Il talento di un assassino:
l’affascinante Tom Ripley

René Clément
Delitto in pieno sole
Cast principale: Alain Delon,

Maurice Ronet, Marie Laforêt,
Erno Crisa, Frank Latimore,
Billy Kearns, Ave Ninchi,
Elvira Popescu
Produzione: Cinema & Cultura, 2018
Distribuzione (home video):
A & R Productions, 2018

René Clément
Delitto in pieno sole
Cast principale: Alain Delon,

Maurice Ronet, Marie Laforêt,
Erno Crisa, Frank Latimore,
Billy Kearns, Ave Ninchi,
Elvira Popescu
Produzione: Cinema & Cultura, 2018
Distribuzione (home video):
A & R Productions, 2018


“Se uno spettatore estraneo e disinteressato avesse in quel momento spiato, di nascosto, la corsa angosciata del signor Goljàdkin, ebbene anch’egli avrebbe immediatamente compreso tutto l’indicibile orrore delle sue sventure e avrebbe immancabilmente detto che il nostro eroe aveva l’aspetto di uno che volesse cacciarsi da qualche parte per nascondersi perfino a sé stesso, per sfuggire perfino a sé stesso. Già, ed era proprio così! Diremo di più: in quel momento il signor Goljàdkin avrebbe voluto non soltanto fuggire da sé stesso, ma addirittura distruggersi, ridursi in polvere!” (Dostoevskij, 2018). Con queste parole l’autore de Il sosia descriveva l’inquietudine del protagonista, il consigliere titolare Jàkov Petròvič Goljàdkin, indicato come eroe per distinguerlo da un individuo incredibilmente identico a lui, nelle fattezze e nel nome, piombato nella sua vita all’improvviso.
Un altro personaggio tenta di scappare da sé stesso, appropriandosi però dell’identità di un altro, alternando, tuttavia, la fuga col ritorno, secondo le necessità, dettate dalle circostanze e dalla tenacia dei conoscenti e delle autorità nel cercare la verità: è Tom Ripley di Delitto in pieno il sole, diretto da René Clément. Da poco rimasterizzato in alta definizione, questo film, che si avvale anche delle musiche di Nino Rota, è ispirato a Il talento di Mr. Ripley di Patricia Highsmith, che fece di Tom Ripley il protagonista di cinque romanzi, scritti tra il 1955, anno del libro in questione, e il 1991.

La vicenda narrata dalla romanziera texana racconta di un individuo molto abile con i numeri (e con i soldi), apparentemente tranquillo e rassicurante, ma che a New York vive sia di onesto lavoro, sia di piccole frodi. A causa di queste ultime, si aggira per la città in preda alla paura di essere seguito dai poliziotti, ma è invece avvicinato in un bar dal ricco costruttore di barche Herbert Greenleaf, padre di Richard “Dickie”, in realtà una sua vaga conoscenza del passato. Credendo, invece, che vi sia un forte legame tra i due, il signor Greenleaf tenta di convincere Tom, dietro compenso, a raggiungere il figlio in Italia, nell’immaginaria Mongibello, un paesino sul mare, vicino a Napoli. Qui Dickie vive di rendita, tentando di affermarsi, senza troppa convinzione, come pittore, e in buona sintonia con gli abitanti del luogo e con Marge Sherwood, un’altra americana come lui. Una volta a destinazione, Tom dovrà persuadere il ragazzo a tornare negli Stati Uniti, alle responsabilità presso il cantiere paterno e per riabbracciare la madre ammalata. Tom accetta, più per allontanarsi dalle conseguenze dei suoi espedienti, e raggiunge Dickie a Mongibello.

Dietro la macchina da presa: René Clément e Henri Decaë
La sceneggiatura di Paul Gégauff e del regista non fa cenno ad alcuni aspetti del tormentato Tom, quali amari ricordi alla sua storia familiare o al suo orientamento sessuale, e concentra la storia esclusivamente in Italia, prevalentemente tra Roma, Napoli e Ischia (location di Mongibello).
Se il romanzo ha inizio con l’incontro tra Tom e il signor Greenleaf a New York, la pellicola di Clément comincia con Tom e lo scapestrato rampollo (che nel film si chiama Philippe e non Dickie) che se la spassano per le strade di Roma. Delitto in pieno sole esce nelle sale italiane nel 1960, l’anno successivo all’edizione del Festival di Cannes nella quale sono presentati al pubblico I quattrocento colpi di François Truffaut e Hiroshima mon amour di Alain Resnais, evento con cui, convenzionalmente, ha inizio l’avventura della nouvelle vague (cfr. Tinazzi, 2012). Fu un clima in realtà, più che una scuola propriamente detta, che non annovera fra i suoi esponenti di spicco Clément, tuttavia, egli predilesse una realizzazione lontana dagli studi, girando nelle vie affollate, come sarà poi consuetudine presso altri registi che di quel movimento furono veri pilastri e che accentueranno quel taglio a metà strada fra il documentario e il reportage (cfr. Bragaglia, 1995).
L’apporto di Henri Decaë alla fotografia fu fondamentale in questo film, il primo in cui i due collaborarono. Le ardite riprese in barca, in mare aperto e non sempre calmo, sono possibili grazie lui, “un operatore che accetta di adattarsi alle condizioni di lavorazione più precarie come alle più audaci, ed è lui che libera la macchina da presa dalla prigionia del cavalletto fisso. Assecondando Melville, Malle, Chabrol e Truffaut, egli ha reso tecnicamente possibile la Nouvelle Vague” (Marie, 1998).

