Il paradosso di Chesterton
dopo la morte di Dio

La 2019 CESNUR Conference organizzata dal Centro Studi sulle Nuove Religioni si è tenuta all’Università di Torino dal 5 al 7 settembre con tema: Re-enchanting the world: Spiritualities and religions of the third millennium.

La quinta edizione del festival La Filosofia il Castello e la Torre sul tema L’essere umano può davvero mettere in dubbio l’esistenza di Dio? si è tenuta a Ischia dal 22 al 29 settembre 2019.

La 2019 CESNUR Conference organizzata dal Centro Studi sulle Nuove Religioni si è tenuta all’Università di Torino dal 5 al 7 settembre con tema: Re-enchanting the world: Spiritualities and religions of the third millennium.

La quinta edizione del festival La Filosofia il Castello e la Torre sul tema L’essere umano può davvero mettere in dubbio l’esistenza di Dio? si è tenuta a Ischia dal 22 al 29 settembre 2019.


Su una collinetta a picco sul mare di Ischia, ancora affollata di turisti nelle ultime settimane di una stagione balneare innaturalmente estesa dai cambiamenti climatici, la piccola chiesa di Sant’Antonio alla Mandra, elegante e dimessa nel suo gioco di colori chiari, ospita ai lati della navata le spoglie di due glorie locali: sant’Esuperanzio, morto nel IV secolo, e san Giovan Giuseppe della Croce (1645-1734), traslato lì da Napoli nel 2003. Un frate del convento di cui la chiesa è parte sistema solitario l’altare e il messale per la funzione. Pochi metri più sotto, nell’attigua Biblioteca Antoniana, filosofi provenienti da tutto il mondo discutono della morte di Dio. La struttura ospita infatti una delle sedi del festival La filosofia, il castello, la torre, giunto alla quinta edizione, che cerca di portare i temi della filosofia in una località, come quella di Ischia, più portata allo svago che alla riflessione, e che per quest’edizione ha scelto come tema il più imponderabile dei soggetti: Dio. Solo un paio di settimane prima, a Torino, la ben più moderna e secolarizzata sede del Campus Luigi Einaudi ha ospitato invece il convegno internazionale del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni, dedicato al tema Re-enchanting the World: Spiritualities and Religions of the Third Millennium.
A unire le due iniziative, la domanda su cosa si possa dire di Dio dopo l’annuncio, ormai datato (Friedrich Nietzsche, La gaia scienza, 1882), della sua morte, ma anche dopo che le profezie della secolarizzazione e del disincanto del mondo sono state falsificate, sostituite dall’inveramento di un’altra previsione, quella falsamente attribuita allo scrittore e apologeta cattolico G.K. Chesterton, che non l’avrebbe mai pronunciata ma che certamente l’avrà pensata: “Chi non crede in Dio non è vero che non crede in niente perché comincia a credere a tutto”.

Il dio dai mille volti
L’aveva ripresa, quella citazione paradossale, anche Umberto Eco nel suo Il pendolo di Foucault, per dimostrare che dopo aver ucciso Dio gli uomini l’avevano presto sostituito con una infinita schiera di credulità solo apparentemente più razionali, ma in realtà ancora più improbabili, per esorcizzare “il pensiero che il mondo sia nato per caso, per sbaglio, solo perché quattro atomi scriteriati si sono tamponati sull’autostrada bagnata” (Eco, 1988). Cosa sono, dopotutto, le teorie del complotto, se non versioni rinnovate delle antiche mitologie, come già aveva intuito Karl Popper, dove agli dèi dell’Olimpo che giocano noncuranti del fato degli uomini si sostituiscono cabale occulte intramondane (Popper, 1972)? D’altronde, già nel 1947, nel suo studio sui Miracoli, C.S. Lewis osservava la tendenza a sostituire al Dio-persona delle religioni organizzate, che fino ad allora aveva occupato pressoché tutti gli spazi del sacro, perlomeno in Occidente, qualcosa di diverso:

“Si può parlare di bellezza, verità e bontà, o di Dio che è semplicemente il principio immanente a queste tre cose, oppure ancora di una grande forza spirituale che pervade tutto, una mente comune della quale tutti facciamo parte, un bacino di spiritualità generalizzata alla quale tutti possiamo fluire; così, si ottiene l’interesse amichevole di chi ci ascolta. Ma la temperatura crolla drasticamente non appena si accenna a un Dio che ha degli scopi e che svolge delle azioni particolari, che fa una cosa e non un’altra, un Dio concreto, che opera delle scelte, che domina e proibisce, e che ha un carattere specifico. La gente s’imbarazza o s’arrabbia. Una concezione di questo tipo sembra primitiva e rozza, o addirittura irriverente” (Lewis, 2010).

