Quell’eco di un tempo remoto
che risuona tuttora: Meddle

Pink Floyd
Meddle
Harvest, 5 novembre 1971
Formazione:
Roger Waters (basso, voce),
David Gilmour (chitarra, voce),
Richard Wright (tastiere, voce),
Nick Mason (batteria, percussioni).
Produzione: Pink Floyd

Pink Floyd
Meddle
Harvest, 5 novembre 1971
Formazione:
Roger Waters (basso, voce),
David Gilmour (chitarra, voce),
Richard Wright (tastiere, voce),
Nick Mason (batteria, percussioni).
Produzione: Pink Floyd


Sesto album ufficiale dei Pink Floyd (considerando anche la colonna sonora del film More), Meddle si trova al centro del percorso evolutivo dei Pink Floyd. Rappresenta da una parte il collegamento con il passato psichedelico, gli echi sognanti dei viaggi mentali e le dolci e infantili melodie pop, dall’altra afferma e conferma il raggiungimento di una maturità classica, la potenza del suono e del gruppo, la stabilizzazione di un universo musicale dai contorni precisi, netti, ben definiti. Uscito il 5 novembre in patria, l’album venne pubblicato con una settimana d’anticipo negli Stati Uniti il 30 ottobre. Un sostanzioso antipasto venne però mandato in onda esattamente un mese prima, il 30 settembre, quando la band eseguì negli studi radiofonici Echoes in una versione leggermente dilatata e One of These Days. Registrazioni che videro la luce ufficialmente soltanto quarantacinque anni dopo all’interno del mastondontico box Early Years nel volume intitolato Reverber/ation. Pur avendo avuto, all’epoca, il meritato successo sia in termini di vendite che di critica, successivamente Meddle è sempre stato oscurato dal precedente Atom Heart Mother e dai colossi The Dark Side of the Moon e Wish You Were Here, a conferma comunque di essere un prodotto di mezzo, o meglio di passaggio.

Ritorno al futuro
L’orchestrazione della suite Atom Heart Mother, la sua imponenza, seppur attenuata dalla seconda facciata dell’omonimo disco, sembravano aver traghettato definitivamente il gruppo lontano dalle sperimentazioni di Syd Barrett e vicino alla nascente corrente prog, con le forti impronte classiche e sinfoniche. Invece Meddle, per alcuni versi, sembra riportare indietro la band, dando leggerezza al suono e all’estetica generale. Vero è che la conformazione del disco è simile ad Atom Heart Mother, con un lato occupato da una suite (Echoes) e l’altro da brani più brevi (cosa peraltro comune a molti dischi dell’epoca: vedi Tarkus degli Emerson Lake & Palmer oppure In the Land of Grey and Pink dei Caravan), tuttavia il tono generale sembra assai lontano dalla maestosità di Atom Heart Mother, quasi sommesso, riservato. Ancora di più: semplice. Da questo punto di vista Meddle è lontano dalla complessità del progressive, e sembra voler riallacciarsi a quello spirito avventuroso e audace della psichedelia inglese.
È un approccio ancora basato sulla forma canzone ma sempre pronto a stravolgerne la struttura, improvvisando o inserendo elementi sperimentali, e mantenendo forte il richiamo all’elemento pop, surreale e stralunato: San Tropez e i languidi guaiti di Seamus ne sono un classico esempio. One of These Days e Echoes si riallacciano invece alle tipiche composizioni espanse e ricche di improvvisazione dei primi Pink Floyd, appena meno avventurose e certamente più ordinate rispetto ai loro esordi. Echoes, la stupenda suite del secondo lato di Meddle, rappresenta un po’ il loro marchio di fabbrica, la loro concezione di suite.

Al contrario del progressive rock, il brano è effettivamente dilatato, sostanzialmente privo di cesure, non assemblato giustapponendo diverse sezioni, bensì arricchito con effetti, assoli, sperimentazioni, in modo da creare uno sviluppo complessivo armonico e omogeneo pur nella ricchezza di variazioni. C’è un lavoro che richiama l’approccio minimalista, quell’espandere piccole cellule e variarle sottilmente, reiterarle; una tendenza che attraversa tutto il disco e che sottolinea il legame con le atmosfere dei primi dischi dei Pink Floyd. Rispetto al prog classico qui non c’è sfoggio di abilità, di virtuosismo o di complessità; è il collettivo che esce fuori, nella semplicità di brani evocativi e nella compattezza del gruppo, con ancora un consistente retaggio dell’atmosfera creativa di fine anni Sessanta.
Un tratto distintivo dell’album ancor più significativo se si considera che vide la luce nell’anno d’oro del progressive rock, nel corso del quale vennero pubblicati tutti i masterpiece del genere. Certo, la folle genialità e la bizzarria di Barrett iniziano ad abbandonare la musica dei Pink Floyd, di certo più compassata, rilassata. Ma in Meddle c’è ancora, forte, quella scintilla creativa che tutto sommato resisterà perlomeno fino a The Wall, via via sempre più nascosta e soffocata da un’estetica disciplinata e composta. Detto di Echoes, altrettanto significativo è il primo lato del disco, con la cavalcata psichedelica di One of These Days, la malinconia sognante di Pillow of Winds e la cadenzata Fearless arricchita dai cori dei tifosi del Liverpool. Di San Tropez e Seamus ne abbiamo già accennato, ma va aggiunto che ambedue i brani concludono in modo assolutamente omogeneo un quadro dai toni pastello, rarefatto e intimista, quasi a voler salutare i fan di un tempo, in attesa di trasferirsi stabilmente nello star system.

Un’opera bifronte
Meddle, se da una parte sottolinea la raggiunta maturità, la conquista di un proprio suono limpido ed elegante, dall’altra sembra ancora guardarsi indietro, lì dove le suggestioni psichedeliche, le improvvisazioni e le sperimentazioni dei vecchi tempi agitavano follemente la loro musica, facendo dei Pink Floyd il gruppo principale della scena psichedelica inglese, e non solo. Poi, tra space rock, innocui effetti sonori, stanchezza, alta fedeltà e flemma imperturbabile, il sogno psichedelico verrà via via tramutato in solide realtà. Meddle rimane in ogni caso una delle loro migliori opere, per qualità compositiva e per la capacità di evocare immagini e sogni senza tempo, tenendo insieme struggente semplicità, raffinate elaborazioni, suggestive e malinconiche galassie sonore. E in lontananza si intravede ancora, nella sua bizzarra fantasia creativa, la figura di colui che diede l’impronta fondamentale ai Pink Floyd, quel Syd Barrett troppo presto fuggito via, imprigionato nei suoi mondi.

Ascolti
  • Pink Floyd, Reverber/ation, Warner Music, 2017.