La piccola letteratura
delle cose quotidiane


Hebe Uhart

Un giorno qualunque
Traduzione di Giulia Di Filippo

La Nuova Frontiera, Roma, 2023
pp. 192, € 17,00


Hebe Uhart

Un giorno qualunque
Traduzione di Giulia Di Filippo

La Nuova Frontiera, Roma, 2023
pp. 192, € 17,00


Conformarsi all’identità “letteratura argentina uguale letteratura fantastica” non rappresenta di certo una gran colpa. L’identità appare a molti immediata, e per giustificarla basta fare alcuni nomi tra quelli degli autori argentini più conosciuti e apprezzati del Novecento: Jorge Luis Borges (1899-1986), Adolfo Bioy Casares (1914-1999), Julio Cortazár (1914-1984) e così a seguire. Lo stesso valga per chi voglia fare una lista di nomi meno celebri che solo di recente stanno trovando spazio anche nell’editoria italiana, partendo per esempio da Angélica Gorodischer (1928-2022) e Alberto Laiseca (1941-2016) e arrivando fino alla “giovane” Mariana Enríquez (1973), per fare solo tre nomi tra i contemporanei. Tuttavia è anche vero, e lo si ripete ormai da anni, che la stessa letteratura argentina è stata “assoggettata” al modello riduttivo del fantastico (e di quello che più o meno a proposito è stato definito “realismo magico”) in prima battuta a causa della ricezione europea, la quale a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, complice il cosiddetto boom letterario ispanoamericano, ha cercato di adattarvi quasi tutto ciò che venisse dall’America latina, rinverdendo su carta lo stereotipo dell’Eldorado già in voga nel vecchio continente ai tempi della conquista.
In tal senso, per superare questo assoggettamento di immaginario e restituire alla letteratura argentina (e in genere a quella ispanoamericana) la sua complessità e la sua biodiversità, sempre più spesso negli ultimi tempi assistiamo a un ripensamento radicale (e non solo da parte della critica, da tempo ormai concorde sul fatto) dell’identità con cui si è cominciato. Ecco allora che possiamo finalmente apprezzare in traduzione vari autori e varie autrici che, pur facendo letteratura nel Paese di Borges, sono inquadrabili in generi piuttosto distanti dal fantastico.
Il caso forse più eclatante di questa schiera di letterati, tanto per la straordinaria dimensione del progetto narrativo che lo vide impegnato quanto per l’unanime accordo critico che oggi sembra aleggiare attorno alle sue opere e alla sua figura (nonché per la sua esplicita opposizione alle procedure narrative del realismo magico), è quello di Juan José Saer (1937-2005), argentino della Provincia di Santa Fé che, grazie a una cospicua sfilza di romanzi dalla prosa puntuale ed esatta fino alla ridondanza, ha scritto una vera e propria storia realista, per quanto fatta di episodi all’apparenza straordinari, della sponda sud-ovest del Río de la Plata, facendo della regione umida prossima al fiume la protagonista della narrazione, oltre che lo scenario in cui si svolgono le vicende narrate nei suoi libri.
Progetto senza dubbio meno ambizioso, ma non per questo trascurabile, è quello di un’altra scrittrice argentina che non ha fatto del fantastico il suo campo di gioco: stiamo parlando di Hebe Uhart (1936-2018), autrice di cui in Italia avevamo finora letto soltanto due agili testi, ovvero il romanzo breve Traslochi e la raccolta di racconti Turismo urbano, entrambi tradotti da Maria Nicola per la collana Calabuig di Jaca Book, rispettivamente nel 2015 e nel 2016. A questi due libri se ne aggiunge oggi un terzo, Un giorno qualunque, selezione antologica di ventiquattro racconti ben tradotta da Giulia Di Filippo per la casa editrice romana La Nuova Frontiera (casa editrice a cui tra l’altro dobbiamo la pubblicazione di svariate opere del succitato Saer).

Un’autentica maestra
Vissuta per lungo tempo al margine della vita letteraria del suo Paese, ma depositaria di grande stima da parte di molti suoi colleghi (“la più grande scrittrice dell’Argentina”, la definì, forse con troppo entusiasmo, Rodolfo Fogwill) e considerata da alcuni come autrice di culto, Uhart è maestra nell’arte minima del racconto, e nelle narrazioni racchiuse in questa raccolta di recente pubblicazione ne dà perfetto sfoggio. Ci mette infatti davanti a un modo di intendere la letteratura che relega l’immaginazione a un ruolo ancillare (se non del tutto assente), trovando nella realtà tutto ciò di cui come narratrice ha bisogno: una realtà perdipiù minima e piuttosto comune, per nulla eccezionale o straordinaria, come d’altronde anche il titolo programmatico della raccolta lascia presagire. Uhart, storia dopo storia, non fa altro che dar vita a una piccola poetica del quotidiano in cui la dimensione spaesante sembra poter albergare in qualsiasi gesto, in qualsiasi sguardo rivolto al mondo di tutti i giorni e ai suoi dettagli, anche i più insignificanti. I racconti di Hebe Uhart, condotti preferibilmente in prima persona da una voce narrante femminile incline all’oralità, mettono allora in scena nient’altro che eventi apparentemente trascurabili che avvengono senza clamore nell’esistenza di vari personaggi alle prese con il proprio contesto, ovvero donne con sguardo perlopiù distaccato e malinconico, e di certo dotate di un peculiare tono di misurata ironia. Ed è proprio attorno a questi eventi trascurabili che i racconti di Uhart si sviluppano: una partita a carte, per esempio (Il gioco di carte), o il rapporto tra una donna e la sua domestica (Gina), o la moderazione di un incontro pubblico tra scrittori (La moderatrice), un’escursione in montagna con un gruppo di turisti d’alta quota (L’escursione in alta montagna), o ancora un viaggio di famiglia a Napoli (Turisti e viaggiatori). Nulla di sensazionale, piuttosto la vita di tutti i giorni con le sue semplici inquietudini mondane e le sue vicende, senza sconvolgimenti di trama né colpi di scena di alcun genere. Perché non è nella trama che Uhart trova la ragione della sua letteratura, ed è per questo che i suoi racconti appaiono di norma come inconclusi, al modo di storie o riflessioni lasciate a mezz’aria, dimenticate o accantonate per pensare ad altro, ma con lo stesso distacco, con la stessa ironia.

Letture
  • Hebe Uhart, Traslochi, Jaca Book, Milano 2015.
  • Hebe Uhart, Turismo urbano, Jaca Book, Milano 2016.