zabriskie point
ZABRISKIE POINT è un film del 1970
diretto da Michelangelo Antonioni.

TRAMA
In fuga su un aereo perché accusato di aver ucciso un poliziotto, Mark incontra nel deserto del Mohave una ragazza con cui fa l’amore a Zabriskie Point (il punto di massima depressione geologica degli Stati Uniti) e ridipinge fantasiosamente l’aereo. Ma lui viene ucciso dalla polizia e lei lascia lo speculatore presso cui era andata a vivere e immagina l’esplosione della sua villa.
Due sequenze, fortemente simboliche, sono passate alla storia: la visione delle coppie che amoreggiano nel deserto, accompagnata dalle improvvisazioni alla chitarra di Jerry Garcia dei Grateful Dead, e l’esplosione finale dei simboli del benessere, girata al rallentatore con 17 macchine da presa, su musica dei Pink Floyd.
 
da Il Mereghetti. Dizionario dei film 2011,
di Paolo Mereghetti, Dalai Editore, Milano, 2010.

ZABRISKIE POINT

regia di
 
Michelangelo Antonioni

di Gennaro Fucile


Le cose sono andate così    credetemi    più o meno sono andate in quel modo anche se qualcosa si è perso perché nella zucca siamo sempre impegnati a spazzare a togliere il grosso a ramazzare e poi a spolverare lasciando luccicare le nostre cose le ferite i sorrisi le urla le pietre preziose che scintillanti si posano sulla pelle e si adagiano tra le rughe si adagiano ma quando si ritrovano in precario equilibrio scivolano lasciando che dei particolari si perdano ma sono dettagli    credetemi    come quelli della storia che Daria mi raccontò qualche anno dopo la morte di Mark o meglio dopo il suo l’assassinio perché    credetemi    le cose sono andate più o meno così

 

Daria l’incontrai l’anno dopo la morte di Mark le diedi uno strappo andavo in quella direzione ero appena fuori da Sausalito mi disse che l’avevano scaricata lì perché la coppia con cui aveva viaggiato proseguiva a nord per Portland e lei da quattro ore era assorta sprofondata in pensieri senza peso sotto un sole che sputava colla mentre sul ciglio della strada aspettava di ricevere un passaggio per Santa Fe
Un buon rifugio pensai una tana per chi vuole leccarsi ferite ancora gocciolanti e che lei fosse piuttosto giù si capiva era bellissima poco loquace gli occhi ti legavano ma era triste ne ignoravo il motivo notai quei capelli cortissimi che sembravano sforbiciati al buio più che altro intuivo che volesse dimenticare qualche accidente lasciarselo alle spalle mi disse che li aveva portati lunghi fin dove la schiena cambia nome sorrise accennando a una citazione di vattelappesca chi almeno così mi pare eppure non smetteva di ricordare di inseguire una pena un’ossessione tenace 
Le cose sono andate così    credetemi    Daria    beh    non parlerò di noi dei giorni che seguirono fino a quando lei ripartì lasciandomi il racconto dell’uccisione di Mark di quella specie di vendetta che mise in atto e di come le cose andarono veramente

 

Mark era finito nei casini perché nel corso di scontri piuttosto duri c’era scappato il morto e lui si ritrovava con un’accusa di omicidio e allora si era tolto di torno fregandosi un monoplano e via verso la Death Valley dove aveva avvistato Daria che stava percorrendo l’autostrada sotto di lui e subito come un rapace gioioso aveva avviato un corteggiamento a bassa quota sfociato in passione sesso e incoscienza quella di Mark che decise di riportare il velivolo al proprietario e di Daria che sentì il dovere di concludere la sua missione di lavoro ma Mark venne ucciso dalla polizia non appena l’aereo toccò terra non facendo neanche a tempo a scendere che venne colpito a morte e Daria in macchina lo apprese dalla radio mentre si recava dal suo boss in quella villa da sogno dove si aggirò leggiadra e disincantata in ambienti che sfoggiavano un lussuoso silenzio ospitando solidi uomini d’affari alle prese con progetti fondati sugli scempi e le speculazioni pregustando montagne di soldi ma una nativa le parlò con uno sguardo antico Daria ne comprese il segno e senza tradire alcuna emozione ritornò in macchina 

 

Non so se sia ancora in vita dove tira avanti se è felice ma    credetemi    quando la incontrai Daria aveva qualche ricordo da spendere per strada voltando le spalle alla distruzione alla morte al fuoco alla ribellione e al senso d’impotenza che l’assaliva ogni volta che ripensava alla morte di Mark alla radio che quel giorno crepitava indifferente nel silenzio soffocante di un lontano pomeriggio quando il dolore sopraggiunse istantaneo come quando il veleno fulmineo come un lampo scorre nelle vene fermando di colpo il cuore 

 

Niente parole

 

Daria può solo immaginare per continuare a vivere ripartendo dal deserto mentre i cactus le offrono il conforto di un corteo mortuario taciturno discreto e solenne 

 

Silenzio

 

Osserva la villa ma è uno sguardo apparente perché scruta in fondo alla sua ferita che deve far rimarginare prima che l’anima s’infetti tutta marcendo piaga dopo piaga e a un tratto    credetemi    ebbe una visione niente acidi un lampo solo un lampo e poi

 

