Peripezie di scrittori
tra metaromanzi e censure

Arkadij e Boris Strugackij
Destino zoppo
Postfazione di Boris Strugackij

Traduzione di Daniela Liberti
Carbonio, Milano, 2023a
pp. 368, € 19,50

Arkadij e Boris Strugackij
Destino zoppo
Postfazione di Boris Strugackij

Traduzione di Daniela Liberti
Carbonio, Milano, 2023a
pp. 368, € 19,50


Nei molti mondi costruiti dai fratelli Strugackij, uno in particolare è diventato una sorta di orizzonte da usare come sfondo per i personaggi delle loro narrazioni, ed è noto come l’Universo del Mezzogiorno (Mir Poludnja). Non vi è accordo tra i critici su quali e quanti siano i romanzi ambientati in questo contesto, il numero varia tra i nove e i quindici e ne fanno parte alcuni tra i loro romanzi più noti e importanti. In ogni caso, l’ultimo romanzo del ciclo è Le onde placano il vento, pubblicato questa primavera in Urania Collezione e già uscito con il titolo di Passi nel tempo (1988). Quell’edizione era stata trasposta a partire dalla versione inglese, mentre Stefano Ternavasio ha ritradotto il testo russo e gli ha così restituito il titolo originale.
Se si vuole seguire pedissequamente le classificazioni si tratterebbe del terzo volume di una trilogia dedicata a Maxim Kammerer, personaggio principale del ciclo, iniziata con L’isola abitata e continuata con Lo scarabeo nel formicaio. In realtà sono molti i romanzi del ciclo che contengono questi personaggi, ma questi tre in particolare rappresentano una sorta di continuum narrativo sequenziale, e per questo possiamo definirli una trilogia. Nell’ultimo, il personaggio di Kammerer ha ormai ottantanove anni, e il racconto è dichiaratamente scritto per ricercare la verità storica intorno agli eventi della sua vita. Kammerer è colpito dalla manipolazione esercitata dalla nomenclatura e dall’accademismo dominante, e il suo scriverne, come evidentemente quello degli autori, è un imperativo morale:

“[…] non sono più rimasto zitto. Ho parlato. Ho detto tutto quello che potevo dire e tutto quello che sono riuscito a dire”
(Strugackij, 2023b).

Il clima di rassegnazione e di impossibile riscatto che permea il romanzo si ritrova anche in una seconda uscita di quest’anno dedicata agli Strugackij, ovvero il loro ultimo romanzo, Destino zoppo, pubblicato da Carbonio, l’editore a cui più si deve questa sorta di Strugackij-renaissance avviata nel 2019. È un romanzo che si modella in modo esemplare su una struttura metanarrativa. Il personaggio principale, Feliks Sorokin, è uno scrittore moscovita, ed è costruito come alter ego di Arkadij. Come lui, per esempi, è un esperto conoscitore della lingua e cultura giapponese e sin dalle prime pagine mostra di intrattenere corrispondenza con figure del mondo letterario ed editoriale di quel paese. In realtà alle spalle di Sorokin, oltre a Arkadij Strugackij viene posto un altro metapersonaggio, ovvero quel Maksudov, alter ego di Michail Bulgakov e protagonista del suo incompiuto Romanzo teatrale, che avrà un ruolo anche in questo contesto. La storia comincia proprio mostrandoci lo scrittore alle prese con la burocrazia e i meccanismi assillanti con cui uno scrittore nella Russia sovietica era costretto a convivere.
Le riviste ufficiali approvate dal regime erano l’unico modo per un romanziere di pubblicare, e si era quindi costantemente costretti a una incessante revisione dei racconti o degli articoli di modo che potessero superare le griglie della burocrazia. È evidente che la situazione in cui si trova Sorokin è analoga a quella dei due fratelli, e difatti Boris, nella sua postfazione, afferma esplicitamente che Destino zoppo era uno dei due romanzi (l’altro è La città condannata) scritti senza in alcun modo illudersi che potessero essere pubblicati. La continua ed esasperante condizione, per cui il proprio lavoro è impietosamente passato al vaglio della censura, è espressa in modo perfetto da un funzionario del ministero:

“È naturale che le persone sperino di ottenere una gratificazione per il loro lavoro e per i loro tormenti, e in generale è giusto così, ma ci sono delle eccezioni: non ci sono e non ci potranno mai essere delle gratificazioni per i tormenti della creazione. Questo tormento contiene già in sé la gratificazione. Perciò, Feliks Aleksandrovic, non si aspetti di ricevere la luce o la pace. Non avrà né l’una né l’altra”
(Strugackij, 2023a).

