Asimov: l’uomo centenario
e il divulgatore senza tempo

Isaac Asimov
2 gennaio 1920 –  6 aprile 1992

Isaac Asimov
2 gennaio 1920 –  6 aprile 1992


“All’inizio, si può dire, c’era la curiosità” (Asimov, 2002). Così si apre Il libro di fisica, prima parte della Asimov’s New Guide to Science pubblicata nel 1984, riedizione (la quarta!) della Intelligent Man’s Guide to Science che Isaac Asimov pubblicò per la prima volta nel 1960. La traduzione non rende giustizia all’incipit originale, che recita: “Almost in the beginning was curiosity”, dove la locuzione in the beginning è la versione inglese del nostro in principio, le prime parole del libro della Genesi. Per Asimov, in principio esiste la curiosità, con cui “l’avventura entrò nel mondo” e, con essa, la scienza come strumento per rispondere alla curiosità. Il primo capitolo del libro s’intitola Cos’è la scienza, e dopo aver cercato di spiegarne il metodo, Asimov concludeva sostenendo l’importanza per il cittadino moderno di possedere un’adeguata conoscenza dei fondamenti scientifici:

“Nessuno può sentirsi veramente a proprio agio nel mondo moderno e valutare la natura dei suoi problemi, e le possibili soluzioni degli stessi, se non ha un’idea esatta di cosa faccia la scienza”.

È per questo che a partire dalla fine degli anni Cinquanta, dopo essere diventato uno dei Tre Grandi della fantascienza della cosiddetta golden age (gli altri due erano Robert A. Heinlein e Arthur C. Clarke), Asimov si dedicò in modo pressoché esclusivo, per quasi quindici anni, alla divulgazione scientifica. “La scienza è troppo importante per lasciarla agli scienziati”, sembra abbia detto una volta, parafrasando Georges Clemenceau (cit. in Asimov, 1995a).

Lo scienziato riluttante
Prima di voler diventare uno scrittore, Isaac Asimov voleva diventare uno scienziato. Aveva in realtà iniziato a guadagnarsi da vivere con i suoi primi racconti all’età di diciannove anni, mentre il suo primo stipendio da ricercatore giunse solo dieci anni più tardi. Laureatosi in chimica e conseguito, dopo la guerra, il dottorato in biochimica nel 1948, scoprì tuttavia molto presto di non essere tagliato per la ricerca. Nel corso della sua carriera accademica, prima alla Columbia University e poi, per dieci anni, alla Scuola di Medicina dell’Università di Boston, il suo vero talento erano le lectures, le conferenze ai dottorandi e agli specializzandi, le uniche del suo dipartimento a fare sold out e a essere spesso interrotte dalle barzellette che raccontava.

Lui, così prolifico nello scrivere racconti per i pulp magazine, non riusciva a scrivere un paper da pubblicare sulle riviste scientifiche. Mentre stava finendo il dottorato scrisse anzi un finto paper di ricerca, dal titolo Proprietà endocroniche della tiotimolina risublimata, analisi di una presunta, immaginaria sostanza le cui reazioni chimiche hanno un orientamento verso il passato piuttosto che verso il futuro; riuscì a venderlo alla sua rivista di riferimento, Astounding, come racconto di fantascienza. I professori si accigliarono.
Per restare a galla, gli venne un’idea: sul Journal of Chemical Education avrebbe potuto pubblicare articoli didattici sui temi della biochimica, che avrebbero fatto comunque punteggio come pubblicazioni accademiche. Lo stratagemma funzionò e permise ad Asimov di scoprire un talento didattico fino ad allora ignorato. Nel 1951 il suo mentore a Boston, Bill Boyd, lo coinvolse nella stesura di un libro di testo sulla biochimica per gli studenti di medicina. Non fu un’impresa divertente perché dovettero scriverlo in tre (l’altro era il direttore del dipartimento, il professor Walker) ognuno conservando il suo stile, cosicché il risultato finale, Biochemistry and Human Methabolism, uscito nel 1952, a cui seguirono altre tre edizioni, non lo soddisfò. Ma costituì un’ottima palestra per perfezionarsi nella saggistica, dopo una già rodata carriera nella narrativa. Scoprì in particolare che in determinate occasioni scrivere saggistica poteva essere più facile e divertente che scrivere fiction.

