Amazon vista da vicino,
anzi scrutata dall’interno

Martin Angioni
Amazon dietro le quinte
Raffaello Cortina Editore
Milano, 2020
pag. 287, € 16,00

Martin Angioni
Amazon dietro le quinte
Raffaello Cortina Editore
Milano, 2020
pag. 287, € 16,00


Seattle non è solo la città di Microsoft, della Boeing, di Starbucks, non è soltanto la culla di musicisti come Jimi Hendrix e di movimenti e gruppi che hanno fatto la storia del rock come il grunge e i Nirvana. Seattle è anche la sede di Amazon, uno dei pochi “wow-retailer” mondiali in termini di crescita: in meno di venticinque anni è diventata una delle tre società con il più alto valore in Borsa, capitalizza il triplo di Walmart, il più grande retailer del pianeta, che pure sovrasta del doppio in termini di ricavi il suo concorrente online, e che ne ha ispirato i principi aziendali. Un modello di capitalismo avanzato, le cui logiche vengono descritte da con lucidità in Amazon dietro le quinte da Martin Angioni, un ex manager della filiale italiana che ha contribuito a lanciare.

Numeri impressionanti
Amazon supera oggi i 280 miliardi di dollari di fatturato, ha ottocentomila dipendenti, tre milioni di venditori attivi sulla piattaforma 3P dove i fornitori terzi commercializzano i loro prodotti. Jeffrey Preston Bezos, nato Jorgensen, in Albuquerque, New Mexico, il 12 gennaio 1964, è l’uomo più ricco del mondo e secondo stime pubblicate di recente (cfr. Comparisun) salirà fra cinque anni sul trono di primo trilionario della storia per patrimonio personale, superando i Rotschild e Rockfeller, ma anche i Re Mida contemporanei della finanza, del web e dell’informatica come Warren Buffet, Mark Zuckerberg, Bill Gates.
Dal 1997, anno dell’Ipo, al 2019, Amazon è cresciuta a ritmi del 30%, diventando terzo gruppo retail mondiale nella classifica Deloitte 2020 (su dati 2019). Siccome il suo giro d’affari 2019 lo avvicina molto a Costco, non sorprenderebbe se, nella prossima edizione del rapporto Deloitte, trovassimo Amazon al secondo posto. E dire che nel 1999 aveva solo due FC (Fulfillment Center) a Seattle e nel Delaware. Oggi sono 180 in una quindicina di paesi del mondo. Amazon gestisce anche una flotta di circa 40 Boeing 767, più qualche 737, in livrea Amazon Air o Prime Air. A Cincinnati è previsto un nuovo hub in grado di gestire oltre 100 aerei contemporaneamente.

Vicende rocambolesche
Martin Angioni ha lavorato quattro anni all’interno di Amazon, sviluppando la struttura italiana di cui è stato country manager. È entrato ai tempi di Diego Piacentini, vice presidente mondiale di Amazon fino all’agosto 2016. Una vicenda rocambolesca, quella di Angioni in Amazon, che lo licenziò nel 2015 per un fuori onda alla fine di un’intervista:

“Partiamo dall’epilogo, il mio licenziamento da Amazon, come nel flashback di un film. Pomeriggio del 19 febbraio 2015, sono alla Camera dei Deputati a Roma. Ho appena finito il mio intervento a un convegno organizzato dall’Intergruppo Innovazione (…) per la prima volta sono stato autorizzato da Amazon a rilasciare alcuni dati sugli investimenti e la creazione di impiego in Italia: oltre 100 milioni di investimenti, più di 1.000 posti di lavoro a tempo indeterminato creati dal lancio del sito nel 2010 (…). Alla fine del mio intervento, in fondo alla sala mi aspettano tre giornalisti di Presa diretta, il programma di approfondimento di Rai3”.

L’intervista, partita già in salita, in un clima elettrico, culmina, “imprevedibilmente e inspiegabilmente” come racconta il manager, con un gesto dell’ombrello che gli scappa per un misto di stizza e ironia, alla fine di una precisazione in difesa di Amazon: “non sapevo che la telecamera, sebbene abbassata a terra, fosse ancora accesa e stesse registrando le mie parole”. La puntualizzazione iniziava così:

“Sentite un po’ voi tre, che fate i giornalisti investigativi, cosa credete di scoprire che non abbia già scoperto la Guardia di Finanza? Che è da due anni alla ricerca di indizi e prove sulla stabile organizzazione, hanno scansito la memoria del mio computer, perquisito il mio ufficio, non hanno trovato nulla. Zero. E voi cosa sperate che vi confessi? Amazon è un’azienda seria, che rispetta tutte le leggi degli Stati in cui opera”.

