L’inimitabile Lol Coxhill
e i suoi incomparabili amici

Lol Coxhill & Totsuzen Danball
Lol Coxhill & Totsuzen Danball
Formazione:
Lol Coxhill (sassofono soprano),
Shunji Tsutaki (chitarra),
Hiroyuki Kawakami (basso elettrico),
Elichi Tsutaki
(batteria, percussioni, voce).

P-Vine, 2023

Lol Coxhill & Totsuzen Danball
Lol Coxhill & Totsuzen Danball
Formazione:
Lol Coxhill (sassofono soprano),
Shunji Tsutaki (chitarra),
Hiroyuki Kawakami (basso elettrico),
Elichi Tsutaki
(batteria, percussioni, voce).

P-Vine, 2023


Si capiva che c’era del bizzarro già a vederli: un signore inglese di mezza età e tre giovani punker giapponesi, due fratelli e un compare d’occasione. Quelli dall’aria più normale parevano i tre giovanotti. I ritratti in bianco e nero che decoravano la copertina del loro disco non lasciavano adito a dubbi. Quarant’anni fa l’eccentrico quartetto pubblicò un disco senza perder tempo a cercare un titolo, bastavano i nomi degli intestatari: Lol Coxhill & 突然段ボール ovvero Totsuzen Danball, come precisava la trascrizione una riga sotto. La band nipponica è tuttora in attività, la crearono nel 1977 i fratelli Tsutaki (il chitarrista Syunji e il batterista/percussionista Eiichi, quest’ultimo scomparso nel 2003), punti fermi di una formazione a organico variabile dedita a un rock sperimentale a cavallo tra punk e new wave, vagamente affine a quello borderline dei Residents. In quell’occasione con loro c’era Hiroyuki Kawakami al basso e in due brani il trio è orfano del soprano di Coxhill. L’ellepì arrivava dopo un primo meeting anglo-giapponese che vedeva la band assieme all’ex Henry Cow, Fred Frith: Live At Loft Shinjuku Tokyo Japan 23. July ’81. Come quest’ultimo, anche il disco con Coxhill all’epoca venne pubblicato dagli intraprendenti fratellini che lo stamparono con la propria etichetta, la Floor. Anni dopo riapparve in cd sempre in Giappone grazie alla Wax e ora torna in vinile grazie alla P-Vine, anch’essa etichetta del Sol Levante, che ha ristampato pure l’album con Frith.

Nessun segno del tempo trascorso
Quarant’anni dopo la musica registrata dall’improbabile quartetto suona fresca, frizzante, inverosimile, azzardata, tutta riff ruvidi e scarni, sopra cui fioriscono le elucubrazioni del sassofono soprano, ora meditabondo, ora squillante, quasi su di giri. A tratti si è immersi nelle profondità dell’esplorazione elettroacustica, in altri frangenti si propongono canzoni dall’accento battagliero (in giapponese, non in inglese), oppure si scivola in una terra di nessuno, come nel pezzo forte del disc, Bye Bye, o semplicemente si batte forte sul ritmo e si insinuano quasi delle marcette, come quella che si fa strada in カセットの中の T.D 5. È doveroso sottolineare che i due nervosi brani rock nei quali il sassofonista è assente danno la misura del valore aggiunto che fornì al disco, nonostante la sana grinta profusa dai suoi partner giapponesi. Coxhill si mostrò perfettamente a suo agio nell’occasione, come sempre.

Lol Coxhill (foto di Agostino Mela).

