Adduzioni e altre
migrazioni particolari


La prima prova d’assenza di vita su Marte risale al 1976, grazie al Viking Labeled Release: un esperimento dal responso inequivocabile benché oggi metodologicamente abiurato. A distanza di quarant’anni, i terrestri sono ancora alla ricerca della risposta che dovrebbe ripagarli di molti anni di scorribande marziane sul proprio pianeta. Qualunque sia il luogo di provenienza (come ci dice Wilhelm Reich) le risorse terrestri, in senso ampio, rimangono il movente. E nella fantascienza Marte non fa eccezione. Anzi fa di più: la radicalizzazione delle prerogative dei generi sessuali riduce la “risorsa essere umano” alla sua funzione biologica, ovvero la riproduzione. Risale al 1957 la celebre adduzione sessuale (in gergo un “ir5”, ossia un incontro ravvicinato del quinto tipo) che vide protagonista il contadino brasiliano Antônio Vilas Boas. L’esito fu esemplare: cioè soddisfacente per entrambe le parti. Boas, insomma, fu addotto e “adduziente” e ciò, in effetti, non poteva che avvenire ai margini di quel pensiero occidentale che si preparava a utilizzare la sessualità in tutt’altro modo.

Hazel Court e Patricia Laffan in Devil Girl from Mars. Fanciulle terrestri vs Dominatrici marziane. 

Quattro anni prima dell’ir5 brasiliano, nel film diretto da David MacDonald, Devil Girl from Mars (1954), Nyah di Marte sbarcava negli Stati Uniti, predatrice femmina di maschi terrestri. Per nemesi su Marte di uomini non ce ne sono più, spazzati via dall’emancipazione delle femmine marziane cui è seguito lo sgradito effetto collaterale del calo del loro desiderio sessuale. Il compito dell’avanguardia marziana è quello di rapire il gamete maschile per garantirsi la sopravvivenza: “stalloni d’allevamento”. Nyah è una dominatrice emotiva e carnale e conduce il gioco in un’atmosfera terrestre vittimista e inconfessabilmente masochista. Nyah non è davvero una donna, soprattutto se paragonata alle fanciulle terrestri che popolano la pellicola, ma un’aberrante proiezione maschile proveniente dal pianeta maschio per eccellenza: un fantoccio propagandistico. La propaganda che utilizza le armi della perversione, dell’osceno e del ripugnante per edificare l’odio e il raccapriccio verso il nemico. Ma contro chi è rivolta questa propaganda? Dal 1947 e, per almeno trent’anni, il pianeta Terra subisce un massiccio attacco alieno tale da impiegare eserciti, istituire commissioni, secretare documenti e intimidire testimoni. Alle prove generali d’invasione la Terra risponde con l’arma della propaganda che, dal secondo conflitto mondiale in poi, conosce molto bene. Tutto ciò è però oggi travisato qualora, di questa guerra, si trovino tracce nella fantascienza di quel trentennio. A beneficiarne è la più accomodante spiegazione della metafora sulla guerra fredda e del suo intorno. A controprova di ciò, si pensi all’asimmetria del cinema di fantascienza sovietico di quegli stessi anni, la cui approfondita analisi deborda dai confini di questo scritto. C’è giusto, forse, lo spazio per denunciare la necessità di chiarire il motivo per cui il cinema sovietico non doppi (e quindi confermi) la tesi della lettura endogena, ovviamente a parti invertite.

Tommy Kirk e Yvonne Craig in Mars Needs Women. Fanciulle terrestri: quando le armi convenzionali non bastano, non rimane che la seduzione.

