Un vertiginoso carosello
di bizzarrie e citazioni

Wes Anderson
The French Dispatch
of the Liberty,
Kansas Evening Sun
Cast principale: Bill Murray,
Owen Wilson,
Tilda Swinton, Benicio del Toro,
Léa Seydoux, Adrien Brody,
Timothée Chalamet,
Frances McDormand, Christoph Waltz,
Jeffrey Wright, Mathieu Amalric,
Edward Norton, Willem Dafoe
Produzione: Searchlight Pictures,
American Empirical Pictures,
Indian Paintbrush
Distribuzione: Searchlight Pictures,
Walt Disney Studios Motion Pictures, 2021

Wes Anderson
The French Dispatch
of the Liberty,
Kansas Evening Sun
Cast principale: Bill Murray,
Owen Wilson,
Tilda Swinton, Benicio del Toro,
Léa Seydoux, Adrien Brody,
Timothée Chalamet,
Frances McDormand, Christoph Waltz,
Jeffrey Wright, Mathieu Amalric,
Edward Norton, Willem Dafoe
Produzione: Searchlight Pictures,
American Empirical Pictures,
Indian Paintbrush
Distribuzione: Searchlight Pictures,
Walt Disney Studios Motion Pictures, 2021


Wes Anderson indulge in una smodata autoreferenzialità; la sceneggiatura del film qua e là appare slegata, e in certi momenti il montaggio manca di ritmo; l’intellettualismo blasé dell’autore, qui al suo acme, tende a distanziare lo spettatore: questi, pressappoco, i biasimi mossi dalla critica più esigente a The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun, uscito nelle sale lo scorso novembre. Tutte critiche oneste e di difficile confutazione, che forse anche i più irriducibili andersoniani segretamente sottoscrivono. Ciononostante, non possiamo che rivolgere espressioni di ammirazione e gratitudine all’indirizzo del cineasta texano, poiché la sua ultima opera, seppur imperfetta, ci ha trascinati in un altrove desiderabile dove l’ordinarietà è severamente proibita, un mondo governato da un’inventiva inesausta e un gusto simil-dadaista dell’assurdo, un mondo, per intenderci, in cui l’integrità delle guardie carcerarie viene corrotta a suon di marron glacé, e chef di fama planetaria stendono intere gang malavitose con le loro pietanze dall’aspetto succulento e dalla farcitura perniciosa.
Ennui-sur-Blasé è l’immaginaria cittadina francese in cui ha sede il French Dispatch, supplemento settimanale del quotidiano Liberty, Kansas Evening Sun. Alla morte del paterno fondatore e direttore del magazine Arthur Howitzer (Bill Murray, presenza immancabile nei film di Anderson), le penne di maggior spicco della rivista decidono di raccogliere in un numero speciale gli articoli che nel corso degli anni hanno meglio incarnato lo spirito al contempo avventuroso e sofisticato del French Dispatch. I quattro pezzi selezionati – Il reporter in bicicletta, Il capolavoro concreto, Revisioni a un manifesto, La sala da pranzo privata del commissario di polizia – corrispondono agli episodi di cui si compone il film.
Nel primo episodio, Il reporter in bicicletta, il cronista ciclofilo impersonato da Owen Wilson (anche lui oggetto di amore feticistico da parte del regista) pedala per le graziose viuzze della cittadina sciorinando in tono sardonico una sfilza interminabile di notazioni di carattere storico e sociologico, e descrivendo con compiacimento maniacale il variopinto bestiario notturno composto da passeggiatrici, gigolò e teppisti dall’aria truce.

Il capolavoro concreto mostra la sussiegosa critica d’arte J.K.L. Berenson (interpretata da Tilda Swinton col suo consueto gusto del grottesco e dell’autoparodia) raccontare di come il folle detenuto Moses Rosenthaler (Benicio del Toro) sia diventato, grazie al sostegno emotivo e alle ardite pose ginniche della sua modella-carceriera Simone (Léa Seydoux), un pittore di eccezionale forza espressiva, “la voce artistica più risonante della sua scalmanata generazione”.
In Revisioni a un manifesto vediamo il semi-imberbe e velleitario studente Zeffirelli (Timothée Chalamet) testare i suoi “nuovi muscoli” con la grifagna e all’apparenza frigida reporter Lucinda Krementz (Frances McDormand), sullo sfondo delle sommosse di un Sessantotto modellato su reminiscenze nouvelle-vaghiste.
Il florilegio di articoli-episodi si conclude con La sala da pranzo privata del commissario di polizia, a nostro parere il più incisivo e crepitante dei quattro, quello che più si avvicina alle cadenze indiavolate di Grand Budapest Hotel (2014), l’inarrivabile capodopera di Anderson. Ne è protagonista il critico culinario Roebuck Wright (il sornione e vellutato Jeffrey Wright), il quale durante quella che sarà tramandata alla storia come “la notte dei mille proiettili” si ritrova impaniato nella vicenda a dir poco rocambolesca del rapimento di Gigi, il figlio saputello del commissario (Mathieu Amalric).
Rutilante e oltremodo colto e ambizioso, The French Dispatch trabocca di dialoghi saettanti, leccornie visive e finezze umoristiche. L’armamentario di intuizioni e tecniche dispiegato dal film sbalordisce per ampiezza e varietà: fotografia che alterna colori da carta da parati vintage (inequivocabile marchio di fabbrica della Anderson inc.) a un bianco e nero fuligginoso, frammenti di spettacoli teatrali che fanno il verso alla smaccata artificiosità broadwayana, convulse e mozzafiato scene d’animazione. E naturalmente una fiumana inarginabile di rimandi e omaggi, i quali costituiscono una componente essenziale del film. Oltre al New Yorker – la raffinata rivista americana cui il film è dedicato –, a essere oggetto di amorevoli riferimenti sono il cinema di Jean-Luc Godard e quello di Jacques Tati (di evidente ispirazione tatiana è la scena d’apertura, che mostra un cameriere inerpicarsi per la sghemba scala di un palazzo), l’istintiva e feroce pittura di Jackson Pollock e le ondeggianti composizioni pianistiche di Erik Satie. D’accordo, forse Anderson stavolta ha calcato un po’ la mano. E il sospetto che abbia iniziato a imitare sé stesso, che il suo stile stia degenerando in maniera, non è così infondato. Tuttavia, i suoi vorticosi e stravaganti caroselli continuano a mandarci in brodo di giuggiole.

Visioni
  • Wes Anderson, Grand Budapest Hotel, 20th Century Fox – Disney, 2014 (home video).