Inni visionari alla libertà:
la musica di Pharoah Sanders

Mark de Clive-Lowe & friends
Freedom
Celebrating the Music
of Pharoah Sanders
Soul Bank Music, 2022

Formazione:
Mark de Clive-Lowe (pianoforte, organo elettrico, tastiere, effetti),
Dwight Trible (voce),
Teodross Avery (sassofoni),
Corbin Jones (contrabbasso, sousaphone),
Tommaso Cappellato (batteria),
Carlos Nino (percussioni).

Mark de Clive-Lowe & friends
Freedom
Celebrating the Music
of Pharoah Sanders
Soul Bank Music, 2022

Formazione:
Mark de Clive-Lowe (pianoforte, organo elettrico, tastiere, effetti),
Dwight Trible (voce),
Teodross Avery (sassofoni),
Corbin Jones (contrabbasso, sousaphone),
Tommaso Cappellato (batteria),
Carlos Nino (percussioni).


A un anno di distanza dallo splendido Promises, registrato in compagnia di Floating Points e della London Simphony Orchestra, Pharoah Sanders continua a essere protagonista della scena jazzistica attuale, anche se questa volta in qualità di ispiratore, con un tributo alla sua musica affascinante. Dopo aver reso omaggio nel 2017 a Yusef Lateef, Sun Ra e Ahmad Jamal in Live at the Blue Whale, questa volta Mark de Clive-Lowe si cimenta con la poetica del sassofonista dell’Arkansas, uno dei grandi del jazz ancora attivo, pubblicando un doppio album dal titolo Freedom – Celebrating the Music of Pharoah Sanders, registrato sempre dal vivo nello storico club di Los Angeles Blue Whale. Al suo fianco un gruppo di tutto rispetto, affiatato e ben preparato: il sassofonista Teodross Avery, già autore nel 2019 di un bellissimo tributo a John Coltrane (After the Rain: A Night for John Coltrane), il bassista Corbin Jones, Tommaso Cappellato alla batteria, Carlos Nino (produttore, arrangiatore, DJ, storica figura della scena indipendente di Los Angeles) alle percussioni e la magnifica voce di Dwight Trible, già con Kamasi Washington, con il trombettista di Manchester Matthew Halsall e la sua Gondwana Records, e autore di lavori tra i più significativi di questi ultimi anni (Cosmic e Mothership tra gli altri). L’area geografica è quella di Los Angeles, mentre i riferimenti artistici ed estetici virano inevitabilmente verso quel jazz cosmico, spirituale, che affonda le sue radici nelle musiche dei Coltrane, John e Alice, e ovviamente dello stesso Sanders. Pianista jazz anomalo, con un passato londinese tra remix e fusioni elettroniche varie, Mark de Clive-Lowe insieme ai suoi compagni di viaggio allestisce un notevole lavoro, nel quale l’estetica del Faraone è pienamente sviluppata ed espletata senza stravolgerla più di tanto. Possiamo dire che l’operazione Freedom dispiega davanti a noi la potenza e l’assoluta contemporaneità di una musica astrale, trascendente, afrofuturista, in piena connessione con lo spirito dei tempi, a riprova che Sanders (ma anche altri esponenti della scena free jazz storica) avevano visto giusto già tanti anni fa.

Un incanto non scalfito dal tempo
La bellezza di questo disco è nell’ascolto di brani evocativi, incalzanti e struggenti eppur reinterpretati in maniera personale; una musica ricca che permette lo sviluppo di materiale originale proprio sulla base di intuizioni e note del passato. Il repertorio è tratto dai classici album Impulse! di Pharaoh Sanders: Tauhid (1967), Karma (1969), Thembi (1971), Village of the Pharaohs (1973), Wisdom Through Music (1973), Elevation (1974) e una puntata negli anni Ottanta con la bellissima You’ve Got To Freedom, tratta da Journey to the One del 1980. Proprio quest’ultimo brano mostra in maniera significativa il lavoro effettuato dal gruppo sulla musica di Sanders: momentanee modifiche armoniche che spostano moderatamente l’estetica originale, inserti elettronici discreti e misurati, un sassofono che, pur nella sua pulizia e limpidezza, sa urlare e drammatizzare, ma soprattutto la voce di Dwight Trible che gorgheggia, esita, e poi grida, incita, dialoga con il sassofono, il tutto sostenuto da una ritmica potente, a tratti furiosa. Insomma, è musica che sviscera la sua energia spirituale con fierezza, sviluppando con originalità le suggestioni del Faraone.
Altrettanto significativa è The Creator Has a Master Plan, più compassata, intima, riflessiva rispetto all’originale. La performance di Dwight Trible è di livello assoluto, con la sua voce calda e scura, quasi da crooner, alla ricerca di nuove linee melodiche e in costante contatto con il pubblico, mentre il gruppo suona il brano a mo’ di ballad, intervallando fiammate free intorno alla voce e chiudendo con un ritmo funkeggiante. Anche qui sommovimenti armonici e pennellate elettroniche che portano dalle parti di Sun Ra.

