Sotto il sole di Roma
“tutto pò succede”

Mauro Bolognini
La giornata balorda
Cast principale: Jean Sorel, Lea Massari,
Jeanne Valérie, Valeria Ciangottini,
Isabelle Corey, Paolo Stoppa,
Rik Battaglia

Home video:
Mustang Entertainment/CG Entertainment, 2020.

Mauro Bolognini
La giornata balorda
Cast principale: Jean Sorel, Lea Massari,
Jeanne Valérie, Valeria Ciangottini,
Isabelle Corey, Paolo Stoppa,
Rik Battaglia

Home video:
Mustang Entertainment/CG Entertainment, 2020.


“Marcello, invece, abitava ai Grattacieli un po’ più avanti: grandi come catene di montagne, con migliaia di finestre, in fila, in cerchi, in diagonali, sulle strade, sui cortili, sulle scalette, a nord, a sud, in pieno sole, in ombra, chiuse o spalancate, vuote o sventolanti di bucati, silenziose o piene della caciara delle donne o delle lagne dei ragazzini” (Pier Paolo Pasolini, 2014). La descrizione del luogo in cui c’è la dimora dello sfortunato personaggio di Ragazzi di vita ricorda l’atmosfera delle prime inquadrature de La giornata balorda, nelle quali la macchina da presa cattura i ballatoi di Palazzo Lamperini sulla Tiburtina, nella capitale. Accompagnato dalle note di uno splendido blues scritto da Piero Piccioni, quel piano-sequenza accentua una triste somiglianza tra un ambiente carcerario e quei brulicanti locali. In un uno di essi vive Davide Cesarano, ventenne che, come dirà di sé, pur di guadagnare vorrebbe fare tutto, ma non sa far niente perché non gli hanno insegnato niente. È lui il protagonista di questo lungometraggio del 1960 che Mauro Bolognini realizza da una sceneggiatura scritta da Alberto Moravia, lo stesso Pasolini e Marco Visconti, ispirata ai lavori antologici legati a Roma dello stesso Moravia. Il ragazzo, un volto che suggerisce freschezza e impunità (quello di Jean Sorel), è un inaffidabile, un balordo, che si consegna alle opportunità che può concedere la giornata, al destino insomma, come aveva d’altro canto predetto la voce fuori campo del monnezzaro, un Tiresia che si aggira per la raccolta in periferia, con il suo “Abbi fede, a ‘sto monno tutto pò succede’”.

Censori, ministri e giornalisti
In quel complesso abitativo, c’è anche Ivana, la giovanissima con la quale Davide ha appena avuto un figlio e che ha il volto di Valeria Ciangottini, la stessa attrice che interpreta Paola, la fanciulla umbra incontrata da Marcello Rubini (Marcello Mastroianni) ne La dolce vita. Anche il film di Federico Fellini è del 1960, anno compreso tra quel 1959 e quel 1961, intesi come gli estremi di un periodo in cui, sotto la reggenza di Umberto Tupini, prima, e di Alberto Folchi, poi, del ministero competente per lo spettacolo, la censura torna a cavalcare un’intensa stagione di furore: le forze più accreditate storicamente nel Paese a sostenere le ragioni del cosiddetto senso del pudore, agivano come se le sale cinematografiche fossero campi di battaglia, magari più periferici, di quel conflitto che si consumava nelle aule parlamentari e nelle piazze (cfr. Brunetta, 2001).

Nella primavera di quel 1960 accadde anche un episodio che dava un eloquente indizio della situazione di quei tempi: a un giornalista inglese venne inflitta una multa di duemila lire per aver baciato la sua consorte passeggiando per le strade della città eterna. Andava distinto tra bacio affettuoso e atto esagerato, così come tra bacio normale e quello di lunga durata, sostenne il ministro Tupini per difendere l’operato dei tutori della legge italiani nei riguardi del britannico sanzionato, incontrato poco dopo durante un soggiorno a Londra: il democristiano, un tempo sindaco della capitale, rincarò anche la dose, facendo notare come in Italia vi fossero, in verità, trasformazioni ormai permissive sul versante dei costumi, dal momento che, ai tempi di Mario Scelba, il bacio era classificato come atto osceno in luogo pubblico senza distinzioni di sorta (Maradei, 1982).
Non c’era molto da stupirsi, dunque, in quel clima, per l’accanimento contro opere di quell’anno altrettanto controverse, come Rocco e i suoi fratelli e il citato La dolce vita. In realtà, la vicenda del film di Bolognini è più complessa: in un’introduzione alla pellicola, che correda l’edizione in dvd della Mustang Entertainment, Gianni Canova, pur sostenendo che l’ostracismo fu dovuto ad altro che l’offesa nei riguardi della moralità pubblica, ricordò che Tupini nel giugno del 1960 ne ostacolò la lavorazione con un intervento parlamentare, che dopo l’uscita subì il sequestro da parte della Procura di Milano e che soltanto nel giugno del 1961 fu permesso il ritorno sul grande schermo.

