The Peripheral, o il tempo
come strategia del dominio

Lisa Joy, Jonathan Nolan
Inverso – The Peripheral
Stagione 1 (otto episodi)

Cast principale: Chloe Grace Moretz,
Jack Reynor, Gary Carr,

Charlotte Riley, Katie Leung,
Alexandra Billings, T’Nia Miller,
JJ Field, 
Louis Herthum.
Prime Video, USA, 2022

Lisa Joy, Jonathan Nolan
Inverso – The Peripheral
Stagione 1 (otto episodi)

Cast principale: Chloe Grace Moretz,
Jack Reynor, Gary Carr,

Charlotte Riley, Katie Leung,
Alexandra Billings, T’Nia Miller,
JJ Field, 
Louis Herthum.
Prime Video, USA, 2022


Le Blue Ridge Mountain sono una regione montuosa prossima alla costa atlantica del nord America. Si tratta di uno dei territori geologicamente più antichi del continente, parte della grande catena degli Appalachi, che attraversa il North Carolina e la Virginia, con ampie propaggini sia verso sud, in Georgia, sia verso nord, in Pennsylvania. Queste montagne ebbero la loro orogenesi ancora nella lontana Pangea, oltre quattrocento milioni di anni or sono, e si avverte in loro la presenza di un immaginario arcaico, quasi che i luoghi, quando sono radicati in un’era così lontana, mantengano un’atmosfera perturbante, come se vi aleggiasse una sorta di fantasma del tempo trascorso. Gli Appalachi, e le Blue Ridge Mountain in particolare, sono un territorio vasto e in gran parte ancora difficile da percorrere: coperto di foreste percorse da pochi sentieri, laghi e grandi fiumi. Nei libri di geografia sono catalogati come regioni che patiscono una scarsa industrializzazione, basati su una economia di sussistenza, tra agricoltura e allevamento, a cui oggi si è aggiunta una piccola percentuale del reddito derivata dal turismo. Il conflitto tra una povertà endemica, una visione del mondo provinciale, chiusa e limitata, e una natura invece dominante e onnipresente, ha perciò fatto sì che questi territori diventassero il simbolo di una certa America arcaica e – senza dubbio – intimamente violenta. Non è un caso che negli Appalachi sono stati ambientati e girati due film iconici come Un tranquillo weekend di paura (Deliverance, John Boorman, 1972) e Il cacciatore (The Deer Hunter, Michael Cimino, 1978).

Attenti a questi due: Lisa Joy e Jonathan Nolan
È in queste montagne che, secondo The Peripheral il romanzo di William Gibson da noi tradotto con il titolo Inverso, vive Flynne Fischer con la sua traballante famiglia: la madre Elle, malata di un tumore al cervello e ormai cieca, e il fratello Burton, marine reduce da una non meglio identificata guerra. Nell’autunno del 2022 Amazon Prime ne ha trasmesso una riduzione televisiva, in otto puntate. L’idea è partita da Lisa Joy e suo marito Jonathan Nolan, fratello del regista Christopher, che annunciarono la loro intenzione già nel 2018. I due, com’è noto, sono i creatori, tra le altre cose, della fortunatissima serie Westworld. È chiaro che per la premiata coppia si trattava di una sfida, e per rendere adeguatamente il complesso testo dello scrittore americano, hanno messo in campo un’equipe assolutamente all’altezza, dal cast alla regia, dalla colonna sonora alle scenografie. La sceneggiatura è firmata per quasi tutti gli episodi da Scott B. Smith, scrittore apprezzato dalla critica, con la collaborazione di Jamie Chan, Bronwyn Garrity e Greg Plageman. Si tratta di nomi poco noti al grande pubblico, ma con una lunga e fruttuosa esperienza nei serial televisivi. Tra questi sono molti quelli legati allo staff della coppia Joy – Nolan, provenienti dalla lavorazione di Reminescence o di Westworld, e tra questi spiccano Athena Wickham, figura presente come produttore o ruoli affini in molte delle serie più apprezzate degli ultimi anni, da Fringe e Person Of Interest a Westworld e Fallout, e Sara Desmond, la quale può vantare un lungo e blasonato curriculum e che in tempi recenti vede una fortunata collaborazione con Alex Garland per Ex-Machina e Annihilation.

