Incontri ravvicinati
con il pianeta Stanislaw Lem

Stanislaw Lem
Il pianeta del silenzio
Traduzione di Riccardo Valla

Mondadori, Milano, 2022
pp. 444, € 14,50

Stanislaw Lem
Il pianeta del silenzio
Traduzione di Riccardo Valla

Mondadori, Milano, 2022
pp. 444, € 14,50


Certe volte i grandi classici del passato sembrano belli ma con un brutto carattere. C’è da capirli: sono tanto chiacchierati ma, in concreto, poco frequentati. Spesso soli a prendere polvere sugli scaffali o citati a caso in frullati pop. In questo contesto i grandi romanzi classici della fantascienza novecentesca, pur avendo generato tanti epigoni e, in larga misura, plasmato l’immaginario tecno-scientifico contemporaneo, rischiano di essere i classici più respingenti. Intanto devono scontare l’accesso alfabetico (la fatica di leggerli in quanto libri). Per giunta sono sempre caratterizzati da un carico di spiegazioni scientifiche tanto amabile per i lettori di fantascienza abituali, quanto faticoso per il contemporaneo, ormai abituato a una tecnologia che corre veloce ed è dunque diffidente rispetto a un approccio nozionistico.

Fantascienza hard come una roccia
Col tempo gli scrittori di sci-fi hanno via via dismesso l’approccio tecnico, ovvero quella che oggi chiamiamo hard science-fiction. Prendiamo in considerazione Il pianeta del silenzio di Stanislaw Lem, pubblicato per la prima volta nel 1986. Uno sguardo estremamente analitico (tipico della fantascienza classica di impronta asimoviana) ci guida su Titano, nel cuore delle conquiste tecno-scientifiche umane e dello sfruttamento minerario del sistema solare. In quella che sembra una routinaria missione di soccorso tra le rocce del satellite di Saturno, esplode l’incontenibile voglia di spaziare tipica di Lem. La marcia del pilota, a bordo del suo robottone minerario, diventa un vero e proprio viaggio mentale, arrivando a far pensare: questa non è una distesa di rocce, è pura poesia astronautica.

“Sui pianeti soffocati dalla vita, soltanto nelle profondità, in grotte e caverne, può timidamente trovare espressione il potere creativo della natura: un potere che, non essendo schiavo di nessuna richiesta dell’adattamento biologico […] può creare, nel corso di miliardi di anni, con infinita pazienza, servendosi di goccioline contenenti sali in soluzione, fantasmagoriche foreste di stalattiti e di stalagmiti”.

La conformazione di Titano costituisce il pretesto per notevoli digressioni.

“La natura, non più soggetta ai ceppi della vita da essa partorita e a quelli della morte da essa inflitta, laggiù poteva raggiungere la piena libertà, mostrando quella prodigalità che le era caratteristica: lo spreco infinito, l’inutile e bruta magnificenza, l’eterno suo potere di creare in maniera del tutto priva di finalità, di necessità, di significato”.

Nel corso del romanzo sarà interessante confrontare questa descrizione del magnifico mutismo dei corpi celesti disabitati con il rumore generato da un primo drammatico contatto tra civiltà lontane. A partire da Magellano e dalla prima circumnavigazione del globo che ha segnato la nascita del sistema-mondo, l’umanità si è proposta come forza geologica, sfruttando la fusione uomo-macchina e uno spregiudicato rapporto tra organico e inorganico. E ora eccoci alla conquista del sistema solare con i Diglas, giganteschi esoscheletri che uniscono una forza fisica virtualmente inesauribile alla prontezza di riflessi dell’uomo. Ed ecco il Vitrifax, un dispositivo in grado di vetrificare un uomo in una frazione di secondo, concepito per congelare l’esistenza in caso di danno biologico incurabile dalla medicina del momento. Ma soprattutto ecco a voi l’ingegneria siderale in grado di spostare pianeti e di plasmare corpi celesti a piacere.

La lunga marcia verso l’ultima verità
Nonostante queste edificanti premesse, il viaggio verso Quinta, una fondamentale missione terrestre a caccia di intelligenze extraterrestri, non sarà affatto una traversata mitologica finalizzata al raggiungimento dell’età adulta per il genere umano. Stanislaw Lem ha sempre fustigato l’ansia di indagare dell’uomo e in questo romanzo pone seriamente la questione del silenzio cosmico derivante dall’impossibilità di intendersi tra specie intelligenti lontane. Proprio come ai tempi dei conquistadores. In effetti la missione sarà un autentico fallimento, lo capiamo sin dal titolo originale del romanzo: Fiasko. Umani protesi non tanto a comunicare quanto a sciogliere enigmi, soprattutto a scoprire come sono fatti i quintani. Una curiosità che Lem gestisce con intelligenza, lasciando che il lettore ne sia divorato fino all’ultima pagina. Se è vero che “l’uomo aspira a conoscere la verità ultima” ovvero la fine della strada, “dove non c’è più mistero, dove non c’è più speranza” bisogna sapere che una simile conclusione non può esistere in un libro di Lem, diabolico costruttore di universi labirintici. Comunque i presentimenti sul cinico finale non disturbano il piacere di scavare nelle tante tasche filosofiche della narrazione, tra contemplazione estatica e incalzante proposta di quesiti militari, scientifici, sociologici. Per questo lo scrittore polacco è da considerarsi come un autentico pioniere di quella che oggi chiamiamo speculative fiction.

Una cortina di ferro tra le stelle
Arrivati a Quinta, gli umani si rendono conto di trovarsi al cospetto di alieni estremamente bellicosi. Tracce di conflitti tra fazioni contrapposte: una guerra combattuta senza soldati, con micro-armi, enzimi semicristallini, viroidi subdoli che divorano materia (molto ghiotti di satelliti per comunicare). Sembrano scenari da Guerra Fredda del Novecento terrestre, da far sospettare che automi abbiano preso il controllo della situazione continuando le guerre dei predecessori biologici:

“né guerra né pace, bensì un conflitto permanente che legava tra loro i nemici e ne prosciugava le risorse” impedendo a ciascun contendente di “lasciare il tavolo” avendo ormai “investito nella partita tutto il proprio capitale”.

Lem scrive nel 1986 pensando chiaramente a USA e URSS. La missione scientifica verso Quinta è un gioco di specchi. La ricerca dell’Altro nella forma dell’alieno da sottomettere per fini coloniali o della divinità a cui sottomettersi si rivela una strada senza uscita al fondo della quale si trovano appunto solo specchi. Se è vero che abbiamo ucciso Dio nell’età secolare, con qualcosa dovremmo pur sostituirlo. E se l’umanità fosse strutturalmente incapace di rapportarsi pacificamente o costruttivamente all’Altro da sé? Questi futuri esploratori terrestri sono poi così lontani dalla mentalità dei cacciatori-raccoglitori preistorici? Nel concetto di vivente e della sua intrinseca violenza risiede il cuore del discorso fantascientifico di Lem.

Contatto ad ogni costo
Stanislaw Lem elabora una sua teoria dell’incomunicabilità cosmica dovuta alla nostra incapacità di conversare con il cielo o con l’invisibile in generale. Se il pianeta vivente di Solaris dà forma ai traumi degli umani costringendoli ad affrontarli, ne Il pianeta del silenzio ritorna lo spietato psicanalista nei panni degli scienziati umani che inchiodano i quintani a un fatale faccia a faccia con le proprie conquiste tecnologiche. Ciascun umano è un alieno agli occhi dell’altro. E ci si chiede: cosa passava per la mente dei nativi americani durante i primi contatti con i conquistadores e con i cowboy di origine europea?