Un impero occulto fondato
sull’immaginario misterico

Marco Zagni
Il Sole e la Runa
I rapporti tra le SS,

l’Ahnenerbe e il Giappone
Prefazione di Giorgio Galli

Mursia, Milano 2021,
pp. 250, € 18,00

Marco Zagni
Il Sole e la Runa
I rapporti tra le SS,

l’Ahnenerbe e il Giappone
Prefazione di Giorgio Galli

Mursia, Milano 2021,
pp. 250, € 18,00


Nella primavera-estate del 1942 le potenze dell’Asse Roma-Berlino-Tokyo raggiunsero la loro massima espansione territoriale. Il Giappone dominava su tutto il Sud-Est asiatico, su vaste zone della Cina e su molte isole del Pacifico. Era l’acme, quello tra Germania e Impero del Sol levante, di un interscambio culturale iniziato ormai da decenni e in parte legato anche a una sorta di immaginario misterico. In tale dimensione si colloca il bel libro di Marco Zagni, teso a svelare le intime relazioni fra il Terzo Reich, l’esoterismo, le religioni orientali e le teorie sulla razza, in una critica dei valori occidentali.
Lo stesso Hitler non fece mai mistero di tali influenze sul suo pensiero. Nel febbraio del 1920 tenne un discorso in cui, citando apertamente il poeta ed esoterista Guido von List (1848-1919), affermava come l’ariano avesse formato la sua forza spirituale e corporea in modo assolutamente diverso, poiché appartenente a una stirpe accomunata da un segno di riconoscimento: il simbolo del Sole. I culti di tale stirpe si fondavano sulla luce, e in essi si ritrovava questo simbolo, l’origine della nascita del fuoco, la Spirale, la croce. La croce come svastica non era reperibile solo in Germania: lo stesso identico simbolo era inciso nei templi dell’India e del Giappone. Era “la svastica della comunità (Gemeinwesen) un tempo fondata dalla cultura (Kultur) ariana” (Kurlander, 2018).

L’attrazione del nazismo verso l’Oriente, il buddhismo, l’induismo e il Tibet ha una lunga storia. Gli insegnamenti sulla civiltà perduta di Thule tratti dalla teosofia, dalla ariosofia di Jorg Lanz von Liebenfels (1874-1954) e dalla teoria del ghiaccio cosmico di Hanns Hörbiger (1860-1931) ispirarono la convinzione esoterica che il Tibet fosse l’ultimo rifugio degli ariani, fuggiti da Atlantide dopo una grande inondazione (Daim, 2014). Altri intellettuali nazisti furono influenzati dal pensiero dell’antropologo Hans Friedrich Karl Günther (1891-1968), le cui teorie sulla razza indoaria furono citate con eguale autorità da Hitler e da Himmler. Günther avanzò la tesi secondo cui le tribù nordiche a un certo punto avevano sconfinato nell’Asia meridionale e orientale, probabilmente dopo una catastrofe naturale. I nuovi arrivati si erano poi mescolati con i popoli asiatici, fornendo all’India la casta dominante dei bramani, ispirando il buddhismo e andando a formare il nucleo degli antichi samurai giapponesi.

Il punto d’incontro esoterico
Queste suggestioni indo-sino-ariane erano molto diffuse tra le SS. Günther Kirchoff, il protetto di Karl Maria Wiligut (patrocinatore del tempio graalico di Wewelsburg) sosteneva che i punti geomantici di Urga (la città monastica buddhista di Ulaanbataar/Ulan Bator) e Lhasa erano i “due importanti centri lama” (Lange, 2011) del mondo. In modo analogo, Friedrich Hielscher (1902-1990) intellettuale nazionalsocialista seguace del paganesimo vicino a Wolfram Sievers, Reichsgeschäftsführer o Segretario generale dell’Ahnenerbe, propugnava una teocrazia basata sulle tradizioni di purezza etnoreligiosa indù e giapponesi.
Esisteva un rapporto funzionale, secondo Hielscher, tra “Stato e sacralità, regola e casta sacerdotale” (Kurlander, 2018). Hielscher chiamava in causa, inoltre, i paralleli che molti studiosi di religione indiani e tedeschi avevano notato tra i Veda e la Bhagavadgītā da una parte e la mitologia nordica dall’altra. Per Himmler, la teoria indo-sino-ariana era il punto d’incontro esoterico fra scienza e pensiero religioso nazista. Egli sosteneva come gli ariani non si fossero evoluti dalle scimmie come il resto del genere umano, bensì fossero divinità scese direttamente dal cielo sulla Terra (anticipando di molto le odierne teorie sugli antichi astronauti); erano divinità affiorate da germi vitali custoditi “nel ghiaccio eterno del cosmo. Antichi superuomini che possedevano facoltà paranormali e armi straordinarie” simili al “martello del tuono” (Drioli, 2011). del dio germanico Thor.