È il motivo per cui l’amabile ed eccentrico sassofonista inglese, alla sua scomparsa, il nove luglio 2012, lasciò un vuoto incolmabile tra quanti amano il jazz, tanto quello swingante, quanto quello morbido, carezzevole, che si struscia come un gatto, ma venendo rimpianto altrettanto da coloro che prediligono il jazz che scava dentro sé stesso, rimasticando i propri temi in una libera improvvisazione, esplorando la grana del suono, e da quelli a cui piace il pop zuccherino e quello complesso, quello ruvido e quello schietto, o la musica delle bande di paese, i motivi popolari, le marcette, le filastrocche, il nonsense, il barocco, il blues, il folk quello balcanico, quello iberico, quello inglese, quello scozzese …
Lol Coxhill suonava tutto questo e altro ancora e lo faceva ovunque, nei pub, nelle osterie, nei jazz club, nelle sale da ballo e in qualsiasi altro luogo dove si può o non si può suonare. Lo ha fatto in tutti questi posti e in mille altri, lasciando sempre il segno, perché era un musicista tra i meno etichettabili del pianeta, inconfondibile; era il soprano calvo, come stigmatizzava il titolo di un libro a lui dedicato (cfr. Nuttal, 1989), era l’inimitabile, come intitolò un suo dischetto, The Inimitable, 1985), poiché è impossibile non riconoscere il timbro del suo soprano argenteo, lunare, sghembo e querulo. Lo si individua al volo, ed è un gioco da ragazzi anche riconoscerlo come cantante, quando decideva di giocare a fare il crooner con voce da cartone animato, irresistibile gigione che ammetteva: “Quando Frank Sinatra canta una canzone d’amore tutti piangono, quando ne canto una io, tutti ridono” (Schwarz, 2006). Di che pasta fosse fatto lo si capì subito, quando esordì discograficamente nel 1971 con il doppio Ear Of Beholder, aprendo l’album con Introduction, trentacinque secondi di presentazione.

“Bene, io sono Lol Coxhill. Questo è il primo disco a mio nome e che faccio in totale autonomia senza che nessuno mi dica che cosa fare … spero vi piaccia ciò che sentirete”.

Da sentire c’è di tutto: classici del jazz come Lover Man, che fu un cavallo di battaglia di Charlie Parker, solitarie improvvisazioni, uso dell’elettronica, registrazioni di strada, altre spiegazioni infilate qui e là nelle/tra le tracce, marcette per banda di paese, canzoncine, filastrocche demenziali in duo con David Bedford; il cocktail lounge di Insensatez di João Gilberto e una versione ai confini della realtà della beatlesiana I Am the Walrus, arrangiata per flauto, piano, maracas e coro di voci infantili (Claire, sei anni, Simon, nove anni, Maddie che non canta, Loo tredici anni) diretto da Miss Katie Robinson. In The Ear of Beholder c’è tutta la sua mercanzia, quasi come se il resto della sua carriera Coxhill l’avesse speso per ragguagliarci al meglio su quel suo esordio che frettolosamente aveva presentato in mezzo minuto e poco più. Per farlo si muoverà in mille contesti, registrando ovunque, suonando con musicisti distanti anni luce gli uni dagli altri, in dischi a proprio nome o di formazioni di cui è co-titolare; oppure come ospite, comparendo in oscure compilation, in gruppi d’occasione, apparendo sotto mentite spoglie o in formazioni durate mezzora.

Non farsi catturare sembra il motto che lo ha sempre ispirato, agitato e guidato, cosicché narrare le gesta, le imprese, le opere di George William Lowell Coxhill, poi semplicemente Lol Coxhill, equivale a lanciarsi nel vano inseguimento dell’unicorno. Il fallimento è assicurato, ma si può tentare di circoscrivere il raggio d’azione, stabilendo confini arbitrari, attrezzandosi come meglio si può per non andare del tutto allo sbaraglio in un’impresa certo impossibile in partenza; si può evitare l’esito scontato ricorrendo parzialmente al tracciato della biografia, un artificio come un altro, certo, ma una partenza vale l’altra con l’ineffabile signor Coxhill da Portsmouth, Hampshire, Regno Unito, classe 1932, nato in una famiglia che poco si interessava alla musica: la mamma si dilettava al pianoforte ma abbandonò presto ogni velleità e il padre suonava svogliatamente un sopranino. Il giovanissimo Lol crebbe ascoltando Charlie Parker e Dizzy Gillespie, collezionandone i 78 giri e sognando di emularli. Si trasferì presto con la famiglia ad Aylesbury, dove iniziò a lavorare come rilegatore di libri, attività interrotta nei due anni di servizio nella Royal Air Force. Per tutti i Cinquanta si ingegna con una dozzina di formazioni non professionali, di taglie diverse, dalla Elephant Jazz Band al Lol Coxhill/Ed Speight Duo. Suona spesso a Londra, era un esordiente che lasciava ben sperare, al punto che il New Musical Express lo definì, nel 1954 il Thelonious Rollins del jazz britannico (giocando su nome e cognome di due giganti come Thelonious Monk e Sonny Rollins). Lui adorava il bop, ma non solo: amava la soul music e il rhythm and blues. Nel 1960 iniziò la sua attività professionale diventando membro dei Tony Knight’s Chessmen, band che spesso accompagnava artisti americani in tourneé in UK. Tant’è che Coxhill si ritrovò ad accompagnare gente come Martha & The Vandellas, Screamin’ Jay Hawkins e Mose Allison.

