Storia di morte, d’assenza
e d’elaborazione del lutto


Carol Bensimon
Biliardo sott’acqua
Traduzione di Daniele Petruccioli

Tunué, Latina, 2019
pp. 144, € 17,00


Carol Bensimon
Biliardo sott’acqua
Traduzione di Daniele Petruccioli

Tunué, Latina, 2019
pp. 144, € 17,00


Con Biliardo sott’acqua, romanzo della brasiliana Carol Bensimon, Tunué si affaccia sulla narrativa straniera, aggiungendo voci di altri Paesi alla sua ormai nota collana di romanzi, in cui finora avevano trovato ospitalità soltanto giovani autori italiani, nella maggioranza dei casi esordienti, come Iacopo Barison (Stalin + Bianca, 2014), Luciano Funetta (Dalle rovine, 2016), Orazio Labbate (Lo Scuru e Suttaterra, 2014 e 2017), Yasmin Incretolli (Mescolo tutto, 2016) o Andrea Zandomeneghi (Il giorno della nutria, 2019).
Se nelle intenzioni delle proposte italiane si leggeva e si legge l’esigenza di insistere con particolare vigore su una dimensione linguistica e su stili narrativi per così dire sperimentali e minori (o meglio sarebbe dire minoritari, per quanto ormai in diffusione non più sotterranea sulla scena italiana contemporanea), il superamento dei confini nazionali sembra invece, stando almeno al primo indizio che abbiamo, ragionare su un altro registro. Con la prima uscita degli stranieri Tunué è infatti andata sul sicuro, proponendo un titolo che nel suo Brasile è riuscito a conquistarsi il più prestigioso riconoscimento letterario nazionale, il Prêmio Jabuti.

Biliardo sott’acqua: quando interviene lo scandalo della morte
Biliardo sott’acqua, una storia costruita attorno al vuoto e attorno all’assenza che vede sovrapporsi diverse voci di una nutrita platea di personaggi/narratori in una sequenza polifonica di lamentazioni, ricordi e testimonianze. A dare il la a questa sequenza di testimonianze c’è un evento luttuoso, un incidente stradale che ha prematuramente sottratto all’affetto dei personaggi/narratori la giovane Antônia:

“una “bella-ragazza-che-aveva-tutto-per-riuscire”.

“una che “è stata sempre troppo per [… la sua] casa”.

[e che] “ci teneva a mascherare lo sforzo della riuscita, così gli altri vedevano solo la perfezione del suo gesto, come una specie di magia”.

[una che durante l’infanzia] “era il tipo di bambina della pubblicità dei cereali. Non solo il tipo di bellezza infantile della pubblicità dei cereali, ma la bellezza più i discorsi buffi e intelligenti che ti fanno scoppiare a ridere stupefatto”.

[e che] “a dodici anni […] aveva già pensato a troppe cose”.

Un personaggio contumace, insomma, a cui tutti gli altri si paragonano, giudicandosi invariabilmente inferiori per intelligenza, bellezza e soprattutto per merito di stare a questo mondo.

Biliardo sott’acqua: ovvero “dopo” la morte di Antônia
E se sono in tanti a parlare e a raccontare di Antônia e della sua scandalosa scomparsa, ognuno con la sua propria voce ben definita e identificabile, su tutti ascoltiamo (leggiamo) le voci di: Bernardo, un collega universitario della ragazza, giovane dall’animo gotico di lei innamorato ma mai apertamente dichiaratosi tale; Il Polacco, il gestore del bar che ospita il biliardo del titolo, un fuggiasco del cui passato poco sappiamo e sapremo; e Camilo, il fratello poco brillante, con l’amore per i motori e l’hobby di armeggiare in officina.
È quest’ultimo, nel mezzo del romanzo, a riassumere il senso dell’intera faccenda in una sola battuta:

“Cazzo. È morta Antônia. Il peggio è quando inizia il giorno e ti tocca ricordarti che Antônia è morta, una cosa a cui ho pensato tutto il tempo ieri, l’altro ieri e anche il giorno prima, non importa, ogni nuovo giorno è il punto zero, e quindi il fatto che mia sorella è morta arriva di sorpresa, una sorpresa scioccante che si ripete e si ripete. Fra l’altro può capitare anche in piena notte. Ti alzi per andare in bagno e non appena la testa riprende a funzionare eccoti lì di fronte alla vecchia novità”.

E a lui sembra far eco qualche pagina più tardi il romantico e crepuscolare Bernardo:

“E poi va tutto bene, io con i miei giri, un inizio di stanchezza, il respiro tirato, e intanto vedo le cose inerti muovermisi intorno. Ma dopo invece no. Cioè intendo per via dell’incidente. È lo scarto tra le rare dimenticanze e il ricordo di quasi ogni momento, un gelo che comincia nel cervello e scorre giù nel corpo fino a lasciarti con le gambe molli […] e all’improvviso tutta la vita sembra un’anticamera della morte […] e io non ho la minima possibilità di toccare un’altra volta Antônia”.

Ecco: la morte di Antônia segna per tutti un confine, un momento che porta ognuno a costruire il proprio presente come un eterno e ripetitivo dopo in cui un’ineludibile pratica della rimembranza e del ricordo proietta il profilo assente di Antônia su tutto e su tutti, attualizzando e presentificando continuamente la morte, “perché è diventato normale ricordare e accumulare i momenti felici, da quando Antônia è morta provando che siamo mortali pure noi”.
E se attorno al profilo assente di Antônia si costruiscono tutti i personaggi, come detto rapportandosi in un modo o nell’altro alla perfezione e alla bellezza della ragazza scomparsa (qualità che spesso attribuiamo a chiunque passi a miglior vita), lo stesso sembra fare la struttura narrativa del testo. Perché leggendo il susseguirsi di voci che raccontano di Antônia, della scomparsa di Antônia e del loro continuo tentativo di ricostruirsi una vita dopo Antônia, attorno e malgrado la sua ingiustificabile assenza, ci si aspetta prima o poi di entrare nel mondo del poliziesco o del noir, di incontrare uno scarto nella narrazione che trasferisca il romanzo in un terreno narrativo ben definito.

 Una narrazione giocata attorno all’assenza
Lo giustificherebbero i tentativi dei personaggi di indagare o trovare una causa esterna alla morte della ragazza, lo giustificherebbero vari non detti che si accumulano tra le pagine, immagini passeggere della sua vita familiare di prima, ellissi disseminate qua e là, sogni forse rilevatori, dichiarazioni di questo o quel personaggio che normalmente desterebbero sospetti per poi aprire gradualmente la narrazione sul versante poliziesco, fino a identificare uno o più assassini e uno o più moventi. Ma ciò non avviene mai in Biliardo sott’acqua, e le aspettative del lettore giallista, suo malgrado, non vengono soddisfatte, lasciando anche in questo caso spazio all’incompiutezza.
E grazie a tale (voluta) incompiutezza dello schema narrativo, all’assenza di una trama concreta (non accade nulla che non sia già accaduto, nel libro) e al susseguirsi di testimonianze e lamentazioni, anche il romanzo diventa un oggetto costruito attorno all’assenza, in un gioco di corrispondenze tra diversi piani che racconta la necessità di trovare un equilibrio pericoloso e costante ma mai in evoluzione, come d’altronde capita ai personaggi, che per darsi una ragione cercano di colmare il vuoto con il ricordo e il passato, restandone però soverchiati senz’appello.