A un certo punto decise di scrivere un articolo per il Journal che però risultò impubblicabile: era troppo lungo e soprattutto scritto in modo troppo informale. Lo mandò a John Campbell, il direttore di Astounding. La rivista ospitava una rubrica di scienza su temi in grado di appassionare i lettori di fantascienza e il titolo di quell’articolo, L’emoglobina e l’universo, era sufficientemente suggestivo. Campbell lo comprò e lo pubblicò nel numero di febbraio del 1955. Fu il primo articolo divulgativo di Asimov.

Dall’accademia al grande pubblico
L’anno precedente, su richiesta di Boyd, Asimov aveva scritto un libro didattico sulla biochimica rivolto ai più giovani, The Chemicals of Life. Non solo si rese conto che scrivere questi testi “prendeva meno tempo, era più facile, e molto più divertente che scrivere un pezzo di fantascienza della stessa lunghezza”, ma che, mentre con la fantascienza doveva limitarsi ad affrontare una storia alla volta, con la saggistica poteva scrivere più testi contemporaneamente:

“Se stavo scrivendo sulle vitamine in un saggio e sull’evoluzione stellare in un altro, non c’era alcuna possibilità di confondere le due cose. Scoprii di poter lavorare su molti pezzi di saggistica contemporaneamente, saltando dall’uno all’altro a mio piacimento” (Asimov, 1995b).

Nel corso degli anni Cinquanta pubblicò con Abelard-Shumann (l’editore di The Chemicals of Life) altri sette volumi, su genetica, fisica atomica, chimica (I mattoni dell’universo, ed. it. Mondadori, 1971), chimica organica, astronomia (L’orologio su cui viviamo, ed. it. Mondadori, 1973), e la sua prima raccolta di articoli brevi (Solo un trilione, ed. it. Bompiani, 1966) precedentemente usciti su Astounding.
Nel 1958 Asimov si rese conto che la sua carriera di ricerca era al palo: il suo stipendio, per giunta, era il più basso di tutto il dipartimento di medicina. Peggio ancora, nel 1956 aveva ricevuto un piccolo grant per scrivere un libro didattico sulla circolazione sanguigna (Il fiume della vita, ed. it. Bompiani, 1961), ma il nuovo direttore di dipartimento decise di non versargli l’assegno, sostenendo che il finanziamento dovesse andare a copertura delle spese di dipartimento. Per Asimov, che dal 1939 non aveva mai scritto una sola parola senza guadagnarci un compenso, fu un affronto. Alla fine, si trovò costretto a lasciare l’università, ma nonostante il parere contrario del suo direttore, avendo ottenuto la carica di professore associato (che gli consentiva di non perdere il titolo), nel 1979 avrebbe ricevuto il titolo di professore ordinario, anche se ormai la sua carriera aveva preso tutt’altro corso.

Ma stava maturando intanto un addio ancor più radicale di quello (da tempo nell’aria) al mondo accademico. Dopo il racconto L’ultimo nato (1958), una delle sue migliori storie, Asimov faticava a tornare alla narrativa. Dopo oltre un anno, non riuscì a proseguire la stesura di un terzo romanzo sui robot e fu costretto a restituire l’anticipo pagatogli dall’editore Doubleday. Il trionfo sovietico dello Sputnik, nel 1957, lo convinse “che fosse necessario per me scrivere libri di scienza per il grande pubblico e contribuire a educare gli americani” (Asimov, 1995b). A ciò si aggiungeva il fatto che, all’alba degli anni Sessanta, la maturazione della fantascienza era ormai completa e la nuova corrente emergente (la “New Wave”) gli dava l’impressione che la fantascienza stesse diventando radicalmente “non-asimoviana” (Asimov, 1995b). Per sua fortuna, gli editori erano disposti a pubblicare qualsiasi cosa portasse il suo nome, anche la saggistica, cosicché la nuova carriera di scrittore di scienza, per un autore prolifico come Asimov, diventò ben presto altamente remunerativa.

“Il traduttore”
Inizialmente i suoi libri avevano come target gli adolescenti, essendo Asimov convinto da un lato che i ragazzi in quell’età avessero un particolare bisogno di una solida comprensione della scienza, e dall’altro che scrivere libri per adulti poteva significare dover abbandonare il suo tono spigliato e riprendere quello serioso dei libri di testo per l’università. A fargli cambiare idea fu un incontro con Leon Svirsky, editor di Basic Books, ancora oggi uno degli editori americani di punta della saggistica divulgativa (in seguito avrebbe infatti pubblicato i best-seller di autori del calibro di Richard Feynman, Lee Smolin, Richard Dawkins, Ian Stewart, Steven Weiberg e Douglas Hofstadter). Svirsky voleva pubblicare una summa della scienza del ventesimo secolo per un pubblico generalista ma adulto. Dopo un’iniziale riluttanza, Asimov firmò il contratto e il risultato fu The Intelligent Man’s Guide to Science (1960).