I poteri del dio del tuono “non avevano nulla a che vedere con i fenomeni naturali dei tuoni e dei fulmini” (ibidem), ma dipendevano da un antico, ricercato strumento dei nostri antenati, ovviamente posseduto solo da pochissimi, cioè dai cosiddetti Asi, gli dèi rivali dei Vani della mitologia scandinava, portatori di una antichissima conoscenza del magnetismo e di quella che l’uomo avrebbe poi scoperto e chiamato elettricità. La teoria del ghiaccio cosmico enunciata da Hörbiger confermava anche la tesi di Himmler secondo cui cinesi e giapponesi sarebbero stati “un tempo razze colonizzate con uno Stato centrale, probabilmente discendenti di popoli che secoli o millenni prima avevano avuto una classe di governo di uomini di Atlantide” (Kurlander, 2018). Non è un mistero poi che i legami tra Hitler ed Hess si fondassero anche sull’interesse per le culture allogene: allogene geograficamente, come quelle islamiche per Hess o dell’Asia orientale (giapponese e zen) per Karl Ernst Haushofer (1869-1946), suo mentore e ideatore della geopolitica; ma anche allogene dal punto di vista storico del razionalismo occidentale, come l’ermetismo e l’astrologia. Il generale Haushofer ne era venuto a contatto dopo il suo ritorno dal Giappone, nei tre anni precedenti il conflitto, proprio nell’ambiente dello stato maggiore tedesco.

Logica vs occulto
Forse qualcuno riterrà curioso che a capo dell’organismo militare germanico, ritenuto un modello di logica, vi fossero così tante soggezioni occulte. Secondo Mathilde Spiess (1877-1966), psichiatra ed esoterista moglie del generale Erich Ludendorff (con il quale fondò una cerchia ermetica), il generale Helmuth von Moltke aveva perso la Prima battaglia della Marna in quanto era divenuto succube di Lisbeth Seidler, una seguace di Rudolf Steiner, il noto propugnatore del verbo antroposofico. Steiner prima della guerra aveva operato a Berlino in collaborazione con la medium Lisbeth Seidler, nota in seguito come la Veggente di Sklarek. Entrambi, valendosi del loro ascendente sul generale, avrebbero compromesso l’esito della battaglia, risoltasi in una sconfitta. L’ombra di antroposofi e veggenti si stagliava dunque sull’insuccesso tedesco.

Nella strategia di espansione territoriale, Hitler ad un certo punto si convinse di non poter vincere l’Urss e Stalin senza l’aiuto del Giappone. Il 3 giugno 1941 l’ambasciatore e generale giapponese Hiroshi Oshima (1886-1975) aveva avuto un colloquio molto importante con il Führer al Berghof; forse fu in quell’occasione che Oshima espresse l’idea di una affinità fra le aristocrazie guerriere di Giappone e dei popoli germanici. A tutt’oggi non esiste una documentazione coeva su tali colloqui, tuttavia da un punto di vista puramente politico e strategico le successive dichiarazioni dell’ambasciatore non lasciano dubbi: Hitler fece capire la sua intenzione di attaccare l’Unione Sovietica molto più chiaramente di quanto non avesse fatto due mesi prima, dando a intendere, ma solo indirettamente, che si aspettava un attacco del Giappone alla Siberia.

Un alleato indispensabile
Sembrava quindi non essere più convinto di poter sconfiggere l’Urss senza l’aiuto giapponese. Hitler oscillava tra sicurezza nelle proprie convinzioni e percezione dei rischi. Cosa che gli fu fatale. Il riporre le speranze sul Giappone forse derivava dall’ammirazione che il Führer nutriva per lo shintoismo giapponese. Dio riservava le sue “grazie agli eroi nipponici” – lasciò intendere Hitler durante la guerra – perché la “religione dei giapponesi è anzitutto un culto degli eroi, in quanto gli eroi sono quelli che non esitano a sacrificare la loro vita per l’esistenza e la grandezza della loro patria” (Kurlander, 2018). “La religione di Stato dei giapponesi” – continuava Hitler – “entusiasma gli uomini con l’evocazione continua della felicità di cui fruiranno nell’aldilà. Il cristiano non ha innanzi agli occhi che i tormenti dell’inferno” (ibidem).

