Stabat Mater Dolorosa,
o ninna nanna con mattanza

Julien Maury, Alexander Baustillo
Inside – À l’intérieur
Cast: Alysson Paradis, Béatrice Dalle,
Jean-Baptiste Tabourin, Claude Lulé,
Dominique Frot, Nathalie Roussel,
François-Régis Marchasson,
Ludovic Berthillot, Hyam Zaytoun,
Emanuel Lanzi, Tahar Rahim,
Nicolas Duvauchelle.

Extra: trailer, making of
+ i cortometraggi
Pedro e Pizza à l’oeil di Julien Maury.

Midnight Factory/Koch Media, 2018

Julien Maury, Alexander Baustillo
Inside – À l’intérieur
Cast: Alysson Paradis, Béatrice Dalle,
Jean-Baptiste Tabourin, Claude Lulé,
Dominique Frot, Nathalie Roussel,
François-Régis Marchasson,
Ludovic Berthillot, Hyam Zaytoun,
Emanuel Lanzi, Tahar Rahim,
Nicolas Duvauchelle.

Extra: trailer, making of
+ i cortometraggi
Pedro e Pizza à l’oeil di Julien Maury.

Midnight Factory/Koch Media, 2018


Il rosso e il nero: ecco i colori dominanti, assoluti, dell’horror Inside – À l’intérieur, opera prima di Julien Maury e Alexander Baustillo. Apparso per la prima volta a Cannes nel 2007, il film è stato accolto come l’ennesimo prodotto (più povero come produzione) di quella nouvelle vague dell’horror transalpino, i cui pezzi pregiati sono Alta tensione (2003) di Alexandre Aja, Martyrs (2008) di Pascal Laugier e Frontiers (2007) di Xavier Gens.
Al contrario di queste, però, la pellicola di Maury e Baustillo non è mai uscita nelle sale italiane e ci pensa ora la prodiga Midnight Factory (etichetta di Koch Media) a rendere disponibile anche da noi un lavoro radicale, meno invecchiato rispetto ai film sopra citati e probabilmente destinato a diventare un piccolo cult. Il doppio titolo è d’obbligo per distinguere il film dal suo remake spagnolo (inutile, soprattutto perché sciapido), diretto da Miguel Ángel Vivas e intitolato Inside (2016). Diversamente dal suo remake iberico, la vicenda narrata in Inside – À l’intérieur è invece radicalmente terrificante e definirlo gore o splatter è indifferente perché entrambe le sfumature vi sono comprese.
Oscuro come la più profonda delle notti, sgocciolante simboli in lungo e in largo e soprattutto inzuppato di sangue che imbratta i muri e cola giù per le scale, convince tuttora, non tanto per quelle carni fatte a pezzi, per i fiotti di sangue, per quegli strumenti che infliggono dolore e morte (coltelli, forbici, ferri da calza, pistole, spray infiammabili, lame di vetro); insomma, non tanto per aver ben adoperato il repertorio tipico del genere (in fondo, anche i film sopra citati non si risparmiavano in efferatezze e violenza cruda), che grazie a una fotografia raffinata e nessun fuoricampo, non nasconde nulla ai nostri occhi, ma per la normalità da cui avvia l’escalation di violenza.
Qui la logica del perturbante si dispiega in modo pressoché perfetto, inscenando quella inquiétante étrangeté, per restare in Francia, che Jacques Lacan riassunse nel neologismo extimité. Un potente movente, che supplisce bene anche a certe debolezze della sceneggiatura (una su tutte: un poliziotto inspiegabilmente ancora in vita, un quasi zombi). In fondo che cosa muove tutta la vicenda se non la storia di due madri e di due gravidanze, di cui una cancellata da un tragico incidente?
Normalità, quella della violenza che irrompe nel quotidiano, che coinvolge una singola persona o un numero ristretto di individui in vicende private, oppure grandi masse, fenomeni collettivi, come quello che si pone sullo sfondo di Inside – À l’intérieur: le rivolte del 2005 nelle banlieue francesi.

