Dee, mistiche, dive:
i volti delle Magnae Matres

Franco Cardini, Marina Montesano
Donne sacre
Sacerdotesse e maghe,
mistiche e seduttrici
Il Mulino, Bologna 2023

pp. 344, € 18,00.

Franco Cardini, Marina Montesano
Donne sacre
Sacerdotesse e maghe,
mistiche e seduttrici
Il Mulino, Bologna 2023

pp. 344, € 18,00.


Oggetto del desiderio o materia sacrificale, la donna è un argomento oggi di moda purtroppo anche a causa di recenti e cruenti fatti di cronaca. È lei, incarnata in figure femminili d’ogni epoca, dalle Moire greche a Evita Peron, a essere oggetto d’analisi dello studio condotto da Franco Cardini e Marina Montesano in Donne sacre, un excursus tra figure affascinanti. D’altronde, scrivono gli autori,

“Non c’è uomo, a parte Adamo, che non sia figlio di una donna: che non abbia albergato per mesi nel buio, caldo, sicuro ricettacolo del suo ventre; che non si sia attaccato ai suoi seni in cerca di vita; che – lo capisse, lo volesse o no – per tutta la sua esistenza non l’abbia poi cercata al fondo di tutte le donne che ha incontrato e che ha amato, o che ha finito per odiare, o che magari ha violentato e ucciso”.

Duplicità, ambivalenza, che nella tradizione cristiana prende il via con Platone, poiché se

“il Platone del Timeo e della Repubblica si rivelava rispettoso della donna e incline ad affidarle ruoli importanti nella società, quello del Fedone […] appare dominato dalla necessità che l’anima si liberi al più presto e quanto più possibile […] dai condizionamenti fisici. Fede nell’immortalità dell’anima e disprezzo del corpo convergevano nel desiderio d’una vita spiritualmente pura. Le sollecitazioni indotte dalla presenza della donna apparivano come un ostacolo a tale liberazione. Nelle filosofie neoplatoniche questo desiderio di purezza […] si fece sempre più intenso, contribuendo a configurare l’ascesi e la mistica cristiana”.

Sono i primi bagliori d’un processo di demonizzazione dell’immagine femminile che avrà il suo apice nella caccia alle streghe: il cristianesimo occulterà la verità del divino femminile rappresentandolo con la sottomessa Vergine Maria piuttosto che con la libera Maria Maddalena, non a caso santificando la prima e relegando la seconda al ruolo di prostituta, e istituendo infine un sacerdozio esclusivamente maschile. Il mito diventa così un’ideologia di opposizione, antagonista, utile a coagulare una protesta e rendere capaci le donne di cogliere le radici della propria sottomissione, ossia il patriarcato e il dominio degli uomini. Alla base sta il mito della grande Dea Madre,

“i cui tratti, almeno in parte, riemergono nel culto della Madonna Vergine e Madre del cristianesimo, che partorisce in una grotta ed è oggetto frequente di venerazione su «Sacri Monti» o in prossimità di sorgenti taumaturgiche e salvifiche nonché salutata quale «Stella del Mare» e «Stella del Mattino»”.

È il culto della Magna Mater neolitica, antica divinità femminile materna, collegata con il culto della fertilità e della difesa della vita, nota nell’antica Grecia come Megalē Mētēr e a Roma come Magna Mater; espressione che è l’origine etimologica del nome della dea Demetra, venerata nel santuario di Eleusi, centro dei celebri e omonimi culti misterici. Il rito lì officiato commemorava il rapimento della figlia di Demetra, Persefone agli Inferi, e culminava nell’offrire agli iniziandi il ciceone (kykeōn < dal verbo kykaō, “mescolare”, Hom; cfr. Hymn. 2, 207-209), un semolino rituale a base di acqua, farina d’orzo e di un non ben identificato glēchōn, che molti oggi riconoscono in una pianta psicoattiva dagli effetti narcotici e/o allucinogeni (forse un miscuglio dei due). Ovidio, che s’occupò di questa mitologia traendola da Nicandro, definiva il ciceone una polentata potio, una “bevanda dolce con farina d’orzo (polenta) arrostita inzuppata” come si legge nelle Metamorfosi (Ovidio, 2014). Le sensazioni provate dagli astanti, dopo aver ingurgitato la pozione, erano assimilate alla presenza stessa della Dea tra i convenuti e le allucinazioni interpretate come suoi messaggi. Più recentemente è stato riconosciuto negli elementi psicoattivi contaminanti il semolino di Eleusi un fungo dalle proprietà allucinogene (Claviceps purpurea), lo stesso che sarà alla base della più potente sostanza psicoattiva sintetizzata dall’uomo, l’LSD-25.