Negli ambienti del partito nazista molti descrivevano il delfino del Führer Rudolf Hess come lo “yogi egiziano” (ibidem), non solo a causa della sua patria natale, era nato infatti ad Alessandria d’Egitto, ma per la passione per le religioni asiatiche condivisa con il suo mentore, Karl Haushofer. Hess condivideva il desiderio di Haushofer di rafforzare i legami tedeschi con l’Asia attraverso l’emulazione “dell’unità mistica con la natura, gli antenati e i governanti” (ibidem) dello shintoismo, accomunata da un grande rispetto per l’obbedienza divina e incondizionata verso l’imperatore, “considerato discendente diretto del re del Sole” (ibidem). Hess leggeva il Corano, che raccomandava anche a Himmler, ed era profondamente immerso nelle idee tratte dall’induismo e dal buddhismo, recepite per il tramite dell’antroposofia.

Un’antica nobiltà guerriera
Hitler era chiaramente influenzato da queste idee indo-sino-ariane sulla geopolitica. A inizio degli anni Venti Karl Haushofer lo introdusse a tale innovativa interpretazione del fenomeno politico. Dieci anni dopo, Hitler seguì alcune conferenze in cui Hans Friedrich Karl Günther affermava che le genti arie avevano dilagato in Asia ben duemila anni prima di Cristo. Alcuni erano arrivati sino in Cina e in Giappone, dando origine a una nobiltà guerriera, ed era per questo che l’aristocrazia cinese e quella giapponese avevano entrambe caratteri nordici come “un cranio decisamente allungato e una pelle quasi bianca, talvolta unita a incantevoli caratteristiche europee” (Kurlander, 2018). Il resto degli ariani attraversò il Caucaso e si spinse fino in India. Lì organizzarono un sistema di caste per preservare la loro linea di sangue, e “una giovane coppia nordica benestante mise al mondo un principe: il Buddha” (Kurlander, 2018).

Karl Haushofer sosteneva che Germania e Giappone avevano il diritto comune di espandere il loro spazio vitale a spese degli imperi occidentali; a costo di una guerra, se si fosse reso necessario.  Quella giapponese era una razza élitaria, secondo Haushofer, incline a una buona procreazione e ai valori marziali. L’impero giapponese, dunque, costituiva il perfetto “intermediario tra Oriente e Occidente”. Haushofer dichiarò inoltre che “la più grande e più importante svolta geopolitica della nostra epoca è la costruzione di un’Europa forte come parte di un blocco continentale che comprenda l’Asia settentrionale e orientale” (Goodrick-Clarke, 2006). L’influenza di Haushofer può spiegare perché Hitler abbia modificato gli iniziali tiepidi sentimenti nei confronti dei giapponesi, inizialmente espressi nel Mein Kampf – dove i giapponesi erano definiti “portatori di cultura” anziché “creatori di cultura” (Kurlander, 2018) come i tedeschi. Tale ipotesi indo-sino-ariana influenzò l’alleanza di Hitler con il Giappone; un’alleanza che avrebbe portato alla creazione di un impero mondiale; un’opera titanica che si sarebbe concretizzata in un immane collegamento ferroviario che partendo dalle coste francesi avrebbe raggiunto la Manciuria.

La storia immaginaria di Himmler
Le affermazioni sulle origini norrene della civiltà asiatica segnarono profondamente il pensiero di Himmler, determinato a “rinvenire una prova archeologica schiacciante di questi conquistatori dai capelli aurei” (Goodrick-Clarke, 2006). Himmler riteneva che gli antichi superstiti di Atlantide avessero fondato una grande civiltà nell’Asia centrale. Secondo il Reichsführer delle SS, le “élite dell’Asia” (ibidem) – cioè i bramani indù, i capi mongoli, i samurai giapponesi – sarebbero discese da antichi conquistatori europei. Himmler non solo nutriva il desiderio di creare un “impero mondiale tedesco” (ibidem) unito dalla “germanicità ariana” (ibidem), ma il Reichsführer voleva che le SS facessero propri i valori dei samurai giapponesi. Sospinto da tale intento contribuì alla prefazione del libro di Heinz Corazza, Die Samurai (I samurai, 1937), un libro ampiamente riassunto e discusso nel saggio di Marco Zagni.
Secondo Himmler in un passato ancestrale le genti dell’Estremo Oriente avrebbero seguito “lo stesso codice d’onore dei nostri padri” (ibidem), che in un tempo lontano si era esaurito rapidamente; sarebbero state minoranze etniche di altissimo lignaggio come le SS e i Samurai ad assicurare ad una nazione la vita eterna in termini di sopravvivenza corporea.

