Che paura, James Flora!
Un racconto a ritmo di jazz

James Flora
Che paura, nonno!
Traduzione di Marina Pirulli

Cliquot, Roma, 2020
pp. 36, € 18,00

James Flora
Che paura, nonno!
Traduzione di Marina Pirulli

Cliquot, Roma, 2020
pp. 36, € 18,00


Halloween è appena passato ed è ora di mettere sotto il letto mostri, streghe e vampiri. Le piattaforme streaming toglieranno dal catalogo la categoria e i film di paura torneranno a essere sparpagliati, in attesa dei cultori, nelle prossime settimane i social torneranno a concentrarsi su altro e le case editrici tireranno un po’ il freno all’inondazione di titoli spaventosi, spaventevoli e del terrore. Insomma, è ora di mettere via i costumi e iniziare a pensare al Natale. Tuttavia, a zucche ferme, ci sarebbe ancora tempo e posto per una piccola recensione di un piccolo albo di una piccola casa editrice, la Cliquot, che sul suo sito spiega la missione coraggiosa, e talvolta ingrata, di “rovistare in umide cantine e pescare in polverose riviste per dare alla luce storie mai raccontate o tradotte”. Tra questi inediti e questi dimenticati, in questa cornice halloweenesca di questo spaventoso anno, è uscito Che paura, nonno! di James Flora, un libro pubblicato originariamente nel 1978 ma che Cliquot presenta in un formato originale e inedito in Italia, tradotto da Marina Pirulli. Un’edizione cartonata con l’aggiunta extra di adesivi “paurosi” che fanno l’occhiolino a quelli della famosa collana Piccoli Brividi di R. L. Stine che chi è nato negli anni Novanta ricorda con nostalgia.
La storia è la seguente senza spoiler: c’è un brutto temporale e il bambino ha paura, il nonno allora per fargliela passare decide di terrorizzarlo con una successione di terrificanti avventure da lui vissute in prima persona quando aveva, pressappoco, la stessa età del nipotino. Vi sono pertanto truffaldini scheletri parlanti, streghe verrucose con un entourage di ragni-bambini, orridi fantasmi amanti di televisione spazzatura e con lupi feroci e famelici come animali domestici, insomma tutto un circo che dovrebbe tranquillizzare il bambino e fargli capire che c’è ben di peggio, là fuori, che un tuono.
Si nota fin dalla prima pagina che la narrazione, le illustrazioni e l’albo in toto sono impregnati dello stile e dell’essenza dell’autore che non si rifà a nessuno se non al ritmo dell’improvvisazione a cui è molto legato. James Flora nasce nel 1914 e muore ottantaquattro anni, diciassette libri per bambini e innumerevoli copertine di dischi dopo. Con un tratto che viene definito “una miscela spensierata di surrealismo e fumetto, umorismo diabolico ed esuberanza immaginifica” (così lo annovera tra i suoi autori la casa editrice) ha disegnato, illustrato e colorato alcune delle più variopinte copertine di dischi jazz degli anni Quaranta e Cinquanta (Mambo for Cats è una gioia per gli occhi).

Il suo stile è palpabile anche nel testo, ricco di fantasmagorie e metafore che coinvolgono tutti i sensi e che divertono, ma soprattutto le descrizioni pulp di ossa, sangue e di tutto il marciume in cui sono coinvolti mostri e mostriciattoli, delizia sopra ogni cosa. Unendo la storia alle illustrazioni che sono simpaticamente terrificanti (o terrificantemente simpatiche), con tonalità blu e nere che ammantano tutto di un’atmosfera gelida, sinistra e tempestosa, si ottiene un albo di buona fruibilità per una narrazione condivisa con un adulto. Si suggerisce quindi la lettura ad alta voce, un po’ perché da recenti studi essa favorisce l’apprendimento del bambino e permette di creare un momento prezioso con i proprio figli, nipoti o allievi, e un po’ perché il testo è abbastanza semplice e porterebbe facilmente a noia un bambino “grande ed esperto” (per grande ed esperto non si intende anagraficamente, ma capace di affrontare testi in solitaria) e, al contrario, lasciarne uno troppo piccolo solo ad affrontarlo metterebbe un po’ in difficoltà il giovane lettore. Dispiace non poterlo considerare però un must di Halloween, da leggere e rileggere, ma testi del genere non sono facili da trovare e, si suppone, scrivere. La caotica improvvisazione di Flora e la concatenazione di eventi, che deve tanto al jazz, è molto affascinante e attraente, ma non sembra andare più a fondo del mero divertimento dell’autore e del lettore.
La dedica iniziale ai “monelli preferiti” di Flora (Anthony e Peter Vietro) fa supporre che il libro nasca da racconti della buonanotte, che non hanno altro scopo se non divertire e solleticare la fantasia degli ascoltatori, un po’ scevro quindi di un significato più profondo e di un messaggio più universale; inoltre vi sono rimandi che sembrano messi un po’ a caso da chi non condivide lo stesso background dei sopracitati monelli, riferimenti inseriti senza aver seminato altro prima (si veda il cane Spot e soprattutto il pallone finale che sembra cadere dal nulla per mettere un punto di fine molto grossolano). Dal 1978 a oggi la letteratura per ragazzi è cambiata, mutando forme e colori: il classico racconto del terrore si è pittato di tinte più scure, più adulte per i più grandi (dagli undici anni in su), mentre per i più piccoli si è fatto più educativo, offrendo una soluzione a un problema che angustia da sempre, quella del buio; il solo divertissement è un po’ passato, probabilmente dovuto anche alla pullulazioni di offerte che permettono di ricercare anche qualcosa che si faccia tramite di qualche cosa d’altro. In Che paura, nonno! il messaggio finale c’è, si vede e si sente, ma rimane un po’ debole e un po’ confinato rispetto allo svago che si ha leggendolo, abbracciando un po’ la filosofia che il viaggio è più interessante della meta. Ma tutti i racconti, soprattutto quelli di paura, così come i viaggi, hanno sempre bisogno di una fine, e se è una buona fine allora è ancora meglio.

Letture
Visioni
  • James Flora, copertina di Mambo for Cats, Autori vari, RCA Victor, 1955.