Cinema, denuncia
e sperimentazione


Manuel Puig
Il bacio della donna ragno
Traduzione di Angelo Morino
Edizioni Sur, Roma, 2017
pp. 300, € 16,50


Manuel Puig
Il bacio della donna ragno
Traduzione di Angelo Morino
Edizioni Sur, Roma, 2017
pp. 300, € 16,50


Esperimento letterario tra i più riusciti del Novecento, Il bacio della donna ragno di Manuel Puig è uno di quei testi che colpisce proprio per le pindariche evoluzioni di uno stile narrativo che si articola in forme diverse e spaesanti. Gran parte del libro è strutturato sul dialogo tra i due protagonisti, i celebri, soprattutto grazie alla pellicola di Héctor Babenco del 1985, Luis Molina e Valentín Arregui. Di tanto in tanto, come una sorta di voce fuori campo, lunghe note a piè di pagina, uno strumento, come noto, tipico della saggistica, ripercorrono una vera e propria storia degli studi sull’omosessualità. Non è solo la scelta dell’utilizzo della nota a sorprendere, ma lo stile, che in queste smette di essere letterario e si trasforma in scientifico.
I due livelli, quello letterario del dialogo e quello scientifico delle note, in realtà procedono di pari passo, puntando al medesimo obiettivo, un obiettivo che l’autore volutamente lascia aperto all’interpretazione del lettore. Nel finale del romanzo, il dialogo s’interrompe, per lasciare spazio prima a un freddo e distaccato rapporto della polizia e poi a una soggettiva sognante e sognata di Arregui. Il contrasto tra queste ultime due parti è tanto potente quanto brutale ma permette a Puig di chiudere in modo circolare la sua opera.
Il bacio della donna ragno si apre infatti con il racconto di Molina di una pellicola cinematografica, Cat People di Jacques Tourneur del 1942 (in Italia: Il bacio della pantera). Il raccontare film diventerà poco a poco un’abitudine irrinunciabile per entrambi i protagonisti perché gli permetterà di dimenticare per qualche ora la cella nella quale sono costretti. Oltre a Cat People, i film le cui trame sono raccontate in questo romanzo sono, nell’ordine: Die große Liebe di Rolf Hansen del 1942 (in Italia: Un grande amore), Hipócrita di Miguel Morayta del 1949 e I Walked with a Zombie, sempre di Tourneur del 1943 (in Italia: Ho camminato con uno zombie).
Questa dimensione onirica iniziale è speculare in modo inverso a quella finale: se Cat People è raccontato con molte licenze dall’apparentemente sensibile Molina, il sogno dell’apparentemente duro Arregui riprende molti ricordi della sua vita e dei film che ha ascoltato dall’amico. C’è da dire che il termine “sogno” non rende a pieno e forse tradisce l’esperienza di Arregui descritta nel libro, esperienza forse più simile, volendo comunque fare un paragone ardito, a quella vissuta da Jonathan Pryce nell’epilogo di Brazil (Terry Gilliam, 1985).
La scelta di Puig di utilizzare una prosa pacata, scarna, quasi distaccata, in cui emerge il suo amore per il cinema e per i mélo, non deve però ingannare. Il bacio della donna ragno vuole essere soprattutto un vigoroso urlo di protesta e di denuncia. Una denuncia che si scaglia contro bersagli diversi e si muove su piani sfalsati.

William Hurt e Raúl Juliá, protagonisti della trasposizione cinematografica de Il bacio della donna ragno, rispettivamente nei panni di Luis Molina e Valentín Arregui.

Il primo attacco, quello più in superficie, e non per questo meno forte, è a quei metodi polizieschi e antiterroristici che nell’Argentina degli anni Settanta comprendevano non soltanto la manipolazione psicologica e il ricatto, ma la tortura e l’omicidio. Subito dopo è il concetto di sessualità a essere messo sul banco degli imputati, ma non è il sesso in quanto tale a essere discusso, quanto i pregiudizi che i vari attori che compongono le società contemporanee hanno nei confronti delle sessualità percepite in modo differente rispetto a quelle considerate tradizionali.
La posizione di Puig a questo proposito è chiara, l’omosessualità non è qualcosa di eccezionale, di particolare, ma è una delle tante normalità, non prive di contraddizioni, che caratterizzano l’essere umano.Infine, un terzo livello di denuncia, piuttosto nascosto tra le pagine, è di natura morale e si rivolge al concetto di tradimento. Tradire significa, etimologicamente, “consegnare ai nemici”: “Iesus autem dixit ei: Juda, osculo Filium hominis tradis” (“Gesù gli disse: Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo”, Luca, 22, 48). Tradire, e tradire un’amicizia, è una delle azioni più ignobili che possa commettere un uomo. Nel romanzo, Molina sembra a un certo punto un traditore, ma non lo è. Alla fine rimane fedele non solo all’amico, ma anche alle sue idee. Eppure dal tradimento avrebbe potuto ottenere tutto ciò che nei giorni trascorsi in carcere desiderava. Un’apparente salvezza materiale in cambio della svendita della propria coscienza. Una svendita che sarebbe rimasta segreta e che, comunque, a nessuno avrebbe interessato. Una transazione di per sé facile, nella quale i vantaggi, almeno quelli materiali, sono tutti da un lato. Molina sceglie, invece, il sacrificio, consapevole delle conseguenze a cui andrà incontro, certo che in questo modo la sua coscienza, la sua essenza non verrà compromessa.
Il suo è un atto sovversivo, molto più di quelli che Arregui potrebbe trovare nei libri che legge ogni giorno. È il passaggio allo stadio etico kierkegaardiano, il momento in cui ci si assume la responsabilità della scelta e si punta a un quadro coscienziale trasparente in cui è possibile riconoscersi senza vergogna. Ed è proprio l’aver intrapreso questa direzione che rende Molina un eroe al pari di quelli della mitologia classica, perché, come potrebbe dire Donna Tartt, in un mondo di vigliacchi e di carogne, essere fedeli, rimanere fedeli, è un gesto raro e, purtroppo, rivoluzionario.