recenti, anche nell’ambito dell’autorialità, come ha mostrato la raffinata operazione di Olivier Assayas in Personal Shopper (2016), nonché l’ultimo lungometraggio di David Lynch, Inland Empire (2006), che non ha direttamente per protagonista il fantasma, anche se induce a crederlo, ma che senza questa figura nel ruolo virgiliano di guida, non concederebbe via d’uscita, ammesso che esista, dal labirintico intrigo ordito dall’autore. Il regista francese, a sua volta, aveva già lasciato che diversi fantasmi si manifestassero in Qualcosa nell’aria (Après mai, 2012), dove andava in scena lo spectral turn del Sessantotto e al tempo stesso il fantasma di una delle giovani protagoniste della storia. In Personal Shopper lo spettro diventa il grande assente protagonista, ora dietro le quinte di una trama secondaria, è presente come metatesto attraversando i vari media (cinema, rete, fotografia), fa mostra di citazionismo, approdando al punto dove tutte le indagini alfine si arrestano: i fantasmi esistono? Di sicuro paiono apparire e mostrando aspetti assai diversi.

Evanescenze spettrali: Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti di Apichatpong Weerasethakul.

Se quelli di Assays sono presenze in bilico tra familiarità e ostilità, sono assai affettuosi e desiderosi di prendersi cura di chi ha ancora poco da vivere, quelli narrati da Apichatpong Weerasethakul in Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti (2010), per rimanere nel cinema più autoriale.
Al contrario, il fantasma mostra il suo volto vendicativo nella cornice classica della casa infestata e dell’indagine, nel poco riuscito Winchester (La signora Winchester, 2018) scritto e diretto da Michael e Peter Spierig, ai quali non è bastato ingaggiare il talento del Premio Oscar Helen Mirrell per valorizzare l’incredibile storia (vera) di partenza: quella della facoltosa ereditiera del patrimonio dell’inventore dell’omonimo fucile, la quale trascorse il resto della sua vita nella costruzione di una sontuosa villa ai confini della realtà, tuttora visitabile e meta di turismo di massa, una villa la cui architettura era disegnata dagli spiriti che la contattavano. D’altronde i fantasmi con l’architettura nobile e di lusso hanno una relazione privilegiata, considerati i trascorsi in innumerevoli castelli e ville.

In vacanza nell’aldilà
Il filone del turismo legato al paranormale e dei format televisivi costruiti intorno ai luoghi infestati e al sottogenere cinematografico (assai efficace e di presa sul pubblico) dei mockumentary sull’aldilà, sottolinea una volta di più la relazione privilegiata tra consumo e oltremondo nel segno dell’intrattenimento che, questo va ricordato, non è mai del tutto libero dalla remota speranza di ricevere un autentico segno di conferma della possibilità di vivere oltre la morte. Per restare nei confini nazionali, basti qui ricordare che a partire dal 19 novembre 2018 sono andate in onda su Rai4 ben dodici puntate condotte da Sandro Giordano di The Dark Side, in pratica l’esplorazione di luoghi abitati da presenze o presunti tali. Per la cronaca, il ghostbuster nostrano, Giordano, si era già cimentato in un altro programma fantasmatico: Ghost Town, meno ambizioso e decisamente più plausibile. Qui però non è la validità o meno del programma a essere in discussione quanto il fatto che sia stato ideato e realizzato, si tratta di un format originale, per un canale della televisione pubblica: spettri per spettatori di bocca buona.

Fantasmi di tutto il mondo
Di ben altra pasta, vendicativi, assai poveri e più attuali sono gli spettri che possiedono alcune donne della periferia di Dakar in Atlantique (2019), opera prima della parigina di origini senegalesi Mati Diop. È la storia di un gruppo di ragazzi che si imbarca verso il benessere dell’occidente cercando miglior sorte ma vengono inghiottiti dall’oceano. Storia di revenant e ingiustizia sociale, eredi di quegli spettri di alto lignaggio della tradizione, che pure rivendicavano giustizia per i torti subiti in vita. Qui ri/appare il conflitto sociale e non è da considerarsi del tutto insolito. Tornando indietro, al celeberrimo incipit, forgiato da Karl Marx e Friedrich Engels, “uno spettro si aggira per l’Europa, lo spettro del comunismo” de Il manifesto del partito comunista, Simona Cigliana suggerisce l’esistenza di una relazione niente affatto casuale tra nascita dei movimenti socialisti e comunisti e fiorire dello spiritismo ed esoterismo nei medesimi anni. Lo fa nel suo Due secoli di fantasmi, ampio, approfondito, si potrebbe dire monumentale excursus sulla presenza indomita di occultismo, spiritismo e metapsichica, nei secoli d’oro (il XIX e il XX) della scienza, della tecnica e del razionalismo, uscito nel 2009 e provvidenzialmente ripubblicato nel 2019, ampliato, aggiornato anche con la riapparizione dell’intero, poderoso apparato bibliografico sparito (si sa, i fantasmi), nella prima edizione. Scrive Cigliana che in quel tumultuoso metà Ottocento

