Le future guerre del clima
secondo Neal Stephenson

Neal Stephenson
Termination Shock
Soluzione estrema
Traduzione di Eleonora Antonini

Fanucci, Roma, 2024
pp. 700, € 24,00

Neal Stephenson
Termination Shock
Soluzione estrema
Traduzione di Eleonora Antonini

Fanucci, Roma, 2024
pp. 700, € 24,00


Bisogna sempre prestare orecchio a quello che dice Neal Stephenson. Lo scrittore di fantascienza americano si è conquistato negli anni fama di futurologo e profeta grazie alle prefigurazioni tecnologiche e sociali dei suoi romanzi. Non solo per aver inventato il concetto di metaverso nel libro-cult Snow Crash, ma anche per aver anticipato il concetto di criptovaluta in Cryptonomicon o, come è stato notato di recente dalla rivista The Atlantic, l’idea di intelligenza artificiale generativa in L’era del diamante, riproposto lo scorso anno da Fanucci. Lo stesso editore ora porta in Italia anche l’ultimo romanzo di Stephenson, Termination Shock (2021), il cui focus è il cambiamento climatico e la possibilità della geoingegneria come soluzione tecnologica al problema. L’esordio di Stephenson nella climate fiction merita tutta la nostra attenzione, perché lo scrittore è voce molto ascoltata nella Silicon Valley e la scelta di esplorare un possibile scenario di geoingegneria sembra destinata a prefigurare le future guerre del clima che Termination Shock non teme di mettere in scena, raccontando di uno scontro all’ultimo sangue tra il libertario Texas, che si avvale dell’alleanza più o meno convinta dei Paesi Bassi e di Venezia, e gli Stati più inquinanti al mondo, Cina e India, con nel mezzo l’Indonesia e la Papua Nuova Guinea. Stephenson ci ha da tempo abituati a narrazioni di respiro globale, ma in Termination Shock la scelta è inevitabile, perché l’obiettivo è analizzare in che modo la più promettente delle soluzioni geoingegneristiche, ossia la possibilità di sparare nella stratosfera enormi quantità di anidride solforosa per raffreddare il pianeta – replicando artificialmente quanto in modo naturale avviene durante le grandi eruzioni vulcaniche – ha per sua natura conseguenze globali, e imprevedibili.

Protagonista un novello Elon Musk
Il tecno-miliardario di turno in questa storia si chiama T.R. Schmidt, erede di una grande fortuna che ha utilizzato per mettere su una catena di ristoranti automatizzati negli States, piazzati lungo le grandi autostrade e dotati ciascuno di centinaia di distributori di carburante. Schmidt è preoccupato perché i cambiamenti climatici hanno reso invivibile Houston, città dove si concentra il suo impero immobiliare. Non si ritiene responsabile di questa crisi: è colpa delle auto a guida autonoma, che nel giro di un decennio hanno portato a raddoppiare il numero di veicoli sulle strade americane, facendo schizzare alle stelle le emissioni (evidentemente in questo futuro le driverless car sono arrivate prima sul mercato di massa delle auto elettriche; ma siamo pur sempre nel Texas, non in Germania). A questo punto urgono soluzioni drastiche. E quale soluzione migliore potrebbe venire in mente a un texano pieno di soldi, in uno stato dove ci sono più armi che abitanti, che costruire un enorme cannone per sparare solfati nella stratosfera? Il nostro novello Elon Musk è anche in grado di riciclare, come il suo alter-ego reale, le ogive dei proiettili lanciati in atmosfera, che ritornano in modo controllato sulla superficie e possono essere riutilizzate quante volte si vuole, abbattendo i costi. Non solo: il tutto realizza il sogno libertario di fare a casa propria quello che si vuole, perché T.R. Schmidt spara dalla sua proprietà e i missili tornano sul suolo di cui è proprietario, senza che il governo nazionale o le autorità internazionali possano farci niente.

