Dove un libro resta

Jean-Claude Carrière, Umberto Eco
Non sperate di liberarvi dei libri
A cura di Jean-Philippe de Tonnac
Traduzione di Anna Maria Lorusso
La Nave di Teseo,
Milano, 2017
pp. 271, € 13,00

Jean-Claude Carrière, Umberto Eco
Non sperate di liberarvi dei libri
A cura di Jean-Philippe de Tonnac
Traduzione di Anna Maria Lorusso
La Nave di Teseo,
Milano, 2017
pp. 271, € 13,00


Definire il concetto di harmonia mundi? Chiedetelo a chi ha l’imperdonabile tentazione di fiutare con estasi mistica il profumo della carta stampata. Richiamerà alla memoria il vortice visibile e invisibile di un ordito orizzontale e verticale di libri, tanto incredibilmente affine a quel fitto intreccio di strisce opposte e coincidenti con cui gli antichi preparavano le foglie di papiro ad accogliere l’avanguardia della letteratura. Un passo austero ed enigmatico vi si srotola tra gli scaffali, e l’harmonia mundi assume la solenne andatura di Umberto Eco nel vortice della sua biblioteca. Lo ricordiamo in molti così, grazie alla profondità di un lungo piano sequenza nel documentario dedicatogli da Davide Ferrario: Sulla memoria. Una conversazione in tre parti (Ferrario, 2015).
Non a caso, a distanza di un anno dalla sua scomparsa, La Nave di Teseo ha omaggiato Eco con la nuova edizione di Non sperate di liberarvi dei libri, già pubblicato da Bompiani nel 2009. L’incontro dello scrittore, semiologo, saggista e critico di fama internazionale, Umberto Eco, con Jean-Claude Carrière, intellettuale a tutto tondo, sceneggiatore cinematografico e televisivo, scrittore, collezionista, saggista, poeta, si rinnova tra le pagine di un libro. Come diversamente, se lo sguardo di entrambi si è da sempre dilatato all’estremo, proprio per possedere la vitalità inesauribile e l’alchimia visionaria che solo una creatura fatta di carta e inchiostro sa tuttora restituire? Con l’ironia che appartiene a chi deve guadagnare il giusto distacco da una materia a cui troppo tiene, assistiamo a un dialogo tra il disteso e il riflessivo in cui si accostano, giustappongono, per poi fondersi, le voci di due bibliofili impenitenti, a spasso tra millenni e aneddoti della storia del libro, e sollecitati dalla curiosità compiaciuta del saggista e giornalista Jean-Philippe de Tonnac. Del resto, se una prevedibile spocchia pioneristica da patiti dell’e-book vi suggerirà scetticismo rispetto all’attualità di un discorso sul libro, cedete all’evidenza provocatoria e orgogliosa dell’ouverture di questa conversazione, “il libro non morirà”.

Perfezione e obsolescenza del medium
Il libro, come la ruota, è una di quelle invenzioni insuperabili, che disconoscono l’umiliazione anagrafica. D’accordo, qualcuno protesterà che ben più efficienti supporti e strumenti ci soccorrono oggi nell’immagazzinare informazioni, ma l’esperienza di Carrière ed Eco testimonia l’effimera sopravvivenza di qualsiasi soluzione di archiviazione la tecnologia negli ultimi decenni abbia promosso. Cassette, floppy disk, cd-rom, dvd, chiavette usb, gli stessi computer sono vittime della trasformazione di un tempo labile, in cui ogni strumento è superato dalla novità delle mode tecnologiche e dai nuovi linguaggi a esse correlate. In più, ciascun cambiamento ci chiama a un adattamento inclemente in tempi brevi. Viceversa, un libro scongiura date di scadenza in nome della lunga conservazione, senza imporre al lettore l’affanno della rincorsa al mutamento. E, se diretti antagonisti del libro cartaceo oggi sembrano essere l’e-book o Internet, non ci sarà da domandarsi quanto la loro transitorietà sia celere come un click? Eco una risposta ce l’ha e ha il sapore di quel famoso adagio sul primo amore: “Perché correre il rischio di riempirci di oggetti che rischierebbero di restare muti, illeggibili? […] scelgo il libro”. Indubbiamente, anche i libri hanno subito l’esperienza eclissata e impotente del filtraggio: Carrière ed Eco non lo nascondono.

Un’acuta incisione nel patrimonio librario con le armi del Caso, del rogo, di un imprimatur negato, determina irreparabilmente una messa a fuoco parziale e mutilata del passato. Il filtraggio comporta rischi a cui Internet ci ha disabituato. Così, la democrazia del sapere implica l’impossibilità alla damnatio memoriae e all’oblio di opere pur inalienabili, tuttavia genera di converso quella che Carrière ed Eco definiscono “censura per addizione”. E in questo dialogo senza argini narrativi, tra consacrazioni di testi dannati, vanity press, elogi all’idiozia con i suoi fiuti di successo e insuccesso nella trasmissione dei testi, il congedo dei due bibliofili diventa un invito a varcare la soglia metaforica delle proprie collezioni, nello sfoggio di una caccia travolgente al libro più raro, più stravagante, più antico. Con un solo auspicio in direzione-futuro, che alla loro scomparsa quei libri possano ricevere la carezza di un’altra mano altrettanto appassionata. Perché il libro rassicura su un’autonomia di lettura sconosciuta alla tecnologia da “ricarica batteria”, rivela il tipo di società ed annessa mentalità che ne hanno garantito la sopravvivenza a danno di tutti gli altri, esibisce passaggi e scorci di vita di chi lo ha posseduto, unendo il genio e il capriccio di quanti su quelle pagine chiosate di proprio pungo abbiano inteso circoscrivere il centro di sé. “Non avrai mai freddo in seno alla tua biblioteca”, ci ricorda Carrière

Visioni