La regia è affidata per la maggior parte degli episodi a Vincenzo Natali, sebbene nei credits figuri anche Alrick Riley. Natali in particolare ha avuto una diretta frequentazione con i romanzi di William Gibson, visto che collaborò (anche se non riconosciuto) a Johnny Mnemonic, e inoltre nel 2010 fu oggetto di una insistente fuga di notizie che lo dava come regista di una trasposizione di Neuromancer (recentissima, a questo proposito, la notizia che Apple TV+ starebbe lavorando su una nuova produzione del più famoso romanzo di Gibson). A completare la qualità di questo staff più che all’altezza, il vero colpo da maestro è stata la scelta degli interpreti, complessivamente tutti di alto profilo, ma in particolare Chloë Grace Moretz nel ruolo di Flynne e Jack Reynor in quello di Burton danno spessore ai loro personaggi, rendendoli assolutamente realistici. Evidenziare e analizzare ruoli e incarichi nel cast e nella troupe non è semplice nozionismo, ma ha uno scopo ben preciso, ed è sottolineare il valore della sfida e della scommessa che la coppia Joy – Nolan vede calata in quest’opera.

La narrazione secondo William Gibson
Trasporre i testi di William Gibson per uno sceneggiatore è uno degli obiettivi più ambiziosi degli ultimi quarant’anni di cinema e televisione. L’uomo che ha cambiato il modo di intendere la science fiction ha operato a un livello molto sofisticato. Gibson applica in modo radicale e senza eccezioni il metodo noto come Show, don’t tell! Nei suoi romanzi il lettore è immediatamente gettato nella scena, e mai, in nessun contesto, gli viene spiegato ciò che accade. Spesso chi scrive introduce nel racconto degli elementi che – di fatto – rappresentano solo degli escamotage, atti a spiegare al pubblico dei lettori ciò che sta accadendo. In Gibson questo non accade, per lui il rispetto del realismo è prioritario, lo scrittore è solamente un osservatore, e questo significa che le necessità dei personaggi sono le uniche che vanno prese in considerazione. Sono solamente i fatti a fornire gli strumenti per comprendere ciò che sta prima, dietro e dopo la storia. È una scrittura affascinante e complessa, che obbliga il lettore a concentrarsi al massimo, e non permette mai una lettura estemporanea, pena la totale incomprensione del testo, cosa che – di conseguenza – produce sia un forte tasso di abbandono dei suoi romanzi, da parte di lettori scoraggiati, sia un forte sentimento di partecipazione e affiliazione da parte di chi, avendogli dedicato il tempo e le energie richieste, si ritrova ampiamente ricompensato.

L’idea, piuttosto diffusa, per cui lo scrittore dovrebbe impegnarsi a semplificare il messaggio, a spiegare ciò che vorrebbe trasmettere, rendendo il suo testo accessibile a una platea più ampia possibile, gli è totalmente aliena. Inoltre, il pubblico a cui si rivolge una produzione cinematografica o televisiva, soprattutto nell’ambito del fantastico, è più ampio e difficilmente classificabile rispetto al lettore normalmente dedito alla science fiction. Di conseguenza, rendere testi come quelli di Gibson fruibili anche da coloro che non sono suoi lettori e nemmeno lettori di sf, è una operazione che per realizzarsi si fonda su una continua mediazione, tra la necessità di mantenere (e possibilmente allargare) l’ampiezza del target di riferimento, com’è chiaramente desiderio dei finanziatori, e il rispetto del testo originario, oltre che della volontà di salvaguardarne i nodi concettuali, cosa che dev’essere indipendente da una semplificazione quasi mai auspicabile, e che aumentano il valore del libro in sé, rendendolo stimolante ai fini della trasposizione. Nessuno finora, nemmeno Abel Ferrara con New Rose Hotel (1998), ha ottenuto un risultato all’altezza delle aspettative, e questo ha portato inevitabilmente a una crescita esponenziale dell’hype circa questa serie, affiancata chiaramente dal desiderio della produzione di vederne riconosciuto il successo. Va detto, sin da subito, che, al netto di alcune eccessive accelerazioni negli episodi finali, e considerando la forte semplificazione della trama, il risultato è più che all’altezza.

