la morte corre sul fiume_locandina
LA MORTE CORRE SUL FIUME
(The Night of the Hunter)
è un film del 1955
diretto da Charles Laughton

TRAMA
Il predicatore Harry Powell sposa e uccide una vedova cercando il bottino di una rapina del marito. I due figlioletti fuggono, trovando rifugio presso un’anziana signora che ospita trovatelli, ma Powell è sulle loro tracce. Unica regia di Laughton e ultima sceneggiatura di James Agee tratta dal romanzo di Davis Grubb: sullo sfondo di un’America di provincia in cui tutti sono ossessionati dal puritanesimo (Powell si rifiuta di consumare le nozze), una fiaba nera girata con uno stile folgorante che non ha eguali nel cinema. Indimenticabile il personaggio di Mitchum che porta tatuate sulle nocche le parole “Love” e “Hate”
 
da Il Mereghetti. Dizionario dei film 2011,
di Paolo Mereghetti, Dalai Editore, Milano, 2010.

LA MORTE CORRE
SUL FIUME

regia di Charles Laughton

di Luca Caserta


La mano destra, mano del Bene, la mano sinistra, mano del diavolo, quella “con cui Caino uccise Abele”. Lo si sentiva dire anche alle lezioni di catechismo, quando ancora i mancini erano picchiati sulla mano “sbagliata”, quando sovrappensiero la usavano: bacchettate, schiaffi – e, in seguito, a volte, disturbi della personalità per coloro cui queste sanzioni pesavano di più. Uno dei punti d’incontro fra cattolici e protestanti, uno dei punti in comune su cui potevano condividere il nemico, l’invasato, il bambino cattivo.
Due mani, la sinistra con tatuate sulle dita le lettere che compongono la parola “hate”, odio, la destra con le lettere di “love”, amore. Le mani lottano fra loro, intrecciandosi, stringendosi, cercando di rovesciarsi l’un l’altra come in un braccio di ferro morbosamente solitario.
Uno dei momenti di La morte corre sul fiume in cui Charles Laughton alla sua unica – filologica – prova di regia, parlando attraverso uno straordinario, immenso Robert Mitchum, può svelare la vera stoffa dei tanti imbonitori da fiera, truffatori, avventurieri che scorrazzavano per le zone rurali degli States, una volta su carri trainati da cavalli, oggi, ancora – ma Laughton allora, nel 1955 non poteva ancora saperlo – attraverso l’etere della Tv e i cavi telefonici del Web. Mestiere che prosperava e prospera grazie alla credulità popolare, come vediamo dall’espressione dei tre adulti che assistono all’esibizione del falso (?) predicatore Harry Powell (Mitchum), credulità che evidentemente si nutre dell’addentrarsi nell’età adulta, visto che i due fratellini che Powell perseguita, sempre nella stessa scena, lo guardano con allenato, motivato sospetto…
Ma questo è un dettaglio – necessario – della vicenda, del film come del romanzo (The Night of the Hunter, di Davis Grubb, 2007) del 1953 da cui è tratto. È il luogo dove la descrizione della vita quotidiana e dell’immaginario dell’America profonda si coagula, precipita in un giochino di prestigio che non ha bisogno nemmeno di trucchi, di inganni: l’ingenuità degli adulti di fronte alla banalità del sacro semplificato è scoperta, inerme, sconcertante.
Intorno, l’America delle paludi, della crisi, della povertà, della disperazione – ma anche della generosità, dell’accoglienza, in cui a maggior ragione possono prosperare i predatori come Powell.

Quella descritta nei romanzi di William Faulkner e di John Steinbeck, che si distende fra i dipinti degli anni Trenta di Grant Wood e quelli di Edward Hopper negli anni Cinquanta, fino a Peyton Place (1989), scritto da una casalinga nel 1956, e da tanti altri film oltre questo.
La bellezza del film di Laughton è nella scelta di fondo, da grande, sensibile uomo di cinema: il rigoroso timbro espressionista che dà all’intera pellicola, costruendo un maestoso, fluido bianco e nero, fatto di luci e ombre perfette, di chiaroscuri e controluce straordinari, di inquadrature che rimandano direttamente all’estetica dell’espressionismo storico, come quella in campo lungo della fattoria isolata nella campagna, lungo il fiume, che si staglia in un panorama vuoto alla luce di una Luna che intuiamo appena sotto l’orizzonte.
O come quella, in interno, sempre in campo lungo, nella camera da letto della vedova, madre dei due bambini protagonisti, sposata da Powell, con lei a letto, lui in piedi, le pareti che si restringono verso l’alto, buio e luce ad alternarsi, quasi una citazione delle geometrie sghembe, innaturali dei capolavori espressionisti degli anni Venti del Novecento. Ma nello stesso tempo, anche se a voler essere puntigliosi il genere è diverso, di grandi film come La città nuda (1948) di Jules Dassin, Il grande caldo (1953) di Fritz Lang, Un bacio e una pistola (1955) di Robert Aldrich,  ad accompagnare o seguire l’hard boiled di Dashiell Hammett e Raymond Chandler, fino all’Infernale Quinlan di Orson Welles (1958), che – di fatto – è un requiem per il poliziesco classico hollywoodiano, ormai trasfigurato completamente dalla realtà della violenza dispiegata, quasi celebrata.
Un’America del secondo dopoguerra ben diversa da quella celebrata nell’immaginario, sia coetaneo che successivo, come un’età dell’oro durata al massimo un quindicennio e poi svaporata sotto i colpi del Vietnam, della rivolta giovanile, dei nuovi cinismi (Fattori, 2008).