La prima domanda dei giornalisti era stata: “Come risponde alle accuse di stabile organizzazione rivolte ad Amazon?”. Un mese dopo il suo licenziamento, cioè dal 1° maggio 2015, la filiale italiana comincia ad operare il buy-sell, ricevendo la partita Iva (che prima era di Amazon Eu Sarl, la sede europea in Lussemburgo), e a dicembre 2017 esce la notizia dell’accordo con l’Agenzia delle entrate che sanava con 100 milioni di euro l’accusa di stabile organizzazione per il periodo 2010-2015. Visto che siamo in tema, “Elusione fiscale” è una delle voci del glossario (Lessico Amazon), alla fine del libro, seguito da una Cronologia che va dal 1° novembre 1994 (registrazione dell’Url Amazon) al 2019 con l’acquisizione delle 627 librerie Barnes&Noble da parte di Elliot Management. Abbiamo citato questi episodi per chiarire che il libro di Angioni è una monografia seria, completa, scritta sine studio ac ira (senza spirito di rivalsa e acrimonia) che racconta la storia di Amazon in tutti i suoi aspetti, positivi e negativi, illuminandone i suoi principi basilari, la visione, gli aspetti tecnici. Non è quindi un’agiografia, un peana al dio Bezos, ma un libro utile e informato, per tutti, esperti, giornalisti di settore, manager, lettori non specializzati.

La coda lunga e il libro come “sacred cow”
Prima che Amazon cominciasse a scalare le classifiche mondiali del retail, prima di compiere le grandi acquisizioni degli ultimi anni, dal Washington Post (2013) a quella di Whole Foods, nel 2017, per 13,7 miliardi di dollari – acquisizione che ha permesso a Bezos di contare su 500 negozi fisici in un botto -, e prima ancora di lanciare nuovi servizi come Prime/Prime Now, o di entrare nella produzione video-cinematografica, Amazon è stata per molto tempo (ed è ancora) sinonimo di mega-libreria online. E Angioni viene, sembra un paradosso, da una famiglia di librai: suo nonno fondò nel 1910 una libreria a Torino, non certo piccola (si sviluppava su tre piani), con 14 dipendenti. “Quando ha chiuso, nel 2006, erano rimasti mia madre e due dipendenti” racconta l’autore. Prima di approdare ad Amazon, ha maturato esperienze bancarie (Jp Morgan) ed editoriali con Electa-Mondadori di cui è stato amministratore delegato fino al 2011.

Il libro, inteso come categoria di prodotto, è la “sacred cow” di Amazon, per molti anni rampa di lancio di un missile-impresa che oggi si può definire un every thing store, il più grande centro commerciale virtuale del mondo, una piattaforma sulla quale si può ordinare qualunque prodotto. Ormai un libro ogni 4 in Italia passa per Amazon. Sul tema Amazon&libri, Angioni scrive fra le pagine più interessanti. Con un aneddoto autobiografico che merita di essere ripreso per l’attualità dell’argomento:

“Siccome in tema di libri e di editoria ‘giocavo in casa’, durante il Salone del Libro di Torino (l’edizione di maggio 2012, ndr) feci una lunga intervista con Simonetta Fiori di Repubblica, nella quale difesi convintamente, a spada tratta si potrebbe dire, la presenza e le politiche commerciali di Amazon. In modo non troppo diplomatico (cioè non esattamente in linea con le speaking policies di Amazon), spiegai che il problema delle librerie indipendenti (in costante calo, sono scese al 24% del totale dei fatturati librari a inizio 2019) non era certo Amazon (allora con una ancora modesta quota a cifra singola, ora invece è al 27%) quanto semmai le librerie di catena (oggi al 44%)”.

Amazon ha in realtà contribuito a sviluppare il mercato del libro, ampliandone i confini di catalogo, e quindi le possibilità di scelta e ordine. A differenza della maggior parte delle librerie che stoccano normalmente dai 30.000 ai 35.000 titoli (fino a un massimo di 70.000-80.000 titoli per quelle più grandi), e sono per lo più novità e best seller pubblicati negli ultimi due-tre anni, Amazon offre centinaia di migliaia di titoli in pronta consegna (significava nel 2012 circa 450.000 titoli disponibili con Prime in 2-3 giorni, oggi in 24 ore) o milioni se si includono i libri stranieri e Kindle.