“Dato il suo carattere tellurico e il suo ruolo di madre della Regina degli Inferi, era ovvio che Demetra fosse un’aspirante ideale al ruolo di Magna Mater signora del mondo fisico, cioè dell’intero pianeta. Tuttavia il suo ruolo è strettamente connesso a quello di una divinità di origine anatolica a sua volta preposta alla fecondità e alla natura selvaggia e adorata soprattutto sugli aspri picchi montani: Cibele.”

Il più celebre viaggio nell’Oltretomba è però quello compiuto da Orfeo per recuperare l’anima dell’amata Euridice. Per i cristiani, i paralleli formali tra questo mito e la loro fede erano invitanti, la morte di Euridice si poteva ben paragonare al peccato di Eva e alla successiva estromissione dall’Eden. Innamorato sfortunato e vittima della furia vaginale delle Baccanti, Orfeo soccombe al potere ginecocratico, circostanza a cui sfugge il furbo Odisseo. Circe infatti non riuscì a soggiogare il nostro eroe con la sua pozione trasmutativa, grazie all’erba miracolosa mōly, dalla radice nera e dal fiore simile al latte, un antidoto psicoattivo (forse Papaver somniferum). Si trattava di un pharmakon, ingerito al pari di quello usato da Circe; il testo infatti lo qualificava come “buono” (esthlos): “roba buona”, diremmo oggi. La fama di Circe si propagò in tutto il mondo cristiano, quando le sue storie sarebbero state interpretate in molti modi. Parallelamente al diffondersi del suo mito, nell’antichità si sviluppò quello di Medea, la cui storia s’intersecava spesso con la sua. I due personaggi erano uniti da un legame di sangue, poiché Medea era nipote del Dio del Sole Helios, in quanto generata da Eeta re della Colchide e di questi figlio, pertanto nipote anche di Circe. Medea era anch’essa una potente maga.

“Nelle Argonautiche il suo amore per Giasone è decisivo per il successo della ricerca: lo aiuta a superare tutti gli ostacoli con i suoi poteri e la sua conoscenza d’incantesimi e di erbe dalle potenti virtù, ma fa anche uccidere e smembrare suo fratello Apsirto. L’unica condizione che impone a Giasone è ch’egli la sposi, il che ci aiuta a capire come il suo amore si trasformi in odio cieco quando il suo amato l’abbandona”.

Questa la versione tragica del mito; altre fonti raccontano come Medea fosse in realtà una potente sciamana, capace di far risorgere i morti. L’espediente di smembrare i corpi umani e metterli in un calderone a cuocere (cosa che fece con i figli) sarebbe quindi da intendere come parte di un rituale ben noto nelle pratiche dello sciamanesimo, quello di fare a pezzi e ricomporre a nuova vita il cadavere dell’iniziato. La donna è per antonomasia associata alla Luna e quindi a una svariata serie di divinità femminili. Il crescente lunare è anche simbolo principale della fede islamica, questo grazie alla mediazione turco-ottomana. La stessa immagine del crescente lunare, in tedesco kipferl (da cui il croissant francese) è alla base del noto dolce a forma di mezzaluna, ideato per celebrare la fine dell’assedio di Vienna da parte dei Turchi nel 1683; il cibarsi del nemico è qui un evento simbolicamente importante.

Le dee vergini e/o madri lunari hanno svolto una funzione importante nella costruzione mitico-religiosa dell’immagine di Maria quale Vergine, Madre e Regina, e nella sua personificazione di Donna dell’Apocalisse, vestita di Sole, cinta di stelle e sostenuta dalla falce lunare (et luna sub pedibus eius). Efeso, ritenuta ultima dimora della Madre di Gesù, era non a caso città consacrata alla “Megàle Mèter Cibele, la più illustre nel novero delle Magnae Matres conosciute nel mondo antico e centro di uno fra i molti «culti metroaci» dei quali ci restano informazioni e vestigi”. Comunque, notizie più abbondanti su Maria andrebbero ricercate, non già nei quattro Vangeli canonici, bensì in quelli apocrifi. Il percorso attraverso il quale la Madonna assunse funzioni e caratteristiche che l’accostavano alle Matres pagane fu sovente complesso, ambiguo, talora tortuoso. Nelle lingue moderne con il vocabolo d’origine greca che in italiano suona come “mistica” s’intende solitamente l’unione con Dio, ottenuta con la soppressione dei sensi esteriori e della coscienza razionale. Lo scopo preciso dell’itinerario mistico è il raggiungimento della contemplazione fino all’estasi, l’uscita da sè stessi, il rapimento, la caduta verso l’alto.  Sulla via dell’incontro mistico tra Dio ed essere umano furono alcune donne a tracciare cammini davvero inediti. Una, anzitutto e soprattutto, fu Ildegarda di Bingen (1098-1179).

