L’eros e la lingua italiana:
giochi e cronache da Lopezia

Ezio Sinigaglia
L’imitazion del vero
TerraRossa Edizioni

Alberobello, 2020
pp. 106, € 14,00

Ezio Sinigaglia
L’imitazion del vero
TerraRossa Edizioni

Alberobello, 2020
pp. 106, € 14,00


Siamo a Lopezia, fantasioso principato tre o cinquecentesco. A Lopezia vive Orlando, per i compaesani Landone, un nerboruto e al tempo stesso aggraziato maestro d’ascia, valente “artefice” più che falegname, che dà vita col proprio ingegno a straordinari manufatti, prodigi di tecnica richiesti ai quattro angoli del principato e oltre. Ma nonostante la sua perizia ecumenicamente riconosciuta e il benessere materiale che ne consegue, l’ombra dello sconforto sovrasta Landone: come uomo del suo tempo qual è, non può infatti dar agio al modo in cui giustamente vorrebbe agli appetiti d’una sessualità che preferisce i giovinetti alle donzelle angelicate. Questo finché un ragazzo amorevole e grazioso, benignamente d’umiltà vestuto, giunge a bottega per apprenderne l’arte, diventando inconsapevole oggetto del desiderio erotico del mastro grazie al tramite di un’ingegnosa macchina dallo stesso Landone messa a punto. È così che parte L’imitazion del vero di Ezio Sinigaglia, romanzo breve recentemente pubblicato da TerraRossa Edizioni nella collana Sperimentali.
Di primo acchito non un romanzo di trama, secondo un intreccio che pare perlopiù un espediente narrativo. E nemmeno un romanzo di personaggi, data la tipizzazione piana e quasi favolistica dei caratteri che vi compaiono, e questo soprattutto nella prima parte, avanti cioè d’un rovesciamento di ruoli, favorito dall’entrata in scena di un terzo attore, che darà loro uno spessore più marcato, approfondendo al contempo la trama stessa.
Un romanzo di lingua, invece, e fin dall’inizio. O meglio: una novella di lingua che Sinigaglia ha costruito sul modello boccaccesco, facendo il verso a un idioma passato, grazie a una tensione imitativa e palesemente tale, dunque giocosamente parodiante e disinteressata alla correttezza filologica, che vede rivivere su pagine pubblicate nel XXI secolo una spassosa sintassi di gusto antico. Si prenda soltanto l’incipit, che valga per il resto:

“Viveva un tempo nella città di Lopezia un artefice di grandissimo ingegno, donde la fama oltre le mura della città ed i confini medesimi del Principato volava tanto che nei più remoti angoli della Cristianità l’eco se ne coglieva. E benché questo si fosse in effetto il mestier suo, grave ingiuria gli si farebbe chiamandolo col nome di falegname; poiché si era bensì col legno che le sue mani costruivano, ma tali e così fatti prodigi da quelle mani uscivano, che nessuno nel legno da umana scienza costrutti crederli non poteva”.

Una novella di lingua, dunque, e senza dubbio di ritmo piacevolmente affabulante. Una novella che, allegando primariamente questo, ovvero lingua e ritmo, ci fa innanzitutto riflettere su un gusto per la variazione che offre linfa nuova all’impresa letteraria odierna. Variazione dettata, nel caso, da un afflato d’inattualità e di sperimentazione linguistica che, leggendo altre opere di Sinigaglia, sembra caratterizzi a fondamento la narrativa dell’autore: si prendano al proposito i dialoghi italo-inglesi del romanzo Eclissi (Nutrimenti, 2016), peraltro recentemente vincitore di Modus Legendi 2020, e gli eccessi joyciani e neologistici del più lungo e complesso Il Pantarèi (romanzo scritto negli anni Settanta e ripubblicato nel 2019, ancora da TerraRossa Edizioni), che seguono in un articolato insieme narrativo alcune tappe fondamentali della letteratura novecentesca.
Tuttavia, per il vero, se si può dire che ne L’imitazion del vero (come negli altri romanzi citati) la narrazione sia al servizio della lingua, si può dire anche il contrario, ossia che la lingua sia al servizio della narrazione, e qui capovolgiamo (o meglio approfondiamo) lo sguardo. Perché per quanto gli esercizi d’idioma che campeggiano nel libro (che in parte sono il libro) possano essere definiti “di stile”, essi hanno tuttavia un fine superiore: si fanno cioè “teoria” letteraria allorquando diventano veicolo di una storia omoerotica, tre o cinquecentesca, altrimenti inenarrabile. Ed ecco che l’imitazione, quella del titolo e della lingua, è una veste che può essere intesa come consapevole codifica dell’eros nascosto, inteso quale vero e principale protagonista del romanzo. Perché a ben vedere, oltre che di lingua e ritmo, L’imitazion del vero è anche una novella d’eros, di amore difficile vissuto in principio nell’oscurità d’una bottega, e come tale va dunque anche letta.

Letture
  • Ezio Sinigaglia, Eclissi, Nutrimenti, Roma, 2016.
  • Ezio Sinigaglia, Il Pantarèi, TerraRossa Edizioni, Alberobello, 2019.