Mappare i margini del caos:
gli enigmi di Stanislaw Lem

Stanislaw Lem
L’Invincibile
Traduzione di Francesco Groggia

Sellerio, Palermo, 2020
pp. 281, € 14,00

Stanislaw Lem
Febbre da fieno
Traduzione di Lorenzo Pompeo

Voland, Roma, 2020
pp. 208, € 18,00

Stanislaw Lem
L’Invincibile
Traduzione di Francesco Groggia

Sellerio, Palermo, 2020
pp. 281, € 14,00

Stanislaw Lem
Febbre da fieno
Traduzione di Lorenzo Pompeo

Voland, Roma, 2020
pp. 208, € 18,00


I biografi di Stanislaw Lem – non ne sono molti, perché Lem era una persona che poco si prestava al biografismo – sono concordi nel sostenere che l’episodio che più segnò la sua vita e la sua visione del mondo accadde durante l’occupazione nazista di Leopoli, la sua città natale, allora in terra polacca, da cui fu poi costretto a emigrare dopo la fondazione della Repubblica Socialista Sovietica Ucraina.
L’episodio è raccontato in un passo del suo romanzo La voce del padrone (1968), narrato da uno dei protagonisti, Saul Rappaport, di origini russe, che a differenza di Lem ha preferito emigrare negli Stati Uniti per sfuggire al blocco sovietico. Arrestato per caso mentre camminava in strada, viene trascinato in un cortile di un carcere appena bombardato, dove i prigionieri vengono fucilati a gruppi dai soldati tedeschi. Le esecuzioni sono brutali e del tutto casuali. Rappaport, come Lem, sa che presto toccherà anche a lui. In quel girone infernale, la figura del comandante che si copre il naso con un fazzoletto per difendersi dal tanfo della morte lo irretisce magneticamente. A sconvolgerlo è soprattutto l’incomprensibilità di tutto ciò che vede, quanto facilmente il confine tra vita e morte, tra normalità e orrore può essere dissolto. D’un tratto arriva una troupe per riprendere i cadaveri, i soldati cessano di sparare e se ne vanno. I sopravvissuti sono risparmiati. “Pur ignorandone il motivo, Rappaport non si soffermò ad analizzare il comportamento dei tedeschi: si comportavano come il destino, che non sempre ha una spiegazione logica” (Lem, 2010).

Lem profeta e visionario
Questo episodio è ricordato nel documentario di Borys Lankosz Stanislaw Lem, il visionario, trasmesso nel 2020 sottotitolato in italiano su ARTE, ma anche nella postfazione di Lorenzo Pompeo a Febbre da fieno, romanzo tradotto dallo stesso Pompeo per Voland. Pompeo, che è stato anche di recente il traduttore di Golem XIV, pregevole operetta lemiana sul tema dell’intelligenza artificiale edita dalla casa editrice il Sirente, osserva correttamente che è intorno a questa assenza di logica del mondo che ruota ossessivamente la produzione di Stanislaw Lem. La pubblicazione di alcune opere inedite in italiano dello scrittore polacco ci permettono oggi di gettare nuova luce su questa ossessione. Febbre da fieno giunge in libreria più o meno nello stesso periodo in cui Sellerio, dopo aver riproposto il suo capolavoro, Solaris, in una traduzione diretta dal polacco, fa uscire L’invincibile, romanzo del 1964 edito in precedenza da Mondadori e prima ancora dalle Edizioni Nord, ma da tempo fuori catalogo. È una fortuna, perché Stanislaw Lem era straordinariamente in anticipo sui tempi e leggendo oggi queste storie possiamo confrontarle molto più facilmente con temi e inquietudini che caratterizzano il nostro presente.

Illustrazione di Alex Andrew basata sul romanzo L’invincibile.

L’evoluzione della specie artificiale
L’Invincibile ne è l’esempio paradigmatico. All’epoca, l’idea che le macchine possano evolversi sotto la spinta degli stessi processi di selezione naturale degli esseri viventi era radicalmente fantascientifica, mentre oggi è attentamente analizzata dai teorici dell’intelligenza artificiale. In questo romanzo, l’incrociatore galattico Invincibile sbarca su Regis III, un remoto pianeta su cui si sono perse misteriosamente le tracce di una precedente astronave, il Condor. È un mondo privo di forme di vita animale, se non nelle profondità marine, ma per il resto abbastanza abitabile, con un’aria discretamente respirabile e una flora sviluppata. Cosa mai può aver annientato l’intero equipaggio di una delle più potenti navi stellari della galassia?
Il mistero s’infittisce quando l’equipaggio del Condor viene trovato morto senza alcun segno di violenza fisica o di avvelenamento. Esattamente come con l’equipaggio della stazione orbitale di Solaris, la causa dei decessi sembra essere la follia. Ma cosa ha reso folli questi uomini intrepidi? I misteri s’infittiscono: viene scoperta un’antichissima città le cui strutture si ergono come enormi gusci vuoti; sembra essere all’opera qualche strana forza che impedisce alle specie marine di salire in superficie; i diari di bordo del Condor parlano di strane mosche.
Si discutono le diverse ipotesi. Gli esperti della missione – medici, biologi, geologi, cibernetici – si riuniscono nella biblioteca e per ore analizzano i diversi fatti elaborando molteplici teorie. Alla fine uno di loro, Laudan, arriva a capire: i responsabili sono dei nanorobot che agiscono in sciame, per difendersi dalle creature di tipo biologico, aggredendole senza ucciderle, ma privandole dell’intelligenza fino a renderle del tutto incapaci di sopravvivere autonomamente.