Soprattutto, la band comparve in televisione nel 1965 per accompagnare un campione del R&B come Rufus Thomas e seguirlo poi in un tour di concerti in Inghilterra. È a quel punto che decide di lasciare definitivamente il suo lavoro di rilegatore di libri e di vivere di musica. Il giovane Lol amava anche il blues. Ancora nei primi anni Settanta lo si ritrova a suonare con Alexis Korner e ad accompagnare Otis Spann e Sonny Boy Williamson, mentre era già impegnato in mille altri progetti. Nel 1968, a Londra, fa parte della misconosciuta Bruno’s Blues Band, che vede in formazione Steve e Phil Miller, Roy Babbington, Jack Monck, Pip Pyle, Laurie Allan e Simon Lee. Fuori quest’ultimo, la band si trasforma in Delivery, ingaggia la cantante Carol Grimes e pubblica un album: Fool’s Meeting. In questo modo opera un primo aggancio con la primigenia scena di Canterbury, quella che avrà come massimi esponenti i Caravan.
Dalla prima formazione dei Soft Machine proveniva invece Kevin Ayers, l’altra via obliqua che Coxhill imbocca per andare a modo suo a Canterbury. La strada passa dritta proprio dal Whole World di Ayers dove trova il Bedford delle canzoncine presenti su Ear Of Beholder e un giovanissimo Mike Oldfield, (autore di quel Tubular Bells che renderà milionaria la Virgin, specie dopo esser diventato il tema de L’esorcista). Nel 1970 fanno uscire Shooting At The Moon, la cosa migliore del Whole World, una giostra dove ruota la chanson May I?, la suite strampalata Pisser Dans Un Violon e altre inaspettate variazioni tra pop e jazz. Coxhill lascerà ulteriori tracce nella zona di Canterbury. Insieme ai Miller (Delivery) partecipa all’album Waterloo Lily (1972) dei Caravan e l’anno successivo, con Steve Miller, realizza l’album Miller/Coxhill Coxhill/Miller seguito nel 1974 da The story so far….. Oh really.