Scenario 1: North Carolina, 2032
Flynne vive nella cittadina di Clanton, in North Carolina, nell’anno 2032. Una cittadina con quel nome non si trova sugli atlanti, e la produzione, forse in sintonia con il senso di arcano e primitivo proprio di quel particolare territorio, ha comunque girato gran parte degli esterni nelle zone rurali dello stesso stato, per la precisione nelle cittadine di Asheville, Burnsville e Marshall, nella Madison County, dove si trova il ponte, location della scena centrale del quinto episodio, così come la strada su cui si affaccia il locale in cui è facile incontrare buona parte dei personaggi, o il parcheggio dove si trova il negozio di stampe 3D.

Quella di Flynne è una vita difficile, solitaria. Il fratello è un veterano, un marine tornato dalla guerra portandosi addosso le cicatrici di una metamorfosi sia fisica che mentale, derivate dall’installazione degli impianti cyborg di origine militare. Negli USA, già negli anni che seguirono la guerra di Corea (ma lo stesso accadde con Vietnam, Iraq, Afghanistan, Somalia), il problema dei veterani è centrale e particolarmente sentito. Gibson, con il personaggio di Burton, riporta l’attenzione su un tema drammatico che non si è mai sopito, e che coinvolge oltre diciannove milioni di americani – tanti sono i reduci oggi – e che è affrontato da un dipartimento federale apposito, lo US Department of Veterans Affairs. Tutto ciò per gli USA significa dolore, malattia (sia fisica che mentale), stress post-traumatico, povertà, enormi difficoltà a reintegrarsi. Introdurre i personaggi di Burton, Connor e del gruppo di commilitoni non è certo un meccanismo letterario per avere dei protagonisti abili nell’uso delle armi e quindi utilizzabili in modo credibile durante i combattimenti. Per Gibson si tratta di un omaggio, della dimostrazione di come sia diffuso un certo sentimento di riconoscenza, ma anche di vergogna verso questa categoria, molto presente tra la popolazione civile degli USA. Durante la guerra, mentre il figlio era in missione, il padre di Flynne e Burton è morto, e la ragazza si è ritrovata a essere la sola responsabile di una madre vedova e malata. Ella, nonostante la sua condizione, viene presentata sempre come una figura combattiva, anzi, si dimostra un costante punto di riferimento per la figlia. Per Flynne la salute e la sicurezza della madre sono la preoccupazione principale, ma in realtà sarà quest’ultima che, di fronte ai tentennamenti e alle paure della ragazza, le parlerà con la forza di chi non hapiù nulla da perdere: “Let the force grows up in you” le dice, quasi che fosse una citazione da Star Wars.

