Quando l’arte figurativa
si mostra a carte scoperte

L’edizione 2018 di Lucca Biennale
si è svolta dal 4 agosto
al 27 settembre con mostre
al chiuso e all’aperto, sculture monumentali e numerosi eventi
in varie location: Palazzo Ducale,
Mercato del Carmine
e le piazze più belle di Lucca.

L’edizione 2018 di Lucca Biennale
si è svolta dal 4 agosto
al 27 settembre con mostre
al chiuso e all’aperto, sculture monumentali e numerosi eventi
in varie location: Palazzo Ducale,
Mercato del Carmine
e le piazze più belle di Lucca.


In Italia, dici Biennale e pensi a Venezia, dici carta e pensi a Lucca. Ma se qualcuno, un giorno, avesse pensato di unire questi due concetti? Da quest’anno anche la città di Lucca ospita una Biennale dedicata all’arte contemporanea, dove l’arte su carta è la protagonista. Figlia di Cartasia, manifestazione d’arte contemporanea organizzata nel territorio lucchese sin dal 2004, Lucca Biennale – Paper / Art / Design inaugura la nona edizione di arte su carta con una veste interamente nuova e una identità dal carattere internazionale grazie a una partnership con la Cina. Ma cosa è stata per otto edizioni Cartasia prima di diventare Lucca Biennale?
Quattordici anni fa si chiamava appunto Cartasia – Ambiente d’Arte e si configurava come una manifestazione artistica dal carattere fortemente territoriale e storico-culturale, durante la quale il direttore artistico Nicolas Bertoux volle sperimentare per la prima volta le potenzialità progettuali del materiale cartaceo attraverso una installazione monumentale atta a rappresentare simbolicamente la città. Ma già le successive edizioni del 2005 e del 2006 si sarebbero dimostrate capaci di una costante crescita organizzativa, introducendo prima la modalità del bando di concorso internazionale per pittori, scultori e designer e poi la scelta da parte di un comitato organizzativo di un tema vincolato. Dal 2006 il percorso è tutto in ascesa: gli episodi collaterali si moltiplicano, con mostre, eventi culturali e performances, fino al 2009, il vero anno di svolta, quando in occasione di Anteprima Cartasia viene annunciata la biennalizzazione della manifestazione, prevista per l’anno seguente.

Il progetto degli studenti della China Academy of Fine Art dal titolo Temperature of hand e l’opera di Olga Danelone intitolata Inclusione.

Anche i temi prescelti acquistano maggiore spessore, soprattutto per la capacità di cogliere acutamente le maggiori problematiche contemporanee: del 2010 è il tema “Creatività come risorsa rinnovabile” (e si ricorda in particolar modo l’imponente installazione in Piazza Anfiteatro Come diamanti, dell’artista lucchese Stefano Giovacchini), del 2012 è il focus sulla crisi economica e sociale in atto attraverso “Crisi e rinascita”, del 2014 è la proposta di indagare l’incertezza e l’insoddisfazione dello stato umano con “Identità liquide”, del 2016 la proposta di “Confini e prospettive” intende mostrare la possibilità di creare infiniti nuovi universi sensoriali, percettivi, attraverso i quali muoversi e creare connessioni. Poi arriva la nona edizione, e il vento cambia, perché per la prima volta soffia da Oriente.

Focus on China
Non poteva che inaugurarsi con il Paese inventore della carta la prima cooperazione internazionale di Lucca Biennale; una scelta, questa, che racchiude secoli di storia e di rapporti commerciali che hanno legato strettamente il cuore europeo di produzione cartaria con il detentore della “prima testimonianza storica della creazione della carta” (Catalogo Lucca Biennale, 2018).
La partnership si avvale, in particolare, della collaborazione con due importanti centri culturali cinesi: il China Design Centre e la Tongji University (College di Architettura e Urbanistica), che per la nona edizione della manifestazione lucchese hanno permesso l’arrivo in Italia di giovani artisti, designer e architetti urbani dal respiro internazionale. Così, per esempio, la ricerca del dialogo tra tradizione, storia, cultura e urbanistica italiana e cinese ha condotto quest’anno all’installazione dentro le mura della città di costruzioni di cartone ispirate a dei chioschi tradizionali cinesi pensati per la sosta e il riposo delle persone e, insieme, alle antiche arcate romane e ai loro rinforzi strutturali.
L’obiettivo comunicativo degli studenti della Tongji è tutto contemporaneo, perché essi intendono “sottolineare la chiusura verso l’esterno e la mancata comunicazione” tra individui nella società odierna. “Per questo motivo”, si legge in catalogo, “la parte superiore del pentagono è stata rimossa e sono state create finestre di comunicazione tra lo spazio interno ed esterno” (Catalogo Lucca Biennale, 2018).