“Poteva accadere che tanti giovani intellettuali non vedessero contraddizioni tra lo spiritismo, l’anticlericalismo, le simpatie per il marxismo e una serie di cause progressiste e radicali, che andavano dal controllo delle nascite al riconoscimento dei diritti delle donne. A far da base comune tra i due schieramenti c’era poi un approccio materialistico alle problematiche fondamentali della vita umana: il destino dopo la morte e la convivenza sociale. Gli spiritisti, a qualsiasi scuola appartenessero, si muovevano infatti in una prospettiva, molto concreta, di accertamento materiale e pragmatico dell’esistenza dello spirito, a partire dai fenomeni che pensavano ne fossero manifestazione. Come il partito di Marx ed Engels, anche quello degli spiritisti era poi, non a caso, sostenuto dal «basso»» e avversato dall’«alto»: i suoi protagonisti erano gente umile – fabbri, coloni, ciabattini, operai – e i suoi nemici si situavano dalla parte delle gerarchie ecclesiastiche, dei difensori dell’ordine e del buon costume, dei rappresentanti dell’Accademia e delle istituzioni”
(Cigliana, 2018).

Sarà Jacques Derrida a rilanciare la rilettura di Marx a fine millennio nel suo Spettri di Marx, non a caso partendo dalla dimensione spettrale del ritorno, dando l’avvio a tutta la riflessione sull’haunting sulle riapparizioni fantasmatiche di futuri oramai morti in intellettuali come Mark Fisher, per esempio. Avviando, insomma, allo spectral turn, a cui si è accennato sopra.

Le sorelle Fox. Da sinistra a destra: Margaret, Kate e Leah.

Lo studio di Simona Cigliana setaccia in lungo e in largo l’intero territorio dell’ignoto, dell’invisibile e dell’aldilà, passando in rassegna i protagonisti della sua esplorazione, tra cui celeberrimi e insospettabili personaggi come sir Arthur Conan Doyle per non dire di molti degli altri membri della Society for Psychical Research di cui facevano parte tra gli altri Lewis Carroll, Robert Louis Stevenson, Carl Gustav Jung, Pierre e Marie Curie, Cesare Lombroso, Charles Richet, Henri Bergson e John Ruskin. A loro fianco medium d’ogni dove, soprattutto donne, a iniziare dalle sorelle Kate e Maggie Fox (si noti che anche Mulder di X Files si chiama Fox) fino alla lazzarona Eusapia Palladino e al caso straordinario di Gustavo Adolfo Rol, di cui Federico Fellini, che lo frequentò, disse: “gli occhi di Rol non si possono guardare a lungo. Son occhi fermi e luminosi, gli occhi di una creatura che viene da un altro pianeta, gli occhi di un personaggio di un bel film di fantascienza” (Fellini, 2015).

Nella dimensione dell’eerie
Quanto a Fisher, torna preziosa in questa sede la sua lucida disamina dei concetti di weird ed eerie, opportunamente distinti da quello freudiano di unheimlich (perturbante). Concetti affini perché condividono “un’ossessione per ciò che è strano” (Fisher, 2018), ma anche diversi, laddove weird “è ciò che è fuori posto, ciò che non torna. Il weird apporta al familiare qualcosa che normalmente si trova al di fuori di esso, e che non si riconcilia con il «casalingo» (neppure come sua negazione)” (ibidem). A sua volta l’eeerie “riguarda le più fondamentali domande metafisiche che si possano porre, domande che riguardano l’esistenza e la non esistenza: Perché qui c’è qualcosa quando non dovrebbe esserci niente? Perché qui non c’è niente quando dovrebbe esserci qualcosa?” (ibidem, corsivo dell’autore, ndr).
Ecco perché in definitiva possiamo parlare a proposito di eerie di “un fallimento di assenza o un fallimento di presenza. La sensazione di eerie si verifica quando c’è qualcosa dove non dovrebbe esserci niente, o quando non c’è niente dove invece dovrebbe esserci qualcosa” (ibidem).
Fisher presta particolare attenzione a paesaggi e spazi, come le rovine, capaci di evocare una sensazione di eerie. Di fronte a loro ci interroghiamo sulla natura di coloro che eressero quei monumenti, quelle strutture architettoniche, che oggi ci appaiono imperscrutabili come il Reale stesso. Questo è il punto:

