Modi e mondi alternativi
per sfidare la pandemia

Hisashi Nogami
Animal Crossing: New Horizons
Sviluppo e Distribuzione:
Nintendo (JAP), 2020

Telltale Games
The Walking Dead
Sviluppo e distribuzione:

Telltale Games,
Skybound games (USA), 2019

Hisashi Nogami
Animal Crossing: New Horizons
Sviluppo e Distribuzione:
Nintendo (JAP), 2020

Telltale Games
The Walking Dead
Sviluppo e distribuzione:

Telltale Games,
Skybound games (USA), 2019


Il continuo mutare è un fenomeno intrinseco dell’essere umano. Eppure, quando ci troviamo di fronte a certe situazioni, l’instabilità e l’incertezza spingono a vivere il cambiamento in modo negativo facendoci chiudere in noi stessi (cfr. Hollweck, 2016). Il virus che sta affliggendo l’umanità in questa prima parte del 2020 ha condizionato fortemente i modi di percepirsi delle persone. Chi si è dilettato in cucina, chi ha studiato, chi si è reinventato dal punto di vista lavorativo. Ognuno, a suo modo, ha cercato di riprendere il controllo, di ri-strutturare la propria identità. In particolare la quarantena in casa ha permesso a molte persone di riscoprire il fascino del videogioco, non solo come prodotto di svago ma un momento importante da dedicare a sé e ai propri cari. Facendo una breve indagine esplorativa delle tendenze videoludiche nel periodo febbraio-maggio 2020 su Google, ciò che è risultato interessante è che nell’acquisto e nella fruizione di particolari videogiochi di recente uscita che propongono mondi e situazioni alternativi, Animal Crossing: New Horizons e The Walking Dead su tutti, ma anche Pokémon Spada e scudo e Resident Evil 3, si sono riscontrati due approcci cognitivi opposti che, secondo la psicologia narrativa, le persone utilizzano per elaborare la transizione in situazioni totalmente nuove, l’evasione dalla realtà e la simulazione della stessa (cfr. Bruner, 2003).

Capitalismo Kawaiisa
L’evasione dalla realtà è tendenzialmente la prima caratteristica che si attribuisce ai videogiochi. Una peculiarità che è divenuta col tempo un vero e proprio pregiudizio. Non a caso, per tranquillizzare i giocatori con una narrazione serena, Animal Crossing: New Horizons parrebbe seguire proprio questa direzione. Il gioco, che ha superato i cinque milioni di copie digitali vendute, si presenta come un mondo totalmente opposto al nostro, un karesansui (giardino zen) fanciullesco dove ci si trasforma quotidianamente, creando uno spazio di pace, di silenzio arcano e di grande armonia, in cui la mente può espandersi e liberare l’immaginazione.
Si tratta di una realtà unica, costruita con le estetiche del kawaiisa, uno spazio abitato da creature-avatar dalle fattezze di cuccioli paffuti e oggetti rotondeggianti di dimensioni ridotte, oggetti color pastello o comunque in grado di fornire una reminiscenza, anche inconscia, dell’infanzia e della cultura tradizionale giapponese (cfr. Pellitteri, 2008). Lo scopo principale del gioco è costruire da zero una nuova comunità attraverso attività e relazioni con altri personaggi. Dopo pochi minuti di gioco, ciò che salta all’occhio è che quello che viene presentato come un simulatore di vita all’aria aperta dal ritmo lento e rilassante, in realtà è un simulatore di esperienze proprie del capitalismo iperlocale.

Fin da subito infatti ci si trova indebitati con Tom Nook, un Tanuki (procione giapponese) antropomorfo proprietario delle isole del mondo di Animal Crossing, che ci offrirà l’opportunità di vivere in quel mondo fornendoci i primi materiali per costruire la nostra residenza a costi proibitivi. Non avendo moneta locale per ripagarlo si dovranno svolgere delle commissioni per lui, da soli o con l’aiuto di altri giocatori. Dalla pesca alla raccolta dei frutti, dal taglio della legna alla raccolta dei minerali, oltre alla costruzione di oggetti e nuovi negozi. Persino la scoperta di fossili da vendere al museo, tutto è finalizzato a ottenere stelline, la valuta di gioco, che sarà fondamentale per chiudere i conti con Nook e proseguire nell’avventura o, per meglio dire, per acquistare nuove suppellettili e strumenti per valorizzare la nostra abitazione e mercanteggiare con altri giocatori. Questa realtà fintamente bucolica dalle pratiche sostanzialmente ripetitive e cicliche riesce, tuttavia, a catturare il giocatore molto facilmente. Animal Crossing: New Horizons propone un gameplay a cui il giocatore è cognitivamente abituato (mi sveglio, mi procuro cibo e materiali, vendo al mercato, con quello che guadagno compro oggetti per la mia abitazione, e così via) e che non è lontano dalle pratiche di vita reale (cfr. Argenton, Triberti, 2013). Non si approfondiscono rapporti o amicizie, ma si rimane nel voluttuario e superficiale: vengono riproposti script credibili e coerenti con il nostro fare quotidiano che non impegnano troppo la nostra immaginazione.