Profeti d’altri tempi
Eppure, se diamo uno sguardo alle nuove religioni e alle nuove spiritualità che hanno cercato a più riprese di prendere il posto di questo Dio la situazione appare sconcertante. Graziano Graziani ne ha recentemente analizzate alcune nel suo libro Catalogo delle religioni nuovissime (2018), altre sono state discusse al convegno CESNUR di Torino. Tra queste c’è il Wéixīn Shèngjiào, una peculiare forma della religione popolare cinese diffusasi negli ultimi decenni a Taiwan. I suoi sostenitori, giunti a Torino per diffondere il verbo, assicurano che l’I Ching, testo la cui criptica sapienza da sempre ammalia la cultura occidentale, contenga tutte le verità sull’universo, e ha fornito prove della presenza di acqua su Marte o di ghiaccio sulla Luna ben prima della loro scoperta, oltre al fatto di poter essere impiegato per prevedere i terremoti.
Una religione “scientificamente fondata”, che riprende il taoismo e il confucianesimo e lo rilegge alla luce dei moderni bisogni di trovare nuovi oracoli con cui sostituire i vecchi. Dalla Corea del Sud ci viene presentato invece il “pensiero di Deasoon”, fondato nel 1969 da Park Wudang: un collage di elementi provenienti dal confucianesimo, dal taoismo, dal ceondoismo (una religione di recente formazione che vanta circa tre milioni di fedeli in Corea) e dal cristianesimo, con l’obiettivo di realizzare una religione universale in modo non molto diverso da quanto tentato dal culto Bahá’í originatosi in Iran alla fine del XIX secolo.
Chi non vuole andare troppo lontano può invece recarsi ad Altare, provincia di Savona, per imbattersi nel pacchianissimo Matha Gitananda Ashram, tempio induista di nuova concezione fondato nel 1984 da Yogasri Svami Yogananda Giri, dove è possibile svolgere le esperienze della meditazione e dello yoga in un vero monastero.


Una funzione della Chiesa dell’Anima Universale officiata da Swami Roberto.

Poco fuori Torino, i relatori del convegno CESNUR hanno potuto svolgere una visita sul campo alla Chiesa dell’Anima Universale, fondata nel 1963 da Swami Roberto (al secolo Roberto Cesarin), che si veste come il papa e assicura guarigioni e conversioni miracolose, offrendo ai fedeli un rassicurante “Dio di tutti” che unisce in sé aspetti peculiari di tutte le grandi religioni. Poco più avanti, nella Valchiusella, i visitatori giungono a Damanhur, comunità nata nel 1975 su iniziativa di Falco Tarassaco (al secolo Oberto Airaudi), basata su concetti, recita il sito web, come “il pensiero positivo, la valorizzazione delle diversità, il raffinamento interiore e la disponibilità al cambiamento come strategia per uscire dalle abitudini”, e offre una visione cosmologica basata sul ruolo di non meglio precisate energie spirituali.
Non molto diversa è la promessa di Scientology, la cui chiesa di Milano, un gigantesco ed elegantissimo palazzo dotato di ristorante, bar e baby parking (oltre a una sauna per purificare i nuovi membri), è sempre pronta ad aprire le porte a chi intende avvalersi degli insegnamenti di L. Ron Hubbard per superare i propri ostacoli interiori e guadagnarsi una vita di successo.

Simulacri e simulazioni
Non sempre, però, tutto fila liscio nella fondazione di una nuova religione. Anche i seguaci di Gesù, si sa, ebbero i loro problemi. Eriko Kawanishi relaziona a Torino, per esempio, sui problemi che soffrono in Giappone i seguaci di dottrine esoteriche occidentali, dal culto Wicca all’occultismo moderno, sottoposti a indagini e perquisizioni in un paese che ancora non si è ripreso dalla strage di Aum Shinrikyō nella metropolitana di Tokyo nel 1995.
Anche molti fondatori di nuove religioni non se la passano bene: è il caso di Guru Jara, al secolo Jaroslav Dobeš, che in Repubblica Ceca ha tentato di fondare, leggiamo sul suo sito, una “fede sincretica che combina yoga, tantra, cabbala, buddismo, con una forma di cristianità e insegnamenti dell’antico Egitto con lo studio del tempo (es. l’astrologia) e dello spazio (es. Feng shui)”. Guru Jara è stato condannato per stupro di diverse sue allieve, costretto a fuggire nelle Filippine, catturato, non ancora estradato ma da cinque anni in custodia giudiziaria. La stessa Scientology, seppur ormai ampiamente tollerata in tutto l’Occidente, è continuamente costretta sulle barricate dalle accuse di fuoriusciti che scatenano indagini e processi, nonché sfiancata in molti paesi da lunghi tentativi di ottenere il riconoscimento di religione (per esempio in Francia e Germania).
In tutto questo marasma, proliferano i gruppi più assurdi: dai terrapiattisti analizzati a Torino da Jean-François Mayer di Religioscope, che ne ha seguito gli ultimi meeting internazionali, al neodruidismo che ha costruito in diversi parti del mondo, per esempio in Australia, cerchi di pietra sul modello di Stonehenge per ovviare (spiega Carole Cusack dell’Università di Sidney) alla mancanza di siti storici dove tenere le proprie cerimonie sacre, caso perfetto di “religione iper-reale” (Possamai, 2007) dove il simulacro si sostituisce all’originale.


