Osservazioni ravvicinate
sulle peripezie dell’occhio

Nora Krug e Timothy Snyder
On Tyranny: Twenty Lessons
from the Twentieth Century

Penguin Random House, 2021
pp. 128, $ 20,61

Nick Sousanis
Unflattening
Il pensiero visuale e la scoperta
della mente grafica
Traduzione Alessandro Manna

Lavieri, S. Maria C.V. (CE), 2018
pp. 210, € 16,90

Peter Mendelsund
Che cosa vediamo quando leggiamo
Una fenomenologia
Traduzione di Maria Teresa De Palma

Corraini, Mantova, 2020
pp. 452, € 19,50

Nora Krug e Timothy Snyder
On Tyranny: Twenty Lessons
from the Twentieth Century

Penguin Random House, 2021
pp. 128, $ 20,61

Nick Sousanis
Unflattening
Il pensiero visuale e la scoperta
della mente grafica
Traduzione Alessandro Manna

Lavieri, S. Maria C.V. (CE), 2018
pp. 210, € 16,90

Peter Mendelsund
Che cosa vediamo quando leggiamo
Una fenomenologia
Traduzione di Maria Teresa De Palma

Corraini, Mantova, 2020
pp. 452, € 19,50


Unflattening di Nick Sousanis è un libro eppure te ne accorgi solo in un secondo momento! È anzi un fumetto interamente basato sulle citazioni nel quale, oltretutto, si legge come funzionano le forme della comunicazione visiva all’interno di un affresco ricchissimo di comparse che si manifestano in diramazioni spaziali e regressioni temporali continue. Tra le sue pagine l’autore ha disegnato il carattere rizomatico del modo di conoscere tipico del postmoderno, senza gerarchie, punti fissi o certezze assolute. Un mondo carico di connessioni che vanno in ogni direzione fino ad arrivare al pensiero critico, illustrato con immagini in grado di attraversare espressione personale e usi che delle immagini fanno molte discipline. Un libro dalla sofisticata visualità che giustamente, trova nel fumetto la sua più logica piattaforma oltre che il suo contenitore più adatto. Montare e rimontare il nostro panorama visivo e nel frattempo metterci dentro il modo del fumetto di affidarsi alle parole è ciò che lo caratterizza sin dalla prima tavola, ma a fine lettura siamo convinti di non aver mai semplicemente letto.
Abbiamo semmai, interpretato diagrammi di flusso, tabelle illustrate e schemi disegnati con uno stile molto figurativo che ci ha letteralmente fatto fare un altro tipo di esperienza, convincendoci che l’immagine ha ancora moltissimo da sperimentare. Intanto perché sono molte e affascinanti le questioni relative al montaggio che da Sergej Ėjzenštejn ci portano a questa forma di mashup e poi perché il fumetto sembra essere il testo visivo più polisemico e stratificato tra le invenzioni bidimensionali dell’uomo. Le possibilità del fumetto hanno fatto il resto e quindi è così che abbiamo visto spostare dentro e fuori fuoco ciò che nel frattempo leggevamo-vedevamo-comprendevamo.

Unflattening però è qualcos’altro: è una tesi di dottorato o più propriamente un saggio fatto in forma di fumetto oppure (se vogliamo) un graphic novel fatto in forma di saggio. Un mashup che sin dalla prima pagina sovrappone cose molto diverse, anche in forma di manuale, dandoci prova dell’enorme potenziale del fumetto in ambito educativo. Un libro che avrebbe quindi molto da dire sulla capacità di insegnare, stimolando riflessioni utili sull’uso dell’immagine nella didattica. Ragione per cui sarebbe necessario concepire testi più sinsemici e dunque sempre più consapevoli che esiste uno spazio intorno alle parole altrettanto significativo e interpretabile. È un libro che propone un’ampia carrellata di riflessioni tratte dal mondo della teoria delle immagini, dalla filosofia o dalla politologia messe insieme da un matematico che da sempre fa il fumettista. Il libro è una sfida lanciata alla sua commissione d’esame, mentre per il lettore è, invece, un’esperienza da fare al di là di tutto, e non solo perché il progetto è stato visto e pluripremiato qualche anno fa, ma perché ha ancora il sapore della rivelazione e induce a fare una lunga riflessione a proposito della domanda: “A chi appartiene l’io?” Il tono è oracolare, perché il tentativo di Sousanis di saltare oltre il limite delle semplici parole lo porta, per necessità, a fare allusioni a Giordano Bruno, a Gilles Deleuze, a Bruno Latour, a Herbert Marcuse e ai capolavori della letteratura.
Sousanis paragona il processo di esplorazione delle idee a quello di misurazione di una costa: man mano che la lunghezza della nostra unità di misura diminuisce, troviamo pieghe sempre più minuscole e sottili nella riva. Tra quelle pieghe lui ha notato la perdita dell’uomo del suo potenziale tra i mille rivoli della tecnologia più avanzata che non gli ha fatto vedere i nefasti effetti di quel tardo capitalismo. Quel capitalismo che ci ha letteralmente assorbito la mente condizionando anche i nostri corpi dopo aver alterato ben bene la nostra visione del mondo. Ecco quale sembra essere l’aspirazione di un fumetto pubblicato nel 2016 negli USA e diventato oggi un must per chiunque voglia capire cosa vuol dire linguaggio visivo e quali siano le possibilità che abbiamo di trovare un mondo più intelligente e più partecipativo, nel quale le competenze da mettere in gioco siano davvero tutte.