“L’eerie riguarda l’ignoto: quando la conoscenza è raggiunta, l’eerie scompare. A questo punto bisogna sottolineare che non tutti i misteri generano l’eerie. È necessario che esista anche un senso di alterità, l’impressione che l’enigma potrebbe comprendere forme di conoscenza, soggettività e percezione che vanno al di là dell’esperienza comune”
(Fisher, 2018).

Tutto ciò nel fantasma si eleva all’ennesima potenza. Il fantasma riesce a essere al tempo stesso presente laddove non dovrebbe esserci (essendo presente, manifestatosi pur essendo morto) e assente dove dovrebbe esserci in quanto presenza, manifestazione, e invece risulta assente perché morto. Eerie al quadrato. Ciò rende l’attrazione fortissima, amplificata dai media che ne trasmettono la presenza. Il fantasma è sempre stato al tempo stesso un oggetto di studio e un fenomeno ideale per lo show. Medium d’ogni sorta presero a esibirsi a partire dalla seconda metà dell’Ottocento proseguendo fino ai primi decenni del secolo breve. Un fenomeno curiosamente parallelo alla ri/comparsa dei veri Grandi Antichi, i dinosauri, i resti di chi abitò il pianeta in un tempo remotissimo e che riapparvero ufficialmente nel 1842, quando lo scienziato Richard Owen iniziò a chiamarli in questo modo. Curioso, ai dinosauri occorse poco tempo per mettersi letteralmente in mostra all’esposizione universale tenutasi nel 1854 al Crystal Palace nel centro di Londra e proprio da quella struttura e altre analoghe che seguirono, si è originata una corrente di studi che intreccia concetti come rovine, futuri perduti e i loro fantasmi (cfr. Murphy, 2013).
Spettacolarizzazione dei defunti non umani, mostri, umani, ibridi, prima i dinosauri, poi i cari estinti. Freaks per eccellenza, destinati per natura a essere mostrati. Tutto iniziò con le sopracitate sorelle Fox, le prime a formalizzare la comunicazione con i defunti annotando i raps (i colpi) emessi dalle presenze, un sistema assai curiosamente affine al coevo sistema morse, che venne sperimentato in quello stesso fatidico anno: il 1848, lo stesso della pubblicazione del Manifesto di Marx ed Engels. Come ricorda Cigliana:

“Il rapping degli spiriti e il ticchettio del telegrafo mandano insomma un suono molto simile e in fondo rassicurante. L’analogia è così felice che avrà duraturo successo: si chiamerà Spiritual Telegraph una delle più note e longeve effemeridi spiritistiche” (Cigliana, 2018).

I fantasmi intrattengono, attraggono, hanno i media dalla loro, sia i mezzi tecnici sia i corpi di coloro in grado di fare da tramite con l’aldilà. Un eccesso di eerie bilanciato da un eccesso di artificio e sullo sfondo la domanda di sempre: che cos’è un fantasma?

Non solo cinema: apparizioni sugli scaffali
La domanda ritorna nelle prime battute di Extra Ordinary e riappare in un altro studio, che affianca quello di Simona Cigliana, arrivato quest’anno anche in Italia: Fantasmi, di Lisa Morton, scrittrice di storie horror e sceneggiatrice. Uscito nel Regno Unito nel 2015, il libro è più agile, focalizzato su un arco temporale ben più ampio e per questo anche più sbrigativo, il viaggio proposto da Morton inizia con i primi avvistamenti, il citato poema sumerico, documentando la presenza del fantasma nella religione, nella mitologia e nella letteratura. Come si è detto, lo fa iniziando col porsi quella domanda, che pare ovvia ma non lo è affatto: che cos’è un fantasma? In realtà una vera risposta non c’è e in concreto non resta che stabilire i confini della mappa:

“Nel pensiero occidentale contemporaneo, il fantasma è lo spirito di un individuo defunto che si manifesta dopo la sua morte […] Se un fantasma è lo spirito di un defunto, non è come dire che è la sua anima? […] La principale differenza tra anima e fantasma, tuttavia, risiede nell’interazione con i vivi: un fantasma dev’essere visto, sentito o comunque percepito in modo tangibile da un essere vivente […]  Se un fantasma è sostanzialmente un’anima che torna nell’universo mortale e appare a individui in vita e in condizioni di lucidità mentale, c’è differenza tra un fantasma, un ectoplasma, un’apparizione, uno spirito o uno spettro? A dire il vero, sono tutti equivalenti di «fantasma»”.

Equivalenze che si sono trasformate in molteplici modi di strutturare i racconti di fantasmi, declinazioni che Morton ripercorre nelle sue varie dislocazioni geografiche, passando in rassegna le storie e le figure più tipiche non solo in Occidente ma anche in estremo Oriente e in Sudamerica. Assai interessanti risultano gli approfondimenti sulle feste dedicate ai fantasmi, di cui conserviamo ancor oggi traccia nella festa moderna di Halloween le cui origini vanno fatte risalire al meticciato tra festività cattolica (Tutti i santi e Giorni dei morti) e festività celtiche (il Capodanno).

Una performance della medium Eusapia Palladino: levitazione del tavolo nella casa dell’astronomo e divulgatore scientifico Camille Flammarion.

Medesima storia di incroci dietro i Dias de los Muertos in Messico e Morton sottolinea la presenza diffusa dei fantasmi nel folklore messicano, la cui eco, aggiungiamo, si avverte nitidamente in uno dei romanzi più straordinari del Novecento, Pedro Páramo di Juan Rulfo, dove si narra del ritorno del protagonista nel villaggio natio ormai abitato da fantasmi. In sintonia con il discorso fin qui illustrato è poi il penultimo capitolo, In cerca di prove: scienza e fantasmi, con la rassegna degli strumenti più alla portata di tutti per trasformarsi in ghostbusters. Sì, perché, come scrive Morton:

“Oggigiorno, con un numero sempre maggiore di persone disposte a credere agli avvenimenti soprannaturali, chiunque sia in possesso di uno smartphone e di qualche app del valore di pochi euro può dichiararsi un cacciatore di fantasmi. Tuttavia, i veri professionisti del paranormale richiedono ben altri equipaggiamenti e la caccia ai fantasmi è diventata un settore commerciale a tutti gli effetti, con aziende di tutto il mondo che si dedicano alla produzione di dispositivi sempre più complicati”.

La ricognizione di Morton si conclude con un capitolo dedicato alla presenza diffusa del fantasma nella letteratura novecentesca, nella settima arte sin dalle sue prime manifestazioni fino ai recenti cartoni animati, i videogiochi e i parchi a tema, segnalando la presenza dei fantasmi in pratica sin dall’origine del cinema per opera di Georges Méliès. “Il cortometraggio Le Manoir du Diable (Il maniero del diavolo, 1896) – scrive Morton – uscì a soli due anni di distanza dal primo film in assoluto, Sortie de l’usine Lumière à Lyon. L’interessante non sta tanto nelle date ma nel fatto che fosse proprio “colui che viene considerato il padre degli e effetti speciali” (ibidem). I fantasmi intrattengono. Inoltre, a quei tempi era indifferente farli apparire o meno sullo schermo: tutte le creature di celluloide, per chi assisteva a una proiezione, erano fatti della materia di cui sono fatti gli spettri. Si legga questo passo di Maksim Gorkij, scritto dopo aver assistito a una dimostrazione del marchingegno dei fratelli Lumière, opportunamente riportato da Cigliana:

“Ieri sera sono andato nel Regno delle Ombre. Se soltanto poteste immaginare la stranezza di questo mondo! Un mondo senza colore, senza suono. Tutto qui – la terra, l’acqua e l’aria, gli alberi, le persone – è di un monotono grigio. Raggi di sole grigio in un cielo grigio, occhi grigi in un viso grigio, foglie d’albero grigie come la cenere. Non la vita ma l’ombra della vita. Non il movimento della vita ma una specie di suo muto spettro. È terribile a vedersi questo movimento di ombre, nient’altro che ombre, spettri, fantasmi…”
(Cigliana, 2018).