Un’altra ilustrazione di Alex Andrew basata sul romanzo L’invincibile.

Questi nanorobot sono i discendenti delle macchine di un’antica civiltà simile a quella umana che, sfuggendo alla distruzione del proprio sistema stellare in seguito alla trasformazione del loro sole in una nova, giunsero su Regis III senza però riuscire a colonizzarlo. Forse morirono nel viaggio, forse si schiantarono sul pianeta, forse si scatenarono guerre omicide tra di loro. Ma i loro computer e i loro robot continuarono l’impresa. Nel corso di centinaia di migliaia di anni, su di esse agirono le regole della selezione naturale: ne nacque una guerra per le risorse tra le grandi macchine semoventi e i piccoli e velocissimi nanorobot dotati di intelligenza collettiva, al termine della quale queste ultime ebbero il sopravvento, spazzando via ogni altra forma di vita, considerata una minaccia alla propria sopravvivenza.

Comprendere è distruggere
Risolto il mistero, cosa fare di queste pericolosa specie artificiale? Gli esperti e il capitano dell’Invincibile elaborano i mezzi più distruttivi per annientarla, ma il protagonista, Rohan, si chiede il perché:

“Regis è disabitato, gli esseri umani qui non hanno nulla da cercare. Da dove viene allora tutto questo accanimento? In realtà è come se i nostri uomini fossero stati uccisi da una tempesta o da un terremoto. Nessun intento consapevole, nessun pensiero ostile ci ha sbarrato la strada. Qui c’è solamente un inanimato processo di autoorganizzazione. Vale la pena sprecare tutte le nostre energie e le nostre forze per distruggerlo, per il solo fatto che da subito l’abbiamo preso per un nemico in agguato (…)? Quanti di questi fenomeni incredibili, estranei alla comprensione umana può nascondere il Cosmo? Dobbiamo proprio andare ovunque, con la potenza distruttrice delle nostre astronavi, per ridurre in frantumi tutto ciò che è contrario alla nostra comprensione?”.

Questo passo sintetizza l’essenza della riflessione di Lem sull’incomprensibilità del cosmo e sui limiti della ragione umana, che si ritrova in pressoché tutta la sua produzione. In Solaris, gli scienziati della stazione orbitante, disperati per non essere riusciti dopo decenni di sforzi a entrare in contatto con l’intelligenza del pianeta, la bombardano con raggi a neutroni. L’equipaggio della Hermes inviata per stabilire un contatto con la civiltà che abita il pianeta Quinta, nel romanzo Il pianeta del silenzio (1986), la distruggono con una superarma. Per Stanislaw Lem, la distruzione è l’unico con cui gli esseri umani possono risolvere il confronto con l’incomprensibile. Ma ciò che rappresenta l’apice dell’insondabilità, per la ragione umana, è l’assenza di logica. Alla base della nostra capacità di comprendere e spiegare il mondo c’è la fiducia che la natura agisca attraverso una logica, di tipo deterministico o probabilistico. Ma che cosa accadrebbe se scoprissimo che invece, nella sostanza, a dominare le leggi di natura è il puro caos? Lem analizza a fondo il problema nella Summa Technologiae (1964).

“Conoscere significa aspettarsi che un particolare evento si verifichi dopo che si è verificato un qualche altro specifico evento. Chi non conosce nulla può aspettarsi di tutto. Chi conosce qualcosa pensa che non tutto possa verificarsi, ma solo certe cose, mentre ritiene altri eventi impossibili. La conoscenza è dunque una restrizione posta sulla diversità; è tanto maggiore quanto minore è l’incertezza della persona che si aspetta che si verifichi qualcosa” (Lem, 2013).

Mistero napoletano
Febbre da fieno mette in scena proprio la possibilità che il nostro tentativo di estrarre l’ordine dal caos possa essere destinato a essere frustrato. Il romanzo, pubblicato nel 1975, è una sorta di giallo futuristico. Il protagonista è un ex astronauta che, ormai privo di stimoli, accetta di indagare su una serie di misteriose morti che riguardano cittadini americani a Napoli. Tutti erano, in epoche diverse, a Napoli per concedersi bagni sulfurei nelle stazioni termali, con lo scopo di curare artriti e altri disturbi. Tutti hanno alloggiato in alberghi di lusso. Tutti, d’un tratto, sono impazziti e hanno tentato di suicidarsi, in alcuni casi riuscendoci, in altri morendo in circostanze misteriose. Cosa hanno in comune questi undici casi raccolti dagli investigatori? Le teorie fioccano e, come in ogni romanzo di Lem, l’accumularsi di teorie è il sintomo di una conoscenza che cerca disperatamente ma senza successo di delimitare le infinite possibilità e combinazioni, di restringere i margini del caos.
Si lavora sulle inferenze statistiche. Cosa hanno in comune tutti i casi? Sono uomini di mezz’età, vivono soli, sono ancora in buona forma ma con una calvizie incipiente. Il protagonista, che ha le stesse caratteristiche di questi personaggi, viene mandato a Napoli per impersonare uno di loro, un certo Adams, scomparso da tempo. La speranza è di scoprire così chi o cosa sia il responsabile di questa misteriosa catena di morti e sparizioni. Ma non succede niente, la simulazione fallisce. Bisogna percorrere altre strade.