Davanti alla macchina da presa: Alain Delon e Maurice Ronet
Accanto alla coppia Clément–Decaë se ne aggiunge un’altra che lavora per la prima volta fianco a fianco, stavolta sulla scena, dato che i ruoli di Tom e Philippe sono interpretati, rispettivamente, da Alain Delon e Maurice Ronet, che torneranno a recitare insieme nei panni di amici rivali sul grande schermo sul finire degli anni Sessanta, con La piscina di Jacques Deray.
In entrambi i film, la sfrontata sicurezza di sé ostentata dai personaggi di Ronet pungola (e scatena) l’audacia, oltre i limiti posti dalla legge, di quelli col volto di Delon e in entrambe le pellicole lo spettatore gode della naturalezza dei due carismatici attori francesi, venuti alla ribalta in tempi diversi: quando Delon debuttò al cinema nel 1957 con Godot di Yves Allégret, Ronet già incarnava con Jeanne Moreau la coppia di amanti senza scrupoli in Ascensore per il patibolo diretto da Louis Malle, il regista che lo volle per quella che spesso è ritenuta la sua migliore interpretazione, ossia Fuoco fatuo, tratto dall’omonimo romanzo di uno degli autori francesi più controversi, Pierre Drieu La Rochelle. “Era molto attraente […] aveva una bellezza insolita, con quel viso lungo, dai lineamenti aristocratici, quegli occhi vivi e intelligenti e il portamento fiero anche quando era vestito di stracci” (Highsmith, 1993), così è descritto Dickie dalla sua autrice e non se ne discosta il Philippe di Ronet, con la sua padronanza scenica sovrapposta qui al ruolo di parziale motore della vicenda.
La fortuna accreditata alla pellicola accentua, tuttavia, il focus sul quasi debuttante collega: con Delitto in pieno sole inizia, infatti, la costruzione del Delon divo, dal momento che a partire “dal marzo del 1960 […] fu un trionfo internazionale che si estese fino in Giappone, dove Delon divenne e lo sarebbe rimasto fino ad oggi uno degli attori occidentali più famosi e amati dal pubblico” (Chiesi, 2002). Con il film di Clément vengono già a determinarsi quelle situazioni che offrono all’attore l’occasione di mostrare le doti che pubblico e critica apprezzeranno nel corso della sua carriera: la seduzione, per attrarre Marge (Marie Laforêt), finalizzata a tutto fuorché all’amore, come fa Piero, l’agente di borsa, più pragmatico che cinico, ne L’eclisse (1962) di Michelangelo Antonioni; la volontà di riscatto dalle umili condizioni, come quel vinto, lo definirà un critico, a proposito del Rocco viscontiano (cfr. Bencivenni, 1995), apparso sul grande schermo quasi contemporaneamente a Delitto in pieno sole; il tentativo disperato di padroneggiare le proprie sorti come l’ambiguo Robert Klein, sebbene, in quell’intenso lavoro di Joseph Losey, sia il protagonista a mettersi sulle tracce di un altro sé stesso, e dunque un Delon nelle vesti di segugio anziché di lepre, oppure come il delirante William Wilson di Edgar Allan Poe nell’episodio diretto da Louis Malle in Tre passi nel delirio che, nell’edizione francese, accreditava la voce narrante a Maurice Ronet.

