Il futuro dell’altro ieri

Antonio de’ Bersa
Ad Astra
a cura di Jacopo Berti
Zona 42
, Modena, 2017
pp. 240, € 11,90

Antonio de’ Bersa
Ad Astra
a cura di Jacopo Berti
Zona 42
, Modena, 2017
pp. 240, € 11,90


A leggere le considerazioni che il curatore, Jacopo Berti, premette alla “Fantasia” dello scrittore e giornalista triestino Antonio Bersa de’ Liedenthal (in arte Antonio de’ Bersa), il romanzo Ad Astra, che Zona 42 ripropone dopo più di un secolo, sembra di trovarsi dalle parti di La nave di Teseo di J.J. Abrams (2013): un romanzo immaginario, di un autore immaginario, commentato da lettori immaginari, scoperto per caso. Invece, incastrati l’uno nell’altro, ci sono almeno due libri reali: un saggio scientifico pubblicato nel 1883 da Francesco De Grisogono (ai nostri occhi ormai più visione fantastica che ricerca scientifica e già ampiamente sbeffeggiato dai contemporanei) intitolato Sulla possibilità di navigare gli spazii celesti: studio basato sopra la scoperta dell’oscillante, un mezzo fisico per volare nel vacuo, e il romanzo di de’ Bersa che, pubblicato nel 1884 e dopo essere sparito dall’orizzonte dell’editoria italiana, viene riscoperto e ripubblicato, a testimonianza di come, prima di Herbert George Wells e in parallelo almeno a Jules Verne, anche in Italia (anzi, data la situazione geopolitica di allora, nell’area della cultura mitteleuropea, dal momento che Trieste faceva ancora parte dell’Impero austro-ungarico) si scrivessero romanzi di anticipazione scientifica. Il romanzo sfoggia uno stile che può apparire oggi a tratti datato, legnoso. Si legga questo passo:

“Enormi pile elettriche, caricate a tensioni gigantesche, avrebbero, coll’energia delle loro correnti, che dovevano attraversare le roccie (così nel testo, ndr) lunari, svolto da esse quei benefici gas di cui l’oscillante stesso, ad ogni suo viaggio, avrebbe portato sulla Luna una grande provvista fortemente condensata, riportando in cambio tanti minerali lunari, quanti sarebbero bastati a restituire alla Terra i gas, di cui si sarebbe privata. La commissione aveva stabilito a massima assoluta di governo lunare che la massa del nostro satellite non fosse mai sensibilmente alterata con importazioni terrestri, alle quali perciò dovevan subito tener dietro altrettante esportazioni lunari”.

È però un testo importante per illustrare un passaggio: quello dalla narrativa ottocentesca, fatta di esotismo, sentimentalismo, entusiasmo romantico, ma anche di spinta positivista e progressista a una sensibilità già modernista, futuristica, nel senso di una propensione a immaginare e vedere il futuro possibile che attendeva gli uomini di fine Ottocento, ancora legati alla dimensione tecnologica del carbone, del vapore, del ferro. È in questo, come sottolinea Berti, l’aspetto notevole del romanzo: la capacità dello scrittore triestino, a partire dall’idea dell’“oscillante, un mezzo fisico per volare nel vacuo”, come scrive De Grisogono nel suo saggio per definire la tecnologia che ha inventato, di raccontare storie in termini già fantascientifici, anticipando la creatività degli scrittori di science fiction del Novecento e preannunciando, per certi versi, anche se non con lo stesso coraggio, l’invenzione dei vari dispositivi per superare le barriere fisiche al viaggio nello spazio, come i “motori a curvatura” di Star Trek o le varie tecnologie che permetteranno agli esploratori spaziali di viaggiare nell’iperspazio e sconfiggere quindi la barriera della velocità della luce, oltre ad altre tecnologie, ispirate a quelle già esistenti, connesse alla trasmissione di suoni e di immagini.

Alla conquista del satellite terrestre
A sua volta, de’ Bersa si accontenta, sobriamente, di pensare alla Luna e a una sua possibile colonizzazione. Sarebbe necessario, naturalmente, prima renderla abitabile, “terraformarla”, come si direbbe ai nostri giorni. Il primo passo sarebbe quello di costringerla a girare sul proprio asse scavando nel suo corpo dei tunnel in cui inserire degli enormi cannoni, tutti rivolti nella stessa direzione, per fornire la spinta iniziale perché il satellite della Terra cominci a ruotare su se stesso.

Inoltre, l’obiettivo di rendere la Luna abitabile diventa una necessità nello scenario narrato da de’ Bersa: l’Umanità, ormai pacificata e emancipata dai bisogni essenziali, e retta da un governo mondiale, comincia a soffrire la crisi più grave di tutte, quella dovuta alla sovrappopolazione. È necessario uno sfogo all’esterno, visto che sulla Terra non c’è più spazio, e quindi la soluzione obbligata è colonizzare la Luna. E, come succederà nella fantascienza novecentesca, ma come si incomincia a intravvedere anche nel nostro futuro prossimo possibile, i posti sulla astronave che si progetta per lasciare il nostro pianeta saranno limitati e avranno un prezzo, con le prevedibili conseguenze. Siamo insomma lontani dai temi e dalle movenze tipiche della letteratura mitteleuropea dell’epoca, mentre è forte il legame (anche dichiarato) con la narrativa alla Jules Verne e, se si vuole, anche con le incursioni di Emilio Salgari nel futuro. Alla fin fine, siamo davvero in piena fantascienza, o perlomeno in una notevole anticipazione di quella che sarà la narrativa più tipica del XX secolo.