Che bambola!
Quando i pupazzi uccidono


David F. Sandberg
Annabelle 2: Creation
Warner Bros, Usa, 2017


John R. Leonetti
Annabelle
Warner Bros, Usa, 2015
(home video)


James Wan
L’evocazione
Warner Bros, Usa, 2013
(home video)


David F. Sandberg
Annabelle 2: Creation
Warner Bros, Usa, 2017


John R. Leonetti
Annabelle
Warner Bros, Usa, 2015
(home video)


James Wan
L’evocazione
Warner Bros, Usa, 2013
(home video)


A Monroe, in Connecticut, nella casa di Ed e Lorraine Warren, c’è una teca sigillata con una bambola di pezza. Una classica, rassicurante, bambola dai capelli rossi e qualche lentiggine sul volto. La rende speciale, interessante se si vuole, il fatto che sia rinchiusa e che un prete bagni di acqua santa, a intervalli regolari, la teca. Come molti altri oggetti conservati dai Warren, infatti, in essa albergherebbe il male, una presenza demoniaca. La bambola è Annabelle, quella autentica, alla quale s’ispirano ben due film dedicati e un episodio del primo The Conjuring-L’evocazione. Anche se nelle pellicole è più spaventosa e inquietante dell’originale, la sua è una storia tratta dalla realtà, o quantomeno dalla versione che di essa danno i coniugi Warren.
In questo secondo capitolo della sua storia, Annabelle 2: Creation, il regista David F. Sandberg narra l’origine della bambola e l’arrivo di qualcosa di malvagio al suo interno. Sono ancora lontane le sette sataniche, gli omicidi, le luci appariscenti della città. Qui siamo nell’America più profonda, in una piccola comunità rurale. Una casa coloniale tranquilla, bellissima, dove vivono i Mullins: due genitori amorevoli e una bimba. Il fato tuttavia cambierà repentinamente il loro destino, e il desiderio di ricostituire la famiglia porterà all’arrivo del maligno. A farne le spese sarà un gruppo di orfane, che si troveranno dodici anni dopo a fronteggiare nella stessa dimora qualcosa di diabolico, senza poter contare su nient’altro che loro stesse, schiacciate da un ambiente isolato e contaminato dal male. Una di quelle case che avrebbe gradito tanto Howard P. Lovecraft, nella provincia più nascosta, all’apparenza silenziosa e protetta, ma che nasconde l’essenza stessa dell’incubo e dell’orrore. Il finale, in parte sorprendente, è vincente anche nella difficile impresa di collegare questo secondo capitolo, il prequel, al film originale, senza creare un’eccessiva frattura o difficoltà narrativa. Lasciando la bambola Annabelle e chi la usa pronti a liberarsi ancora in cerca di anime.

Il rassicurante volto del male
Che sia in parte nata da episodi reali o sia completamente frutto di una narrazione che altera e distorce gli accadimenti, Annabelle non è che uno dei tanti esempi cinematografici di quello che potremmo definire il lato rassicurante del male. Oggetti di uso quotidiano che assumono un valore oscuro e terrificante. Sono i sogni che uccidono, le bambole della nostra infanzia che si ribellano, i luoghi che dovrebbero proteggerci e invece tentano di ammazzarci. Si realizza l’inversione di ciò che David Foster Wallace, in Brevi interviste con uomini schifosi, definisce come l’oggettivazione dell’essere umano: così come gli psicopatici hanno bisogno di rendere bambole inanimate le vittime per sentire meno senso di colpa nel loro agire, qui ci troviamo invece di fronte a oggetti che si animano e prendono vita, provando loro a fare del male agli esseri umani in quanto tali. La casa diviene un teatro di scontro sempre più destabilizzante, dove si confrontano presenze maligne e individui in una lotta per la sopravvivenza incerta. Nel primo film, di John R. Leonetti (2014), Annabelle (o meglio il demone in lei presente) riusciva a muoversi liberamente per la casa, accendendo fornelli e spostando sedie a dondolo e oggetti. In questo nuovo capitolo è addirittura in grado di animare spaventapasseri o di guidare sedie a rotelle. Quello che dovrebbe essere un oggetto rassicurante per le bambine della struttura diviene fulcro della loro paura e pericolo: un incubo fatto di ombre, spinte e sussurri nel buio. L’incanto dei giochi, delle bambole, dell’infanzia è corrotto dall’orrore e da qualcosa in attesa di fare del male e soggiogare la volontà degli innocenti.