“Alle visioni essa ricondusse episodi salienti della sua vita e la scrittura delle opere più note: la trilogia costituita dallo Scivias (contrazione di Sci vias Domini), dal Liber vitae meritorum e dal Liber divinorum operum, redatte con l’aiuto del segretario Volmar che trascrisse i racconti orali della monaca in un buon latino […]

[…]

“Se Ildegarda si affida alle visioni, sulla via della meditazione della croce, lungo il cammino della sapienza mistica si pone invece Angela da Foligno (1248?-1309), con i suoi «sette passi elevati» verso Dio. Nel settimo passo le ripetute visioni rivelano alla mistica come il percorso precedente, che aveva condotto Angela all’esperienza «della tenebra», è in realtà luminoso e si conclude nel rapimento nella non-tenebra”.

Un’altra grande mistica fu Margherita Porete (1255 ca.-1310), bruciata sul rogo e probabilmente ispiratrice dell’opera filosofica e teologica di Meister Eckhart (1260-1327 ca.), autrice di uno Specchio delle anime semplici annientate. È la contemplazione e non l’azione a trasformare e ad assimilare all’oggetto contemplato: “Poiché noi vedremo Dio, saremo simili a lui”, dice l’evangelista Giovanni. Allo stesso modo lo specchio di Margherita Porete rende l’anima semplice. L’anima è affrancata, non deve più seguire le norme esteriori dell’obbedienza, che in precedenza aveva osservato in modo scrupoloso, poiché è ormai interamente passiva e dipende dalla volontà divina che opera in lei “senza di lei”. Il testo della Porete si presenta sotto forma d’un gioco scenico fra personaggi allegorici che sono principalmente Anima e Dama Amore. È il Fin’Amor, l’amore idealizzato dei trovatori, che conduce, nella sua trasposizione spirituale, a Dama Amore. La fulgida Virgo lucis che effigia un aspetto di Dio, o piuttosto Dio stesso nella sua essenza.

“Se in Margherita la mistica è di fatto eresia, Caterina da Siena (1347-1380) si colloca invece, con vivida e concreta coerenza, nel centro d’un misticismo del desiderio e dell’unione con Cristo che è anche volontà di riformare la Chiesa attraverso il ritorno del papato in Roma – allora «esule» ad Avignone”.

Sulla stessa frequenza mistica manca, nel succulento libro di Cardini e Montesano, un approfondimento su di un’altra grande beghina, Hadewijch d’Anversa (ca. 1240), che dipingeva plasticamente Dio in fattezze abissali. La poetessa e visionaria di Anversa scrutava nelle profondità d’un abisso ribollente anime, lì contemplava nascere Dio: era il Fanciullo nato dalle anime che amavano in segreto (Vis. XI), il puer divinus caro all’immaginazione gnostica.

“Tuttavia, nel mondo moderno sembra riapparire l’antica vocazione femminile a fungere da tramite fra il mondo dei vivi e quello dei morti, sebbene in un ambito ormai completamente differente: quello dello spiritualismo americano, in Europa noto, attraverso la Francia, come «spiritismo»”.

Figure in fondo un po’ come le antiche Pizie e Sibille, guadagnandosi anche fama e celebrità, come accadde negli Usa con il celebre caso delle sorelle Kate e Margaret Fox, che cominciarono nel 1848 a sentire rumori strani nella loro casa. Le due sorelle s’accorsero ben presto che ciò non avveniva a caso, ma che si poteva addirittura intrattenere una conversazione – battere un colpo per il “sì”, due per il “no”, poi tanti colpi a seconda del posto occupato da una lettera dell’alfabeto: era nato così l’alfabeto degli spiriti, utilizzato a partire da allora in tutte le sedute attorno ai tavoli che si muovono. Loro antesignane, figure psicagoghe di un tempo remoto sono le maghe sciamane. Chi ha visto il film di John McTiernan Il 13° guerriero (tratto dal romanzo del 1976 di Michael Crichton, Eaters of the Dead) ha fatto conoscenza del temibile potere delle Vǫlur (sing. Vǫlva), le maghe-sciamane degli antichi popoli nordici. La fonte è il levantino protagonista del romanzo di Crichton (e del film), il persiano Aḥmad Ibn Faḍlān (877-960).
In Europa inoltre si rielaboravano e si (ri)dava vita a nuovi culti:

“La cristianizzazione dei vasti territori inclusi nell’Impero romano condusse talvolta alla ridefinizione delle divinità e delle mitologie pagane, talvolta obliterate, altre assimilate, altre ancora demonizzate. Nel V secolo Marziano Capella scrive che tali credenze erano state eliminate dalle città e relegate ai confini del mondo «civilizzato», in quella sorta di «terra di nessuno» costituita dai boschi e dalle selve, ove presso alberi e fonti si adoravano il dio Pan, i satiri, le ninfe e mille altre creature”.

