Poesia e poeti in cerca
di rappresentazione (visiva)

Laura Pugno
Mappa immaginaria
della poesia italiana
contemporanea
Il Saggiatore, Milano, 2022

pp. 244, € 23,00

Laura Pugno
Mappa immaginaria
della poesia italiana
contemporanea
Il Saggiatore, Milano, 2022

pp. 244, € 23,00


A prima vista, ma anche – almeno per chi scrive – alla seconda e alla terza visione, è molto lontana dall’immediata chiarezza e comprensibilità che si richiede a una “mappa”, forse per l’eccesso di grafici elaborati al computer, che danno l’impressione di un testo più di economia e statistica che di poesia e critica letteraria. Tuttavia, questa “mappa immaginaria della poesia italiana contemporanea” pubblicata dal Saggiatore e curata dalla scrittrice (narratrice e poetessa) Laura Pugno, classe 1970, offre quasi certamente uno strumento e una metodologia nuovi, o poco praticati, fino ad oggi nell’ambito della ricerca, della critica letteraria e delle “antologie”: sì, perché, sebbene questo lavoro non si presenti esplicitamente come un’antologia nel significato classico del termine, ha tutta l’apparenza, obliqua e surrettizia, di un canone, di un florilegio della contemporaneità. Il che, in sé e per sé, non avrebbe nulla di disdicevole: nonostante la diffusa opinione, non priva di solidi fondamenti, che le antologie siano strumenti superati, soprattutto in epoca di social network, mai come oggi si avverte una carenza di tali strumenti, “umani” e soprattutto contemporanei, disertati dalla grande editoria (ammesso che vi sia ancora una grande editoria), ma utilissimi – al netto dei metodi e della purtroppo fisiologica arbitrarietà e soggettività delle scelte – per sintetizzare, raccogliere, selezionare e panoramizzare l’offerta letteraria; e quanto più numerose e diverse per stile e generazioni risuonano (spesso nel deserto) le voci della contemporaneità, tanto più urgente diventa una seria moltiplicazione dei supporti antologici.

Nel caso di questa Mappa del Saggiatore si ha però l’impressione di voler far passare un’antologia sotto le mentite spoglie di uno studio, di un’analisi, di un “paper” con buone e solide gambe metodologiche, per convincere il lettore di trovarsi di fronte a una scelta scientifica, oggettiva, non frutto di selezioni amicali e basate sulla logica eterna, immarcescibile e italianissima, del cerchio magico. Su limiti e pregi di questa Mappa si sofferma anche Gianluigi Simonetti, in un saggio all’interno di questo volume (pag. 137) dal quale suggeriamo ai lettori di partire:

“Non si può surrogare un esercizio critico: nessuna mappa può arrivare a tanto. Può servire però a identificare una comunità di scrittori, e magari di intellettuali, di valore più o meno sicuro, un cerchio al cui interno la poesia soffia e vive – anche se poi saranno come sempre pochi o pochissimi poeti, e pochi o pochissimi testi, tutti da identificare e ricordare fuori da ogni mappa, a dare significato a quest’esercizio ginnico che non riesce – ma che quando riesce è la vera poesia”.

Simonetti si sofferma, giustamente, anche su un altro limite: la scelta delle 7 categorie alla base della mappatura dei 99 poeti. Non ci riferiamo al numero, ma all’equivocità semantico-concettuale di tali categorie, per tacere della loro aleatorietà. Ecco come vengono categorizzati i 99 poeti. Ci sono poeti Affettivi (15, fra i quali Mario Benedetti e Maria Grazia Caladrone, per citare i più noti), Assertivi (8, come Chandra Candiani, Alessandro Ceni, Roberta Dapunt, Aldo Nove), Esploratori (7, Valerio Magrelli in primis, o la stessa Laura Pugno), Oggettivi (17, fra i quali ricordiamo Fabio Pusterla e Francesco Targhetta), Performativi (12 come Tiziana Cera Rosco, Gabriele Frasca, Tiziano Scarpa e Lello Voce), e Soggettivi, la categoria più numerosa (28 poeti) cui appartengono per esempio, Franco Arminio, Silvia Bre, Claudio Damiani, Alessandro Fo, Franca Mancinelli, Antonio Riccardi, Mary Barbara Tolusso; e infine gli Sperimentali (12), categoria  che comprende poeti come Gian Maria Annovi, Marco Giovenale, Tommaso Ottonieri, Giulio Marzaioli, Simona Menicocci, Ivan Schiavone, Andrea Raos, Silvia Tripodi, Michele Zaffarano.
Se è abbastanza facile intuire (non senza qualche rischio) che cosa si intende (o si debba intendere) per “sperimentali”, “soggettivi”, “performativi” e “oggettivi”, assai meno immediato è stabilire d’emblée qual è l’esatto perimetro semantico dei poeti “assertivi”, “esploratori”, e “affettivi”.

La Mappa Worldcloud. I poeti sono riportati secondo la variabile dominante, alias il parametro in cui riportano la media più alta. Elaborazione: Elio Mazzacane. In questa Mappa WordCloud, la diversa dimensione, più grande o più piccola, del nome di ciascun poeta fa riferimento al valore della media da crescente a decrescente, e permette di cogliere a colpo d’occhio, intuitivamente, quanto la variabile in questione (Affettività, Assertività, Conoscenza, Io, Mondo, Performance e Sperimentazione) incida nell’opera dell’autore o autrice.