Bambole assassine: un filone che ritorna
Dopo i vampiri, gli zombie e i lupi mannari, anche le bambole assassine tornano ad avere un ruolo e una loro forza cinematografica nel cinema horror. Anche se presentano una più difficile rappresentazione e caratteri omogenei, il potere evocativo del rassicurante che diviene malefico le rende un feticcio particolarmente attraente e seduttivo. La bambola forse più famosa è Chucky, a cui sono stati dedicati ben sei film a partire dal 1988. Reincarnazione demoniaca di uno strangolatore che ha giurato vendetta contro chi lo ha fermato, riesce a muoversi, parlare, interagire con le sue vittime. La sua espressione malefica fa capire immediatamente che non è più un bambolotto pacioso da portare a letto per proteggersi dai brutti sogni. Gli incubi, semmai, sa crearli lui. Il successo di Chucky è stato tale che si è cercato anche di affiancargli una sposa, Tiffany, e un figlio, Glen, ma con minore fortuna. Una coppia di bambole serial killer diventavano davvero troppe per un unico film. Merita una menzione anche Dolly, la bambola di La bambola che uccide (1991). Una famiglia americana si trasferisce in Messico per aprire una fabbrica di bambole ma qualcosa andrà storto: il maligno entrerà in una di esse, che diventerà un oggetto raccapricciante e assassino. Spaventose anche le bambole presenti ne La Casa 3 di Lenzi, o in Dead Silence di James Wan (il regista anche dei due The Conjuring), fino ad arrivare all’innocua ma comunque terrorizzante bambola di porcellana di The Boy di William Brent Bell (2016), utilizzata come proiezione corporale esterna del vero assassino (foto sotto, ndr).

Esistono poi delle bambole veramente disturbanti, utilizzate come alter ego dagli assassini per proteggere la loro identità, come in Profondo Rosso o in Saw. Interessante anche il feticcio etnico presente in Trilogia del Terrore (1975), una bambola primitiva detta Zuni, ovvero “colui che uccide”. Tratto da un racconto di Richard Matheson, il pupazzo guerriero cercherà di uccidere la protagonista Amelia, inizialmente convinta di avere un’allucinazione e solo dopo capace di fronteggiare l’inaspettato nemico.
Oltre ai film dedicati, le bambole assassine sono presenti anche in diverse serie tv dell’orrore e addirittura nei cartoni animati. Nel 1959 in Ai confini della realtà, nella puntata Living Doll, viene presentata Talky Tina, una bambola capace di percepire l’odio del patrigno della sua padroncina. Anche in questo caso, fatalità, la madre della piccola si chiama Annabelle. Indimenticabile poi, almeno per gli amanti dei Simpson, l’episodio in cui Homer regala una bambola Krusty indemoniata a Bart, non tenendo in considerazione gli avvertimenti del venditore dell’occulto che gliela vende. Una bambola semplicemente impostata su “maligno” e che può essere facilmente riportata alla sua funzione base di amorevole giocattolo.