Il silenzio è infranto da un’esplosione ancora un’altra una serie di esplosioni una lunga serie di esplosioni una lunga interminabile serie di esplosioni che si susseguono con intervalli sempre più ridotti detonazioni interrotte dal silenzio che reagisce come può tentando di arginare il rumore ingaggiando un corpo a corpo per soffocarne il respiro simile a un tuono ma finendo per arrendersi mentre le esplosioni si susseguono sostenute dalle note di un organo febbricitante proveniente dal nulla della catastrofe in corso provocata da quella che è un’infinita esplosione come un’apocalisse a più riprese una serie di inquadrature differenti della villa cotta dal sole ribollente del tramonto e dal fuoco rigeneratore della fantasia del desiderio della rabbia e dell’amore perché Daria ha amato Mark e ora gli dona una pira funebre avvolta in ghirlande di fumo nero crepitii e lusso in briciole
Il mondo esplode e si spappola il dolore deflagra la rabbia fluttua come polvere senza meta devastando e sminuzzando appendiabiti frigoriferi carogne televisori cianfrusaglie libri specchi oggetti presi d’assalto da una furia implacabile e trionfante nella luce abbacinante sprigionata da una serie di istanti liberati che sprigionano il rancore ancora immacolato e ne rifrangono ogni invettiva sputo maledizione offesa perché Mark è morto è stata un'esecuzione in piena regola forse perché a quell’ottuso cecchino hanno raccontato di Marx dello sberleffo delle false generalità dichiarate di Carl Marx quel nome per giunta mal scritto o forse Mark è morto come tutti senza una ragione 
Un giro di basso profondo sotterraneo in crescendo si porta in primo piano assumendo i contorni di una danza macabra un’orgia di schegge ruotanti intorno al nulla innervando una danza estatica culminante in un urlo agghiacciante che erompe da un intrico di nervi vene sangue respiro calore e da quell’infinita rabbia 

 

Daria ha sognato con Mark

 

Il caldo soffocante preme inesorabile sulle palpebre invitandola a socchiudere gli occhi lasciandola immersa nella luce accecante l’aria del deserto proietta su uno schermo rifulgente in un silenzio assoluto l’insensato gioco della violenza la sua morsa feroce l’inesauribile e inesorabile copula con il potere le comodità narcotiche l’abbondanza i conflitti ora brucia la propaganda di plastica la guerra chimica strappa la pelle si muore con una siringa di acqua calda ogni notte può fratturarsi colpo su colpo fuoco su fuoco si vive nel pericolo dell'epidemia il cielo si tinge di zolfo sensori di controllo in tutte le case edifici occupati dal terrore nel silenzio colpi di martello sul capo e sugli arti nel silenzio si applica corrente elettrica al naso e alle labbra si conficcano chiodi alle estremità delle dita si versa nella bocca e nelle narici acqua saponata calce viva acqua mista a urina animale e altro ancora nel silenzio si feconda l'orrore e si vomita per l'orrore molti se ne vanno qualcuno per sempre in questa vita qualcuno si ferma in guerre lontane da qui mentre la villa esplode in mille pezzi e l’amore breve sputa sulla realtà perché Daria deve continuare a vivere senza Mark neanche più un istante con lui e la vita di fronte un conto da pareggiare la villa esplode in mille pezzi la danza luccicante chiama a raccolta una generazione insoddisfatta simboli accartocciati note sparse su una vecchia poltrona gialla con delle sottili righe rosse ma può essere il contrario questo non interessa al mago del flipper nascosto dietro la radio qualche passo sottoterra sempre su dodici battute sempre quelle che passano di mano in mano tra eroi e furfanti tra marinai ciarlatani e inventori arrivati da tutte le parti dell’anima per sacrificarla in un sabato pomeriggio afoso pigro o in un mattino vellutato stracciando i colori del ricordo spiriti rosa cremisi porpora e verde dal gusto forte fino all'esaurimento nervoso cantando nell'ultima uscita qui tutti un'ultima volta fuori tutti demoni fuori tutti nell'aria tutti insieme elicotteri dirigibili e bandiere elettriche tra le stelle in un unico suono di tamburi armonica e flauti d'argento sempre più sottoterra nelle piscine ricolme d'immondizia fresca di sugo freddo di brodo rubini crema e zuppe di cioccolato per nutrire angeli sempre più grassi sempre più ottusi seduti nel cuore delle comete menestrelli della tempesta trafficanti di teiere e scarpe bucate venditori di tartarughe trichechi e mucche radioattive selvaggi armati di coltelli e maschere antigas perché c'è qualcosa nell'aria dopo la caduta della pioggia e forse il cane non passerà stanotte a riportare una lettera persa a bordo di un'astronave che resterà su Marte duemilacinquecentoventicinque anni o di più ancora di più resterà nelle città arroventate dove si intreccia una rima controversa con Coca-Cola mangiando prugne disegnando trifogli e cuori con Nero di Spagna piangendo su una batteria tumefatta finché non torneranno le note blu danzando nella quinta dimensione sotto i canestri illuminati dalle streghe e dalla colla di pesce che brucia arroventando farfalle e altri insetti ma poche perle grigiorosa invisibili in una terra dai colori gemelli dove sognando si è persa una piccola scommessa e da allora Daria ha nostalgia del rumore di un monoplano colorato

 

Daria se ne va

 

Un giorno l’ho incontrata sulla strada per Santa Fe mi ha confidato di Mark della villa la musica distrazioni finimmo in quella valle della morte voleva tornarci    beh    non parlerò di noi dei giorni che seguirono ma un giorno è andata via e immagino per sempre    credetemi    le cose sono andate così