La produzione, per limitare le critiche provenienti dal pubblico generalista e riferite a un testo giudicato eccessivamente complesso, è costretta, pur limitandoli il più possibile, a inserire diversi passaggi esplicativi. Questo accade ad esempio durante i frequenti momenti di tensione con il fratello, in cui Flynne racconta come si sia ritrovata costretta a crescere in fretta, senza altra via di fuga da una realtà spesso insopportabile se non le sim, abbreviazione di simulation, ovvero gli ambienti di realtà virtuale per gamer dove Flynne è nota con il nickname di Easy Ice. Flynne è combattuta rispetto alle scelte richieste da questa realtà alternativa che gli si propone. All’inizio del primo episodio, di fronte a una precisa richiesta, dice esplicitamente: “isn’t real”, sottolineando che “questo è l’unico mondo che ho”, una presa di distanza senza alcuna esitazione.
Quasi a voler sottolineare l’affinità ideale tra i due mondi, Flynne si rifiuta inoltre di lavorare nei laboratori che fabbricano droghe sintetiche, principale attività del territorio, sebbene evidentemente illegale, e quindi lei e la famiglia vivono con ciò che Burton riceve dallo stato in quanto veterano, integrato da quanto Flynne guadagna nella stamperia 3D dove occasionalmente lavora, e da ciò che riescono a guadagnare come beta tester di giochi virtuali. Le medicine di Ella però, nel mondo senza sanità pubblica degli USA, costano molto più di quanto i due fratelli possano permettersi, e questo spinge Flynne ad accettare il contratto particolarmente remunerativo che cambierà la sua vita. Flynne è qui il concentrato di un preciso way of life, rappresenta un intero sistema di valori. A sostegno del suo carattere si trova l’attaccamento alla terra, cardine del suo realismo. Ha poche ambizioni, alcuni sogni, riconosciuti come tali e immediatamente identificati come irrealizzabili, gli obiettivi che si pone sono evidentemente e razionalmente raggiungibili, e ogni sua azione resta in ogni caso sotto l’ombrello culturale di un rigoroso pragmatismo e materialismo, almeno fino al giorno prima di tutto ciò che accade. Wilf, un uomo del futuro, dirà di lei che “è tutta unicorni e arcobaleni”, ma questa sua ingenua semplicità interiore non è né imprigionata né sottomessa. Semplicemente, questo non è un mondo in cui può permettersi di essere sé stessa. In questo contesto la violenza è un dato di fatto, non una opzione, e si spiega da sé. Esiste, sarebbe insensato non vederla. Dopodiché vi è chi ne fa un uso finalizzato ai propri scopi e al guadagno da realizzare, e chi invece fa il possibile per non dovervi fare ricorso, se non per estrema e legittima difesa.

Scenario 2: Londra, 2099
Quando Flynne e Burton entrano in contatto con la seconda realtà di questo romanzo, l’equilibrio inizia a oscillare. I due fratelli vengono interpellati da una fantomatica società, la Milagros Coldiron. Costoro in prima battuta si presentano come una società colombiana, ma in poco tempo, sono sufficienti due sedute, Flynne scopre che si tratta di una copertura per dei misteriosi individui che vivono nella Londra del 2099, quasi settant’anni nel futuro. Le due realtà non potrebbero essere più diverse, e la loro interazione è esplosiva. Il confronto / scontro tra Clanton e Londra avviene metaforicamente sulle note di London Calling dei Clash, che irrompe nella colonna sonora, e collega piani diversi: certamente quello economico, visto che dal futuro londinese piovono soldi apparentemente infiniti, e altrettanto quello culturale e scientifico, dato che un centro come il Research Institute – uno dei poli cruciali della gestione del potere nella Londra futura – è impensabile nel poco sviluppato North Carolina.