La cinematografia italiana di quegli anni, tuttavia, non si consegnò senza combattere alle accuse dei paladini del contegno e tra i suoi difensori annoverò due firme prestigiose della sceneggiatura de La giornata balorda: se il 26 novembre 1960 Pasolini esortava i lettori di Vite Nuove a non considerare la questione sul piano dove veniva posta dagli stessi censori, cioè quello moralistico-sessuale, dal momento che essa era un fatto meramente politico, più esplicite e senza complimenti furono le parole di Moravia in un articolo apparso il giorno seguente su L’Espresso: “L’Italia non è il paese di Calvino, bensì quello di Machiavelli; il moralismo italiano, gratta gratta, nasconde sempre la rogna politica” (Moravia, 1960).

Scrittori, critici e sceneggiatori
La presenza di queste due figure della cultura italiana del Novecento nella realizzazione del film testimonia quegli intensi rapporti fra letteratura e cinema, che, come rammenta Gian Piero Brunetta, affondavano salde radici nel decennio precedente, in quegli anni Cinquanta nei quali, a Moravia e Pasolini, s’aggiungeva una nutrita schiera di scrittori che vantava nomi quali Corrado Alvaro, Giorgio Bassani, Giuseppe Berto, Vitaliano Brancati, Italo Calvino, Aldo Palazzeschi, Vasco Pratolini, Mario Soldati (cfr. Brunetta, 2001). Secondo il critico cesenate, essi prestavano una collaborazione che appariva più una consulenza che doveva fare i conti, anche un po’ a fatica, con un linguaggio molto standardizzato. Quei letterati, tuttavia, a poco a poco trasformarono margini sempre più consistenti in un’esperta competenza. Successe così che, mentre alcuni di loro s’avvicinarono alla settima arte in qualità di opinionisti, fino ad assumere il ruolo di critici, altri furono coinvolti in maniera più diretta nel processo creativo, proponendo soggetti o intervenendo nella sceneggiatura. A quest’ultima (solitamente un passaggio obbligato prima di affrontare una regia) s’accostò Pasolini incoraggiato da Fellini, che lo volle per la revisione delle parti in dialetto romanesco contenute ne Le notti di Cabiria. Diresse, poi, la sua prima pellicola, Accattone, quando La giornata balorda affrontava le peripezie con la censura rievocate da Canova.
Nel suo commento, il critico sottolinea anche la presenza di alcuni elementi che diventeranno consueti nella filmografia pasoliniana, come le strade sterrate e i palazzi dormitorio delle borgate, ingredienti di certe scenografie romane di quegli anni, gli stessi che si riversavano nelle sue parole e nelle sue immagini. Lo sfogo attraverso lo stornello della madre di Ivana, nelle prime scene, non pare in effetti anticipare un altro toccante inizio, quello di Mamma Roma con Anna Magnani?

Quanto a Moravia, i suoi Racconti romani avevano già avuto una trasposizione cinematografica con l’opera omonima diretta da Gianni Franciolini, uscita a un anno di distanza dalla pubblicazione del libro, avvenuta nel 1954. In quella raccolta compare anche Il naso, una delle fonti moraviane de La giornata balorda: in particolare, l’idea di sottrare un anello di valore a un defunto è ispirata a quel tale che, suo malgrado, si trovò a compiere il macabro gesto delittuoso con lo sventurato Silvano, uno che “la disgrazia gli stava scritta in fronte; e la fortuna non gli sorrideva se non per tendergli un tranello e farlo capitombolare più in fondo alla disgrazia” (Moravia, 2001). Va da ricercarsi nei Nuovi racconti romani, che seguiranno di cinque anni la precedente antologia, l’altro riferimento alla penna dello scrittore capitolino, ossia La raccomandazione, in cui Cesarano (anagramma di Saraceno) Alfredo, nella speranza di ottenere un’occupazione, attraversa la città con una lettera di presentazione firmata dall’avvocato Moglie (che nel film di Bolognini ha il volto di Paolo Stoppa) che “conosceva mezza Roma, che, se poteva un favore lo faceva e che, insomma, da cosa nasce cosa”(Moravia, 2018).