Oltre ai membri dei Delivery/Caravan compare anche Robert Wyatt, fuoriuscito dai Soft Machine e all’epoca ancora impegnato con i Matching Mole di cui faceva parte l’altro Miller, cioè il chitarrista Phil… una tela di Penelope, insomma, un ordito che ogni giorno si disfa e si ricompone in nuove trame: scena ideale per un eclettico come Coxhill, che a metà dei Settanta ha avuto modo di pubblicare un disco (Toverbal Sweet) in trio con Jasper Van’t Hof e Pierre Courbois, quasi un proseguimento della terza facciata di Ear of Beholder, dove i tre improvvisavano in lungo e in largo insieme a Burton Greene (la traccia è Rasa Moods); ha mandato in stampa anche lo zibaldone di Welfare State (1975), musiche realizzate per l’omonima comunità di attori e musicisti, di cui Coxhill è stato per due anni direttore artistico; nel frattempo ha pubblicato Fleas in Custard, registrato al festival di Edimburgo con il chitarrista G.F. Fitzgerald, ha suonato con la Brass band di Mike Westbrook, con lo Spontaneous Music Ensemble di John Stevens, con gli Hatfield and The North, altra famiglia del casato canterburiano, ha partecipato nel 1973 alla registrazione di 1984, primo album solista di Hugh Hopper, anch’egli componente storico dei Soft Machine e altro ancora.
Nella seconda metà del decennio, Coxhill spinge l’acceleratore sul fronte dell’improvvisazione e della ricerca elettroacustica. Va a far visita all’istituzione massima della free music inglese, la Company di Derek Bailey, trovando posto nei volumi 6 e 7 (1977) e in Fictions (1977), dialoga con l’elettronica di Simon Emmerson e improvvisa con il pianista Veryan Weston, due set diversi che occupano una facciata a testa dell’ellepì Digswell Duets (1979). Weston si ritrova nella suite The Clück Variations contenuta su The Joy Of Paranoia (1978), secondo album inciso per la Ogun (il primo, Diverse, è del 1977) e in quella stagione vede la luce anche il primo disco interamente registrato in solitudine, Lid (1978).

L’insostenibile leggerezza dei gattini
Se fino a questo punto della sua carriera Coxhill ha continuato a migrare da un’etichetta all’altra, negli anni Ottanta, pur moltiplicando le registrazioni, si lega in particolare a un’etichetta francese, la nato di Jean Rochard. Per la nato e la sua costola chabada (i nomi erano quelli dei gatti di Rochard), Coxhill incide un bel grappolo di dischi a suo nome e con i Melody Four (in realtà è un trio) dove la vena teatrale del personaggio Coxhill è perfettamente calibrata con l’indirizzo musicale del gruppo che suona classici latino americani, canzoni d’amore, compone omaggi per i fratelli Marx, musiche da film e telefilm, veri e immaginari. In concerto tutto questo si accompagna a memorabili siparietti dove Coxhill e i suoi pard, Steve Beresford (tastiere) e Tony Coe (clarinetti e sassofono tenore) sprizzano humour da tutti i pori. Coxhill partecipa anche ad altre avventure musicali allestite in casa nato/chabada, dalla spedizione alle Hawaii con Avekley Uptown Hawaiians (1987) di Mike Cooper e Cyril Lefebvre alle partecipazioni ai concept dedicati al jazzista Sidney Bechet, al fumetto Spirou, al Natale, a Erik Satie, ai film.

Non è tutto, Coxhill è attivo anche nel trio Recedents (cioè, quelli che perdono i capelli), gruppo d’improvvisazione dedito a esplorare l’interazione tra voci, strumenti e mezzi elettronici, con fare ironico, però, evitando l’incedere austero di formazioni come gli AMM. Produrranno due dischi, uno sarà la colonna sonora di un film immaginario dal titolo che è tutto un programma: Zombie Bloodbath On The Isle Of Dogs (“Bagno di sangue degli zombie sull’isola dei cani”). I complici qui sono Roger Turner e Mike Cooper. Questi è il terzo uomo del Johnny Rondo Trio, formazione che Coxhill e Dave Holland allestirono intorno al 1976, dapprima con il violoncellista Colin Wood. Tutta dedita a rileggere melodie popolari dell’Est europeo disturbate dai rumorismi di Cooper, la formazione è tra le cose migliori del catalogo coxhilliano.
In quegli anni l’ubiquo sassofonista calvo è anche in formazioni come i 49 Americans (sempre con Beresford) capaci di prodursi in formidabili canzoni bislacche, nei Promenaders (dove si firma Loxhawn Rondeaux) la versione vacanziera dei 49 Americans, sempre con Beresford (qui sotto le mentite spoglie di Stuart Barefoot). In repertorio anche classici del rock come Louie Louie, il romantico Moon River e il tema di James Bond. Una terza formazione con la regia di Beresford vede Coxhill come ospite: i General Strike. L’album è Danger in Paradise (una cassetta, riapparsa quest’anno per la prima volta in vinile) e Coxhill lo si ascolta in Guided Missiles e nella cover di Interplanetary Music opera di un altro grande alieno, Sun Ra. Ancora, l’infaticabile soprano calvo suona e registra con l’ex Henry Cow, Fred Frith, incide con la Moiré Music di Trevor Watts, concedendosi così anche un’incursione musicale in Africa; è ospite d’onore di gruppi punk/ska/reggae/rock/pop come Damned, Astronauts e Frank Chickens, condivide a metà con i crepuscolari Eyeless in Gaza un’altra cassetta, anche se nell’edizione in cd tutto sarà rimixato insieme.