Passa più di un decennio tra Devil Girl from Mars e Mars Needs Women (1967), diretto da Larry Buchanan, non senza che il pianeta Marte continui ininterrottamente a provocare la Terra in altre celebri pellicole. Questa volta il plot si ribalta, ma l’«odore d’allevamento» resta. Non più “stalloni” ma “giumente” per il pianeta morente. Il film è tardivo ma significativo. Ancora una volta nessuna traccia di simmetria ad avvalorare la teoria endogena. Ancora una volta l’epifenomeno vittimista-masochista. La durezza di Nyah è scomparsa e ha lasciato il posto a un’impostazione bonaria. I dieci anni trascorsi senza che l’invasione giungesse alla soluzione finale hanno ammorbidito i toni della propaganda, che si fa ironica e canzonatoria. I predatori sessuali maschili provenienti da Marte sono goffi e impacciati, ma non meno pericolosi, e ai terrestri non rimane che utilizzare l’arma della scienza. Non l’atomica, ma un’affascinante scienziata la cui fisicità sa porsi su un piano compatibile con quello alieno: il linguaggio sessuale. Ma a cosa mira la propaganda?

Un simulacro di dimensioni spaziali
Ecco allora che l’ipotesi del pianeta senza vita da predittiva diviene escatologica e la cinematografia s’incarica anche del compito d’esorcizzarla. Siamo ancora a parecchi anni dal responso del Viking. Se su Marte ci fosse vita essa avrebbe gioco facile a impadronirsi della Terra e dei terrestri qualora lo ritenesse necessario. La nostra debolezza sta nei conflitti e nelle miriadi di opposizioni, non da ultima quella tra generi, che caratterizzano la civiltà terrestre. Essa trova compattezza (coopera) solo, e neanche sempre, alla vigilia di invasioni aliene. Le società extraterrestri, al contrario, appaiono molto omogenee, sessualmente poco segmentate ed efficacemente orientate rispetto allo scopo. È quindi piuttosto un “senso di colpa collettivo” che partorisce il masochismo dell’adduzione marziana: proprio in quegli anni in cui l’avversato nemico socialista propone un modello di collettività organica, addirittura internazionalista, in opposizione allo spirito libertario e individualista, fatale in caso d’invasione alla specie umana. Emerge quindi lo spettro comunista, traslitteratamene ciò che William Gibson definirà, in un altro contesto, fantasma semiotico: la materializzazione incontrollata della angoscia/consapevolezza di sostenere un modello sociale fallace in caso di attacco alieno. Da qui una propaganda che esorcizza e che potrà cambiare di rotta solo a partire dal 1977, un anno dopo il responso Viking, quando lo spielberghiano Incontri ravvicinati del terzo tipo ufficializzerà la fine della guerra contro i marziani e gli alieni in generale. Ma prima di Spielberg, a chiarirci come stanno le cose in Occidente sono Antonio Margheriti e i suoi sceneggiatori, quando nel 1966 diradando il “fumo negli occhi” della propaganda anglofona terrestre accantonano l’attendismo guerrafondaio di Marte con I diafanoidi vengono da Marte.  Nel punto in cui siamo, i corpi terrestri isolati e sviliti a macchine produttive alla mercé di marziani predatori possono essere definitivamente indossati, come già tante volte era accaduto, dagli alieni invasori: l’obbiettivo finale dell’annullamento masochista. Curioso è come Marte rimanga però attivo nella sceneggiatura come avamposto alieno, simulacro di una guerra interplanetaria perduta, come a perdere fu la strategia Maginot: sito fantasma e monumento a un mondo già da tempo scomparso.