Assai particolare risulta essere Elevation, caratterizzata dal sousaphone di Corbin Jones, in una versione nettamente più breve rispetto all’originale, mentre in Upper Egypt, ridotta la fase iniziale meditativa, si cavalca presto in un groove funky soul irresistibile per poi addentrarsi, nel finale, in un territorio ampio, minimale, dove una sola nota di sax funge da collettore per una batteria tribale incorniciata da folate elettriche.
Non occorre addentrarci oltre nel doppio album, salvo dire che Clive-Rowe e i suoi compagni rifuggono, generalmente, da un’interpretazione che privilegia solo la ritmicità, anzi in alcuni casi provando a distendere le atmosfere, come in Astral Travelling oppure nella già citata The Creator Has a Master Plan, e a sintetizzare la materia musicale come nella concisa e ammaliante Love Is Everywhere, schivando facili riletture à la page, a dimostrazione di intelligenza e personalità. In questo, va detto, sono certamente aiutati dalla vitalità delle musiche di Pharaoh Sanders, da quell’inesauribile ed intensa energia che ancora produce idee e suggestioni senza fine, un bacino fondamentale per nuove generazioni di musicisti. La singolare fusione della spiritualità di A Love Supreme con la visionarietà cosmica di Interstellar Space esplorate da John Coltrane, la semplificazione armonica, l’esaltazione del groove, la vocalità ritrovata, l’orizzontalità, un suono vibrante, potente e ancestrale che proviene dalla rivoluzione free, sono tutte caratteristiche del Faraone che indubbiamente suonano contemporanee, attuali, anzi, futuristiche.
Il gruppo ne trae una musica di assoluto valore e i confronti con gli originali perdono di significato nella costruzione di atmosfere e territori che avvincono al primo ascolto, costruendo altresì un prodotto che pur suonando musica di cinquant’anni fa ne estende e ne incrementa i cardini essenziali. Un’ultima annotazione va fatta per la copertina, stupenda e iconica creazione dell’artista giapponese Tokio Ayoama, già protagonista nei dischi di Idris Ackamoor e i suoi Pyramids, della cantante e producer losangelina Georgia Anne Muldrow, ma anche con Kamasi Washington, con i De La Soul e tanti altri esponenti dell’America Black. Tra lampi surrealisti, visioni psichedeliche, rimandi evidenti al Mati Klarwein del davisiano Bitches Brew e spiritualità orientale, Ayoama dà luce, forme e figure perfettamente appropriate alla musica, anzi fornendo ulteriori elementi di lettura dell’opera e inserendola nel concreto immaginario attuale. Gran disco.

Ascolti
  • Teodross Avery, After the Rain: A Night for John Coltrane, Tompkins Square, 2019.
  • John Coltrane, A Love Supreme, Impulse!, 2003.
  • John Coltrane, Interstellar Space, Impulse! (J), 2021.
  • Mark de Clive-Lowe, Live at the Blue Whale, Mashibeats – Ropeadope Records, 2017.
  • Pharoah Sanders, Thembi, Impulse!, 2021.
  • Pharoah Sanders, Tauhid, Universal Music/Verve, 2017.
  • Pharoah Sanders, Karma, Impulse!, 2021.
  • Pharoah Sanders, Elevation, Impulse!, 2021.
  • Pharoah Sanders, Village of the Pharaohs, Impulse! (J), 2021.
  • Pharoah Sanders, Wisdom Through Music, Impulse! (J), 2021.
  • Pharoah Sanders, Journey to the One, Theresa Records, 2020.
  • Dwight Trible, Cosmic, Katalyst Entertainment, 2011.
  • Dwight Trible, Mothership, Gearbox Records, 2019.