È però sul piano della violenza pura che i due mondi si scoprono davvero affini: dotato di mezzi apparentemente inarrestabili il primo, capace di generare difese inaspettatamente efficaci il secondo. Alla violenza sistemica del primo si contrappone la violenza naturale del secondo. La Londra del futuro si presenta nella serie in un modo particolare: vi appare immediatamente il personaggio di Wilf Netherton, figura speculare a Flynne nel tempo diverso. Il personaggio del romanzo di Gibson è nettamente più complesso del suo corrispettivo televisivo, così come l’intera trama, che sul testo scritto è decisamente più articolata. Già nelle prime pagine il ruolo di Wilf è intricato e complicato in aspetti e relazioni multiple, mentre nella serie ci si concentra solo e unicamente sin dall’inizio sul suo rapporto con Lev Zubov, uomo di punta della Klept, una sorta di struttura criminale di stampo mafioso che agisce in modo molto spregiudicato. Quest’ultimo nel corso della serie, sebbene non sia il villain in senso stretto, si rivelerà uomo spietato e senza scrupoli.
La versione televisiva di Wilf si presenta mentre osserva una simulazione della battaglia di Trafalgar, tra le flotte inglesi e napoleoniche. La battaglia avvenne il 21 ottobre 1805, lo stesso giorno in cui, a distanza di 217 anni, è stata trasmessa la prima puntata della serie. La denuncia della violenza dell’uomo sull’uomo, e contemporaneamente, della sua spettacolarizzazione, l’uso dell’immagine della guerra come arma essa stessa, sembra essere il messaggio portato avanti da Wilf, che scopriremo reduce da una lunga serie di eventi violenti avvenuti durante la sua infanzia e nell’adolescenza, situazioni che lo hanno segnato irreparabilmente. L’uomo, mentre l’Ammiraglio Nelson e i suoi avversari francesi combattevano di fronte ai docks di Londra, è in attesa di incontrare la sorella Aelita. Lei è atto quanto lui è potenza, azione dove lui è riflessione, decisa quanto lui è dubbioso, partigiana quanto lui cerca invece unione e mediazione. La narrazione tutta è in fondo una sorta di quadrilatero della fratellanza / sorellanza, dove Wilf e Aelita sono collegati a Burton e Flynne, dove si ricerca colui o colei che spasmodicamente manca. Quel mondo diventa per Flynne immediatamente violento, appena viene scostato il velo di una società apparentemente libera e ricca. Il dolore e la morte non si nascondono, anzi. Aelita le chiede esplicitamente di controllare le sue percezioni, di liberarsi dalla facciata e dall’apparenza, di rivolgersi alla sua essenza per aumentare la sua comprensione. Quando giungono nel cuore del Research Institute, dove Aelita cerca di appropriarsi dei segreti dell’organizzazione, lei, di fronte alle titubanze di Flynne, le cita William Blake, la prima strofa di una poesia del 1803, Presagi di Innocenza:

“Vedere un Mondo in un Granello di Sabbia
E un Cielo in un Fiore Selvatico
Ferma l’Infinità nel palmo della mano
L’Eternità in un’ora”
(Blake, 1984).

Con queste parole Aelita, amante degli indovinelli e delle filastrocche, prima di essere interrotta e costretta alla fuga, sta quindi cercando di spiegare a Flynne il motivo per cui la sua mente è calata in un corpo artificiale, in una periferica, e di conseguenza quali sono il suo piano e il suo progetto. Aelita si rivela a poco a poco come una figura inquietante, evanescente e di difficile inquadramento.

Spietata, quando serve, ma sostanzialmente dedita a un bene comune, a combattere nemici che si delineano lentamente agli occhi di Flynne. In questo momento la donna ha appena il tempo di accennare all’esistenza di tunnel quantici, alla presenza di altri mondi, di infinite realtà, aprendo quindi il discorso a ciò che sarà il tema dominante per l’intera serie: i viaggi nel tempo, la possibilità di ognuno dei diversi mondi di influenzare gli altri, e a quali siano le modalità e le leggi per cui questo avviene. Da questo punto in poi l’intera serie può essere vista come la ricerca di Aelita da parte di Flynne, così da poter chiudere il cerchio cominciato con i versi di William Blake. Scoprirà presto di non essere l’unica a inseguire quelle risposte, insieme a lei c’è prima di tutto Lev Zubov, il capo di Wilf Netherton (unica persona con cui ha un rapporto quasi di fiducia), la Dott.ssa Cherise Nuland, responsabile del Research Institute da cui Aelita e Flynne hanno trafugato qualcosa di particolarmente prezioso, e infine Ainsley Lowbeer, ispettore di polizia, dotata di un potere e di una influenza almeno paragonabile a quella delle altre due forze sul campo.