Tra queste c’erano le fate, che peraltro, non s’incontrano soltanto nelle tradizioni europee, ma percorrono miti, oralità e letterature di tante e differenti regioni. Un posto di rilievo tra esse è occupato da Melusina. I fatti narrati dalla leggenda sono questi:

“Raimondino, mentre è a caccia nella foresta di Colombiers, uccide per errore suo zio. Sconvolto dall’accaduto, si rifugia in un bosco e presso una fonte si imbatte in tre fanciulle. Una di queste, rispondente al nome di Melusina, gli rivela di essere al corrente dell’incidente occorsogli e di poterlo aiutare, offrendosi di sposarlo, a patto che lui non cerchi mai di vederla il sabato […]  Il matrimonio è assai felice e prospero […] Tuttavia, il fratello dello sposo sparge voci malevole sulle misteriose assenze della giovane, tanto da indurre al sospetto persino Raimondino, che infrange il tabù. La ragazza, mutatasi in serpente, scompare per sempre”.

Il mondo tardoantico, medievale e moderno fu ricco di “donne sacre” che, in infinite variabili, si mostrarono investite d’una sacralità di natura non istituzionale, ma animata da un soffio carismatico speciale, indefinibile, spesso perfino ambiguo e sospetto, eppur incontrollabile e indomabile. Sospesa fra storia e mitologia, donna e dea in quanto regina di una stirpe nella quale tutti i regnanti erano dèi, Cleopatra è senza dubbio l’archetipo perfetto della femme fatale. Cleopatra: Iside in terra e discendente del grande Alessandro, amante di Giulio Cesare e di Marco Antonio. Dopo la sua morte si continuò a venerarla come una dea, a ritenerla la migliore regina di sempre. Fu l’unica tra i successori di Alessandro a divenire, come lui, oggetto di leggenda. Il culto di Cleopatra-Afrodite continuò a esser praticato con devozione almeno fino al IV secolo d.C. Altra presenza eccellente è Lucrezia Borgia (1480-1519). Suo padre era il papa Alessandro VI, suo fratello il “crudele, spregiudicato Cesare”.

“Bella, docile, di raffinata educazione, fu per oltre i due terzi della sua esistenza uno strumento nelle mani del padre, divenuto pontefice nel 1492 quand’essa era appena dodicenne. Venne utilizzata come merce di accordi matrimoniali che servivano alla politica di famiglia”.

Il resto è gran parte frutto di fantasia, e la fama di femme fatale un mito sostanzialmente romantico. Infine, un singolare parallelismo, il libro di Cardini e Montesano lo pone fra le figure della mitica divinità mesopotamica Lilith e la storica doña Eva Duarte de Perón, “Evita”.

“Lilith era una creazione mitologica babilonese, catturata dalla demonologia ebraica […] In una lontana origine il nome designava una categoria specifica di demoni, dipendenti da una serie di credenze babilonesi, all’interno delle quali si designavano entità maschili (lilu) e femminili (lilitu) […] La Vulgata ha tradotto Lilith con il termine Lamia, che nella tradizione grecoromana era una sorta di spettro notturno affine all’Empusa e alla Mormo, d’aspetto spaventoso ma tuttavia simile all’umano, a parte la zampa equina”.

Le tradizioni tardo-ebraiche affermano che in realtà fu Lilith a tentare Adamo e che con lui generò una generazione di demoni. Nell’Alfabeto di Ben Sira,

“Lilith viene identificata nella «Eva primitiva», creata da Dio utilizzando non già una parte del corpo di Adamo bensì polvere e terra. Conscia dell’inferiorità della sua origine, essa avrebbe reclamato la perfetta parità rispetto ad Adamo”.