A questo proposito, preme ricordare la naturale tendenza della poesia a mescolare le carte/categorie, per cui un/una poeta sperimentale può essere anche altamente lirico/a (soggettivo/a) e nel contempo oggettivo/a: Giovanni Pascoli in quale categoria sarebbe finito secondo questa metodologia? Pascoli, grande sperimentatore e, nel contempo, cantore delle cose umili, delle humilesque myricae, per usare un’espressione da manuale scolastico, ma sempre chiara ed efficace. E come mai un poeta altamente sperimentale come Gabriele Frasca lo troviamo fra i performativi? Frasca (classe 1957, la stessa di Valerio Magrelli) è la più paradigmatica dimostrazione che esistono mille sperimentalismi: non c’è sperimentalismo più estremo oggi di chi riprende e attualizza la sestina dantesca e petrarchesca. A proposito di Dante, l’Alighieri è fra l’altro il primo grande poeta performativo: il suo testo, soprattutto la Divina Commedia, sembra scritto apposta per la recitazione e l’esecuzione.
A riprova di una fluidità classificatoria della poesia, anche in questa ricerca i poeti prescelti figurano in più di una categoria con diversi punteggi e quindi posizioni differenti.

“Vediamo alcuni casi. Mario Benedetti è in prima posizione per Affettività, ed è tra gli Affettivi che lo ritroviamo, con una media di 8,3; ma troviamo tra gli Affettivi anche alcuni poeti, come Antonella Anedda (media 8.2) o Maria Grazia Calandrone (media 8.2), che in realtà occupano posizioni più alte in altre classifiche. Anedda, per esempio, è seconda in Assertività con 7,8 di media e in Mondo con 8,0, mentre Calandrone in Mondo è in prima posizione, con 8.0. (I valori dei punteggi a due decimali sono arrotondati per difetto sotto ,5 e per eccesso al di sopra di questa soglia.) Tuttavia, i valori assoluti della media di Affettività sono, per entrambe, superiori, con 8.2, e così funziona l’appartenenza ai gruppi in questo tipo di Mappa”.

Ecco come la stessa Laura Pugno ricapitola il lavoro sui dati, seguendo tre diverse vie:

“approfondire l’identità – l’identikit – di ciascun poeta, riducendolo a una forma riconoscibile, e nella sua riconoscibilità (necessariamente parziale, come sottolineerà nel suo studio Gianluigi Simonetti) misurabile, confrontabile con altre identità e altre forme. È il procedimento che abbiamo visto all’opera con i grafici Kiviat e le stelle dei poeti;  cercare una rappresentazione visuale totale – necessariamente, come abbiamo visto in uno spazio a due o tre dimensioni, parziale e incompleta rispetto al numero complessivo dei parametri – il che collide e contrasta con l’idea stessa di totalità, ma totalità e parzialità si giocano qui non solo nella dimensione teorica delle possibili riduzioni di molte variabili a poche, bensì anche nelle dimensioni propriamente fisiche della percezione dell’occhio, della resa grafica su carta o schermo, e così via. È il Grafico del Soggetto e dell’Oggetto, a cui si affiancheranno, come vedremo, i grafici machine learning di Leire Murillo e Jesús Fidalgo, e le Reti scaturite dalla network analysis di Chiara Faggiolani, Lorenzo Verna e Maurizio Vivarelli, che traccia comunità a geometria variabile; accorpare, infine, i poeti in gruppi, in nazioni, squadre, regni, comunità di comunità, per dare ragione della loro diversità, delle loro relazioni, influenze, campi di forze. È la Mappa WordCloud, a cui si affianca – e si deve anche qui a Elio Mazzacane – ancora un altro, duplice intento di rappresentazione, l’Ettagono della poesia”.

Come sempre accade nelle antologie o nei prodotti surrettiziamente analoghi/sostituitivi come questo libro (gli inglesi le chiamano disguized anthologies), anche questa Mappa brilla per illustri assenze (per esempio, Milo De Angelis, Patrizia Cavalli, Roberto Deidier). Circa il discorso delle assenze assordanti, la parola torna a Gianluigi Simonetti:

“Ed è interessante notare che i dieci giurati che hanno selezionato i centonove nomi di partenza (diventati 99 dopo la successiva scrematura operata da una diversa e più ampia giuria) hanno a loro volta un’età compresa fra i sessanta e i trent’anni – con una leggera prevalenza, nel gruppo, dei quarantenni. (…) Generazioni mediane. Mancano i giovanissimi… e mancano i veterani (…) L’esemplarità del taglio prescelto è tale da spiegare, e in parte giustificare, alcuni paradossi: per esempio, la presenza di Chandra Candiani, che è del 1952, accanto all’assenza di Milo de Angelis che è del 1951. La presenza di Silvia Bre accanto all’assenza di Patrizia Valduga – nate entrambe nel ’53. (…) Quel che risulta, alla fine, non è né potrebbe essere l’elenco di tutti i poeti italiani che contano (e basti appunto notare l’assenza di De Angelis e Valduga, o dei più anziani Cavalli, Bordini, Buffoni, Viviani, Paris – e sono solo i primissimi nomi che mi vengono in mente); piuttosto una costellazione formata dalle generazioni che oggi più sono e più si vogliono al centro del dibattito sulla poesia”.

D’altronde, sarà un caso che il saggio di apertura di questo libro si apra con una citazione di Wislawa Szymborska: “Amo le mappe perché dicono bugie”?