Una, nessuna o centomila
facce digitali possibili

App che ci spogliano, software che scambiano facce, intelligenze artificiali che riprogrammano i nostri volti e i nostri corpi: la possibilità di mettere la faccia di chiunque su qualunque corpo prepara la giusta apocalisse per la civiltà dei selfie.

App che ci spogliano, software che scambiano facce, intelligenze artificiali che riprogrammano i nostri volti e i nostri corpi: la possibilità di mettere la faccia di chiunque su qualunque corpo prepara la giusta apocalisse per la civiltà dei selfie.


Il futuro prossimo dell’audiovisione sta bussando ai nostri smartphone e potrebbe essere incredibilmente disturbante. O divertente? I social media e il mobile computing stanno assorbendo e riplasmando tutte le tecnologie comunicative disponibili disciogliendole in ogni interstizio del quotidiano, per esempio: la produzione e post-produzione di foto e video durante lunghi e penosi pendolarismi o in coda a uno sportello o al supermercato.

Il libro delle facce e le app per il face swapping
Che sia causa o effetto, la direzione scelta dai big player del digitale è quella di perfezionare e democratizzare la capacità di produrre e far circolare immagini. Temi scottanti quali la privacy e il riconoscimento facciale stanno esaltando la centralità sociale del nesso volto-identità. Con il suo libro delle facce, l’azienda Facebook ha edificato un impero economico sulla centralità dei volti. Ma ora entriamo in una nuova fase della cultura selfie. Da diversi anni i software dedicati al face swapping stanno introducendo inedite possibilità manipolatorie consentendo all’utente di sostituire o scambiare volti. Il recente successo di app come FaceApp e Face Swap ha dimostrato quanto sia forte nel pubblico la voglia di giochi di ruolo, la curiosità di vedersi nei panni di un altro o di un’altra o di un sé stesso invecchiato o ringiovanito. Con la app cinese Zao siamo arrivati alla manipolazione dei video.

Le preoccupazioni (soprattutto occidentali visto che la app per ora non ha superato i confini cinesi) rendono difficile la percezione di cosa sia possibile fare con Zao, se non attraverso i video dell’artista e game developer Allan Xia che ha preso il suo volto di giovane maschio asiatico e lo ha sovrapposto a quello dei divi di Titanic e di Il trono di spade. L’effetto ricorda le scene più surreali di Essere John Malkovich (1999) di Spike Jonze e la comicità raddoppia se si pensa a certe pratiche dell’industria dei contenuti quali il genderswap e il whitewashing. Lo straordinario successo cinese di Zao potrebbe segnare l’ingresso delle tecnologie deepfake e dell’intelligenza artificiale nelle pratiche audiovisive introducendo nuovi vertiginosi livelli di interazione meta-narrativa tra spettacolo e fruitore.

La faccia e il processo di faccializzazione
Per Deleuze e Guattari “i volti non sono una cosa individuale” perché “definiscono zone di frequenza o probabilità” definiti all’esterno dell’individuo ovvero a valle di un processo di “faccializzazione” (Deleuze, Guattari, 2017). La significatività di un volto sconosciuto deriva da precise risonanze che scorgiamo nei tratti e che hanno origini astratte, nell’ambito di una sfera sociale e comunicativa. Il passaggio dalle prime comunità ominidi al mondo inteso come insieme di scenari tecnici e relazioni è rintracciabile dunque anche nell’evoluzione del concetto di faccia. Dal muso animale si passa al volto umano quando la soggettività si distacca dalle contingenze biologiche e ambientali e comincia a tenere conto dei contesti.

Tutti possono perdere la faccia e Hollywood ci aveva avvertiti
Messa nelle mani di chiunque, la possibilità di alterare o dirottare un volto ovvero un’identità potrebbe inaugurare una nuova accezione del concetto di aggressione digitale, un homo homini lupus declinato in culture digitali. Persone e organizzazioni potrebbero essere diffamate o ridicolizzate a colpi di falsi.