Le due vite di Tom Ripley
Nella pellicola di Clément appare palese che l’intento di Tom non è quello di scroccare una vacanza in Italia a un padre ricco in pena per suo figlio, ma mettere in atto una parziale sostituzione con Philippe. Da questo punto di vista, la trama ha una forte radice in quel vasto humus che è il tema della doppia identità, dal momento che, durante il suo soggiorno in Italia, metterà in gioco i suoi talenti di abile contraffattore di firme, di voci e di gesti per un suo piano omicida. Non siamo davanti, in verità, a una rappresentazione che chiama in causa in maniera diretta un forte riferimento traumatico, che motivi un gesto delittuoso come, ad esempio, lo sdoppiamento nell’hitchcockiano Psyco (1960) di Norman Bates (Anthony Perkins), “un perfetto Hyde, figlio dell’esperimento del suo Jekyll versione familiare (una mostruosa madre che ha assassinato) [, o] al contrario […] come Jekyll, [che] subisce ogni volta il suo Hyde materno” (Balló, Pérez, 1999). Né Tom pare animato da una smaniosa angoscia come quella che pervade Giacobbe, “voyeur dell’altro sé stesso, il dottor Jekyll [che] tallona il suo Hyde, e viceversa” (Socci, 1995), in Partner (1968), un’originale trasposizione del dostoevskijano Il sosia diretta da Bernardo Bertolucci con Pierre Clémenti.
Sicuramente il protagonista di Delitto in pieno sole è spinto da un desiderio di riscatto da un’origine modesta: durante un pasto sottocoperta in barca, affermerà che negli anni dell’adolescenza il vecchio Greenleaf lo riteneva troppo intelligente per essere un povero. Il ricordo, presumibilmente falso, di tale disprezzo manifesta chiaramente un suo complesso d’inferiorità, evidente come il vittimismo del consigliere di Dostoevskij, e segnerà il destino di Ripley, facendo di lui un Jay Gatsby poco romantico, ma deciso a pareggiare a qualunque costo i conti con la fortuna.

Accanto al richiamo alla lontana ai personaggi delle pagine di Robert Stevenson, si aggiunge quello dello shakespeariano Macbeth, figura che incarna la bramosia di potere (nel film di Clément il denaro e il prestigio di Philippe) e che l’uso del coltello da parte di Delon in un certo senso fortemente rievoca. I giorni trascorsi in compagnia dell’amico corrispondono a un apprendistato per carpirne le caratteristiche, una vicinanza finalizzata a una sostituzione che rammenta la strategia di quell’Eva Harrington (Anne Baxter) messa in atto contro Margo Channing (Bette Davis), in Eva contro Eva, una rappresentazione non cruenta dell’usurpazione ambientata nel competitivo mondo delle star di Broadway (cfr. Balló, Pérez, 1999). Del resto, Tom è costretto a imparare a essere Philippe, poiché non può inventarsi una seconda biografia dal nulla: a differenza di un Mattia Pascal, che ha urgenza di trovarsi un nuovo nome, Ripley ne ha già da assumere e anche parecchio pesante; se, una volta diventato Adriano Meis, il personaggio pirandelliano, quasi per combattere la noia, si diverte a produrre un’altra grafia, annoverando fra le possibilità anche quella di essere analfabeta, Tom non può permettersi errori nell’imitare la firma falsa di Philippe per ingannare sia i conoscenti che ricevono le lettere del giovane Greenleaf scritte a macchina, sia gli impiegati di banca per intascarne il danaro. Tom, in effetti, s’impegna con convinzione metodica nella trasformazione, al fine di “assumerne il carattere e la personalità in modo da alterare di conseguenza l’espressione del viso” (Highsmith, 1993).

Tom Replay secondo Anthony Minghella
Nel 1999 esce nelle sale un fortunato remake, scritto e diretto dal regista britannico, con Matt Damon, Jude Law e Gwyneth Paltrow nei ruoli, rispettivamente di Tom, Dickie e Marge. La sceneggiatura di Minghella, capace di limare alcuni punti spigolosi della trama della Highsmith, concede ben più ampio respiro a figure secondarie, aggiungendone di nuove, come Meredith (Cate Blanchett), la turista incontrata da Tom sulla nave che lo porta in Italia e con la quale il giovane già inizia a spacciarsi per l’altro, e Silvana (Stefania Rocca), indigena del paese che ospita Dickie e da lui sedotta e abbandonata. Altra, importante, novità introdotta da Minghella è la rilevanza della musica, non solo in quanto commento, in riferimento alla suggestiva colonna sonora di Gabriel Yared che dà un determinato ritmo alle scene, ma alla sua centralità nel racconto stesso. Basti pensare che il suo Tom annovera, tra i tanti modi, più o meno leciti, di guadagno, il mestiere di accordatore, mentre Dickie, anziché modesto pittore, è un dilettante suonatore di sax con pochissimi margini di miglioramento. Se Tom assiste al Stabat Mater di Antonio Vivaldi a Roma, uno di quegli appuntamenti della lirica tanto apprezzata dall’alta borghesia dalla quale tenta di farsi accettare, Dickie, che dal quel mondo dice di volersi sottrarre, si lascia sedurre dal jazz, tanto da chiamare la sua barca Bird, da Charlie Parker, del quale è un appassionato fan.