Quasi una messa in guardia nei confronti dell’illusione di una agognata felicità terrena da godere fra gli stand dei supermercati colmi di merci, i primi programmi televisivi e le canzonette rockabilly, un avvertimento che invece di esibirsi sul palcoscenico metropolitano torna alle origini dell’immaginario dell’orrore metafisico, alle zone rurali, non ancora colonizzate dal progresso, territori marginali, liminali, estranei al pragmatismo cittadino e alla secolarizzazione. Ai limiti del magico, insomma. Un immenso buco nero che si allunga a tutta la Bible Belt e oltre, che copre pianure, paludi, fiumi, boscaglie, fino ai confini meridionali del paese, in cui la piccolezza delle cittadine e l’isolamento delle fattorie è l’ambiente più adatto come pastura per il manifestarsi di un Male archetipo, trascendente, nutrito di soprannaturale, fino alle case, alle cittadine, ai boschi infestati di Stephen King, dopo essere stati teatro delle allucinazioni narrative di Howard P. Lovecraft – teorico, oltre che narratore, dell’orrore in letteratura (cfr. Fattori, 2011), fino al David Lynch del serial Tv Twin Peaks (1990-1991).
Ma forse, ancor meglio, fino a quel Texas orientale fatto di bianchi poveri, divisi equamente fra onesti e malvagi, neri saggi e sfortunati, donne sfiorite e… e bambini, come i due piccoli, caparbi, tignosi eroi del film di Laughton, di certi romanzi e racconti di Joe R. Lansdale, come, prima di tutto, In fondo alla palude (2004), storia di due ragazzini che scoprono per caso la crudeltà, l’omicidio, la Morte – e quindi la vita vera di quelle contrade.
Ecco, nella narrativa di Lansdale forse possiamo ritrovare lo spirito del romanzo di Grubb e del film di Laughton: la nera, opaca, proteiforme presenza del Male truccato da normalità, anzi da rassicurazione. A chi infatti, più che a un uomo di fede ci si può rivolgere per ricevere sostegno, cura, protezione? Ma quale migliore maschera, per il Maligno, di quella di un uomo di religione? Rimaniamo ai Vangeli, dove da qualche parte si legge: “Gesù gli domandò: «Qual è il tuo nome?» Egli rispose: «Il mio nome è Legione perché siamo molti»”.
Così, nella narrativa americana, è arrivata fino a noi questa traccia, questo elemento dell’immaginario gotico mescolato con le cupe visioni della fede puritana – due facce, peraltro, dello stesso poliedro culturale – per cui il Diavolo è sempre in agguato, pronto a ghermire gli innocenti con i suoi artigli.

 


 

LETTURE

× Fattori A., Viaggio psichedelico all’alba dell’era neoterica, in “Quaderni d’Altri Tempi” n. 14, 2008, 12/07/2008.

× Fattori A., Fenomenologo dell’orrore cosmico, in “Quaderni d’AltriTempi” n. 32, 2011, 12/07/2008.

× Grubb D., The Night of the Hunter, 1953, trad. it. La morte corre sul fiume, Adelphi, Milano, 2007.

× Lansdale J. R., The Bottoms, 2000, trad. it. In fondo alla palude, Fanucci, Roma, 2004.

× Metalious G., Peyton Place, 1956, trad. it. Peyton Place, Einaudi, Torino, 2006.

 

VISIONI

× Aldrich R., Kiss Me Deadly, 1955, Un bacio e una pistola, 20th Century Fox Home Entertainment, 2004.

× Dassin J., The Naked City, Usa, 1948, La città nuda, Terminal Video, 2010.

× Lang F., The Big Heat, 1953, Il grande caldo, Sony Pictures Home Entertainment, 2006.

× Lynch D., Twin Peaks, ABC, 1990-1991, I segreti di Twin Peaks, Stagione 1, Universal Pictures, 2011.

× Welles O., Touch of Evil, 1958, L’infernale Quinlan, Universal Pictures, 2004.

 

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