I Warren e i nuovi horror low-cost in serie
In Ed e Lorraine Warren la Warner Bros ha trovato da anni una gallina dalle uova d’oro per il suo cinema horror. Oltre ai due The Conjuring, in attesa del terzo, sono già stati realizzati Annabelle e Annabelle 2: Creation, e a breve uscirà una pellicola su Valak, il demone vestito da suora, che sarà temporalmente il primo capitolo dell’intera saga. Fanno eccezione solo i due recenti film sulla casa di Amityville, il caso più importante della carriera dei Warren, realizzati nel 2014 dalla Metro Goldwin Mayer e nel 2017 dalla Notorius Picture; per il resto, la Warner si è assicurata un gruppo di lavoro, attori-sceneggiatori-registi, capaci di dare serialità a film costati pochissimo in fase produttiva ma campioni di incassi poi al box office.
I numeri sono impressionanti: il primo The Conjuring è costato meno di 20 milioni di dollari, arrivando a guadagnarne più di 320 solo al cinema; ancora meglio Annabelle, che ne ha incassati 280 a fronte di una spesa di circa 9 milioni. La ragione economica non spiega da sola l’interesse verso i Warren e la loro attività, ma è un fattore decisivo di investimento da parte delle major cinematografiche. Riuscire a creare un impatto duraturo tipico della serialità televisiva, attraverso film low-cost che incassano sedici o venti volte più del loro costo, è, infatti, un sogno raramente possibile nella moderna industria culturale, satura di prodotti e di stimolazioni mediali differenti. Il problema maggiore è semmai la coerenza nel passaggio da un film all’altro, come spiega il produttore Peter Safran durante un’intervista:

“Abbiamo già realizzato un dettagliato piano di quello che abbiamo fatto e di quello che vogliamo fare, in modo da tenere tutto sotto controllo di volta in volta. Abbiamo già fatto qualche errore dal primo Conjuring ad Annabelle, ma per il futuro si potranno guardare in quest’ordine The Nun, Annabelle 2, Annabelle 1, The Conjuring e The Conjuring 2”.

Non credere ma…
In definitiva, le bambole assassine sono una realtà forse più circoscritta, meno creativa di quella che si apre ad altre figure dell’immaginario collettivo dell’horror, quali vampiri, zombie, lupi mannari. Tuttavia, esse hanno anche un pregio: non sono l’altro, il diverso, l’estraneo. Non devono essere invitate in casa, provocate nei cimiteri, richiamate in vita da esperimenti nucleari o lune piene. Sono già nel nostro letto, in mano ai nostri figli, parte di ciò che consideriamo consueto, accogliente, sicuro. Ci colpiscono indifesi, incapaci di capire che la minaccia arriva dall’interno del nostro mondo e non dall’esterno, e questo dà loro un vantaggio enorme, soprattutto se agiscono contro i bambini, gli innocenti, le persone meno forti emotivamente e fisicamente. Le bambole assassine possono non avere una società parallela, poteri seduttivi o illuminarsi alla luce del sole, ma sono gli occhi splendenti che si girano nel buio di una stanza, facendoci capire che non siamo soli e che qualcosa di terribile sta per accadere.

A Monroe, una bambola come tante sogghigna dietro una teca che ci protegge da lei. Che sia reale o meno il suo potere è difficile dirlo ma altrettanto difficile è trovare qualcuno che sfiderebbe deliberatamente avvertimenti e consigli prendendola con sé, portandola in casa propria. Si può non credere ai Warren, al demonio, al male, ma andare a cercare guai non è mai una mossa intelligente.

Letture
  • David Foster Wallace, Brevi interviste con uomini schifosi, Einaudi, Torino, 2007.
Visioni
  • Dario Argento, Profondo Rosso, Medusa, 2004 (home video).
  • William Brent Bell, The boy, Eagle Pictures, 2016 (home video).

  • Jack Bender, La bambola assassina 3, Universal Pictures, 2014 (home video).

  • Dan Curtis, Trilogia del terrore, Sinister Film, 2014 (home video).

  • Tom Holland, La bambola assassina, Koch Media, 2002 (home video). 

  • John Lafia, La bambola assassina 2, Universal Pictures, 2014 (home video).
  • Maria Lease, La bambola che uccide, Dolly Dearest Production, Usa, 1991.

  • Umberto Lenzi, La casa 3 – Ghosthouse, Warner Bros., 2013 (home video).
  • Don Mancini, Il figlio di Chucky, Pulp Video, 2015 (home video).

  • Don Mancini, La maledizione di Chucky, Universal Studios, 2013 (home video).
  • James Wan, Dead silence (Dead silence), Universal Pictures, Usa, 2007.
  • James Wan, The Conjuring – Il caso Enfield (The Conjuring 2), Warner Bros, Usa, 2016.

  • Ronny Yu, La sposa di Chucky (Bride of Chucky), Midwinter Production, Usa,1998.