La tesi centrale è che l’appiattimento ha un potenziale inespresso e in quanto tale può essere un’insurrezione contro il punto di vista fisso. Intrecciando diversi modi di vedere lasciandosi ispirare da scienza, filosofia, arte, letteratura e mitologia, tutto questo mondo à plat, stampato su pagine bidimensionali, mostra che la percezione è ancora e sempre un processo attivo di incorporazione e rivalutazione di diversi punti di osservazione. Sebbene le sue immagini vibranti e in costante mutamento servano occasionalmente come illustrazioni di testo, più spesso si collegano in modo non lineare ad altri riferimenti visivi che trovano posto nelle pagine successive oppure sotto, sopra o a fianco oppure disseminate lungo ​​tutto il libro. Ogni pagina è in rapporto con l’altra e la parola scritta non ha quasi mai il compito di orientare il nostro sguardo o di facilitarci la lettura. Il fumetto come mezzo gli risponde perfettamente e quindi è in grado di aiutarci a vedere concetti, oggetti, astrazioni, fantasie, esperienze, mettendole in relazione l’una con l’altra. Parola e immagine diventano allusioni, allegorie e motivi, contrapponendo il realismo all’astrazione e rendendoci consapevoli che l’occhio ha visto di più di quanto non sia stato presentato sulla pagina.

Ancora immagini per parlare delle diverse forme di tirannia
Ricreiamo l’inimmaginabile, pensiamo l’impensabile, ricostruiamo e falliamo. Immaginare implica mettere in gioco le immagini, ma non possiamo andare dove non eravamo o recuperare ciò che non abbiamo visto. Il libro illustrato può invece venire in soccorso. Quello che Nora Krug ha realizzato per On Tyranny: Twenty Lessons from the Twentieth Century, il famoso bestseller dello storico americano Timothy Snyder, sembra essere la rappresentazione del non vissuto, il tentativo, quasi sempre infruttuoso, di sbirciare dove non siamo arrivati, mettendo un piede nella nostra attualità.
Il libro dello storico non è nuovo, ma questa nuova versione illustrata ha evidenti finalità artistiche che si tramutano poi in politiche o umanitarie, motivazioni importanti per raccontare l’Olocausto e i genocidi dei tiranni del XX secolo, ma riesce a raggiungere l’immaginario collettivo attraverso un medium così impegnato come (appunto) il fumetto d’autore.
Ancora oggi lo sguardo curioso dello spettatore continua a essere nutrito da ogni genere di rappresentazioni che danno forma a un’idea superficiale e generalizzata di cosa fossero le tirannie. L’Occidente si ritiene ormai immune e l’illustratrice sembra sapere che una sua rappresentazione semplificata può mettere in pericolo l’autenticità dei fatti, in quanto la realtà dell’orrore, di quell’orrore, non può essere rappresentata. Ma il libro illustrato può servire ad altri scopi, anche se meno ambiziosi ma con una portata maggiore, che aiutano a creare un’idea collettiva di cosa sia stato il XX secolo e quali siano le venti lezioni che dobbiamo trarre per salvare la nostra attualità.

Anche questo libro della Krug include oltre ai suoi disegni, frammenti di fotografie d’epoca, immagini tratte da documentari di guerra e immagini tratte forse da un repertorio personale, come già avvenuto nel suo precedente libro, Heimat, nel quale comparivano le prime immagini registrate e mostrate al pubblico su Auschwitz. Pertanto, l’apparente obiettivo pedagogico di molte di queste tavole può essere utilizzato per smascherare i rischi che stiamo correndo e portare avanti una specie di obiettivo politico sottostante molto più potente e prioritario. Motivata da mille esigenze personali già presenti in Heimat, Krug sembra essersi posta anche qui molte domande sul dovere di una memoria dell’Olocausto, tenuto conto di quella praticamente normalizzata che di questo evento hanno i diversi media. Ma l’apparente onnipresenza non ha nulla a che fare con la memoria, con la tutela dalla prossima tirannia e tanto meno con l’informazione. Il pericolo di questa costante esposizione alle immagini è che il loro impatto si riduca fino a farle diventare semplici cliché privi di contenuto, così come prive di contenuto ci sembrano le immagini dei migranti. Essere informati sull’Olocausto e sulle tirannie è stato confuso con il vedere queste immagini e invece una cosa non implica automaticamente l’altra. L’apprendimento è un processo più organico e lento, che non sempre si basa sull’ovvietà di ciò che si vede, ma ha più a che fare con un processo intellettuale interno. L’esposizione di cadaveri, carne morta o persone umiliate non aiuta affatto questo processo di apprendimento, ma la premessa più che discutibile che un’immagine valga più di mille parole sembra dettare gli standard della nostra società in questo senso.