La riproduzione di Stonehenge a Esperance, Western Australia.

Spiritualità senza religione?
Del resto, la soluzione Nietzsche l’aveva già proposta: c’è sempre un nuovo dio che rinasce dopo che il vecchio è morto, per questo abbiamo potuto affrontare senza troppi problemi la scomparsa di Pan e di Dioniso, e insieme a loro di tante divinità di cui oggi non resta traccia se non nell’archeologia. Ma i nuovi che si affacciano sono ancor meno convincenti dei vecchi. Alle trascendenze radicali delle grandi religioni organizzate, dove il sacro rappresenta il “totalmente altro”, si sostituiscono oggi trascendenze minori, dove la spiritualità è decisamente più a portata di mano. Ci si illude, osserva Alessandro Mazzi parlando al festival di Ischia del revival della spiritualità orientale nell’Occidente contemporaneo, che basti praticare yoga o meditare nella posizione del loto per riuscire ad accedere al piano del trascendente, senza però che l’uomo occidentale moderno sia disposto ad abbandonare tutto il portato di millenni di tradizioni culturali che gli impediscono di attingere allo stesso humus della spiritualità orientale. E ci si illude ancor di più sulla possibilità di ottenere una spiritualità senza religione, come oggi sembrano chiedere le nuove generazioni.

Al tema è stata dedicata una tavola rotonda al convegno di Torino, dove alcuni sociologi si sono interrogati sulla coerenza di questa nuova concezione della spiritualità. Possiamo davvero considerare spirituale il fitness, gli sport estremi, l’ecologia, come propone per esempio Antonio Camorrino, il quale parla di “geodicea” per definire l’ecospiritualità che sembra ritornata in auge, dopo i fasti di Stewart Brand, Ira Einhorn e dell’ipotesi Gaia di James Lovelock, con Greta Thunberg, possibile messia di una nuova religione (Camorrino, 2018a)?
Il rischio è che tutto diventi religione e che nulla lo sia davvero. Non solo: i teorici delle nuove religioni non fanno altro che prestare il fianco a tutti i nuovi sedicenti guru che sperano di brandire l’arma della libertà di fede per trasformare un traballante movimento di pensiero o la bislacca invenzione di un ciarlatano in candidato a nuova religione mondiale. L’ispirazione, d’altro canto, l’ha data proprio il cristianesimo: chi altro era Gesù Cristo, da un certo punto di vista, se non uno dei tanti “guru” messianici che comparvero in seno all’ormai sclerotizzata religione ebraica nella Palestina di età romana? Eppure, Gesù ebbe talmente successo che in appena tre secoli l’intero Impero romano si convertì alla sua religione. Perché Guru Jara o L. Ron Hubbard non dovrebbero ottenere lo stesso risultato? Il successo del cristianesimo fu dovuto al suo proporsi come religione universale, autentica rivoluzione in un mondo fino ad allora dominato da culti etnici, come era anche quello di Jahvè. Da qui la ricerca di religioni ancora più universali, in un processo che Camorrino (2018b) ha definito “ikeificazione” del sacro, dove cioè componenti provenienti dalle fedi più disparate vengono raccolte e riassemblate per realizzare un culto fai-da-te in grado di accontentare chiunque, basta eliminare quel pezzo che non ci piace.