L’erede di Walmart
Nel capitolo Il modello di Amazon e i suoi antenati, Martin Angioni sviluppa il tema – poco, se non per nulla trattato – delle affinità tra l’impresa di Jeff Bezos e il gigante di Bentonville-Arkansas. Ci sono ricorrenti similitudini tra le regole auree che Sam Walton enuncia nella sua autobiografia Made in America e i 14 Leading Principles di Amazon:

“Amazon è l’erede, o la figlia, di Walmart, la più grande azienda del mondo, creata da Sam Walton alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso. Amazon ha ereditato (cioè, a dire la verità, imitato) lo spirito, i principi, il modello di business di questo retailer che ha fatto di una struttura dei costi più bassa di quelli dei concorrenti l’arma che gli ha permesso di conquistare gli Stati Uniti, e di espandersi in altri 28 paesi… Si può dire che Amazon sia la Walmart dei nostri giorni, cioè l’evoluzione tecnologica di quel modello di supermercato discount”.

Amazon e Walmart sono oggi complementari. Walmart ricava dai negozi il 96% del fatturato (e-commerce 4%), con oltre 5.000 punti di vendita e 2,5 milioni di dipendenti, e sta crescendo a ritmi sostenuti nell’eCommerce (20 miliardi di di ricavi). Ha il suo punto di forza nell’alimentare, nel controllo della logistica e della distribuzione (opera la propria flotta di Tir: 8.000 autisti, 6.000 motrici e 60.0000 rimorchi, il 10% refrigerati) con un’impronta logistica immensa che gli permette di coprire un’area che è del 30% più estesa dell’Isola di Manhattan. Dal 2019 offre un servizio di consegna next day per il 75% della popolazione del Nordamerica e ha sviluppato 2.700 punti di prelievo (pick up point) per ritirare i prodotti ordinati su Internet.


L’opposto vale per Amazon: forte nei settori non alimentari e online, ha dovuto acquisire nel 2017 Whole Foods, una catena di 500 supermercati specializzati nel fresco e nel biologico, per penetrare sul serio nell’alimentare. Ed è probabile che l’aumento della concorrenza nell’online unito alla necessità di verticalizzare (specializzare) l’offerta, spingeranno Amazon a nuove e mirate acquisizioni di catene fisiche. Ma alcuni dati commentati da Angioni ci permettono di intuire una delle possibili strategie di sviluppo. Nei primi 9 mesi del 2019 i ricavi complessivi di Amazon (193 miliardi di dollari) sono generati per il 56% dalla vendita di prodotti (era il 60% nel periodo corrispondente del 2018), mentre il resto (44%) viene dai servizi, +31% rispetto al 2018. A crescere di più non è quindi la vendita di prodotti al consumo, ma le commissioni dai fornitori terzi (3P, rappresentano il 18,8% dei ricavi), +24%, e i ricavi di tre distinti segmenti: abbonamenti Prime, Aws e la voce Other cioè pubblicità, “che è praticamente tutto margine”. Queste tre voci crescono a un ritmo del 37-38%.
Nella recente intervista con Cristina Clerico (cfr. Scrittori in città, 2020) Angioni ha riassunto così i tre principali ingredienti che alimentano la flywheel (il volano) di Amazon: work hard, have fun, make history: non siamo molto lontani dagli insegnamenti di Sam Walton, l’uomo che creò l’impero Wal Mart. Il ritratto si completa così:

“Entri dentro Amazon […] e ti rendi conto che l’individuo conta molto poco, l’individuo contribuisce, contribuisce tanto, può far la differenza, però allo stesso tempo viene sempre prima l’azienda […] nessuno è insostituibile, nessuno è necessario, nessuno deve avere o può costruirsi una rendita di posizione, niente … [l’azienda] è un ufo, un altro pianeta rispetto alla normalità a cui si è abituati in altri settori […] è un animale selvatico, a tratti rapace, cattivo… cattivo perché è selvatico, però è un leone e fa il leone” (Clerico, 2020).

Ciascuno ne tragga le opportune conclusioni.