Truffatori, ladri e prostitute
Che siano le circostanze o meno a determinare le scellerate scelte di Davide, resta il fatto che sulla sua strada incrocia altri tipi ai limiti della legge, a cominciare dagli imbroglioni e dai mariuoli, soggetti prediletti del cinema italiano del secondo dopoguerra. A tal proposito, Brunetta indica una delle rappresentazioni più brillanti ne Il bidone (cfr. Brunetta, 2001), diretto da quel Fellini che, stando a certe memorie, varcò per la prima volta la soglia di Cinecittà per solare lui stesso un divo con la vendita di un gioiello falso (cfr. Kezich, 2002). Sulla veridicità dell’episodio, come per molti altri della biografia del regista riminese, non è saggio esprimersi, ma che egli abbia attinto a certe miserie che hanno caratterizzato la narrazione della trascorsa stagione neorealista, trasformandone il genere, è un parere più agevole da sostenere (cfr. Verdone, 1995). Questa eredità, però, è stata largamente condivisa dai suoi colleghi di quel periodo, fino a trascinarsi nell’avventura della commedia all’italiana, iniziata proprio con una storia di ladruncoli senza grandi aspirazioni criminali, quei soliti ignoti monicelliani che con La giornata balorda spartiscono anche una location, dato che i due fratelli Nicosia, “Ferribotte” e Carmela, abitano uno degli appartamenti di Palazzo Lamperini.

Quella raccontata da Bolognini è la truffa dell’olio, la cui adulterazione è considerata la più scandalosa delle frodi alimentari. Queste ultime, insieme all’inquinamento atmosferico e all’assalto dei rumori, rappresentavano alcuni dei nocivi effetti generati, paradossalmente, dal benessere di quegli anni (cfr. Maradei, 1982). L’imbroglio dell’olio fu, in particolare, emblema di scandali di una società fracica, come l’apostrofa “Tortorella” (Anna Magnani) per giustificare la condotta del borseggiatore Lello (Ben Gazzara) dalle accuse di “Infortunio” (Totò) in Risate di gioia, diretto da Mario Monicelli, sempre del 1960 e sempre tratto da Moravia, precisamente dalle novelle Le risate di Gioia e Ladri in chiesa. Complice di un affare losco, Davide, dunque, s’arrende a vivere di espedienti, come i protagonisti della prima collaborazione tra Bolognini e l’autore di Ragazzi di vita, ossia La notte brava, premiato col Nastro d’Argento per il Miglior Soggetto nell’ormai ricorrente 1960.
L’esordio del sodalizio fra i due inizia con un litigio fra due prostitute, altra presenza frequente nelle rispettive filmografie dei due registi. Il meretricio fu, d’altronde, un vero tema d’indagine del cinema italiano degli anni Sessanta, soprattutto se si tiene conto delle conseguenze determinate dalla legge Merlin, varata nel 1958, sulle abitudini degli italiani e sul destino di quelle donne che l’esercitarono. Fu Bolognini, attraverso Arrangiatevi, con la leggerezza di una commedia con Totò e Peppino De Filippo, raccontando la nuova destinazione abitativa di un postribolo, a suggerire la scomparsa di quel mondo che vi gravitava intorno. Si pensi, a tal riguardo, ne La giornata balorda, alle figure di Marina (Jeanne Valérie), costretta a celare dietro la professione di manicure la sua reale fonte di guadagno, e di Sabina (Isabelle Corey), che ha preferito il marciapiede al paese dov’è nata, in cui “non ce sta manco ‘a luce [ma] c’è ‘na puzza che t’ammazza piano piano”.

