L’infinito potere vitale
posseduto dai “nostri” film

Paolo Puppa
Cinediario
Cinema in forma di fiabe
un po’ patologiche
Prefazione di Gino Frezza
Oèdipus, Salerno, 2020
pp. 90, € 12,00

Paolo Puppa
Cinediario
Cinema in forma di fiabe
un po’ patologiche
Prefazione di Gino Frezza
Oèdipus, Salerno, 2020
pp. 90, € 12,00


Quanto è complessa l’esperienza filmica? Se lo chiedono neuroscenziati come Vittorio Gallese (cfr. Gallese e Guerra, 2015) e fenomenologhe come Vivian Sobchack, Laura Marks, Jennifer Barker. La relazione con le immagini in movimento si struttura attraverso una pluralità di atti, intenzionali e non, che chiamano in causa sensi, emozioni, ambienti materiali in cui viviamo, dispositivi tecnologici che mediano l’accesso a film e video. Si tratta di una relazione complessa, incarnata, situata. Benché insidiato da altre narrazioni mediali ugualmente coinvolgenti, come le serie tv e i videogiochi, il cinema alimenta un patrimonio di storie, simboli e miti, elaborato, nelle forme più varie, dagli spettatori, diventando memoria personale e familiare, spunto di conversazioni, flusso di argomenti per condividere l’emozione vissuta. A partire da queste particolari qualità del medium cinematografico si può comprendere fino in fondo Cinediario, il libricino di Paolo Puppa da poco pubblicato dall’editore Oèdipus.

L’ekphrasis sulla soglia del dicibile
Un padre seleziona sedici film dalla sua playlist ideale e li racconta al figlio, affetto da una malattia che gli impedisce di muoversi e parlare. A scorrerne l’elenco ci si muove in tempi, generi e poetiche differenti della settima arte: Codice Mercury (Harold Becker), Qualcosa è cambiato (James L. Brooks), Edward mani di forbice (Tim Burton), Non è un paese per vecchi (Ethan & Joel Coen), Ombre rosse e Sentieri selvaggi di John Ford, La valle del destino (Tay Garnett), In fondo al cuore (Ulu Grosbard), Psycho (Alfred Hitchcock), Maurice (James Ivory), Shining (Stanley Kubrick), Ragione e sentimento (Ang Lee), Revolutionary Road (Sam Mendes ), Paisà (Roberto Rossellini, ), Senso (Luchino Visconti), Witness. Il testimone (Peter Weir).
L’intero racconto assume le sembianze di un monologo, con cui un genitore prova, forse eroicamente, a stabilire un contatto con il figlio malato. Si tratta di un’azione soggetta a un alto rischio, poiché, come scrive Gino Frezza nella prefazione, “mentre si racconta e si cerca di riferirsi a immagini, a scene, a gruppi di sequenze di un film, intanto si sta raccontando la propria storia, anch’essa non a caso soggetta a essere percepita come immagine”. Puppa, ordinario di Storia del teatro a Venezia, allestisce una performance narrativa originale, concepibile come una lunga azione di ekphrasis [attività consistente nella descrizione verbale o scritta di un’opera d’arte visiva, ndr], intima e lacerante. La lingua scritta di Puppa rivela, del cinema, proprio quegli aspetti indicibili: ovvero, la sua capacità di condensare nella memoria l’esperienza della visione, che può farsi contesa dialettica, approdo di senso, ponte intergenerazionale.

Non si tratta, tuttavia, di un processo consolante. Le parole con cui la scrittura faticosamente si riconnette allo scintillare di possibilità semantiche del film sono sempre esposte allo scacco, al fallimento. Esse per un verso corrono il rischio dell’eccesso o dell’insufficienza: potrebbero dire troppo, o troppo poco del film che intendono descrivere. Per l’altro verso, esse espongono il narratore a scoprirsi, soprattutto nei momenti in cui è costretto a controllare la funzione fàtica del linguaggio: quando il padre sospende la ricostruzione narrativa per controllare se il figlio riesce a seguirlo, il dolore della separazione serpeggia vivido tra le righe. Separazione intesa come impossibilità di colmare il gap tra l’esperienza primigenia di visione e la sua ricostruzione “letteraria”. Ma anche separazione come crudele consapevolezza della distanza tra il fulgore delle gesta eroiche (Sentieri selvaggi, Ombre rosse), amorose (La valle del destino, Qualcosa è cambiato, Senso), folli (Shining) e fantastiche (Edward mani di forbice) dei personaggi che un tempo avremmo definito di celluloide, da un lato, e il corpo malato e disabile del figlio, che solo il coraggioso slancio delle parole del padre riesce a proiettare in un futuro diverso dalla malattia e dalla sofferenza.