La grande opera interattiva di Wu Wai Chung, No more message.

Allo stesso principio tematico si ispira No more message, la grande opera installata a Palazzo Ducale dell’architetto Wu Wai Chung, perché integrando architettura e design Chung gioca con i concetti moderni di comunicazione e filtri. No more message è infatti una grande struttura di cartone bianco simile a un tunnel con quattro pareti dentellate decrescenti studiate appositamente per ridurre la trasmissione delle onde sonore da un capo all’altro dell’opera.
Volontà dell’artista è infatti quella di spingere la gente all’interazione con la sua costruzione nel tentativo di comunicare e mostrare contemporaneamente come al giorno d’oggi sia diventato estremamente difficile trasmettere correttamente messaggi al prossimo, non cadere nell’incomprensione e, conseguentemente, nel solitario silenzio; “il silenzio in cui ci rifugiamo dà nascita al caos” (Catalogo Lucca Biennale, 2018).

Caos & Silenzio
Proprio questi due termini apparentemente opposti e inconciliabili sono il tema scelto per questa nona edizione di Cartasia.

“Oggi, un eccesso di stimoli, notizie, nozioni positive o negative, pone gli esseri umani in uno stato di sovrainformazione paralizzante, in cui ogni input viene percepito come uguale agli altri: nella enorme quantità di sollecitazioni a cui siamo sottoposti, appare difficile comprendere le qualità di ogni stimolo. La lettura del mondo diviene confusa e indecifrabile. La ricerca del silenzio, della chiarezza, della pace, appaiono come necessità vitali all’uomo e alla società contemporanea, in risposta a questo sviluppo caotico. D’altra parte il silenzio può essere sinonimo di isolamento, di sconnessione, di indisponibilità al confronto”. (Catalogo Lucca Biennale, 2018)

Il caos e il silenzio sono dunque due facce della stessa medaglia ed entrambe possono rivelare la propria ambivalenza. Negativo e positivo sono infatti due termini leggibili contemporaneamente tanto nel silenzio quanto nel caos, perché dal silenzio possono nascere i più grandi pensieri e dal caos può derivare la creatività, quella reattiva, interconnessa e composita propria della società contemporanea. Lucca Biennale vuole proprio essere per il suo direttore generale Emiliano Galigani un’occasione per interrogarsi sulla società, per offrire spunti di discussione, per mostrare che l’arte può ancora avere “una funzione etica, politica, sociale, democratica” (Galigani, 2018). Vita di cartone di Gianfranco Gentile si avvale proprio di tale rosa di concetti.
L’artista fiorentino (classe 1949) sfrutta infatti le potenzialità intrinseche del cartone per restituire materialmente la condizione di fragilità vissuta dai migranti, mostrando istanti di silenzio, incertezza, dubbio. Inzuppato dall’acqua che sgorga silenziosamente da una serie di bottiglie di plastica, il cartone e l’insieme di migranti in viaggio su un gommone che vi sono raffigurati mostrano allo spettatore il loro lento ma inesorabile deterioramento e, insieme, invitano a un condiviso silenzio riflessivo carico di muta comunicazione.

Silenzio, raccoglimento e riflessione sono anche i temi che hanno ispirato l’opera dell’artista coreano Ho Yoon Shin, specializzato nella realizzazione di opere mediante l’utilizzo di materiali poveri. In Island 001-1 Ho Yoon Shin coniuga la caratteristica ricercata nel materiale con la volontà di rappresentare la fragilità dell’uomo nella società contemporanea. Secondo l’artista, per l’uomo è necessario godere della propria solitudine e affrontare un periodo di autoriflessione, perché solo con essa l’uomo può sostenere il prossimo e insieme soddisfare sé stesso senza doversi affidare agli altri o soccombere alle critiche del mondo. Per l’uomo è dunque fondamentale all’interno della società, secondo Ho Yoon Shin, rispettare il prossimo e la sua identità, tenendo sempre presente che “nessuno può vivere, amare o provare dolore per conto degli altri”, ma solamente entrare in sintonia con la natura sensibile del prossimo e sviluppare di riflesso i propri punti di forza. (Ho Yoon Shin, 2018).