Trascendenze umane, troppo umane
Ma le religioni non sono solo un modo per dar sfogo al nostro inesausto desiderio di trascendente, anche in quest’epoca solo apparentemente secolarizzata; sono anche grandi narrazioni per dar senso all’universo. Al festival della filosofia di Ischia il problema dell’incomprensibilità del mondo in cui viviamo emerge prepotente. Dio resta un grande ordinatore, il massimo produttore di senso in un universo che la scienza sostiene essere emerso dal caos, da una fluttuazione quantistica (e come tale indeterministica) nel vuoto. Non è facile sostituirlo, nemmeno con soluzioni più alla moda oggi, come il panteismo, che come suggeriva Lewis si impone come reazione al teismo classico, basato sul rapporto tra due persone, quella umana e quella divina. Più vicine all’obiettivo sono senza dubbio le nuove filosofie del postumano, in particolare il transumanesimo, che Antonio Allegra fa rientrare nella sua definizione di “religioni dell’immanenza”.


Interno del Tempio dell’Umanità a Vidracco, nel Canavese.

La sua peculiarità sta infatti nel risacralizzare la grande narrazione della scienza, ponendo l’Uomo nuovamente al centro della creazione, affidandogli il compito di fornire una direzione al processo indeterministico dell’evoluzione grazie all’impiego delle nuove tecnologie, in vista di un orizzonte escatologico considerato ormai a portata di mano.
È lì, dunque, e non certo tra i culti da operetta che nascono e muoiono continuamente tra gli scaffali della grande Ikea delle nuove religioni, alimentata in modo spesso interessato dagli stessi sociologi, che va cercato il futuro di Dio. Dal Wéixīn Shèngjiào a Scientology, tutte le nuove proposte di fede sembrano invariabilmente richiamarsi a un fondamento scientifico che ne garantisca l’originalità ma soprattutto la veridicità. Non si richiede più il “salto della fede”, l’inevitabile momento finale che porta dalla comprensione razionale del logos all’accettazione fideistica della rivelazione; con i giusti strumenti, la trascendenza può essere riportata nel mondo, ricondotta all’approccio quantificante che caratterizza il pensiero occidentale contemporaneo. Il datismo preconizzato da Yuvel Noah Harari (2017) è dietro l’angolo, e sembra confermare le teorie dei sociologi su una spiritualità senza religione.
Luigi Vero Tarca, nella sua dissertazione al festival di Ischia, mette però in guardia dalla realizzabilità del progetto della tecnica.

Se l’immortalità, obiettivo ultimo dell’escatologia transumanista, consiste nella negazione della morte e del dolore (elementi negativi per antonomasia), per ottenerla non potremmo far altro che aumentare la morte e il dolore: solo così, infatti, si può aumentare in quantità e qualità la loro negazione, avvicinandosi potremmo dire per asintoto a un’immortalità che però ci sfuggirà invariabilmente, dato che, secondo la filosofia di Vero Tarca, “la negazione di una negazione è una negazione”. Solo un radicale superamento della dimensione umana, attraverso l’apertura alla trascendenza e a una vita oltreumana, può realizzare il progetto dell’immortalità: solo così, con la disgiunzione del concetto di morte da quello del dolore, si può ottenere un valore positivo, che non sia dunque negazione. Siamo ancora in cerca del “puro positivo”, che Vero Tarca identifica con la Verità (cfr. Tarca, 2016).
Dopo una giornata iniziata con l’annuncio della morte di Dio, il convegno ischitano si avvia dunque alla chiusura constatando che non è nel nichilismo radicale che si cela il destino dell’Uomo e di Dio. Le porte della chiesa di Sant’Antonio alla Mandra, nel frattempo, si sono chiuse. Almeno per questa sera, bisognerà cercare altrove le risposte.

Letture
  • Antonio Camorrino, Green Spirituality and Physical Culture. Extreme Sports and the Imagery of Wilderness, in Societies, vol. 96 n. 8, settembre 2018.
  • Antonio Camorrino, La notte dell’umanesimo. L’immagine dell’uomo nella società contemporanea, in Im@go n. 12, dicembre 2018.
  • Damanhur, http://www.damanhur.org/it/cos-e-damanhur
  • Umberto Eco, Il pendolo di Foucault, Bompiani, Milano, 1988.
  • Graziano Graziani, Catalogo delle religioni nuovissime, Quodlibet, Roma, 2018.
  • Guru Jara, http://www.guru-jara-samadhi.com/about-the-master/
  • Yuvel Noah Harari, Homo Deus, Bompiani, Milano, 2017.
  • Clive Staples Lewis, Miracoli. Uno studio preliminare, Lindau, Torino, 2010.
  • Karl Popper, Congetture e confutazioni, Il Mulino, Bologna, 1972.
  • Adam Possamai, Religion and Popular Culture: A Hyper-Real Testament, Peter Lang Publishing, Berna, 2007.
  • Luigi Vero Tarca, Verità e negazione. Variazioni di pensiero, Libreria Editrice Cafoscarina, Venezia, 2016.