Le intuizioni di Dick e le visioni natalizie
D’altro canto il sentore che Marte avesse le armi spuntate era stato già avanzato nel 1963 e ribadito nel 1964 da Philip K. Dick, che l’aveva declassato da pericoloso nemico a discarica, popolandolo di terrestri alienati e di marziani terra terra, rispettivamente in Le tre stimmate di Palmer Eldritch e soprattutto in Noi Marziani. A ulteriore dimostrazione di questo declassamento si veda accuratamente il film diretto da Nicholas Webster, Santa Claus Conquers the Martians (1964). I bambini di Marte sono già adulti perché fin da piccoli viene loro innestata tutta la conoscenza della specie cui appartengono. In un passaggio Chochem, l’antico marziano, il vecchio con otto secoli di saggezza, dice ai membri del consiglio di Marte preoccupati per i loro figli: “Non abbiamo bambini su Marte, hanno corpi di bambino ma mente adulta, non abbiamo infanzia. […] Nascono e hanno macchine elettroniche insegnanti collegate al cervello mentre sono nella culla. Le informazioni raggiungono la loro mente in un flusso continuo e dal momento in cui sanno camminare, sono adulti. Non hanno mai giocato, non hanno mai imparato a divertirsi. E ora si stanno ribellando. Sono già adulti”.

Marte non è più “quello di una volta” in Santa Claus Conquers the Martians (1964).

I bambini di Marte sono annoiati e non ridono mai, ma non per questo sono depressi, si rifiutano di mangiare ma non per questo sono anoressici, soffrono d’insonnia ma non per questo soffrono di alterazioni del ciclo sonno-veglia, il loro silenzio assordante è delirio anti-edipico poiché trattano con sufficienza i genitori fino alla ribellione. Tuttavia la loro ribellione non è contro i genitori, non è la ribellione dei figli contro papà-mamma, è una ribellione schizo-analitica e tutta politica contro l’intera società marziana in declino. Gilles Deleuze e Félix Guattari scrivono che “sotto tutti gli aspetti, la famiglia non è mai determinante, ma solo determinata, dapprima come stimolo di partenza, poi come insieme d’arrivo, poi come intermediario e intercettazione di comunicazione” (Deleuze, Guattari, 2002). “Se l’investimento familiare è solo una dipendenza o un’applicazione degli investimenti inconsci del campo sociale; se è vero che il bambino, attraverso la territorialità-mamma e la legge-papà, è già in relazione con le schize e i flussi codificati o assiomatizzati del campo sociale, dobbiamo allora far passare la differenza essenziale in seno a questo campo. Il delirio è la matrice in generale di ogni investimento sociale inconscio” (ibidem). Marte qui non è tanto l’Unione Sovietica, ma il doppio, il guanto rovesciato dell’America del presidente LBJ, dell’escalation del coinvolgimento americano nella guerra del Vietnam, ma anche dei diritti civili, del movimento pacifista e della New Left. C’è tutto un gioco di specchi eccezionale nella trama. Ciò che rifiutano di mangiare i bambini marziani sono pillole all’hamburger, agli asparagi al burro, al purè di patate, alla torta di cioccolato multistrato. I letti in cui si rifiutano di dormire sono a forma di cerchio, piattaforme bianche dove “macchine elettroniche” vengono collegate al cervello. L’unica arma che resta ai bambini contro la società marziana è isolarsi da essa guardando il programma terrestre Kid Tv. Il film si svolge poche settimane prima di Natale, il leader dei marziani Kimar dopo essersi consultato con Chocher, l’antico saggio, decide di rapire Santa Claus per “salvare” i bambini di Marte.

Qualche nota sull’american way of life
Il film ha anche un sottobosco politico reale, vi sono riferimenti pieni di humour ad alcuni personaggi della vita americana. Quando l’intervistatore della Kid Tv, il signor Henderson, domanda a Santa Claus se è vero che userà per la prima volta una slitta a razzo, egli risponde che no, andrà nella buona, solita maniera ed elenca le diverse renne: Elegante, Ballerina, Saetta, Blitzen, Vixen e poi ha un lapsus e chiama una delle renne “Nixon”. Peraltro vi è un elfo Winky che è addetto al reparto spaziale: vi è il prototipo di un piccolo razzo che funziona solo con carburante per razzi e un marziano che poi si rivelerà in tutto e per tutto identico a Kimar. I due bambini marziani Bomar e Girmar, figli di Kimar e Momar, quando sentono che Santa Claus ha costruito un nuovo tipo di bambola che cammina, parla, piange e canta, che è come una piccola bambina vera e propria che ha bisogno solo di “tenero e amorevole affetto”, si chiedono cosa sia una bambola e, soprattutto, cosa significhi “tenero e amorevole affetto” (forse è la bambola fantasmatica per eccellenza, Barbie, che in quello stesso Natale del 1964 farà scrivere a Dick I giorni di Perky Pat?).