La dimensione metanarrativa si rivela quando a Sorokin viene chiesto di fornire un testo, di qualsiasi tipo, misura o tipologia, per un esperimento. Una nuova macchina dovrebbe essere in grado di stabilire secondo una sorta di algoritmo, la qualità letteraria di un testo. Sorokin si mette quindi alla ricerca, tra i mille quaderni di appunti, pagine dattiloscritte o annotate a mano, ovvero quello che poteva essere il caotico archivio di uno scrittore anziano nel mondo precedente l’informatizzazione, di un testo da poter presentare e che non cadesse sotto lo sguardo censorio di qualche quadro dell’Unione degli scrittori.
Alla fine, il romanzo viene individuato, e il metaromanzo (ovvero il romanzo-cornice, quello dei fratelli Strugackij) procede intervallando, capitolo dopo capitolo, la storia di Feliks Sorokin e quella di Viktor Banev. Boris Strugackij, sempre nella postfazione, racconta dettagliatamente il processo con cui è stato scelto il testo del romanzo nel romanzo, uno scritto dalla lunga gestazione, che era stato concepito nel 1966 e intitolato Brutti cigni. Victor Banev ne è appunto il protagonista, anche lui scrittore.
Il samizdat aveva circolato lungamente e in modo clandestino, diventando molto conosciuto, sia in patria che all’estero. Sono quindi in un certo senso due i romanzi qui pubblicati, ognuno con la sua storia e i suoi personaggi, ma se il romanzo di Sorokin – che pure ha come protagonista uno scrittore – ha una sua dinamica cupa e oscura, il romanzo degli Strugackij è svolto sul piano della parodia e della maschera, raccontando le continue disavventure dello scrittore alle prese con un mondo che giudica folle e che spesso non riesce ad accettare, e nemmeno a comprendere. Contrariamente alle previsioni degli stessi autori, Destino zoppo venne pubblicato, ma dovette aspettare il 1989, ovvero la glasnost gorbacioviana. È davvero un segno dei tempi che un romanzo fondato su di un continuo gioco di specchi sia diventato un simbolo della trasparenza. Diventano così profetiche e inquietanti le parole conclusive della postfazione di Boris Strugackij, che vogliono sottolineare la costante attualità dei pericoli qui denunciati, sia quelli censori sia quelli legati al valore dei tempi nuovi, in cui la velocità dello sviluppo tecnologico sembra non avere limiti:

“[…] il problema del futuro che ha allungato i suoi tentacoli nel mondo d’oggi non è sparito da nessuna parte, come da nessuna parte è sparito un problema puramente pratico: come ingegnarsi per dedicare la propria esistenza al futuro, e nel fare questo, morire innanzitutto nel mondo d’oggi. E quanto più irruento diventa il progresso, quanto più rapidamente il presente si muta in futuro, tanto più sarà difficile […] mantenersi in equilibrio […]”
(Strugackij, 2023a).

È quindi uno sguardo sempre alquanto distopico quello dei fratelli Strugackij, per quanto le porte a delle soluzioni narrative positive siano sempre aperte. Certo è che il lungo conflitto con la quotidianità del potere porta allo scoramento, così come il confronto con le sconfitte e l’implacabile trascorrere della vita. Destino zoppo è quindi in fondo anche un romanzo sul passare degli anni, a cui si affianca il cinico riscontro per cui l’età non è affatto accompagnata dalla saggezza, quanto dalla scomparsa e dal fallimento:

“Infilai le restanti cartelline e carte nell’armadietto e tornai dietro la scrivania. A volte mi succede: prendo i miei vecchi manoscritti e i vecchi diari, ed ecco che inizio a pensare, che tutto questo non è altro che la mia vera vita: foglietti pieni di parole, disegni in cui mostro dove si trova la tale persona, e dove sta guardando, frammenti di frasi, proposte di soggetti, brutte copie di lettere alle diverse istanze, piani dettagliatissimi di opere che non saranno mai realizzate, note monotone e lapidarie […]”
(Strugackij, 2023a).

Letture
  • Michail Bulgakov, Romanzo teatrale, Rizzoli, Milano, 1992.
  • Arkadij e Boris Strugackij, Lo scarabeo nel formicaio, Editori Riuniti, Roma, 1988.
  • Arkadij e Boris Strugackij, L’isola abitata Carbonio, Milano, 2020.
  • Arkadij e Boris Strugackij, La città condannata, Carbonio, Milano 2021.
  • Arkadij e Boris Strugackij, Le onde placano il vento, Urania, Mondadori, Milano, 2023b.