Oltre al già citato Essere John Malkovich esistono diversi classici del cinema che ci ricordano il volto evidenziandone la centralità scenica, talvolta giocando sull’assenza. Uno dei primi è La fuga (Dark Passage) di Delmer Daves. In questo innovativo noir del 1947 Vincent Parry (interpretato da Humphrey Bogart), ingiustamente condannato per uxoricidio, evade dal carcere e decide di sottoporsi a un intervento chirurgico per rendersi irriconoscibile. Lunghe sequenze in soggettiva incorporano la suspense e il punto di vista ansiogeno del fuggiasco. È forse il primo importante intervento di tecnica cinematografica in grado di mostrare al grande pubblico l’arbitrio dell’apparato tecnologico nello scegliere cosa mostrare e nel contempo la relatività della presenza scenica di un volto celebre, quello di Bogey. Con Face/Off, thriller del 1997 firmato da John Woo, Hollywood arriva alle più fantasiose e spiazzanti deformazioni delle strutture di genere per giocare con il tema dell’identità faccializzata. Sean Archer (interpretato da John Travolta), un agente dell’FBI, è a caccia di Castor Troy (Nicolas Cage), un folle terrorista specializzato in attentati batteriologici su larga scala. La caccia continua anche dopo che l’uno ha assunto le sembianze dell’altro a seguito di un sofisticato intervento di chirurgia plastica. L’aspetto geniale del film sono gli esilaranti risvolti da commedia quando ciascun personaggio entra nelle pieghe della vita privata dell’altro.

Disincanto e discernimento tecnologico
Più recentemente la trovata narrativa dello scambio di volti per generare colpi di scena spiazzanti è stata utilizzata ne Il trono di spade. In particolare i campi lunghi che esplorano la Casa del Bianco e del Nero a Braavos, svelano in un unico colpo d’occhio la grandiosità del Dio dai Mille Volti e l’adorazione degli Uomini Senza Volto. Quando Arya entra nel sancta sanctorum del tempio si trova al cospetto di una magnifica Babele: le altissime colonne in pietra sono piene di nicchie che da secoli accumulano i volti frutto delle missioni omicide dei Senza Volto. Tutti volti a disposizione per future messe in opera di false identità e de-faccializzazioni. Ma per entrare nella setta bisogna annullare il proprio self affrontando indicibili sacrifici sostenuti dalla cieca convinzione di riuscire un giorno a raggiungere l’illuminazione: essere nessuno e pervenire così, plasmandosi magicamente agli occhi degli altri, alla capacità di essere nel contempo chiunque.

Faccializzazione in versione saga: da Il trono di spade, nel tempio dei Senza Volto, Arya sceglie un volto per la sua prossima missione.



I Senza Volto de Il trono di spade sono efficacissimi assassini perché il loro camaleontico potere deriva dal de-faccializzarsi e dalla negazione di un’identità. E nel momento in cui “fare il male non richiede più motivazioni” (Bauman, Leoncini, 2017) e diventa puro e semplice intrattenimento, diventa anche difficile individuare e contrastare focolai di violenza. Tutti possono essere sotto attacco anche per il solo fatto di esporre la propria vita e le proprie fotografie allo sguardo di chiunque. Riusciremo mai a divertirci con i prodigi tecnologici del deepfake in tutta serenità e al riparo dai lupi?
I significati indicizzati nei tratti di un viso rappresentano una chiara fuga dalla natura biologica. Questa come altre fughe dalla Natura ha contribuito a trasferire il concetto di addomesticazione dall’ambiente al mondo e alla mondanità.

La volontà di addomesticare tutti i pezzi della nostra identità visiva potrebbe essere una causa persa.



Il volto umano è un elemento fondamentale anche nei nuovi territori digitali. La sua addomesticazione incorpora ancora una volta le tensioni introdotte dalla civilizzazione sul passaggio dal piano fisico-biologico a quello immaginario-simbolico. Più precisamente qui il viaggio dell’ominazione consiste sia nel prendere casa che nel prendere volto. Le culture che accompagnano questo viaggio sono ancora in via di sviluppo ma una cosa è certa: la tecnica comincia a essere sempre più spesso l’anello ultimo, quello più vicino all’individuo nella catena delle influenze, delle modificazioni e delle responsabilità. Probabilmente la tecnologia continuerà a essere il principale indiziato nel cercare causalità che invece vanno ripartite nell’ambito della complessità del mondo dal quale siamo continuamente faccializzati.

Letture
  • Zygmut Bauman, Thomas Leoncini, Nati liquidi, Sperling & Kupfer, Milano, 2017.
  • Gilles Deleuze, Felix Guattari, Mille piani. Capitalismo e schizofrenia, Orthotes, Salerno, 2017.
Visioni
  • David Benioff, D. B. Weiss, Il trono di spade, Warner Bros, 2019 (home video).
  • Delmer Daves, La fuga, Warner Home Video, 2004 (home video).
  • Spike Jonze, Essere John Malkovich, Universal Pictures Italia, 2011 (home video).
  • John Woo, Face/Off, The Walt Disney Company Italia, 2007 (home video).