Lo zombie è il vaccino
L’altra tipologia di videogame, annoverabile nella strategia cognitiva della simulazione della realtà, che ha interessato i giocatori in questo periodo sono i survival horror con gli zombie. Perché? La pandemia globale, associata negli ultimi decenni alle questioni relative ai non-morti, ha risvegliato paure arcaiche e il mito dello zombie si è riaffacciato prepotentemente nel nostro immaginario. Un esempio è il rinnovato interesse per Plague Inc. , un gioco per smartphone sviluppato dalla Ndemic Creations nel 2012, il cui obiettivo consiste nel diffondere una malattia virale per sterminare l’umanità. Cosa succederebbe se un virus incredibilmente contagioso (nemico invisibile) ci rendesse non-morti (perdita di identità)? Quali scelte saremmo in grado di compiere in nome della sopravvivenza? Queste e altre domande sono la componente narrativa che si insinua nelle nostre esistenze e che fa da contraltare al mondo idilliaco di Animal Crossing: New Horizons. Il prodotto videoludico che meglio esprime tali dilemmi e coinvolge emotivamente il giocatore è la saga videoludica di The Walking Dead della casa di produzione Telltale Games, uscita lo scorso inverno nella sua versione completa e aggiornata.

Questa avventura grafica permette di immedesimarsi quel tanto che basta in un contesto verosimile, una situazione che può farci riflettere su dei reali comportamenti e scelte morali. Il gioco ci mostra che il vero orrore non è tanto la morte che torna a perseguitarci, quanto la perdita dell’umanità di chi rimane e combatte. Con gli occhi della piccola Clementine, la protagonista della serie che cresce, matura e comprende la realtà di un mondo che mai uscirà dalla pandemia, ci rendiamo conto di cosa è realmente l’apocalisse zombie: la totale perdita del senso, nonché la disgregazione dell’ordine e del motivo per cui la società viene definita tale. Non c’è più futuro né storia.
Non esiste socialità né socievolezza (cfr. Simmel, 1997). Si perde l’esigenza di attribuire valore alle cose, costruire e condividere significati, educare al rispetto reciproco. Non ci sono altri scopi se non il sopravvivere e il godere, eventualmente, di fugaci amori, di limitate amicizie, di sporadiche e drammatiche genitorialità (cfr. Frezza, 2015). Lo zombie, in effetti, oltre che ripresentarsi nella solita veste riveduta e aggiornata di unheimliche, stavolta può arrogarsi il diritto di essere vaccino per l’umanità che ci viene somministrato prepotentemente sotto forma di immagine del futuro. La carne putrescente e la perdita di coscienza sono legate indissolubilmente alla perdita di umanità e dignità. Per non diventare dei mostri bisogna stringere i denti e lottare, senza mai dimenticarsi cosa vuol dire essere umani.

Sono solo videogame
La ricerca di narrazioni, è chiaro, non si esaurisce né riguarda solo i videogiochi. E in particolare le categorie cognitive sopra descritte, anche se possono sembrare in contrasto, molto spesso si trovano a coesistere. Sulle piattaforme di streaming come Netflix e Amazon prime video, infatti, si è riscontrata la medesima dicotomia di scelte. Nel periodo febbraio-maggio 2020 nella lista dei “più visti” è stato facile trovare, oltre che le nuove uscite, anche film e serie sulle pandemie e cartoni animati per i più piccoli. Ciononostante, l’aumento dell’utilizzo di videogiochi in questo periodo di quarantena fa riflettere. Come dimostrano recenti studi di psicologia e pedagogia, l’esigenza di capire il mondo risulta essere particolarmente soddisfatta quando si ha l’occasione di muoversi, interagire e mettersi in gioco emotivamente, e le esperienze videoludiche sarebbero il terreno fertile per lo sviluppo di nuove capacità delle persone di percepirsi in un presente sempre più fluido (cfr. Argenton, Triberti, 2013).

Letture
  • Luca Argenton, Stefano Triberti, Psicologia dei videogiochi. Come i mondi virtuali influenzano mente e comportamento, Apogeo, Milano, 2013.
  • Jerome Bruner, La mente a più dimensioni, Laterza, Bari-Roma, 2003.
  • Gino Frezza, Endoapocalisse. The walking dead, l’immaginario digitale e il postumano, Area blu edizioni, Cava de’ Tirreni, 2015.
  • Ingrid Hollweck, Conflict coaching: Allenarsi ad affrontare i conflitti di tutti i giorni con maggiore fiducia, Franco Angeli, Milano, 2016.
  • Marco Pellitteri, Il drago e la saetta. Modelli, strategie e identità dell’immaginario giapponese, Tunué, Latina, 2008.
  • George Simmel, La socievolezza, Armando editore, Roma, 1997.