Nel 1986 escono quattro dischi che sono un po’ il sunto dello zigzagare di Coxhill, tre album potpourri e uno decisamente spostato sui territori del free jazz più rigoroso: Café de La Place, Instant Replay, Frog Dance e Miller’s Tale. Il primo pubblicato dalla premiata ditta nato vede Coxhill impegnato su diversi fronti al festival di Chantenay. In due giorni (il 30 e 31 agosto 1985) il baldanzoso sassofonista si ritrova alle prese con un quartetto di ottoni, col fisarmonicista inglese Mike Adcock, col vocalista franco-basco Beñat Achiary, ancora con Mike Cooper e si produce anche in alcune performance in solo, sciorinando una bella scelta del suo repertorio, dal blues (una cover di Tell Me di Chester Burnett) al tango e alle canzoni popolari come Murio La Cucaracha (Renato Rascel la ribattezzò È arrivata la bufera). Instant Replay è una macedonia di altri classici rivisitati come Embraceable You di George Gershwin e Caravan, cavallo di battaglia di Duke Ellington (compito svolto insieme a un compare altrettanto fuori dagli schemi, come Misha Mengelberg), improvvisazioni e musica paesana con la banda La Chantenaysienne che accenna anche a un Frère Jacques, ovvero Fra Martino Campanaro.

Esplorazioni radicali ben documentate
In Frog Dance la musica non cambia, o meglio cambia eccome. Il doppio album nasce come soundtrack di un film girato su Lol Coxhill dal regista Richard White. Un ritratto realizzato con riprese che coprono un arco di quattro anni, dal 1980 al 1984. Alle musiche del film il sax pelato aggiunse poi dell’altro, rimontando anche la sequenza dei brani. Si scopre così che nel variopinto mondo dell’inimitabile sassofonista ci sono anche duetti con la cornamusa di Pierre Schwarz, con la voce e i suoni casuali di Stephen Cochrane e gli uccelli della voliera dello zoo di Londra. Si ritrovano i Recedents, il Johnny Rondo Trio e un paio di brani in compagnia di un vecchio amico, Steve Miller. Coxhill, qui si ribadisce con rigore il metodo prediletto, da sempre adottato: suona con chiunque e in ogni luogo, dalla piazza del paese, la scalinata della chiesa (a Chantenay, ad esempio) al museo d’arte moderna di Vienna, suona in piscine, tunnel, interagisce con l’ambiente molto più efficacemente di quanto faccia molta musica ambient. Il Miller del terzo disco è lo stesso Steve Miller che dai proto Delivery in avanti ha più volte incrociato la sua strada. Miller’s Tale però conserva solo nel titolo l’eco di Canterbury, proponendo un free jazz intenso e rigoroso. Sono della partita Tony Moore al contrabbasso e Eddie Prevost alla batteria, due con trascorsi nell’area dell’improvvisazione e della ricerca elettroacustica, soprattutto Prevost militante sin dagli anni Sessanta nella formazione AMM, autentica scuola del suono da cui tutti hanno imparato qualcosa.