Uscito a ridosso di quei fatti, il film ha lasciato campo libero a una lettura condizionata in tal senso, che ne fa una metafora delle paure del mondo esterno, da dove un nemico può sempre aggredirci. Non che la trama non contenga elementi presi a prestito dal sotto genere dell’horror, comunemente indicato come home invasion. È una lettura non errata, ma sicuramente riduttiva, anche perché il segno del thriller accennato sulle prime, finisce per annegare in un mare di sangue originato da tutt’altre cause (e non essendo un thriller, gli spoiler che seguono sono d’ora in avanti del tutto autorizzati).
Inside – À l’intérieur racconta di una donna in gravidanza, un incidente stradale che uccide il suo compagno, ma lascia in vita lei e il feto. E racconta di un’altra donna in gravidanza, di quell’incidente stradale che uccide il suo feto e la lascia moribonda. Quando quest’ultima ritorna a vivere qualcosa nella sua mente esige che le venga restituito quanto le è stato sottratto con violenza e che a farlo sia proprio chi ha causato l’incidente. A qualsiasi costo.
Storia di ordinaria follia, si potrebbe dire, ma da cui Maury e Baustillo estraggono tutto il Male possibile. Complice l’interpretazione superlativa di Beatrice Dalle, oscura creatura delle tenebre, un vero e proprio angelo sterminatore. Rosso è il sangue che la circonda e nero l’abito che la veste.
Tutto inizia in una giornata di pioggia di fine agosto. Sarah (la bravissima Alysson Paradis, sorella della più celebre Vanessa) e il marito hanno un incidente di macchina, come si è detto, mortale per lui, non per lei, che sembra averlo distratto e causato l’incidente. Nemmeno la gravidanza ne ha risentito, nonostante il terribile impatto. Quattro mesi dopo alla vigilia di Natale, Sara è a un passo dal partorire. Lei è una fotografa professionista e considerato il momento caldo che attraversa il Paese, le rivolte, gli scontri, decide di garantire la sua presenza la mattina dopo per assicurare degli scatti al giornale con cui lavora. La vediamo passeggiare anche con la mamma, sempre con un’aria assente. Sarah ha dentro di sé una tristezza inestinguibile, sembra non avere più lacrime, come si avverte in una breve sequenza che la vede osservare foto che la ritraggono con il marito morto nell’incidente. Per pochi istanti fantastica di essere con lui, che compare alle sue spalle, nudo che l’abbraccia e poi svanisce. La capacità di fantasticare di Sara non è un dettaglio, perché lascia aperta una ulteriore possibilità di lettura di tutta la vicenda.

Sara è stanca, ancora tormentata dal senso di colpa.
È la sera della vigilia di Natale, si addormenta su una sedia a dondolo, dopo aver filato un po’ di lana, probabilmente per un capo destinato al nascituro. Ha un incubo, dunque fantastica di nuovo: si sveglia all’improvviso, vomita del liquido amniotico e a seguire, sempre dalla bocca, fuoriesce un feto. Assume dei tranquillanti per calmarsi. Inizia qui la storia vera e propria con l’arrivo di una donna misteriosa che bussa alla sua porta, che Sarah non farà entrare, anzi avvertirà la polizia. Sarà tutto inutile.
La Donna non si fermerà di fronte a nulla pur di ottenere il suo scopo: estrarre e prendere il bambino dal ventre di Sarah.
Si è detto dei simboli che emergono ovunque nella storia. Non si può sorvolare sul gatto nero che convive con Sara, o ancora sul numero del suo appartamento che si compone di tre cifre: due chiaramente leggibili, 66 e il terzo non è del tutto visibile per via di una foglia dell’edera che avvolge l’esterno della villetta dove abita… ma si direbbe ancora un 6. Soprattutto: è la notte di Natale e ci sarà un parto. Siamo di fronte a un Anticristo? La casa e il ventre come luoghi di protezione dall’esterno, a cui si è in parte accennato, possiedono poi, ben oltre la lettura sociologica, una valenza psicoanalitica abissale e non a caso sono diverse le istantanee nel film che ci propongono anche immagini del feto alle prese con i contraccolpi subiti dalla madre, alimentano la concordanza tra interno della casa e interno del ventre materno.
Probabilmente, però, questi sono depistamenti, perché ciò che muove la Donna è semplicemente una abnorme deformazione dell’istinto materno, la normalità di un dolore, di una perdita che irrompe nella vita quotidiana.
A meno che non sia Sarah a immaginare l’intera carneficina mossa da un altrettanto abnorme senso di colpa. Lavare il peccato con il sangue. Riecco un bel po’ di simbologia. In questo caso, il sangue non sarebbe solo inevitabile perché si compie una strage, ma rimanderebbe a quanto sostenuto da alcuni teologi medioevali che “accostano il sangue al peccato originale e vedono nel mestruo il prolungamento della punizione che Dio ha inflitto a Eva […] Dio la punì e condannò le sue discendenti, vale a dire tutte le donne, a insozzarsi di rosso ogni mese in memoria di quell’errore” (Camporesi, 2017). Qui poi la Vigilia coincide con la Passione dove altro sangue si versa, ma in questo caso si tratta di sangue “munifico e fecondativo, un rosso capace di santificare e donare la vita” (ibidem). Vita e morte, rosso e nero.