L’assegno dei diritti sulle vendite del primo anno fu il più consistente della sua carriera fino a quel momento, l’opera ottenne un successo di pubblico e di critica inaspettato e fu candidata al National Book Award. Tuttavia Asimov era irritato: Svirsky, che per anni era stato editor di Scientific American, era un uomo abituato a mettere le mani sui manoscritti e tagliarli o modificarli anche radicalmente finché non avessero raggiunto un livello adatto alla pubblicazione. Asimov, che fino ad allora non aveva mai lavorato con un editor, ne fu profondamente contrariato, al punto da giudicare il prodotto finale molto lontano dal suo autentico stile. Nondimeno, The Intelligent Man’s Guide to Science divenne un caposaldo della divulgazione scientifica.
Se dopo l’uscita del suo primo romanzo, Paria dei cieli (1950), Asimov si lamentava che nessuna testata importante ne avesse parlato, e per tutta la vita si rammaricò che un settimanale culturale prestigioso come il New Yorker non avesse mai scritto una riga sui suoi romanzi, nel 1967 la rivista Time dedicò un lungo approfondimento all’Asimov divulgatore, con il titolo “The Translator”, il traduttore. “Nessun emissario verso il mondo non-scientifico ha avuto più successo di un biochimico dotato di grande eloquenza di nome Isaac Asimov”, si leggeva nel pezzo (Time, 1967).

L’anno prima Asimov aveva pubblicato un’opera in tre volumi, Understanding Physics, che aveva riscosso grande popolarità. “Ma Asimov ultimamente si è avventurato molto oltre nella sua produzione, scrivendo libri sulla Bibbia e sulla storia greca e romana. Ha anche ambiziosi progetti per libri sui Goti e sui Franchi, su Costantinopoli e sulle storie di Inghilterra, Germania e Francia, che in qualche modo si incastreranno tra volumi su argomenti come «La Luna» e «l’ambiente spaziale». Attualmente, è nel bel mezzo di una prima stesura di un libro sulla fotosintesi, un argomento complesso su cui ha abbastanza competenza per scrivere interi capitoli senza l’ausilio di riferimenti bibliografici” (Time, 1967)
In effetti, a confronto con la biblioteca da lavoro di Umberto Eco, che contava quasi 30mila volumi, quella di Asimov appariva modesta. Agli inizi degli anni Novanta contava circa 2.000 volumi ammassati nel suo attico di Manhattan. Riteneva fossero sufficienti, e sostituiva periodicamente i titoli troppo vecchi su un argomento con nuove opere di riferimento. Due erano le sue armi segrete: la prima era un ampio archivio diviso per settori, dove Asimov raccoglieva articoli da riviste scientifiche accuratamente ritagliati e classificati, cosicché, quando si trattava di scrivere un nuovo libro, poteva avvantaggiarsi di una letteratura specialistica aggiornata e non voluminosa; la seconda era la sua prodigiosa memoria.

Non solo scienza: Asimov e la storia
Tutte le opere citate dall’articolo del Time sarebbero uscite nei mesi e negli anni successivi, realizzando l’ambizione di Asimov di poter scrivere più libri contemporaneamente. La Houghton Mifflin, che stava ripubblicando i suoi libri per ragazzi, gli chiese agli inizi degli anni Sessanta di scrivere qualcosa per una collana di storia per ragazzi; ma quando Asimov completò le bozze di un libro su Benjamin Franklin e la rivoluzione americana, scoprì che di nuovo gli editor ci avevano messo le mani sopra; Asimov aveva un ego stratosferico, e se una volta aveva accettato di far uscire un libro non suo al 100%, non aveva alcuna intenzione di ricascarci. L’editore pubblicò il testo originale, fuori collana, e non si vendette molto; ma dopo qualche altro anno ci riprovò e commissionò ad Asimov un libro sugli antichi Greci, primo di una collana di quattordici altri titoli dedicata alla Storia, tra cui un’opera in quattro volumi sulla storia americana fino al 1918.