Avventure di fine millennio
I Novanta vedono Coxhill ancora frequentare casa nato, ma presto le difficoltà economiche rallentano, quasi fermano l’attività discografica e il non più giovane Lol si ritrova a di-vagare senza sosta. Il grande progetto a cui partecipa nella prima metà del decennio si chiama Dedication Orchestra, big band che riunisce la crema del jazz d’oltremanica, allestita per rendere omaggio a dei musicisti senza i quali il jazz inglese non sarebbe stato o quantomeno non così gioiosamente radicale, rigorosamente piacevole e inventivo. Quei musicisti arrivavano dal Sudafrica dell’apartheid e disgraziatamente tutti sono scomparsi più o meno prematuramente (con la sola esclusione di Louis Moholo, ancora tra noi). Gemme del prezioso songbook vennero amorevolmente riarrangiate in Spirits Rejoice prima (1992) e in Ixesha poi (1994). Coxhill registra molto anche nei Novanta, i partner sono vecchie conoscenze come Veryan Weston e Mike Cooper, oppure nuovi compagni di strada, come Paul Schultze e Andrew Chalk (sotto la sigla Ora), musicisti di area ambient/elettronica, a riprova della propensione di Coxhill per l’inconsueto e l’insolito. Partecipa anche all’esperimento dell’audio film, progettato dal patron dell’etichetta Winter & Winter, Stefan Winter. Un set semi vero in un bordello. In scaletta composizioni originali e brani dalla storia del cinema, dall’Angelo azzurro a La Habanera. La Dietrich si aggira dietro le quinte, mentre vanno in scena l’orchestrina del chitarrista Noël Akchoté e le deliziose star della casa, Sonia, Lydie, Geraldine. In primo piano malinconia e sensualità, partner difficili che qui si intendono a meraviglia. Nel combo, impassibile tra tante belle figliole, c’è lui: Lol Coxhill. Partecipa, sempre con Akchoté anche a un altro disco concept, basato su poesie e disegni di Edward Gorey.

Improvvisazioni e frivolezze
Sul finire dei Novanta, dopo aver ritrovato per un secondo scambio d’opinioni i Totsuzen Danball (il titolo? 2, più semplice di così), il soprano viandante ritrova casa. Lo ospita la Emanem di Martin Davidson, un’etichetta storica della scena free britannica, periodicamente impegnata a documentare le gesta della scena radicale, salvo poi chiudere periodicamente i battenti. Qui Coxhill risiede ancora, più stabilmente che altrove, partecipando agli annuali raduni degli improvvisatori (il festival Freedom of the City), facendo parte della London Improvisers Orchestra, pubblicando registrazioni più o meno recenti, più o meno in compagnia o in solitudine, privilegiando il versante più isolazionista del suo catalogo, recuperando materiale d’archivio dal 1954 al 1999 (Spectral Soprano), mentre la nato nel 2011 riesce a ristampare Instant Replay, affiancandolo a un nuovo disco dell’irriducibile soprano nella classica formazione in trio alla Sonny Rollins: The Rock On The Hill.

Incontra in Italia il chitarrista Enzo Rocco e Fine Tuning: The Gradisca Concert documenta quei preziosi dialoghi. Senza mai perdere il vizio, quindi, di far spuntare dischi qui e là in altri lidi, sotto altre bandiere/etichette, come il poliglotta Clear Frame (2008), che sfoggia una line-up di All-Stars: Hugh Hopper, Charles Hayward, Robert Wyatt, Orphy Robinson e il soprano ubiquo, oppure il delizioso Hotel Dilettante (2002), dove è ospite del brillante quintetto scozzese George Burt/Raymond MacDonald Quintet con il quale registra diversi album. Qui in particolare si riassapora la verve più spumeggiante dei Seventies, quando sconfinava sistematicamente in tutte le direzioni possibili.
In questo decennio abbondante trascorso dalla sua scomparsa, qui e là si rivede qualche ristampa (l’incontro con Frith) e spunta qualche inedito (nel 2021 un concerto tenuto a Cardiff nel 1985), molto è tornato irreperibile, tutto è auspicabile che torni in circolazione.