Insomma, nel volgere di questa notte, il sangue sembra abbandonare il suo stato di ramo del sapere moderno, l’ematologia, per ritornare nei territori del sacro. Si potrebbe proseguire, così come sul piano delle citazioni cinematografiche, il film è altrettanto generoso, regalandone non poche, per stessa ammissione degli autori. Innanzitutto, una celebre sequenza di una pellicola cult dell’horror italiano: Antropophagus (1980) di Aristide Massaccesi, che lo firmò con il consueto pseudonimo Joe D’Amato. Qui era un essere mostruoso a estrarre dal ventre di una delle protagoniste un feto, uccidendo lei e mangiando il raccolto.
Forti i richiami al cinema di un altro maestro italiano del genere, Lucio Fulci e al classico Hallowen – La notte delle streghe (1979) di John Carpenter. “La scena in cui compare sulle scale (Béatrice Dalle, ndr) richiama Hallowen”, dichiarano Baustillo e Maury, che sempre come riportato nel booklet di questa edizione home video, ammettono: “Per la scena inziale dell’incidente di macchina ci siamo chiaramente rifatti a The Hitcher (1986, diretto da Robert Harmon, ndr), arrivando persino a copiare gli stessi movimenti di macchina”. Ancora: “E nel look di Béatrice, con quegli abiti neri e i guanti, ci siamo ispirati a Barbara Steele e alle atmosfere gotiche di Mario Bava”. A ben vedere ci sarebbe anche l’ombra minacciosa di Belphégor/Juliette Greco a far capolino dietro questa nuova signora delle tenebre.
Da segnalare anche una schietta citazione da Blow Up (1966) di Michelangelo Antonioni. Accade quando Sarah stampa delle foto scattate al parco in una delle scene iniziali: sullo sfondo tra i cespugli c’è inquietante più che mai la Donna. Infine, omaggio dichiarato dei due registi a un’altra pellicola poco nota fuori dal giro dei cultori del genere: Mort un dimanche de pluie (1986) di Joël Santoni, al quale si sono rifatti in particolare per l’illuminazione. All’incrocio tra citazione e psicoanalisi c’è poi il rovesciamento di Elettra, quando Sarah uccide involontariamente sua madre.

Tutto però passa in secondo piano, emerge dopo, perché la visione è del tutto coinvolgente e vince la più difficile delle sfide: quella di evitare di schierarsi solo e sempre dalla parte della vittima, perché le vittime sono due e non si riesce del tutto a parteggiare per Sarah finanche nella inevitabile conclusione al termine di un inesorabile inseguimento.
Sfida anche per lo spettatore, non essendo una scena affrontabile da tutti. Infine, la macabra e tenerissima scena conclusiva, pura maternità al nero. La Donna con il volto sfigurato dal fuoco culla il neonato. In sottofondo la musica eseguita da un quintetto d’archi e pianoforte subentra all’elettronica minimale che ha sottolineato i cambi di ritmo del film (tutta di qualità la colonna sonora composta da François-Eudes Chanfrault). Un motivo malinconico che sembra sostituirsi a una ninna nanna che non c’è. La Donna dà un bacio sulla fronte al bambino. Un’altra nuttata è passata.

Letture
  • Piero Camporesi, Il sugo della vita, il Saggiatore, Milano, 2017.
Visioni
  • Alexandre Aja, Alta tensione, Eagle Pictures, 2006 (home video).
  • Michelangelo Antonioni, Blow Up, Golem Video, 2015, (home video).
  • Claude Barma, Henry Desfontaines, Belfagor, Il fantasma del Louvre, CG Entertainment, 2013 (home video).
  • John Carpenter, Hallowen – La notte delle streghe, Dall’angelo, 2009 (home video).
  • Joe D’Amato, Antropophagus, Beat, 2005 (home video).
  • Xavier Gens, Frontiers, Terminal Video, 2014, (home video):
  • Robert Harmon, The Hitcher, Medusa Film, 2008, (home video).
  • Pascal Laugier, Martyrs, Eagle Pictures, 2016 (home video).
  • Joël Santoni, Mort un dimanche de pluie, LCJ Editions, 2012 (home video).