Si trattava tuttavia di un settore dove non riuscì mai ad affermarsi, sia perché i lettori si aspettavano che uno scienziato parlasse loro di scienza, e non di altre questioni, sia perché l’approccio asimoviano alla storia era piuttosto ingenuo ed era facile trovare di meglio in circolazione. Ad Asimov piaceva la storia “vecchia maniera”, con la sua “enfasi sulle guerre e la politica”. Riconosceva che “fosse più importante discutere di sociologia, economia e cultura, e avevo intenzione di metterne il più possibile. Tuttavia, la roba che oggi viene considerata l’essenza della storia è noiosa, e volevo che i miei libri fossero divertenti da leggere” (Asimov, 1995b). Così, nel 1977 Houghton Mifflin chiuse la collana, per il dispiacere del suo autore. Asimov ci avrebbe riprovato un’ultima volta nel 1979, con un altro editore, ma gli impegni con i nuovi romanzi, agli inizi degli anni Ottanta, gli avrebbero impedito di portare a termine l’opera. Riuscì comunque a riutilizzare parte dei materiali per la sua Asimov’s Chronology of Science and Discovery (tr. it. 1991), in cui gli approfondimenti sulle scoperte e le invenzioni sono affiancati da lunghe annotazioni sugli eventi storici, che rispecchiano l’ideale di Asimov di una storia “divertente” da leggere.

I grandi successi
Oltre ai libri, Asimov continuò per tutta la vita a scrivere brevi pezzi di divulgazione, che uscivano mensilmente sulla rivista Fantasy & Science Fiction. Dopo aver tentato senza successo di piazzarli alla Houghton Mifflin, convinse la Doubleday a pubblicarne alcuni in un’antologia dal titolo Fact and Fancy (1961), che vendette abbastanza da persuadere l’editore a pubblicarne altri. Delle sue tantissime opere divulgative, non tutte naturalmente hanno resistito alla prova del tempo, ma alcune conservano inalterata la loro originalità.

È il caso, per esempio, di Civiltà extraterrestri (1979), forse la prima rigorosa analisi delle possibilità di trovare vita intelligente nell’universo (i calcoli di probabilità fatti da Asimov sarebbero stati poi ripresi pari pari da Piero Angela nel suo libro Nel cosmo alla ricerca della vita, tratto dall’omonimo programma televisivo Rai del 1980, nato proprio sulla scia del libro di Asimov). Oppure di In principio (1981), brillante analisi del libro della Genesi alla luce delle conoscenze scientifiche, dove il lettore non deve aspettarsi una filippica antireligiosa come nei testi di un divulgatore notoriamente ateo come Richard Dawkins: Asimov, pur apertamente ateo, rispettava la religione, in particolare un testo come la Bibbia che era alla base della religione dei suoi genitori e a cui aveva anche dedicato uno studio in due volumi. “È un libro che non sostiene una tesi o l’altra, e non fa polemiche”, precisava Asimov nell’introduzione (Asimov, 2013). O anche Catastrofi a scelta (1979), forse la prima introduzione scientifica ai diversi modi con cui il mondo può finire (ben prima che emergesse il tema oggi molto attuale dei “rischi esistenziali”). E ancora, L’universo invisibile (1991) è una gradevolissima “storia dell’infinitamente piccolo dai filosofi greci ai quark”, che se letta a scuola rappresenterebbe una perfetta introduzione allo studio della chimica e della fisica atomica.
L’approccio storico utilizzato da Asimov era stato sperimentato per primo nella Intelligent Man’s Guide to Science, dove, anziché limitarsi a raccontare la scienza del XX secolo come gli avevano chiesto gli editor, Asimov riassumeva la conoscenza scientifica attuale alla luce delle scoperte e degli errori dei secoli passati. La sua passione per la storia gli servì a intuire che la differenza tra i manuali scolastici e i libri divulgativi consiste nel ricostruire la genealogia storica della conoscenza scientifica, e non imporla già bell’e fatta come se fosse caduta dal cielo. Una scienza continuamente in itinere, non cristallizzata; un’introduzione innanzitutto al metodo della scienza, prima che alle sue nozioni. Nel suo necrologio, l’astronomo e star della divulgazione scientifica Carl Sagan scrisse:

“Non sapremo mai quanti scienziati oggi, e in quanti paesi, debbano la loro ispirazione iniziale a un libro, un articolo o un racconto di Isaac Asimov, e neppure quanti semplici cittadini siano solidali con l’avventura scientifica per la stessa ragione. Alcune delle sue frasi e delle sue idee sono state recepite dalla cultura scientifica: per esempio, la descrizione sintetica del sistema solare come «quattro pianeti più dei detriti», e l’idea di trasportare iceberg dagli anelli di Saturno alle aride distese sabbiose di Marte” (cit. in Asimov, 1995a).