Ascolti
  • 49 Americans, We Know Nonsense, Staubgold, 2013.
  • Autori vari., Vol pour Sydney (aller), nato, 2015.
  • Autori vari., Joyeux Noël, nato, 2011.
  • Autori vari., Au bordel, Souvenirs de Paris, Winter & Winter, 1999.
  • Autori vari., Freedom of the city 2002: Small Groups, Emanem, 2003.
  • Kevin Ayres and the Whole World, Shooting At The Moon, Harvest, 2011.
  • George Burt, Raymond MacDonald Quintet with Lol Coxhill and Future Pilot AKA, Hotel Dilettante, Textile Records, 2002.
  • Clear Frame, Clear Frame, Continuity Recors, 2008.
  • Company, Company 6&7, Incus, 1999.
  • Mike Cooper, Cyril Lefebvre, Aveklei uptowns Hawaiians, Chabada, 1987.
  • Lol Coxhill, Spectral Soprano, Emanem, 2002.
  • Lol Coxhill, Toverbal Sweet, See For Miles Records, 1997.
  • Lol Coxhill, Welfare State, Virgin/Caroline, 1975.
  • Lol Coxhill, Fleas In Custard, Virgin Caroline, 1975.
  • Lol Coxhill, Coxhill on Ogun, Ogun, 1998.
  • Lol Coxhill, Digswell Duets, Emanem, 2001.
  • Lol Coxhill, The Dunois Solos, nato, 1983.
  • Lol Coxhill, Instant Replay, nato, 2011.
  • Lol Coxhill, Home Produce: Country Bizare – The Tago Mago Recordings – Remixed & Expanded, NDN, 2003.
  • Lol Coxhill, Frog Dance, Impetus, 1986.
  • Lol Coxhill, Solo, Shock, 1990.
  • Lol Coxhill, Couscous, nato 1983.
  • Lol Coxhill, The Inimitable, nato, 1985.
  • Lol Coxhill, Cafe de la place, nato, 1985.
  • Lol Coxhill, Before My Time, chabada /nato, 2005.
  • Lol Coxhill, Out To Launch, Emanem, 2003.
  • Lol Coxhill, Alone And Together, Emanem, 1999.
  • Lol Coxhill, More Together Than Alone, Emanem, 2007.
  • Lol Coxhill, Coxhill ’85, Slam, 2021.
  • Lol Coxhill/Fred Frith, French Gigs, Klanggalerie, 2020.
  • Lol Coxhill, Barre Phillips, JT Bates, The Rock On The Hill, nato, 2011.
  • Lol Coxhill, Giancarlo Schiaffini, Andrea Centazzo, Moot & Lid, Ictus, 2020.
  • Lol Coxhill, Veryan Weston, Boundless, Emanem, 1998.
  • Dedication Orchestra, Spirits Rejoice, Ogun,1992.
  • Dedication Orchestra, Ixesha, Ogun, 1994.
  • Delivery, Fools Meeting, Cuneiform, 1999.
  • G.F. Fitz-Gerald & Lol Coxhill, Echoes Of Duneden, Reel Recordings, 2007.
  • General Strike, Danger In Paradise, Staubgold, 2012.
  • Johnny Rondo Duo plus Mike Cooper, Johnny Rondo Duo plus Mike Cooper, FMP SAJ, 1980.
  • Melody Four, Shopping for Melodies, chabada/nato, 1988.
  • Steve Miller, Lol Coxhill, Coxhill/Miller Miller/Coxhill – The Story So Far…” “…Oh Really?, Cuneiform, 2007.
  • The Steve Miller Trio Meets Lol Coxhill, Miller’s Tale, Matchless, 1986.
  • Max Nagl/Edward Gorey, The Evil Garden, November Music, 2001.
  • Promenaders, The Promenaders,Y Records, 1981.
  • Recedents, Barbecue Strut, nato, 1986.
  • Recedents, Zombie Bloodbath on the Isle of Dogs, Nato, 1988.
  • Recedents, Wishing You Were Here, Freeform Association, 2014.
  • Enzo Rocco, Lol Coxhill, Fine Tuning: The Gradisca Concert, Amirani, 2008.
Letture
  • Nuttal J., The Bald Soprano, Tak Tak Tak, 1989.
  • Schwarz B., The Work Of Lol Coxhill, Barbara Schwarz, 2006.