Mossi i primi passi nel cinema col felliniano Le notti di Cabiria, storia di una prostituta (vittima, tra l’altro, di un raggiro), lo stesso Pasolini intitolerà poi i suoi primi lavori coi nomignoli di uno sfruttatore (Accattone) e di una di quelle (Mamma Roma), due opere che, grazie alla complicità di Sergio Citti, resero un’efficace rappresentazione di una realtà ai margini, letteralmente, delle strade: “Mamma Roma è una tragedia degli inferi sociali, che si conclude con lo strazio dei protagonisti, nel quale si riflette la aprioristica condanna senza appello inflitta dalla società a coloro che portano la colpa della loro povertà. Ma a differenza di quanto accade nell’immobile, arcaico microcosmo di Accattone, in Mamma Roma troviamo un elemento dinamico, il miraggio dell’integrazione sociale, a fare da motore all’intera vicenda” (Murri, 1995).
Il confronto fra le parti vede Davide, in qualche modo, sempre sconfitto, compreso l’incontro con la spregiudicata Freja (la bellissima Lea Massari), la mantenuta del nuovo padrone del protagonista, un avvicinamento che, a sua volta, rappresenta un’ulteriore declinazione di quegli aspetti oggetto di biasimo nei primi anni Sessanta. Del resto, la prostituzione per le strade (e dunque ormai visibile), impicci dai larghi guadagni e la crisi occupazionale in pieno boom costituivano le motivazioni concrete che ostacolarono la realizzazione e la visione de La giornata Balorda cui fa riferimento Canova, in un’Italia attraversata dai tragici avvenimenti legati al Governo Tambroni, caduto a poco più di un mese dalla vetrina tanto attesa, quella Olimpiade romana del 1960: “dopo le «segnorine» e gli «sciuscià» che ballavano nel ’43 il boogie-woogie fra le rovine per il piacere dei turisti in uniforme, dopo le orde di accattoni che pietivano dollari dai pellegrini venuti [al] Giubileo del 1950, l’Italia mostra adesso al mondo il suo volto di nazione moderna che crede nella tecnologia, nella pubblicità, nel denaro, nei «valori dell’Occidente»” (Guerrini, 1982).

Letture
  • Gian Piero Brunetta, Storia del cinema italiano. Dal Neorealismo al miracolo economico 1945-1959, Vol. 3, Editori Riuniti, Roma, 2001.
  • Mino Guerrini, Olimpiadi: vetrina per il “miracolo”, in AA. VV., Storia di una repubblica. Enciclopedia politica dell’Italia dal 1946 al 1980, L’Espresso, Roma, 1982.
  • Tullio Kezich, Fellini, la vita e i film, Feltrinelli, Milano, 2002.
  • Manlio Maradei, Consumismo: e così cambiano i costumi, in AA. VV., Storia di una repubblica. Enciclopedia politica dell’Italia dal 1946 al 1980, L’Espresso, Roma, 1982.
  • Alberto Moravia, Censura politica dietro il sesso, in L’Espresso, a. VI, n. 48 27 novembre 1960.
  • Alberto Moravia, Nuovi racconti romani, Bompiani, Milano, 2018.
  • Alberto Moravia, Racconti romani, Bompiani, Milano, 2001.
  • Serafino Murri, Pier Paolo Pasolini, Il Castoro, Milano, 1995.
  • Pier Paolo Pasolini, Opinioni sulla censura, in Vite Nuove a. XV, n. 47, 26 novembre 1960.
  • Pier Paolo Pasolini, Ragazzi di vita, Garanti, Milano, 2014.
  • Mario Verdone, Federico Fellini, Il Castoro, Milano, 1995.
Visioni
  • Mauro Bolognini, Arrangiatevi, Mustang Entertainment/CG Entertainment, 2013 (home video).
  • Mauro Bolognini, La notte brava, Mustang Entertainment/CG Entertainment, 2018 (home video).
  • Federico Fellini, Le notti di Cabiria, Terminal Video, 2008, (home video).
  • Mario Monicelli, Risate di gioia, Eagle Pictures, 2016 (home video).
  • Pier Paolo Pasolini, Accattone, Warner, 2013 (home video).
  • Pier Paolo Pasolini, Mamma Roma, Mustang Entertainment/CG Entertainment, 2013 (home video).