Lem non era mai stato né a Napoli né a Roma, dove è ambientata la maggior parte delle vicende (un’altra parte si svolge a Parigi): la sua visione oleografica delle città italiane si confonde con il tratteggio di uno scenario futuristico in cui, come nel celebre Il congresso di futurologia (1971), il terrorismo domina la scena politica e gli attentati sono all’ordine del giorno. Ecco allora una nuova teoria: forse un potente gruppo terroristico sta svolgendo esperimenti con una misteriosa “sostanza X” da somministrare ai leader politici americani per compiere un colpo di stato, e ne sta testando l’efficacia su un ristretto gruppo di persone con le stesse caratteristiche degli obiettivi.
Quale ipotesi sarà, infine, quella giusta? Ogni volta ne salta fuori un’altra, come nel delirante Piano nel romanzo di Umberto Eco Il pendolo di Foucault (1988), e non è un caso: come Eco, Lem è sempre stato interessato ai problemi della sovrainterpretazione dei testi. Prova ne è il magistrale Vuoto assoluto (1971), opera borgesiana di recensioni fittizie di opere fittizie scritte da esegeti finissimi e fintissimi che discettano anche sulle virgole. La sovrainterpretazione dei testi è ciò che spinge i protagonisti del romanzo di Eco a costruire fantasiose teorie complottiste, una più delirante dell’altra, a partire da quella che si scoprirà essere una lista della spesa.
Nei romanzi di Lem, la sovrainterpretazione è ciò che porta gli scienziati a elaborare innumerevoli spiegazioni per ogni fenomeno senza riuscire a trovare la spiegazione ultima. Non c’è una spiegazione ultima, secondo Lem, perché, per usare nuovamente le parole di Rohan ne L’Invincibile, “quanti di questi fenomeni incredibili, estranei alla comprensione umana può nascondere il Cosmo?”.

Le scatole nere
La soluzione di Febbre da fieno (al lettore il piacere di scoprirla) non è quindi quella finale, ma al tempo stesso elimina ogni speranza di arrivare a una verità “vera”. Perché a essere sbagliate sono le inferenze statistiche, il tentativo di estrarre l’ordine del caos. Come spiega il dottor Saussure, a cui il protagonista del romanzo si rivolge nella speranza che possa mettere il proprio supercalcolatore a disposizione per risolvere il problema, il fatto è che a volte le cose accadono semplicemente “perché viviamo in un mondo di addensamenti casuali, in un gas molecolare umano, caotico, nel quale gli eventi ‘inverosimili’ sbalordiscono solo i singoli atomi, le individualità. È un mondo in cui l’eccezione di ieri diventa la banalità di oggi e l’estremo di oggi la norma di domani”.

llustrazione di Alex Andrew basata sul romanzo L’invincibile.

Di fronte a questi limiti invalicabili, l’opera di Stanislaw Lem sembra intrisa di profondo nichilismo. Ma è solo un’impressione. In realtà è in queste “scatole nere” della realtà, come egli le chiama nella Summa Technologiae, che si cela il segreto della vita, la possibilità di generare cose nuove e imprevedibili. Non saremo mai in grado di creare un’intelligenza artificiale simile a quella umana, perché una vera intelligenza sarà necessariamente un’altra cosa, del tutto estranea al nostro modo di pensare, come i nanorobot di Regis III, contro cui vanamente si scontra l’Invincibile.  Come conclude Kris Kelvin, il protagonista di Solaris: “Dove non esistono uomini non possono esistere neanche motivi accessibili agli uomini” (Lem, 2013).

Letture
  • Umberto Eco, Il pendolo di Foucault, Bompiani, Milano, 1988.
  • Stanislaw Lem, Il congresso di futurologia, Marcos y Marcos, Milano, 2013.
  • Stanislaw Lem, Golem XIV, Il Sirente, Fagnano Alto, 2018.
  • Stanislaw Lem, Il pianeta del silenzio, Mondadori, Milano, 1988.
  • Stanislaw Lem, Solaris, Sellerio, Palermo, 2013.
  • Stanislaw Lem, Summa Technologiae, University of Minnesota Press, Minneapolis, 2013.
  • Stanislaw Lem, La voce del padrone, Bollati Boringhieri, Torino, 2011.
  • Stanislaw Lem, Vuoto assoluto, Voland, Roma, 2010.
Visioni
  • Borys Lankosz, Stanislaw Lem, il visionario, ARTE, 2020.