tigre

L’AMBIGUA EPICA
DELLA GIOVANE ITALIA

di Sergio Brancato


tatoo_sandokanNon aveva torto Omar Calabrese quando, in apertura di quegli anni Ottanta che avrebbero profondamente segnato la vita culturale e politica italiana, sostenne che il vero calco in cui si origina la mitologia salgariana è tutto interno alle dinamiche di costruzione ed elaborazione dell’epos garibaldino e risorgimentale (cfr. Calabrese 1982, p. 8), specie nel momento in cui esso tende a farsi “passato” attraverso la scomparsa fisica dei suoi padri. Prima di apparire in volume con il titolo definitivo di Le tigri di Mompracem (1900), La tigre della Malesia fu pubblicato a puntate sulla rivista La Nuova Arena di Verona tra il 1883 e il 1884, poco più di un anno dopo la morte a Caprera dell’eroe dei due mondi. Le ricostruzioni postume della vita di Garibaldi rinfocolavano lo spirito mai del tutto divampato del Risorgimento italiano, e la tensione mitopoietica che si respirava nella nazione ebbe certamente effetto sull’immaginazione dello scrittore e giornalista veronese (cfr. Salgari 1994). Non si può non considerare, infatti, che le figure di Sandokan e di Yanez de Gomera appaiano come ricalcate sulla percezione immaginaria e popolare del generale Garibaldi e del suo “fedele” sodale Nino Bixio. Del resto, sia Garibaldi che Bixio godevano di biografie del tutto romanzesche, fatte di viaggi e avventure ai confini del mondo, al punto che il primo e più importante biografo del condottiero nizzardo fu – non a caso – uno dei maggiori mitografi della letteratura moderna, Alexandre Dumas père, tra l’altro amico personale di Garibaldi al punto di essere finanziatore generoso della spedizione dei Mille.
Sandokan e Yanez, dunque, traggono le loro sostanze costitutive proprio dalla storiografia risorgimentale e dai miti che questa pone in essere. In ciò possiamo cogliere uno dei motivi che legano in profondità l’immaginario salgariano all’identità nazionale degli italiani, magari spiegandoci perché il più grande mitografo del nostro paese (forse l’unico insieme al successivo Gian Luigi Bonelli, creatore di Tex – cfr. Paliotti 2007) abbia avuto nell’insieme ben poca fortuna all’estero (se non in paesi come l’Argentina, in cui la rilevante presenza degli immigrati italiani costituisce una delle piattaforme identitarie di quel paese multiculturale). A ben vedere, l’epopea dei pirati della Malesia esprime molti punti di contatto con la stessa dinamica generativa delle narrazioni nazionali, facendosi poi narrazione nazionale (e, per molti versi, nazionalista) essa stessa attraverso la sua capacità (spesso perfino ostracizzata dalle politiche educative italiane, cfr. Traversetti 1989) di funzionare come collante intergenerazionale tra i diversi modelli culturali che si sono avvicendati sulla scena dei processi di modernizzazione e industrializzazione delle forme estetiche (cfr. Savater 1994).

 

Ma non è soltanto il richiamo seducente ai miti del Risorgimento a spiegare l’appeal dei grandi racconti salgariani su di un pubblico dei lettori che definisce una portata davvero di massa e tesa a “sfondare” i tempi convenzionali delle mode del consumo. La qualità mitica dei personaggi di Salgari è infatti costantemente intrisa dei valori virili della lealtà, dell’amicizia, della solidarietà fondata su un sentimento di giustizia dai tratti decisamente moderni. In particolare, gli eroi di Salgari vivono una condizione del tutto individualizzata: essi sono, cioè, costantemente alle prese con il problema – spesso lacerante sul piano psichico – del superamento delle convenzioni e degli stessi meccanismi della conformità sociale. Accomunati dall’identità del ribelle in cerca di vendetta e riscatto (Sandokan è un principe detronizzato che si fa pirata per combattere gli usurpatori ed i colonialisti britannici; il Corsaro Nero è il signore di Ventimiglia finito ai Caraibi per una cruenta storia di vendetta familiare), i personaggi salgariani si ritrovano a combattere contro le macchinazioni del Fato, che li pone sempre di fronte alla scelta tra il proprio ruolo (la missione) e la propria affettività (il sentimento). Una scelta sempre dolorosa e votata al tragico, che poi troverà un esito quasi grottesco nella closure narrativa che Salgari dà alla sua stessa vita con il suicidio avvenuto nel 1911 per un improvvisato seppuku (cfr. Arpino, Antonetto 1982; Gonzato 1995; Brancato 1996).
La tonalità narrativa scelta da Salgari fornisce una chiave di lettura decisiva per accedere all’immaginario dello scrittore ma anche a quello dell’intera giovane nazione scaturita dai moti risorgimentali e ancora in cerca della propria dimensione unitaria. I furori romantici di Sandokan, spesso preda di febbri passionali che gli fanno attraversare la soglia della follia, hanno ben poco di orientale ed esotico, e rimandano piuttosto alla condizione del soggetto occidentale alle prese con il processo di ridefinizione della propria identità culturale a fronte delle dinamiche di modernizzazione che investono tutti i piani dell’esistenza. Dovremmo chiederci da dove vengono questi modelli di comportamento esasperati, tesi ad enfatizzare attraverso una rinnovata cultura dello spettacolo e della messa in scena le posture e lo stesso “sentire” degli italiani sospesi sul difficile passaggio d’epoca tra Ottocento e Novecento.