Non è l’unica differenza che questo genere musicale accentua nel film: anche il contrasto padre-figlio tra i due Greenleaf è evidenziato dal fatto che il genitore (James Rebhorn) detesta il jazz, tanto da commentare con uno sprezzante “Che vite sprecate!”, l’esibizione in strada di un sassofonista a Venezia, forse alludendo alle speranze nutrite sul figlio e da questi gettate al vento; la scarsa attrattiva che il jazz esercita sull’aspirante scrittrice Marge sarà ulteriore elemento di allontanamento di lei da Dickie, favorendo sempre più l’avvicinamento dei due amici, complici nelle loro fughe nei locali di Napoli con Fausto (Rosario Fiorello) e di San Remo. Minghella accentua nel suo Tom Ripley contemporaneamente (e incredibilmente) sia la sensibilità che l’impulso omicida, esasperandone quella pulsione a duplicare l’altro da sé, per farne il proprio sé: “sarà paradossalmente sé stesso solo nell’atto di impersonare altri, [una] sorta di zelig del male” (Soncini, 2000). A tale condanna è destinato ciascun protagonista dei tre autori, nonostante ciascuno di questi ultimi abbia serbato un epilogo diverso dagli altri alla storia: “come un fantasma, Tom affiora dal mondo oscuro e perverso, ambiguo e misterioso, lo stesso che si porta dentro e che lo accompagna inesorabilmente, ovunque vada” (Diana, 2000).
A questo castigo se ne aggiunge un altro, diretta conseguenza del primo, quello di rinnovare, come confessa anche Adriano Meis meditando sulla propria sorte, il supplizio di Tantalo, desiderando qualcosa ma impedito a poterla afferrare e goderne pienamente a causa dell’insopprimibile preoccupazione d’imbattersi in uomini, astuti o semplicemente curiosi, pericolosi per la propria libertà. Del resto, seppur affascinato dall’Europa, Tom Ripley è un cittadino statunitense, come quell’Abraham Lincoln al quale, riguardo alla menzogna, una certa tradizione, in verità non molto solida, accredita il severo monito: “potete ingannare tutti per qualche tempo e qualcuno per sempre, ma non potete ingannare tutti per sempre”.

Letture
  • Jordi Balló, Xavier Pérez, I miti del cinema. Semi immortali, Ipermedium, Napoli, 1999.
  • Alessandro Bencivenni, Luchino Visconti, Il Castoro, Milano, 1995.
  • Cristina Bragaglia, Storia del cinema francese, Newton Compton, Roma, 1995.
  • Roberto Chiesi, Alain Delon, Gremese, Roma, 2002.
  • Mariolina Diana, Il talento di Mr. Ripley (The Talented Mr. Ripley), in Segnocinema, n. 103, maggio-giugno 2000, Vicenza.
  • Fëdor Michajlovič Dostoevskij, Il sosia, Feltrinelli, Milano, 2018.
  • Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby, Feltrinelli, Milano, 2013.
  • Patricia Highsmith, Il talento di Mr. Ripley, La nave di Teseo, Milano, 2017.
  • Michel Marie, La Nouvelle Vague, Lindau, Torino, 1998.
  • Alberto Soncini, Il talento di Mr. Ripley, in Cineforum, n. 4 maggio 2000, Bergamo.
  • Stefano Socci, Bernardo Bertolucci, Il Castoro, Milano, 1995.
  • Giorgio Tinazzi, La «nouvelle vague», in Paolo Bertetto (a cura di), Introduzione alla storia del cinema, UTET Università, Torino, 2012.
Visioni
  • Bernardo Bertolucci, Partner, Terminal Video, 2004 (home video).
  • Jacques Deray, La piscina, CG Entertainment, 2015 (home video).
  • Federico Fellini, Louis Malle, Roger Vadim, Tre passi nel delirio, CG Entertainment, 2015 (home video).
  • Joseph Losey, Mr. Klein, Rai Cinema – 01 Distribution, 2017 (home video).
  • Louis Malle, Ascensore per il patibolo, A & R Productions, 2018 (home video).
  • Louis Malle, Fuoco fatuo, CG Entertainment, 2013 (home video).
  • Joseph L. Mankiewicz, Eva contro Eva, Warner Home Video, 2003 (home video).
  • Luchino Visconti, Rocco e i suoi fratelli (Edizione restaurata), Rai Cinema – 01 Distribution, 2016 (home video).