Il panasiatismo nazista aveva quale nodo principale il Tibet, in virtù della sua posizione mediana tra le etnìe mongole e quelle europee. Ciò significava che il Tibet poteva svolgere un “ruolo significativo in una federazione pan-mongola di stati” (Kurlander, 2018) sotto l’egida della Germania e del Giappone. I negoziati tra il Terzo Reich e il Tibet, osservò l’SS Ernst Schäfer (1910-1992) zoologo esploratore, erano facilitati dal fatto che “noi tedeschi siamo stati la prima nazione bianca a porgere la mano a un popolo asiatico, vale a dire ai giapponesi” (Galli, 2007). Il coordinatore ed esponente di spicco dell’Ahnenerbe Walther Wüst (1901-1993) spiegò che i giapponesi erano “compagni di sventura” in senso razziale, con i quali si poteva stringere un’alleanza contro le “democrazie sfruttatrici anglosassoni” e il “capitalismo mondiale ebraico” (Drioli, 2011). Il segretario di Hitler Martin Bormann (1900-1945) e la moglie Gerda discutevano dell’alleanza tra l’Asse e il Giappone in termini analoghi, nel contesto della comune origine indo-sino-ariana e della superiorità razziale. L’ufficio esteri del Sicherheitsdienst (SD, il servizio segreto delle SS) fondò un Istituto per l’Asia orientale, come pure un “Gruppo di lavoro per l’India” (ibidem) al fine di rafforzare i legami con il Giappone.

Una razza indoariana orientale
Non dovrebbe stupire che le leggi razziali di Norimberga vennero modificate verso la fine degli anni Trenta perché non si applicassero alle popolazioni dell’Asia orientale. È indubbio quindi che il Führer ritenesse che quella giapponese fosse una razza indoariana “di cultura elevata” (Goodrick-Clarke, 1993) che aveva mantenuto la sua purezza in una “lotta sanguinosa contro i mongoli asiatici” (ibidem). Diffusa fra i gerarchi nazisti era l’idea secondo cui giapponesi e tedeschi condividessero lo stesso «spirito militare fortemente sviluppato, fatto di cameratismo e dell’esperienza del fronte» culminante in un “movimento sempre più forte per il rinnovamento” (Kurlander, 2018), il cui obiettivo più alto – citando il generale e ambasciatore Oshima – era “un ordine mondiale di giustizia” (ibidem).

L’invasione giapponese della Cina nel 1937 e l’attacco a Pearl Harbor nel dicembre del 1941 rafforzarono le attese di un impero dell’Asse tra Oriente e Occidente. Un’alleanza geopolitica mai saldamente conclusa: le sorti della guerra cambiarono rapidamente per entrambe le potenze dell’Asse nel 1942, portando a reciproca sfiducia e pessimismo. Ma anche nel momento dei reciproci successi gli esiti delle vittorie furono dissonanti. Sia la Germania sia il Giappone cercarono di costruire nelle zone sotto il loro controllo un ‘nuovo ordine’ basato sulla supremazia della nazione eletta. Mentre però il Giappone si appoggiò ai movimenti indipendentisti dei paesi soggetti al dominio coloniale e fece propria, strumentalmente, la causa della lotta contro l’imperialismo europeo, la Germania non concesse nulla alle aspirazioni dei popoli ad essa soggetti. Per le popolazioni considerate razzialmente inferiori, i progetti hitleriani prevedevano solo la completa capitolazione.

Letture
  • René Alleau, Le origini occulte del nazismo. Il Terzo Reich e le società segrete, Edizioni Mediterranee, Roma, 1989.
  • Wilfried Daim, L’ideologo di Hitler. Jorg Lanz von Liebenfels, Settimo Sigillo, Roma, 2014.
  • Gianfranco Drioli, Ahnenerbe. Appunti su scienza e magia del Nazionalsocialismo, Ritter, Milano 2011. Giorgio Galli, Hitler e il nazismo magico, BUR, Milano, 2007.
  • Nicholas Goodrick-Clarke, Le radici occulte del nazismo, SugarCo, Carnago, 1993.
  • Nicholas Goodrick-Clarke, La sacerdotessa di Hitler. Savitri Devi, il mito indu-ariano e il neonazismo, traduzione e introduzione a cura di Marcello De Martino, Settimo Sigillo, Roma, 2006.
  • Eric Kurlander, I mostri di Hitler. La storia soprannaturale del Terzo Reich, Mondadori, Milano, 2018.
  • Hans-Jürgen Lange, La luce del sole nero. Il Rasputin di Himmler e i suoi eredi, a cura di Marcello De Martino, Settimo Sigillo, Roma, 2011.
  • Marco Zagni, La svastica e la runa. Cultura ed esoterismo nella SS Ahnenerbe, Mursia, Milano, 2011.
Visioni
  • Marco Dolcetta, Le radici occulte del nazionalsocialismo, Nuova Iniziativa Editoriale, Roma, 2006 (home video).