Vedere immaginare e comprendere
Ed è esattamente questo il tema di un altro libro d’immagine come quello di Peter Mendelsund, Che cosa vediamo quando leggiamo. Una fenomenologia. Siamo di nuovo di fronte ad un libro per immagini da usare proprio come un manuale pieno di istruzioni per l’uso dell’immaginazione. È un altro libro che tratta l’immagine come strumento per una ricerca filosofica illustrata. Una ricerca che fa largo uso di aforismi e citazioni. Siamo a riflettere sulle idee di Ludwig Wittgenstein, sulle questioni relative all’impossibilità di “vedere” il significato, sulla differenza tra vedere e comprendere e quella tra vedere e rappresentare. L’autore è director della Pantheon Books e dunque si occupa di progettare copertine, cercando di condensare in un’immagine la suggestione principale di un libro. Lui sa perfettamente quindi, qualcosa che a pensarci bene a noi sfugge molto spesso e cioè che le immagini, le forme e gli “ingombri” che ci facciamo nello spazio della mente dei protagonisti delle storie che leggiamo non sono affatto nitide. Non abbiamo un quadro preciso anzi, più cerchiamo di metterle a fuoco, più esse ci sfuggono in un tutto indistinto che fonde insieme ricordo, percezione e immaginazione.
Tutti i ragazzi lo sanno: leggere un romanzo non è come vederne la sua trasposizione cinematografica e questo esattamente perché l’immaginazione non funziona allo stesso modo quando si relaziona con questi due media. Leggere Che cosa vediamo quando leggiamo ha il sapore della scoperta e sentiamo di aver sfogliato l’introduzione di un saggio teorico che però non arriva! Il libro è costruito con un’attentissima sezione visiva, ma a fine lettura ci sentiamo lasciati sulla quella copertina nera, senza quella chiave e quindi senza aiuti per un libro che non risponde a nessuna delle domande che pone.

In certi momenti dà la sensazione di trovarsi di fronte a un diario personale o a un insieme di aforismi dell’autore che tuttavia condivide con noi la stessa volontà di esplorare il fenomeno della lettura. Ed è questo il suo pregio maggiore: è assolutamente evidente, la specifica volontà di tenere di conto delle esigenze del grande pubblico di essere accompagnato, per non dire avvicinato a una serie di questioni associate alla pratica della lettura e alla loro relazione con l’immagine. Mendelsund cita Wittgenstein, come dicevamo, cercando di trovare un corrispettivo dei giochi linguistici nel grande tema dell’immaginazione nella lettura e lo fa con il metodo grafico che in quanto tale è capace di parlare a tutti.
La verità è che ogni amante della letteratura dovrebbe essere grato per questo contributo allo studio della fenomenologia della lettura, se non altro perché l’immagine funge da commento alla parte testuale. Mendelsund mostra in ognuna delle sue pagine la passione verso l’immagine indicandoci la curiosità come motore primo che lui cerca di condividere con i lettori. È così che pagina dopo pagina vengono fuori tutti i suoi dubbi sulla magia dell’immersione in una narrazione scritta. Una magia di cui discipline come la psicologia o le neuroscienze scoprono gradualmente i suoi trucchi. Immagine dopo immagine, si compone un testo complesso che contiene una riflessione davvero originale sui meccanismi dell’immaginazione, sulla sua capacità di dare un volto ai personaggi di un romanzo, di vedere gli oggetti, gli animali e le piante descritti nel libro e di collocarli in un luogo. “Quando leggo – scrive Mendelsund – ho l’impressione di «guardare»» all’interno, eppure la mia attenzione è rivolta all’esterno, al libro, che agisce come fosse uno specchio, uno schermo, un punto di intersezione tra interno ed esterno. Ma interno ed esterno sono termini spaziali, fisici, non sono applicabili alla coscienza”.
Il risultato non è né un saggio accademico sulla fenomenologia della lettura né un’opera informativa eppure è tutt’e due, come un vademecum da utilizzare. Che cosa vediamo quando leggiamo è insomma molto vicino a un artefatto prevalentemente visivo in cui il protagonista risiede nella progettazione di alcune illustrazioni di successo – ma è al tempo stesso, personificazione di un qualsiasi personaggio da grande romanzo che descrive alcune vicende della sua esperienza di lettura mescolandole alle riflessioni e alle domande che ognuno di noi si è posto almeno una volta. Eppure non manca di essere anche il libro di un autore più dedito alla sua opera illustrativa che alla scrittura di un testo.
Insomma, probabilmente non è un trattato sulla ricezione, ma è un insieme sinsemico che lancia molti stimoli utili e coerenti che serviranno come primo approccio all’immagine non come semplice illustrazione di un testo scritto.