Il controllo del tempo come una modalità del dominio
La riconnessione tra il presente, il passato e il futuro, le proiezioni che ai nostri occhi diventano significanti, i rimorsi per il modo in cui abbiamo gestito (o meno) il passato, le speranze (più o meno vane) che abbiamo verso il futuro: tutto ciò è il sottotesto – a dire il vero piuttosto palese – che attraversa l’intera narrazione. Solo Flynne non ha rimorsi. Quando suo fratello le chiede scusa per ciò che le sta capitando, risponde, tranquillizzandolo, che qualsiasi cosa le succeda, può dire di essere stata sia a Londra, sia nel futuro, e che tutto questo è più di quanto avrebbe potuto sperare. Ma lei è la sola che ha la capacità di elevarsi sopra al ciclo eterno dei ritorni, del rammarico e della amarezza. Su Burton pende costante la domanda su come sarebbe stata la sua vita se non fosse partito volontario, vive il rimorso per ciò che è successo a Connor, che ha perso le gambe e un braccio mentre lui era il suo capo pattuglia; Ella guarda il poco tempo che le rimane e si rammarica di quanto ne ha gettato al vento, occupandosi di fatti inutili e irrilevanti; Aelita, come l’ispettrice Lowbeer, è incapace di rispondere a domande dirette sul futuro e su ciò che è accaduto, l’intera Londra del futuro vive nell’ombra della immensa tragedia che ha colpito quel mondo. Flynne guarda la città vuota, e rivolge a Wilf un drammatico interrogativo, destinato a rimanere senza risposta: What happened to the people?

Parlare di tempo, di tempo che scorre, significa parlare di metamorfosi, di mutazione, e difatti il corpo di Flynne degrada: si ammala, e peggiora, col tempo. I segni di ciò che accade nel futuro si riversano nel passato, e la feriscono. Gli uomini della Londra futura, apparentemente superiori, si rivelano deboli e fragili quanto (se non più) dei loro speculari del North Carolina. Le grandi statue che addobbano i grattacieli di una città ricostruita quasi solo a un livello virtuale, si rivelano per dei banali depuratori dell’aria. Nessuna arte, solo la più basilare sopravvivenza. La medicina si mostra per ciò che è: una truffa, nessuno può proteggere nessuno, e la cura miracolosa, la panacea che avrebbe dovuto guarire Ella, la mamma di Flynne, non funziona. Anche nel futuro si deve rischiare la vita, e soffrire, impegnare i corpi nella struggle for life, e senza gli impianti cerebrali che migliorano la biochimica e i meccanismi del sistema immunitario, si muore molto rapidamente. La Londra futura si rivela come un mondo morto, frammento sopravvissuto di un pianeta che si è autodistrutto. In questa città barocca e piena di ornamenti, le periferiche come Flynne vengono chiamate polt, un termine abbreviato per poltergeist. Non solo perché le loro menti stanno entrando in un corpo periferico, sdoppiandosi, ma soprattutto perché sono destinati a morire, vengono da un passato che per loro è già morto. Scopriamo quindi cos’è il Jackpot, una sorta di apocalisse time-lapse, un aggregato di eventi apparentemente scollegati ma che alla fine si dimostrano tasselli di uno stesso mosaico. Il mondo futuro diventa contagioso.