In ascolto dell’aldilà
Si è accennato nell’avvio di questa ricognizione anche all’altro medium che vanta strettissimi legami di parentela con il fantasma, ovvero il fonografo. Anzi, non si deve mai dimenticare che tutta la musica registrata che ascoltiamo oramai da oltre un secolo viene fruita secondo una modalità che non differisce dall’ascolto di ipotetici segnali dall’aldilà: nasce con la complicità dei fantasmi, al progetto edisoniano di catturare la voce dei familiari per riascoltarla post mortem.

Un’invenzione che terrorrizzò al suo apparire: il fonografo.

Scherzi del destino, paradossi d’oltretomba. Quello stesso Edison che poco dopo brevetterà la lampadina mettendo a repentaglio l’esistenza stessa dei fantasmi con il fonografo aveva avviato un ben più pragmatico ritorno, vantandosi “di come la sua invenzione potesse riprodurre il suono «senza la presenza o il consenso della fonte originale, e dopo un qualsivoglia intervallo di tempo». In altre parole, i dischi sono fantasmi controllabili: non a caso Edison aveva ideato il fonografo come mezzo per conservare le voci dei cari estinti” (Reynolds, 2017). Voleva anche osare di più, come testimonia questo passo riportato da Lisa Morton:

“È da qualche tempo che sto cercando di mettere a punto un sistema in grado di metterci in contatto con coloro che hanno lasciato questa Terra […]. Se mai riuscirò a raggiungere questo risultato, ciò sarà fatto non tramite metodi occulti, oscuri, misteriosi o chissà quali altre stranezze, bensì con procedimenti puramente scientifici”.

Acchiappa(voci di)fantasmi della prima ora. Peregrina sulle prime, l’idea di tentativi in realtà ne ha visti eccome. Una documentazione che ha dello stupefacente arriva dall’etichetta discografica belga Sub Rosa, non nuova nel pubblicare, a fianco a dischi dedicati a musiche sperimentali di ieri e di oggi, testimonianze audio e materiali sonori che poco hanno di musicale in senso stretto, o in qualsiasi senso.

Trentatré giri nell’oscurità
L’oscuro sentire regalato da alcuni dei microsolchi presenti in catalogo, sprofonda definitivamente nell’insondabile e nel paranormale grazie al lavoro di Philippe Baudouin, già autore di studio sulla storia della radio e dell’occultismo, un archeologo dei media che ha approntato tre volumi dedicati ai suoni provenienti dall’ignoto causati da fenomeni paranormali. La serie si intitola Spectra Ex Machina: A Sound Anthology of Occult Phenomena. 1920-2017, coerentemente in questo caso prodotta unicamente in vinile, e proprio il primo volume pubblicato nell’estate del 2019 si focalizza sulle emissioni sonore legate allo spiritismo e alle infestazioni.
I due successivi (il secondo annunciato per i prossimi mesi) saranno dedicati alle esperienze di percezione extrasensoriale (chiaroveggenza, psicocinesi et similia) e ai fenomeni di voci elettroniche, ovvero alle registrazioni d’ambiente che catturano frammenti sonori d’origine sconosciuta. Quest’ultime vennero catturate per la prima volta dal lettone Konstantine Raudive, noto perlopiù per essere stato citato a più riprese da William Burroughs, ma per il resto del tutto sconosciuto, se non agli addetti ai lavori. 
Raudive, che fu uno studente di Carl Jung, collezionò una sorta di database comprendente oltre settantamila reperti audio, voci dell’aldilà che il nastro magnetico afferrava dall’etere. Da quell’immenso archivio Baudouin ha tratto spunto per un album intitolato The Voices of the Dead pubblicato anch’esso dalla Sub Rosa (lo si è detto, di stranezze sonore quel catalogo è colmo), comprendente sia esempi dall’archivio di Raudive sia rielaborazioni sonore a cura di alcuni rodati sperimentatori elettroacustici. Evidentemente soddisfatto della riuscita dell’album, Baudouin ha pensato bene di ampliare la rassegna, ed ecco Spectra Ex Machina.
L’avvertenza qui è d’obbligo: si tratta di un’esperienza d’ascolto sconcertante, sottolineata talvolta dal fruscio di vecchi dischi di cera o di nastri magnetici logorati dal tempo, segnati da passaggi drammatici, come nel caso dell’esorcismo di Annaliese Michel (1976), enigmatici come il rapping  registrato in Germania (1968).