 

disegno di Walter MolinoSalgari è stato a lungo accusato, da più parti, di essere uno scrittore senza stile e votato al facile richiamo sentimentale verso il proprio pubblico, all’effetto emotivo che caratterizza la letteratura d’intrattenimento scaturita dalle nuove condizioni dello scambio culturale proprio dell’età industriale. Un approccio chiaramente orientato, sul piano ideologico, dalle istanze della crisi dell’intellettuale e dai loro esiti in un pensiero apocalittico della modernità. Oggi dobbiamo senz’altro rivedere questa posizione, addirittura rovesciandola nel suo contrario (cfr. Beseghi 1992). La grande qualità letteraria di Salgari consiste proprio nel suo stile che coniuga efficienza industriale (egli era praticamente costretto a scrivere una determinata quantità di parole al giorno, in una produttività intellettuale associata all’alienazione del lavoro della fabbrica) alla capacità di dialogare e “fare macchina” con il corpo più vasto della nascente cultura nazionale (cfr. Vecchio 1993; Gregoretti 1974), la quale non era priva di caratteri sistemici e di massa, al punto che i romanzi salgariani trovano il proprio fondamento stilistico e comunicativo nel richiamo costante che essi fanno al più caratteristico e importante prodotto della (incompiuta) industria culturale italiana: l’opera lirica.
Di “quei più modesti romanzi” (cfr. Lavagetto 2003) che sono i libretti della lirica, sorta di sostrato narrativo intriso di cultura romantica su cui viene tessuta l’attrazione musicale dell’opera, è chiaramente nutrita tutta la letteratura di Salgari. Come gli eroi verdiani o quelli più cinematografici che ritroviamo in Puccini (vero anticipatore, in ciò, del cinema di genere), gli esotici avventurieri salgariani si muovono nella spazio geografico e nel tempo storico degli atlanti e dei primi manuali di antropologia con il piglio eccessivo di un soggetto alle prese con una musicale – dunque inevitabilmente patica – messa in scena del conseguimento del Sé. I conflitti che affrontano sono sempre sospesi nell’epochè teoretica tra mondo e interiorità, tecnica e psiche, apertura amorosa e pulsione mortale. Il loro linguaggio non può non essere magniloquente, distante dalla vita quotidiana, immerso in una dimensione epica che – tuttavia – sconta il fallimento del Risorgimento nel costituirsi come epica e dunque narrazione originaria dell’identità nazionale.
Perché è questo il limite con cui ci fa fare i conti la letteratura popolare ed epocale di Salgari: il nostro maggiore cantore della cultura di massa finisce per affrescare un orizzonte espressivo essenzialmente spostato sulle tonalità del melodramma piuttosto che su quello dell’epica. Salgari, si potrebbe dire in conclusione, non è J. Fenimore Cooper e Zane Gray, né tantomeno John Ford, ovvero la sua funzione mitografica si rende operativa sulla base di una individualizzazione spinta che “scongiura” la possibilità di allestire narrazioni fondate su una costruzione avanzata dell’identità collettiva e delle relazioni sociali. In tal senso, Salgari ed i suoi eroi mettono in scena un’ambigua idea di nazione, un’entità geopolitica che non ha sciolto le proprie contraddizioni in merito alle dinamiche di modernizzazione, continuando a proporre un soggetto alle prese con se stesso e in conflitto con i modelli di organizzazione sociale del mondo contemporaneo.

 


LETTURE

× AA.VV., Io sono la Tigre. Atti del Convegno Nazionale, Banca Popolare di Verona, Verona 1991.

× AA.VV., Il “caso Salgari”, CUEN, Napoli 1997.

× Arpino G., Antonetto R., Vita, tempeste, sciagure di Salgari il padre degli eroi, Rizzoli, Milano 1982.

× Beseghi E. (a cura di), La valle della luna. Avventura, esotismo, orientalismo nell’opera di Emilio Salgari, La Nuova Italia, Firenze 1992.

× Brancato S., Riflettiamo su Emilio Salgari. I miti, le idee, le opere, il destino tragico, in Salgari E., Le Meraviglie del Duemila, Simone, Napoli 1996.

× Calabrese O., Garibaldi tra Ivanhoe e Sandokan, Electa, Milano 1982.

× Gonzato S., Emilio Salgari. Demoni, amori e tragedie di un “capitano” che navigò solo con la fantasia, Neri Pozza, Vicenza 1995.

× Gregoretti U., Le tigri di Mompracem. Una serata con Emilio Salgari, Einaudi, Torino 1974.

× Lavagetto M., Quei più modesti romanzi. Il libretto nel melodramma di Verdi, EDT, Torino 2003.

× Paliotti V., Il romanzo d’avventure da Robinson Crusoe a Tex Willer, Marotta & Cafiero, Napoli 2007.

× Pozzo F., Emilio Salgari e dintorni, Liguori, Napoli 2000.

× Salgari E., Una tigre in redazione. Le pagine sconosciute di un cronista sempre in viaggio con la fantasia, Marsilio, Venezia 1994.

× Savater F., L’infanzia recuperata, Laterza, Roma-Bari 1994.

× Taibo II P. I., Ritornano le Tigri della Malesia, Marco Tropea, Milano 2011.

× Traversetti B., Introduzione a Salgari, Laterza, Roma-Bari 1989.

× Vecchio G., I romanzi di Emilio Salgari dai comics ai films, Scena Illustrata Editrice, Roma 1993.