Santa Claus è un campo sociale che disloca la triangolazione papà-mamma-io. Solo producendo questo campo sociale si potrà de-edipizzare la società marziana, che altro non è che la classe media frustrata dello sprawl e dei grandi centri commerciali, la cui villetta stessa è un luogo Unheimlich. Le pillole non sono che le merci dei centri commerciali, ancora feticci nonostante tutto. Gli innesti al cervello per acquisire conoscenza non rappresentano che i metodi edipizzanti del sistema scolastico americano. La moglie di Kimar, Momar, rappresenta la donna sottomessa al dominio guerriero e patriarcale dell’uomo marziano che può solo governare lo spazio domestico. Che si tratti della popolazione dello sprawl lo si capisce quando i marziani arrivano sopra New York e Volmar, il cattivo che odia i bambini, esclama: “Così questa è quella che chiamano città qui. Che primitivi! Guardate tutti quegli edifici sul terreno. Potremo distruggere quella città con un solo colpo del nostro raggio Q”. Volmar si riferisce all’estrema verticalizzazione e compattezza della New York storica.

Un tentativo di babboformare Marte
Scrivendo della dispersione urbana nel 1984, Paul Virilio affermava: “La decisione presa dal presidente Reagan in materia di «protezione civile» indica chiaramente la tendenza in atto: nel 1982 è stato infatti approvato un piano settennale per il rialloggiamento della popolazione americana per la cui realizzazione sono stati stanziati più di quattro miliardi di dollari. Nel corso degli anni Ottanta, 380 regioni ad alto rischio saranno evacuate in altrettante regioni di locazione provvisoria, raddoppiando così la percentuale di sopravvissuti ad un eventuale attacco nucleare” (Virilio, 1988). È certo che la dispersione urbana così come le tecnologie di informazione a rete siano meno vulnerabili a un attacco nucleare e questo lo si sapeva già ai tempi della realizzazione del film nel 1964. Quando Chochem dice ai membri del consiglio che “ai bambini dev’essere di nuovo permesso di essere bambini, devono imparare a giocare, devono imparare il significato di divertimento. Abbiamo bisogno di un Santa Claus anche su Marte”, Kimar si decide a rapirlo: “La Terra ha avuto a sufficienza Santa Claus, lo porteremo su Marte”. Ma Voldar è contrario: “I nostri bambini stanno bene come stanno… non voglio nessun Santa Claus che porti loro giochi e giocattoli… inizieranno a giocare, a ridere, a correre ovunque… diventeranno una seccatura!”.

È chiaro e accennato esplicitamente che Santa Claus è un campo sociale anti-edipico che corrisponde al comunismo e non alla Coca-Cola, lo si capisce quando Voldar guardando in camera, in una sorta di parentesi politica, esclama: “Tutti questi problemi per un grasso uomo vestito di rosso”. Il riferimento è probabilmente a Leonìd Breznev visto il riferimento precedente a Richard Nixon (quindi il film richiama il celebre dibattito in cucina tra Breznev e Nixon di un lustro prima, quando il politico repubblicano sembrava dovesse battere Kennedy). Inoltre Santa Claus si presenta ai marziani come una molteplicità, perché New York è piena di Santa Claus negli angoli delle strade; sarà solo l’incontro fortuito con due bambini terrestri, Billy e Betty, in un bosco presso il lago di Wells, che scopriranno che Santa Claus è uno e molteplice, che il suo uno è al Polo Nord e la sua molteplicità ovunque. La nave spaziale marziana è intercettata dai radar dell’Air Force come ufo ed è interessante notare come tali radar assomiglino a un insieme di candy sticks degli anni Sessanta, qualcosa alla portata dei bambini tanto che saranno proprio Billy e Betty a mettere fuori uso il sistema stealth del razzo marziano. Che Marte sia il doppio della Terra lo dimostra, inoltre, il fatto che Billy e Betty, invece di restare chiusi in casa a guardare la televisione, stanno in un bosco e che, in un rovesciamento di prospettiva, quando incontrano Kimar, Volmar e gli altri marziani si stupiranno soprattutto delle loro antenne e li scambieranno per televisori.