La raccolta del primo volume copre l’arco temporale compreso tra il 1930 e il 1995, dunque è tutta novecentesca (come l’intera serie), e d’altra parte che non tutto il secolo scorso fosse davvero illuminato era in fondo già assodato. L’ambiguità della relazione tra razionale e irrazionale è tutta nel frammento iniziale, una registrazione di sir Arthur Conan Doyle, un pronunciamento in favore dello spiritismo registrato a Londra il 14 maggio 1930: Haunting Spirits and Haunted Places.

“Nel 1877 mi capitò di vivere qualche singolare esperienza psichica e, in particolare, rimasi colpito dalla telepatia, che sperimentai su di me assieme a un amico. Sorse allora una domanda: se due esseri umani in carne e ossa sono in grado di comunicare con la mente, è possibile per un’entità incorporea comunicare con chi è ancora vivo e vegeto? Passai oltre vent’anni a studiare il fenomeno, giungendo infine a una conclusione inoppugnabile, ovvero che tale comunicazione è possibile. «Quali sono i benefici dello spiritualismo?» mi chiede la gente. In primo luogo, esso serve a eliminare alla radice la paura della morte; poi getta un ponte tra noi e quei nostri cari che potremmo perdere. È inutile temere di richiamarli, perché in realtà ci limitiamo a creare loro le condizioni per potersi fare vivi, se lo desiderano. E sono loro a decidere se farlo oppure no. Ci hanno detto un’infinità di volte che, se Dio non volesse, non potrebbero ripresentarsi. E la consapevolezza di poterci confortare e aiutare è per essi fonte di gioia smisurata, così come il parlarci della loro vita felice e di quel mondo che, a nostra volta, siamo destinati a raggiungere”.

Neanche due mesi dopo sarebbe morto. D’altra parte, il papà di Sherlock Holmes venne letteralmente rapito dalle fate, o quantomeno dalle fotografie che le coglievano in un giardino, scattate nel 1917 da due ragazzine dello Yorkshire, Elsie Wright e la sua amica Frances Griffiths. Fate non fantasmi, medesima è però la sostanza, perché il confine non è tra l’aldiqua e l’aldilà ma tra il conosciuto e lo sconosciuto, e da lì chiunque venga a visitarci possiede il medesimo statuto culturale. Ecco perché siamo ancora a chiederci: che cos’è un fantasma? O come si chiede Kristen, la protagonista di Personal Shopper nella battuta finale del film: “Is it just me?”.

Letture
  • Simona Cigliana, Due secoli di fantasmi, Edizione Mediterranee, Roma, 2018.
  • Jacques Derrida, Spettri di Marx, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1994.
  • Federico Fellini, Fare un film, Einaudi, Torino, 2015.
  • Mark Fisher, The Weird and the Eerie, minimum fax, Roma, 2018.
  • Shirley Jackson, L’incubo di Hill House, Adelphi, Milano, 2018.
  • Perceval Landon, Thurnley Abbey, in I racconti delle tenebre, (a cura) di Fabio Genovese, Einaudi, Torino, 2019.
  • Karl Marx, Friedrich Engels, Il manifesto del partito comunista, Giunti Demetra, Firenze, 2018.
  • Douglas Murphy, L’architettura del fallimento, Postmedia, Milano, 2013.
  • (a cura di) Ezio Puglia, Massimo Fusillo, Stefano Lazzarin, Angelo M. Mangini, Ritorni Spettrali. Storie e teorie della spettralità senza fantasmi, il Mulino, Bologna, 2018.
  • Simon Reynolds, Retromania, minimum fax, Roma, 2017.
  • Juan Rulfo, Pedro Páramo, Einaudi, Torino, 2004.
Visioni
  • Alejandro Amebar, The Others, Warner Bros, 2013 (home video).
  • Olivier Assayas, Personal Shopper, Academy Two, 2016.
  • Denis Côté, Répertoire des villes disparues (Ghost Town Anthology), Couzin Films, 2019.
  • Mati Diop, Atlantique, Netflix, 2019.
  • Mike Flanagan, The Haunting of Hill House, Netflix, 2018.
David Lynch, Inland Empire, Rai Cinema, 2014 (home video).
  • Michael e Peter Spierig, La signora Winchester, Eagle Pictures, 2018.
  • Apichatpong Weerasethakul, Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti, Bim Distribuzione, 2010.