L’inesausto desiderio
Se la scrittura si muove rispetto alle immagini come dispositivo incerto e limitato, dominando con fatica l’intervallo di ombre e luci dei film, il cinema si staglia come medium del desiderio e della passione. La matrice pàtica ed emozionale dell’esperienza filmica consente ai film di disporsi come puntelli emotivi della nostra biografia umana e culturale. Il padre dispone tra i racconti brandelli vividi del proprio vissuto: in questa sarabanda, intima e pubblica nello stesso tempo, i grandi film, i divi immortali, i personaggi bigger than life, pur nell’inevitabile filtro di una facoltà memoriale umanamente ballerina, consentono al narratore di affrontare con il figlio temi che egli ritiene cruciali per la sua educazione: il rapporto con le donne, il sesso, il rispetto degli altri, il coraggio di affrontare le avversità, l’ardire di immaginare un futuro diverso. Una fine diversa, forse.
I nove film che il narratore qui richiama sembrano un omaggio all’inesausto desiderio alimentato dal cinema, dalle sue maschere luccicanti, dalle sue trame radicalmente coinvolgenti. Il cinema come “macchina mitopoietica” (cfr. Frezza, 1995) è insomma nelle parole di questo padre anche questa possibilità di rifare la vita, di aggrapparsi al desiderio che qualcosa possa ricominciare. Ancora una volta. Ancora per poco. Le figure amate di attori e personaggi grazie all’eccezionale penna evocatrice di Puppa sembrano quasi staccarsi dagli schermi e volteggiare come ologrammi nella stanzetta altrimenti triste e lugubre, dove la malattia scandisce il tempo di un’infinita agonia: quasi un’onirica realizzazione della sublime profezia postbellica di René Barjavel. Il romanziere e sceneggiatore francese, sotto le bombe dell’aviazione nazista, aveva appunto immaginato un cinema totale di fantasmi, che si libravano nelle sale in mezzo agli spettatori.

Il cinema e/oltre la morte
Che il cinema costeggi la morte e la interroghi costantemente è cosa ben nota per chi si sia trovato, anche episodicamente, a studiarne i meccanismi. Così forse Puppa, oltre che una formidabile operetta su conflitto e cooperazione tra letteratura e cinema, confeziona una preziosa novella in grado di collocare la patologia cinefila in una nuova prospettiva rispetto alla morte: se la morte, come fine e sfinimento, è l’orizzonte ineludibile di ogni racconto, il cinema ne è paradossalmente presupposto e oltrepassamento. In altri termini, se ogni film è pensato entro i limiti della sua durata e del suo apparato tecnologico, perciò destinato a “finire”, contestualmente esso però continua a produrre i suoi affetti. Non solo e non tanto perché la riproducibilità tecnica ne assicura, a certe condizioni, la possibilità di riattivarne infinite volte il potenziale narrativo e affettivo, ma soprattutto perché, pur nella nebulosa del sogno e del ricordo, esso può continuare a sorprendere, meravigliare, inquietare finché resta ancorato ai nostri vissuti.

Letture
  • René Barjavel, Cinema totale, Editori Riuniti, Roma, 2001.
  • Gino Frezza, La macchina del mito tra film e fumetti, La Nuova Italia, Firenze, 1995.
  • Vittorio Gallese, Michele Guerra, Lo schermo empatico, Raffaello Cortina, Milano, 2015.
Visioni
  • Harold Becker, Codice Mercury, Koch Media, 2018 (home video).
  • James L. Brooks, Qualcosa è cambiato, Columbia TriStar Home Entertainment, 2013 (home video).
  • Tim Burton, Edward mani di forbice, 20th Century Fox Home Entertainment, 2015 (home video).
  • Ethan Coen, Joel Coen, Non è un paese per vecchi, Paramount Home Entertainment, 2011 (home video).
  • John Ford, Ombre rosse, Dynit Ermitage/Terminal Video, 2015 (home video).
  • John Ford, Sentieri selvaggi, Western Movies Collection/A & R Productions, 2019 (home video).
  • Tay Garnett, La valle del destino, Sinister Film/Terminal Video, 2014 (home video).
  • Ulu Grosbard, In fondo al cuore, CG Entertainment, 2009 (home video).
  • Alfred Hitchcock, Psycho, Universal Pictures, 2003 (home video).
  • James Ivory, Maurice, Eagle Pictures, 2018 (home video).
  • Stanley Kubrick, Shining, Warner Bros. Home Video, 2019 (home video).
  • Ang Lee, Ragione e sentimento, Columbia TriStar Home Entertainment, 2013 (home video).
  • Sam Mendes, Revolutionary Road, Paramount Home Entertainment, 2011 (home video).
  • Roberto Rossellini, Paisà, Flamingo Video/Mustang, 2011 (home video).
  • Luchino Visconti, Senso, Cristaldi Film/Mustang, (home video).
  • Peter Weir, Witness. Il testimone, Paramount Pictures Production, 2020 (home video).