Occorre ricordare che questo è il periodo negli Stati Uniti della prima guerra televisiva. Oppure quando per rapire Santa Claus Kilmar decide di utilizzare Torg, un robot-arma imbattibile (in realtà goffo e simpatico), il quale dapprima in una scena epica che ricorda quella del robot Robby nel film Il pianeta proibito (1956) di Fred Wilcox afferra Billy e Betty e che poi, non appena entrato nel laboratorio di Santa Claus per l’adduzione, diviene immediatamente un giocattolone. Ciò che su Marte è un robot, un’arma terribile e terrificante, sulla Terra è soltanto il giocattolo più grande che si sia mai visto. Betty prima dell’incontro con i marziani era in ascolto di un notiziario alla radio in cui lo scienziato Wernher Von Green sosteneva che non si fosse trattato di un asteroide, ma di una navicella marziana: il riferimento è chiaramente a Wernher Von Braun (è un gioco di parole con i colori: verde- marrone), l’ingegnere nazista dei V-2 che, naturalizzato statunitense, diventerà la guida del programma spaziale americano. Il quale nel film ritornerà dopo l’adduzione di Santa Claus in un’intervista a Cape Kennedy, dando, con accento tedesco, delle “scimmie” ai marziani e che dimostrerà ancora metodi nazisti; in fact i razzi americani avrebbero bisogno ancora di sei mesi di test ma lui è disposto a sacrificare gli astronauti pur di salvare Santa Claus, d’altronde sono gli astronauti che glielo implorano! Il fantascientifico continua a intrecciarsi con il reale: quando il Daily Telegraph lancia la notizia “Martians Kidnap Santa Claus”, tra i giornali che scorrono vi sono il Corriere della Sera e il Corriere della Sicilia che riportano la notizia del peggioramento dello stato di salute di Antonio Segni (si tratta della famosa trombosi cerebrale del 1964 che lo portò alle dimissioni).

