Nostalgia del futuro
di Adolfo Fattori


3) Guardando avanti
[10] 

Ma lasciamo da parte per ora l’analisi del valore e dei contenuti dei romanzi di cui ho raccontato la trama, per confrontarli con l’immaginario che traspare da quelle cartoline di cui parla Asimov in Nostalgia del futuro[11].

Siamo proprio nel periodo in cui Verne e Salgari – e oltre loro Herbert George Wells, su cui presto tornerò – scrivevano i loro romanzi, viaggiando nello spazio e nel tempo, con una forte predilezione, a parte l’italiano, per il futuro prossimo.

L’interesse per gli sviluppi possibili delle tecnologie attuali in Verne, e per una serie di possibili implicazioni delle ricerche scientifiche dell’epoca in Wells, li portano a sviluppare ipotesi narrative che troveranno puntuale riscontro nei loro romanzi.

Ma è evidente, almeno in Verne, come il legame con la propria epoca sia ancora troppo determinante perché la “previsione” del futuro sia sufficientemente audace da permettergli di immaginare le caratteristiche di ciò che di lì a qualche decennio si comincerà a verificare.

L’immaginario del futuro di Verne – e quello di Salgari – sono rintracciabili in queste cartoline celebrative che Asimov commenta, e che appaiono immediatamente significative dei pensieri e delle aspettative del “popolo” di fine ‘800.

L’aspetto che ci colpisce per primo, noi che possiamo osservarle a un secolo di distanza, è la contaminazione fra materiali e tecnologie dell’epoca e desideri connessi al futuro. Balza subito agli occhi il fatto che uno degli elementi dominanti è l’attesa rispetto allo sviluppo dei mezzi di comunicazione – e ad una conquista del territorio che è prima di tutto quantitativa, ma da realizzare con il legno e la tela.

Mi spiego meglio. Nella cartolina che – ad esempio – fa da copertina al volume, vediamo un’immagine marina, popolata in cielo da aeronavi di vario genere – aerei ad elica ed alianti, che assomigliano ad aquiloni o a apparecchi da modellismo – mentre in mare vediamo varie piattaforme – una tabaccheria, un bar, una mescita di vino – realizzati in legno e ancorati in vario modo: una rielaborazione, in acqua, delle cabine da stabilimento balneare di quegli anni.

Possiamo presumere che l’immaginario dell’epoca – seppur con un tocco di ironia – prevedeva una conquista del mare fatta di isolette galleggianti per ristorare i viaggiatori, e di mezzi di trasporto, principalmente da diporto, per svagare gli abitanti del futuro.

Una situazione futile, se si vuole, ma che – paradossalmente – indovinava un elemento del nostro secolo: l’espandersi del tempo libero a discapito di quello di lavoro, anche se non riusciva ad immaginare l’evoluzione delle tecnologie e dei materiali da costruzione.

Nelle cartoline successive incontriamo mezzi subacquei, altri mezzi aerei, situazioni quotidiane. In tutte si mostra ingenuamente l’aspettativa di un futuro sereno e riposante, in cui le funzioni servili sono automatizzate, come nella “Toeletta di Madame” (pag. 68), in cui la cura del corpo è affidata ad un curioso macchinario, o in “Pulizie elettriche” (pag. 70), in cui la fantesca di casa è coadiuvata da una sorta di protorobot; oppure, l’attenzione si sposta ad altre aree della conoscenza scientifico-tecnologica, come la chimica e l’elettricità, come in “La cena chimica” (pag. 60), in cui è messa in scena una elegante compagnia che, in una sala da ristorante, è seduta educatamente a tavola a consumare vassoi di pillole. O ancora in “A scuola” (pag. 66): sulla destra dell’illustrazione vediamo un ragazzo che manovra una manovella applicata a un macchinario elettrico, che, attraverso cavi e cuffie applicate alle orecchie degli scolari ordinatamente seduti nei loro banchi, trasferisce conoscenze e saperi.

Una anticipazione, almeno visiva, delle aule per computer delle scuole attuali, con i terminali collegati in rete da cavi che corrono sul soffitto e scendono a unire i vari apparecchi.

La colorata  iconografia dell’epoca, il tratto da stampa popolare di queste cartoline, fanno tenerezza, certo, ma mostrano anche la dimensione ancora illusoria e tradizionale del modo di immaginare il futuro: un futuro potenziato quantitativamente, come possibilità e prospettive, ma che come qualità si mantiene contiguo all’attualità dell’epoca.

Un’immaginazione del futuro fatta di accumulazione più che di cambiamento, ancora legata più al romanzo di Verne che a quello di Salgari, incapace di andare oltre se stessa e la sua epoca.

Molto diversa da quella che si svilupperà in seguito, a partire dalla nascita istituzionale della fantascienza, e che farà degli schermi, del metallo e delle telecomunicazioni il fulcro su cui fondare le proprie previsioni.



[10] Faccio il verso al Guardando indietro 2000-1887, di Edward Bellamy, UTET, Torino 1967 (1888), che è considerato un’anticipazione delle tematiche della fantascienza da un’angolazione “progressista”, di critica al capitalismo.

[11] I. Asimov, Nostalgia del futuro, cit.


 

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