Con la scoperta degli stub, che nella versione italiana viene reso con frammenti, e le possibilità offerte dalla loro creazione, la degenerazione e la crudeltà del flusso temporale londinese diventa una sorta di virus trasmissibile, che contagia gli altri mondi con cui viene in contatto. La traduzione italiana non rende il senso del termine, Gibson lo usa per sottolineare la finitezza di un evento. Quando si apre una connessione con il futuro, in quell’istante la linea temporale di divide, creando – appunto – uno stub, un ramo della linea principale, che è utilizzabile dai suoi creatori per i loro fini. Così questi rami diventano terra di conquista, una sorta di allargamento temporale del colonialismo e del capitalismo più becero, quello rappresentato delle corporation, delle zaibatsu e delle famiglie mafiose come gli Zubov. Una logica predatoria che abbiamo già visto in Tenet (2020) di Christopher Nolan, e in senso lato un corrispondente temporale della teoria della foresta oscura così come è presente in Liu Cixin. Il potere che il futuro esercita sul passato viene dichiarato nel dialogo che Aelita ha con la sua ex amica e amante Grace, nel quinto episodio, dove quest’ultima le rivela le potenzialità della fonte di Dio, come viene chiamato il meccanismo che permette la creazione degli stub.
Aelita non ha nessuno scrupolo nello sfruttare per i suoi fini il narcisismo di Grace, che le confida elementi e fatti che non avrebbe mai dovuto rivelare. La sua debolezza, come abbiamo visto in un episodio precedente, le sarà fatale, e verrà uccisa ancora una volta senza alcuno scrupolo dalla dott.ssa Nuland. In quella scena lo spettatore prova compassione per lei, ma in seguito è costretto a rivedere i suoi sentimenti, dopo aver scoperto quanto anch’essa fosse senza scrupoli verso gli abitanti delle altre linee temporali. Cane mangia cane, se è necessario. Grace rivela ad Aelita un elemento inquietante: l’esplosione che rende Connor mutilato per sempre è stata programmata chimicamente dal futuro. Analogamente Flynne durante le sue indagini scopre che il Research Institute produceva scientemente momenti di devastazione e guerra, creando di fatto dei jackpot per ogni stub. È evidente che queste rivelazioni pongono delle angoscianti questioni a proposito del nostro libero arbitrio e della possibilità che abbiamo di decidere e agire in autonomia e indipendenza, ma è anche vero che stimolare un certo tipo di risposta non significa la certezza di ottenerla. Tutto resta nel campo della statistica, e Flynne cerca quel cammino stretto tra la necessità e la libertà.

Ma il tempo è un’arma anche in senso inverso
Il titolo dell’ultima puntata è tratto da un testo di Ralph Waldo Emerson. Questo, nella sua espressione completa, recita: The Creation of a Thousand Forests is in one Acorn, ma sappiamo che il soprannome da bambina di Flynne era Little Acorn, ovvero piccola ghianda. Si vuole quindi sottolineare il valore generativo delle scelte drammatiche compiute da Flynne. Sembrerebbe perciò una conclusione volta a dare rilievo agli aspetti familiari e affettivi della vicenda, alla volontà di Flynne di salvare il suo mondo dal potenziale distruttivo proveniente dal futuro, obiettivo che resta il suo intento primario. Eppure, in quest’ultimo passaggio vi è una violenza estrema. Flynne radicalizza lo scontro, così come hanno fatto Aelita e i neoprimitivi, e lo porta in casa del suo avversario. In punta di metafora potremmo dire che alla violenza sistemica del capitalismo predatorio futuro, Flynne reagisce con una sorta di guerriglia individualista anarchica e imprevedibile. Il conflitto, quindi, pare essere solo agli inizi.
Flynne in chiusura della puntata sembra avere trovato in Lowbeer un alleato, e per entrambe questo è determinante, se è necessario contrastare la capacità del loro avversario di modificare il passato. Evidentemente non si tratta di una conclusione, e si prospetta piuttosto chiaramente la necessità di una seconda stagione, su cui solo recentemente si comincia a sentire qualche indiscrezione. La saga di Flynne Fischer è davvero aperta a molti sviluppi possibili, e vi sono parecchi elementi in questa prima stagione che sono stati solo accennati e che meritano una maggior attenzione.

Letture
  • William Blake, Presagi di Innocenza, in Opere, Guanda, Milano, 1984.
  • William Gibson, Inverso, Mondadori, Milano, 2023.
Visioni
  • Abel Ferrara, New Rose Hotel, Edward R. Pressman Film, Quadra Entertainment, USA, 1988.
  • Lisa Joy, Jonathan Nolan, Westworld, HBO, USA, 2016-2022.
  • Robert Longo, Johnny Mnemonic, Mustang Entertainment, 2019 (home video).