Terrestri andate a casa!
Una volta rapito, Santa Claus converte lentamente Marte allo spirito natalizio, le sue battute sono irricevibili: “Cosa è morbido e rotondo, e metti su un bastone per arrostirlo sul fuoco? Ed è verde? Un “martianmallow!”, oppure: “Pillole per cena! Immagino che se un marziano ha mal di testa, non prende pillole, mangia un gelato al cioccolato!”. Billy e Betty incontrano Bomar e Girmar ed è interessante il malinteso antropologico. Billy tende la mano e dice “ciao” a Bomar, questi domanda: “Non c’è niente, cosa vuoi darmi?”, Billy risponde: “La mia mano per stringerla.”. Il vero primo contatto tra umani e marziani avviene quindi tra bambini e nella maniera di salutarsi. Santa Claus dovrà rendere felici i bambini di Marte con davanti un futuro senza più la Terra, il suo laboratorio Art and Crafts è sostituito da una fabbrichetta postfordista a circuiti elettronici in cui non c’è “niente per tagliare, niente martelli – niente falci e martelli? -, un assemblaggio meccanizzato”, dove i giocattoli escono fuori continuamente. Lo stesso Santa Claus se ne lamenta: “Guardate Santa Claus, il grande giocattolaio, a premere pulsanti. C’è l’automazione per te, tecnologia”. E a fine giornata alla domanda di Kimar e Momar se fosse stanco Santa Claus risponde: “No, il mio dito sì però, ho premuto pulsanti per tutto il giorno, credo che andrò a mettere il mio dito a nanna”. Volmar tenterà di sabotare la macchina che produce giocattoli, così premendo un pulsante per una bambola e una per un orsacchiotto, verrà fuori una bambola con testa di orsacchiotto e un orsacchiotto con testa di bambola. Il sabotaggio colpisce la differenza di genere tra i bambini e produce un interessante cortocircuito, malgrado il cattivo conservatore Volmar, che porta ancora più avanti le pretese rivoluzionarie e anti-edipiche di questo film. Intanto Billy e Betty cominciano a comportarsi come i bambini marziani prima dell’arrivo di Santa Claus, diventano anti-edipici perché non hanno più la loro famiglia di mezzo e non ne vogliono sapere di guardare la televisione, evento che viene scambiato dai marziani per depressione e mancanza d’affetto. Alla fine sarà il tato di Bomar e Girmar, Dropo, a prendere la parte del Santa Claus marziano, lui che fin dall’inizio era un deviante, un pigro, un dormiglione, un ozioso e nullafacente in una società iper-efficientista, permettendo a Santa Claus, Billy e Betty di tornare sulla Terra in tempo per la vigilia. Ora il campo sociale comunista di Santa Claus è presente anche su Marte. Piuttosto che normalizzare i bambini marziani immaginiamo a ragione che li porterà a vivere la stagione degli anni Settanta terrestri su Marte.
Tuttavia rimane aperto, tra i tanti, un interrogativo: dal 1976 dove sono migrati i marziani? Il tipo di marziano che stiamo cercando ha traslocato sul vicino Venere dove la prima generazione – i contemporanei di Nyah – può ora riappropriarsi definitivamente dell’identità di genere su un pianeta finalmente femmina e continuare, con metodologie ancora più esplicite: l’opera di sottrazione dell’energia orgonica terrestre. È lo stesso 1977 l’anno in cui viene realizzata la pellicola di Jerome Hamlin, Invasion of the Love Drones (da noi arrivato come L’invasione delle fameliche venusiane).
I marziani sono ormai definitivamente declassati dai B-movie di fantascienza alle pellicole pornografiche e questo per colpa dell’universale successo del film di Spielberg; mentre la televisione terrestre si potenzierà e irradierà nel post-Viking sempre più lontano, oltre Marte, la propria carica anti-edipica alle nuove generazioni extraterrestri, come dimostra il film di Joe Dante Explorers (1985).

Letture
  • Gilles Deleuze, Felix Guattari, L’Anti-Edipo. Capitalismo e schizofrenia, Einaudi, Torino, 2002.
  • Philip K. Dick, I giorni di Perky Pat, in Tutti i racconti 1964 – 1981, Fanucci, Roma, 2012.
  • Philip K. Dick, Le tre stimmate di Palmer Eldritch, Fanucci, Roma, 2013.
  • Philip K. Dick, Noi marziani, Fanucci, Roma, 2016.
  • Paul Virilio, Lo spazio critico, Dedalo, Bari, 1988.
  • Alessandro Zabini, Wilhem Reich e il segreto dei dischi volanti, Tre Editori, Roma, 1996.
Visioni
  • Larry Buchanan, Mars Needs Women, American International, 2001 (home video).
  • Joe Dante, Explorers, Universal Pictures (home video).
  • Jerome Hamlin, Invasion of the Love Drones, Drones Films, 1977.
  • Antonio Margheriti, I diafanoidi vengono da Marte in Gamma Uno. Quadrilogy, Medusa Video, 2012, (home video).
  • Hugh McDermott, Devil Girl from Mars, Network, 2013 (home video).
  • Nicholas Webster, Santa Claus Conquers the Martians, Cobra Entertainment LLC, 2011 (home video).
  • Fred Wilcox, Il pianeta proibito, Sinister Film, 2014 (home video).