Incursioni dell’impossibile
nell’esistenza quotidiana

Francisco Tario
Fra le tue dita gelate
Traduzione di Raul Schenardi

Safarà, Pordenone, 2022
pp. 224, € 18,00

Francisco Tario
Fra le tue dita gelate
Traduzione di Raul Schenardi

Safarà, Pordenone, 2022
pp. 224, € 18,00


Lo uistitì è un piccolo primate grigio-bruno o rossiccio del genere Callithrix. Le sue dimensioni, a seconda del sottogenere, variano tra i dieci e i venticinque centimetri. Si tratta di una bestiola con grandi occhi convessi che inteneriscono noi esseri umani e con un muso piuttosto espressivo che sortisce il medesimo effetto: motivo per cui oggi viene talvolta costretto in cattività nelle nostre case e illegittimamente mercificato quale animale esotico da compagnia. Il suo habitat è invece la foresta pluviale del continente sudamericano, ma può comparire anche, ancor più antropomorfo di quanto già non sia, nelle pagine della letteratura fantastica. D’altronde la stessa cosa è accaduta e accade ad altri animali della selva suoi conterranei: giaguari, salamandre, rospi, anaconda, ragni e così a seguire. Ed è esattamente questo che succede nel racconto intitolato per l’appunto Lo uistitì, testo dall’incipit davvero straordinario che apre l’ampia raccolta Fra le tue dita gelate del messicano Francisco Tario (1911-1977), primo libro dell’autore tradotto in italiano grazie alle edizioni Safarà.
La storia è questa: un uomo sta per farsi la barba nel suo bagno, verso le dieci di sera, quando sente venire dal rubinetto aperto del lavandino un gradevole odore; poi il flusso d’acqua si interrompe, a causa di una piccola creatura che tra mille difficoltà vuole uscire da quel pertugio:

“Qualcosa […], del tutto inatteso, aveva finito per ostruire il flusso dell’acqua del rubinetto, ma così, di punto in bianco, non indovinai che cosa fosse. Qualcosa spuntava da lì, era chiaro, facendo sì che l’acqua spruzzasse contro le pareti. Era lui. Prima tirò fuori un piede, poi un altro e alla fine cominciò a scivolare dolcemente, per rimanere d’improvviso attanagliato […]. E, senza riflettere, decisi di prestargli aiuto. Si trattava, naturalmente, di non tirare troppo, di non forzare il parto e di salvare quella povera vita”.

Ne verrà fuori uno uistitì, bestiola molto umana che da quel momento cambierà la vita del protagonista, precipitandolo nel gorgo delle fosche preoccupazioni di una maternità (esatto: maternità) indesiderata. Al di là della trama, qui soltanto accennata, Lo uistitì ci aiuta a identificare la cifra apparentemente più comune tra i racconti che compongono Fra le tue dita gelate, ovvero la naturalezza con cui l’elemento fantastico irrompe nella narrazione e la guida: una modalità piana che, pur facendo talvolta uso di celate anticipazioni o di rimandi nascosti (coglierli o meno in fin dei conti poco importa), non abbisogna di squarci nel velo o di sconfinamenti di soglia per palesarsi; una modalità che trascina efficacemente chi legge in un mondo in cui i margini generalmente posti tra il reale e il suo contrario sono decisamente sfumati, per non dire inesistenti.

Francisco Tario (Città del Messico, 9 dicembre 1911 – Madrid, 30 dicembre 1977).

Si prenda, in proposito, anche un altro dei racconti che compongono la raccolta di cui stiamo parlando, ovvero Il tour de France, un divertissement di gusto ciclistico in cui ci vengono narrate le vicende di un “gentiluomo dai baffi a manubrio, vestito in modo così elegante e passato di moda, che comparve un pomeriggio all’entrata del giardino [di un istituto di ricovero per ‘alienati’] portando con sé la sua bicicletta nuova fiammante”. Dopo qualche tempo dalla sua venuta, nell’istituto si decide di dare una gran festa sotto forma di spettacolo, alla quale partecipano con le loro esibizioni tutti gli “ospiti” della struttura: ci saranno cantanti e ballerini, esperti di matematica e illusionisti, ma anche diversi sportivi pronti a mostrare le proprie abilità al pubblico convenuto nel giardino del ricovero per matti. Tra questi, anche il nostro protagonista con i baffi a manubrio che, dopo la serie di esibizioni per lo più fallimentari dei suoi colleghi, si renderà padrone della scena, dando vita a un vero e proprio Tour de France infinito sul vialetto pianeggiante attorno all’edificio. Dopo i primi, semplici, giri:

“sembrò che il terreno diventasse più impervio e l’impegno del ciclista divenne assai più diversificato, dato che d’un tratto lo si vedeva affrontare una tappa di montagna, spingendo sempre più sui pedali e bilanciando il corpo a destra e a sinistra, per poi lanciarsi in una discesa vertiginosa, piena di pericolose curve a gomito, oppure su un terreno pianeggiante, dove il corridore non solo raggiungeva velocità quasi inverosimili ma, sapendo che si trovava in testa, si permetteva di intercalare una sorta di arabeschi che divertiva il pubblico, sia staccando mani e piedi e agitando per aria il berretto, sia manovrando con i piedi mentre incrociava, sorridente, le braccia”.

Oppure, ancora, si prenda quanto accade ne L’esodo, una storia di fantasmi: dunque, forse, il più “classico” dei racconti che fanno parte della raccolta. Qui, come lettori, veniamo messi direttamente davanti al “fatto compiuto”, precipitati nell’irreale già nelle primissime battute:

“Fu durante la celebre retata di fantasmi effettuata in Inghilterra nel 1928 che io e la mia famiglia, come molte altre migliaia di compagni, fummo costretti ad abbandonare la nostra patria, in cerca di territori più favorevoli dove poterci insediare in modo più o meno definitivo”.

Seguono le vicende della famiglia di fantasmi, che dall’Inghilterra emigra nell’Europa mediterranea, trovando infine ospitalità nella casa di un uomo, inglese anch’egli, che a sua volta si dimostrerà un aspirante fantasma, ideatore peraltro di un progetto politico e sociale di colonizzazione del Sud Europa a uso dei nuovi abitanti immateriali venuti dal Nord. Ecco dunque che quello di Tario, come dimostrato dal richiamo breve che si è fatto ai tre racconti citati, si presenta come un mondo dal carattere profondamente ironico popolato di fantasmi, di strani animali, di magici ciclisti e altre bizzarrie. Si presenta in sostanza come un mondo dalle fattezze grottesche che, pur essendo in fin dei conti del tutto quotidiano, come il nostro, non deve attendere l’arrivo del fantastico perché la realtà sia destabilizzata. Tale mondo ospita infatti l’elemento che dà vita al fantastico come un dato endemico e costitutivo; in altre parole, è un mondo già di per sé destabilizzato e confuso. Ed è qui, a nostro parere, che risiede il valore di un autore il cui lavoro, in patria e non solo, è stato per molto tempo misconosciuto, salvo poi essere rivalutato dopo decenni. È così che oggi Tario viene considerato, secondo molti a ragione, tra i precursori del fantastico messicano. Se non “il” precursore.