Le sculture di carta realizzate con diverse tecniche di Ho Yoon Shin, Island 001-1 e di Manuela Granziol, Liminal space.

Attraverso un’intricata costruzione di carta colorata di blu, Island 001-1 rappresenta una figura umana accovacciata e racchiusa in sé stessa, concentrata in un silenzio colmo di sensibilità che invita lo spettatore a una fruizione prolungata. Con questo lavoro, in particolare, l’artista sembra chiedersi: può l’uomo riuscire a superare le sue debolezze e sovrastare il caos quotidiano mediante un esercizio di raccoglimento e concentrazione interiore? Una domanda che pare porsi anche l’artista svizzera Manuela Granziol, con la sua grande scultura Liminal Space installata in piazza Guidiccioni. Tramite una serie di piccoli frammenti di carta Graziol realizza la figura di un’adolescente accovacciata a terra, con gambe e braccia incrociate e il volto sprofondato in esse, forse colta in un momento di sonno, forse in un intenso attimo di intima introspezione.
Il frammento di carta, utilizzato in maniera caotica, identifica tanto l’età adolescenziale, particolarmente soggetta alle molteplici pressioni della società, quanto le esperienze quotidiane che si accumulano nella vita di un soggetto, fatta di incontri, relazioni, informazioni, vicissitudini, e concorrono a formarne carattere e soggettività.
In definitiva, l’opera gioca sulla relazione esistente tra eccesso di comunicazione e ricerca del silenzio e sulla percezione che l’uomo contemporaneo ha di tale rapporto nella società e, nello specifico, all’interno della città abitata e vissuta. Pensando alla città e al rapporto personalissimo che l’uomo riesce a intessere con essa tornano alla mente le parole di Italo Calvino del 1972, quando in Le città invisibili scriveva:

“Tutto l’immaginabile può essere sognato ma anche il sogno più inatteso è un rebus che nasconde un desiderio, oppure il suo rovescio, una paura. Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure, anche se il filo del loro discorso è segreto, le loro regole assurde, le prospettive ingannevoli, e ogni cosa ne nasconde un’altra” (Calvino, 2015).

Città sospese della giovane Giada Ambiveri è un lavoro ispirato proprio al romanzo di Calvino. Il cartone con il quale è costruita la moltitudine di piccole case che si avviluppa gradualmente alla base di una grande sfera trasparente sospesa a mezz’aria, è materia di scarto proveniente dai mercati cittadini. Esso viene usato dall’artista come elemento di riciclo e, insieme, come simbolo della città che si rigenera dai suoi resti urbani. In questo modo Ambiveri utilizza il materiale nella sua doppia accezione di scarto e di rinascita dando vita a una società urbana intesa come metafora caotica della vita che cresce rigogliosa dalle sue macerie e si mostra al visitatore nel suo silenzioso vigore.

Da sinistra: il lavoro di Giada Ambiveri, Città sospese, ispirato al romanzo di Italo Calvino, il grande vaso di carta di Joe Wong, Vase e l’opera di Marco Zecchinato dal titolo Resti, realizzata con la tecnica dell’origami.

In definitiva, una rassegna che nel complesso mette in mostra la singolare capacità della carta di combinarsi con l’immaginario contemporaneo, operando una mutazione radicale: rendere robusto un materiale per natura assai delicato. Resistente e duraturo, la qualità prima di ogni opera visionaria.

Letture
  • Cartasia. Biennale d’arte contemporanea, catalogo della mostra a cura di Eva Guidotti, Tipografia Tommasi, Lucca, 2011.
  • Lucca Biennale. Paper / Art / Design, opuscolo della mostra con scritti di Emiliano Galigani et alii, s.n., Lucca, 2018.
  • Italo Calvino, Le città invisibili, Mondadori, Milano, 2015.