Un’altra versione della leggenda la descrive come una donna emancipata, che s’impone sessualmente su Adamo. A sua volta, Eva María Duarte, nota a tutti come “Evita” sposerà il generale Juan Domingo Perón (1895-1974), futuro egemone dell’Argentina: la sua politica sarà fortemente condizionata dalla presenza di Evita, la cui figura nel tempo assumerà caratteri sempre più sacrali. Eva era una Magna Mater laica che,

“truccata, ingioiellata ed elegantissima, non temeva di abbracciare e di baciare poveri e ammalati talvolta obiettivamente ributtanti. Una volta, eccola agghindata come sempre recarsi a un importante incontro. L’auto si ferma a causa di un ingorgo dinanzi a una banca, e la Señora nota una vecchietta che piange disperata: è un piccolo problema, per la povera anziana però insormontabile, e nessuno le ha dato ascolto; le hanno risposto con indifferenza di «ripassare». La Señora prende sottobraccio la donnetta, entra amichevolmente con lei nel solenne edificio tutto marmi e bronzi dorati e grida rivolta a dirigenti e impiegati: «Ditemi, signori! Chi di voi è il figlio di puttana che ha detto a questa signora di tornare domani?».”

Gli ultimi decenni hanno visto trionfare la cultura pop, dove la figura della Dea ha rivestito di volta in volta i panni di figure femminili affermate nel mondo della moda, della musica dell’arte e del cinema. Così la musica contemporanea, fanno notare Cardini e Montesano, non sarebbe stata la stessa senza le grandi voci del blues e del jazz, come Billie Holiday, Nina Simone, Aretha Franklin; nel cinema grandi attrici, non a caso rinominate dive, hanno fatto sognare per bellezza e bravura, come le due Hepburn, Audrey e Katharine, oppure la mitica Marilyn Monroe, senza dimenticare grandi interpreti come Anna Magnani, Jodie Foster oppure Meryl Streep.

 Letture
  • Angela da Foligno, Il libro dell’esperienza, Fabbri, Milano, 1997.
  • Diodoro Siculo, Biblioteca storica, BUR, Milano, 2004.
  • Carlo Donà, La fata serpente. Indagine su un mito erotico e regale, WriteUp, Roma, 2020.
  • Diane Ducret, Le donne dei dittatori, Garzanti, Milano, 2011.
  • Mircea Eliade, Lo sciamanesimo e le tecniche dell’estasi, Edizioni Mediterranee, Roma, 1988.
  • Tilde Giani Gallino (a cura di), Le Grandi Madri, Feltrinelli, Milano, 1993.
  • Marija Gimbutas, Il linguaggio della dea. Mito e culto della dea madre nell’Europa neolitica, Longanesi, Milano, 1990.
  • Laurence Harf-Lancner, Morgana e Melusina. La nascita delle fate nel Medioevo, Einaudi, Torino, 1989.
  • Allan Kardec, Il libro degli spiriti, Edizioni Mediterranee, Roma, 1998.
  • Erich Köhler, Sociologia della fin’amor. Saggi trobadorici, a cura di M. Mancini, Liviana, Padova, 1976.
  • Inni omerici, a cura di Filippo Càssola, Fondazione Lorenzo Valla-Mondadori, Milano, 1988.
  • Alberta Manni (cur.), Ildegarda di Bingen. Microcosmo e macrocosmo: la visione mirabile, Ephemeria, Macerata, 2022.
  • Momolina Marconi, Da Circe a Morgana, a cura di Anna De Nardis, Venexia, Roma, 2009.
  • Luigi Moraldi, Apocrifi del Nuovo Testamento, I-III, Piemme, Casale Monferrato (AL), 1994.
  • Erich Neumann, La Grande Madre. Fenomenologia delle configurazioni femminili dell’inconscio, Astrolabio-Ubaldini, Roma, 1981.
  • Ovidio, Le metamorfosi, a cura di Vittorio Sermonti, Garzanti, Milano, 2014.
  • Platone, Tutte le opere, Sansoni, Firenze, 1988.
  • Margherita Porete, Lo specchio delle anime semplici, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2010.
  • Apollonio Rodio, Argonautiche, Mondadori, Milano, 2003.
  • Klaus Schreiner, Vergine, Madre, Regina. I volti di Maria nell’universo cristiano, Donzelli, Roma, 1995.
  • Robert Gordon Wasson-Albert Hofmann-Carl Anton Paul Ruck, Alla scoperta dei misteri eleusini, Apogeo-Urra, Milano, 1996.
  • Gabriella Zarri, La religione di Lucrezia Borgia. Le lettere inedite del confessore, Roma nel Rinascimento, Roma, 2006.
Visioni
  • John McTiernan, Il 13° guerriero, Touchstone Home Entertainment, 2005 (home video).