Intorno a questo progetto ruota uno stuolo di personaggi tipici della narrativa di Stephenson, a cui non ci si può non affezionare: la regina olandese Saskia, preoccupata per il destino del suo paese; l’aristocratica veneziana Cornelia, ancora più preoccupata per il destino della sua città che vorrebbe riportare ai fasti della Serenissima; Rufus, americano di sangue Comanche ossessionato dai cinghiali come Achab dalle balene; la corte di Saskia, che cerca di preservarla dal fuoco incrociato dei deepfake cinesi e dagli effetti di una precoce vedovanza; e Laks, la star dei social del Punjab che si considera investito della sacra missione di salvare il suo mondo dalle conseguenze catastrofiche della geoingegneria americana, in grado di bloccare i monsoni e spingere l’India alla fame. Al fondo, c’è la preoccupazione di Stephenson che in un prossimo futuro, di fronte all’inesorabilità dei cambiamenti climatici, i grandi inquinatori – le major petrolifere, la Cina, l’India, ma anche Stati americani come il Texas – si convertano alla geoingegneria come soluzione per continuare a inquinare allegramente, minimizzando tuttavia le conseguenze sul clima attraverso soluzioni tecnologiche in grado di raffreddare il pianeta. Un futuro in cui, cioè, i concetti di “transizione ecologica” e “sviluppo sostenibile” sono sostituiti dal tecno-soluzionismo e dall’estrattivismo predatorio del capitalismo avanzato, similmente a quanto già avviene oggi, ma in una forma più estrema e strafottente. In Termination Shock, Stephenson assume un atteggiamento neutrale nel grande dibattito intorno al quale verosimilmente l’opinione pubblica è destinata a polarizzarsi nei prossimi anni. Ciascuna delle parti in causa ha la sua parte di ragione e la sua parte di torti; e il finale aperto sembra suggerire che toccherà a noi, qui nel mondo reale, decidere se la geoingegneria andrà davvero presa in considerazione come arma nella lotta ai cambiamenti climatici. In ciò Termination Shock può essere letto come perfetto contraltare al più recente romanzo di Kim Stanley Robinson, Il ministero per il futuro, pubblicato l’anno precedente al romanzo di Stephenson e portato in Italia sempre da Fanucci nel 2022. Anche lì il tema della politica dei cambiamenti climatici veniva esplorato attraverso una lente globale, sebbene da una prospettiva più politicamente orientata rispetto all’opera di Stephenson.

Cambiamenti climatici: che fare?
Obiettivo di entrambi questi romanzi di climate fiction sembra essere quello di stimolare la capacità dei lettori di proiettarsi in un futuro molto vicino e immaginare le conseguenze a medio termine dei cambiamenti climatici per favorire la presa di decisioni nel presente. Stephenson è d’altronde da tempo occupato in questo sforzo di invertire la tendenza della fantascienza e in generale dell’immaginario contemporaneo a generare distopie e immaginare solo futuri cupi: già nel 2014 il suo progetto Hieroglyph, portato avanti all’interno del Center for Science and the Imagination dell’Arizona State University, ha provato a suggerire narrazioni di futuro in cui la tecnologia risolve i problemi, anziché crearne di nuovi. Questo non vuol dire essere d’accordo con la geoingegneria, anche se qualche lettore potrebbe avere da ridire sul fatto che l’autore non prenda esplicitamente posizione sul tema. Ma lo stimolo a iniziare fin da ora un dibattito pubblico e democratico sull’opzione geoingegneristica, per evitare che la previsione di Stephenson che in un futuro non troppo lontano qualche tecno-miliardario ultra-libertario (e in giro ce ne sono diversi) decida di fare a modo suo nella lotta ai cambiamenti climatici, non va preso sottogamba. Soprattutto ricordando quante volte Neal Stephenson ci abbia visto lungo.

Letture
  • Kim Stanley Robinson, Il ministero per il futuro, Fanucci, Roma, 2022.
  • Neal Stephenson, L’era del diamante, Fanucci, Roma, 2023.
  • Neal Stephenson, Snow Crash, Mondadori, Milano, 2022.
  • Neal Stephenson, Cryptonomicon, Rizzoli, Milano, 2000.
  • Matteo Wong, Neal Stephenson’s Most Stunning Prediction, The Atlantic, 6 febbraio 2024.