Il 12 aprile 1992, sei giorni dopo la sua morte, il New York Times raccolse una serie di omaggi di importanti scienziati. C’era Joseph F. Engelberger, uno dei padri della robotica, che ammise di aver iniziato a occuparsene dopo aver letto i racconti di Asimov sui robot positronici; c’era il premio Nobel per la fisica Leon Lederman, che lo definiva “un patrimonio nazionale” per la sua attività di divulgatore; c’era Marvin Minsky, pioniere dell’intelligenza artificiale, che aveva iniziato a riflettere sull’IA leggendo il racconto di Asimov Girotondo, dove vengono enunciate per la prima volta le Tre Leggi della Robotica; chiudeva Gerard Piel, ex direttore di Scientific American: “Quel che H.G. Wells fece per la comprensione e l’apprezzamento della scienza da parte del grande pubblico nella prima metà del XX secolo, Isaac Asimov lo ha fatto nella seconda metà” (Markoff, 1992).

Anche se non si considerava un intellettuale (nella prefazione a una raccolta di saggi, Dai confini dello spazio, confessava: “Può capitare a volte che le mie opinioni personali suonino come denunce sociali e siano interpretate come tali, ma vi assicuro che io non le scrivo con questo proposito”; Asimov, 1992), nella sua instancabile attività di divulgatore svolse anche un essenziale ruolo sociale. Fu, tra le altre cose, tra i fondatori del Comitato per l’Indagine Scientifica delle Affermazioni sul Paranormale, sulla cui falsariga nel 1989 Piero Angela fondò in Italia il CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale). “Isaac difendeva la conoscenza contro la superstizione, la tolleranza contro il bigottismo, la bontà contro la crudeltà, e soprattutto la pace contro la guerra”, ricordò di lui Arthur C. Clarke. “La sua era una delle voci più efficaci contro gli imbecilli della «New Age» e i fondamentalisti fanatici che ora possono diventare una minaccia molto più grande di quanto lo sia mai stato l’orso di carta del comunismo” (cit. in Asimov, 1995a). Carl Sagan, che ne aveva preso idealmente il testimone, ma che sarebbe morto prematuramente nel 1996, quattro anni dopo Asimov, scorse analogamente le nuvole minacciose all’orizzonte del XXI secolo: “Mi preoccupo per noi stessi, che non abbiamo più un Isaac Asimov che ispiri i giovani a studiare e ad apprezzare la scienza” (cit. in Asimov, 1995a).

Letture
  • Isaac Asimov, Catastrofi a scelta, Mondadori, Milano, 1990.
  • Isaac Asimov, Civiltà extraterrestri, Mondadori, Milano, 2013.
  • Isaac Asimov, Dai confine dello spazio. Riflessioni sulle meraviglie della scienza, Mondadori, Milano, 1992.
  • Isaac Asimov, I, Asimov: A Memoir, Bantam Books, New York, 1995b.
  • Isaac Asimov, I mattoni dell’universo, Mondadori, Milano, 1971.
  • Isaac Asimov, I racconti inediti, Fanucci, Roma, 1995a.
  • Isaac Asimov, Il fiume della vita, Bompiani, Milano, 1961.
  • Isaac Asimov, Il libro di fisica, Mondadori, Milano, 2002.
  • Isaac Asimov, In principio. Il libro della Genesi interpretato alla luce della scienza, Mondadori, Milano, 1987.
  • Isaac Asimov, L’orologio su cui viviamo, Mondadori, Milano, 1973.
  • Isaac Asimov, L’universo invisibile. Storia dell’infinitamente piccolo dai filosofi greci ai quark, Mondadori, Milano, 1994.
  • Isaac Asimov, Solo un trilione, Bompiani, Milano, 1966.
  • John Markoff, A celebration of Isaac Asimov, New York Times, 12 aprile 1992.
  • Time, Science Writing: The Translator, Time, 7 luglio 1967.