Album da non perdere:
novità, inediti e ristampe

Scoperte emozionanti, esordi sorprendenti, retrospettive preziose, conferme e ritorni in grande stile. Non una classifica. Semplicemente, in venti titoli la musica più bella uscita negli ultimi dodici mesi senza distinzione di generi.

Scoperte emozionanti, esordi sorprendenti, retrospettive preziose, conferme e ritorni in grande stile. Non una classifica. Semplicemente, in venti titoli la musica più bella uscita negli ultimi dodici mesi senza distinzione di generi.


 


:: Aksak Maboul – Un Peu de l’Âme des Bandits + Before and After Bandits
– Crammed Disc
Quella del belga Marc Hollander, gli Aksak Maboul, era senza dubbio la band più anarchica nel circuito di Rock in Opposition. Sbilenca a iniziare dal nome: in arabo Aksak significa “zoppicare” e Maboul “folle”. Fecero due dischi: Onze Danses Pour Combattre la Migraine (1977) e Un Peu de l’Âme des Bandits (1980), miscelando rock, elettronica, jazz e musiche etniche assortite. Ne abbozzarono un terzo, completandolo trent’anni dopo con il titolo Ex- Futur Album. A questa ristampa in vinile è aggiunto un prezioso cd di inediti perlopiù live che vanno dal 1977 al 1980, gli anni d’oro della band con un unico affondo nel presente (2015).


:: Gordon Beck Jubilation! Turtle
Poco o per nulla noto al di fuori della cerchia degli appassionati di jazz d’Oltremanica, Beck è pianista dotato di tecnica finissima, lirico e swingante al tempo stesso, ma ha sempre agito un po’ ai margini di tutte le scene principali in quel gran calderone creativo che fu il jazz europeo negli anni della massima ebollizione: i Settanta. Dei suoi dischi circola ben poco, ma la risorta Turtle ora ci si è messa d’impegno tirando fuori un triplo di inediti che lo vedono in settetto, in trio e soprattutto in solo, perché bastano i venticinque minuti scarsi di Suite: Bits & Pieces a giustificare l’inserimento in questa selezione: come scrivere poesia purissima con un piano elettrico.


:: John Coltrane – Both Directions at Once: The Lost Album Impulse
C’è ritrovamento e ritrovamento. Questo è di quelli che valgono più di altri: un intero album di John Coltrane, registrato ai Van Gelder Studios il sei marzo del 1963. Quel giorno, finita la seduta, Trane si portò i nastri a casa, che finirono nel dimenticatoio. La seduta lo vedeva in compagnia di McCoy Tyner, Jimmy Garrison ed Elvin Jones. Un quartetto pilastro di tutta la storia del jazz. All’epoca Coltrane incideva per la Impulse!. I nastri sono saltati fuori ed ecco Both Directions at Once: The Lost Album pubblicato proprio dalla storica etichetta. Nel tesoro ritrovato anche due composizioni completamente inedite: Untitled Original 11383 e Untitled Original 11386.


:: Controlled Bleeding – Blistered Bags Of Fodder Swaying – Artoffact Records
Un sontuoso riepilogo a opera del fondatore Paul Lemos degli anni migliori di una band camaleontica, tuttora in attività, capace di saltellare dal noise più violento ad austere ballate gotiche, da oscuri ambient a improvvisazioni elettriche. I dieci cd del box coprono gli anni 1985 – 1988, quando con Joe Papa e Chris Moriarty, i Controlled Bleeding diedero alla luce album di grande bellezza, in particolare quelli in cui si esalta il canto ieratico di Papa: Music from Scourging Ground e Music for Gilded Rooms su tutti. E per chi vuole deliziarsi con il rumore più urticante c’è Death in the Cameroon, uscito solo su cassetta e mai più ripubblicato (attenzione agli altoparlanti!).


:: Cruel Diagonals Disambiguation – Drawing Room
Di mestiere Megan Mitchell fa l’archivista e fa anche altro: compone e canta, scrive saggi e fa pure la Dj. C’è lei dietro questa sigla con cui esordisce intrugliando suoni e mescolando le carte nel titolo, che appare come una promessa di chiarimento intorno ai misteri sonori qui officiati, che invece conservano intatto tutto il loro incanto. La vera natura sperimentale del disco la svelano i titoli nei quali albergano termini come liminale, obliquo, vago. C’è qualcosa di arcano che si invola su strutture ritmiche minimali, una voce che è soffio, sospiro e canto di solitudine e discreti field recordings a completare e disturbare il tutto. Musica per ambienti abitati da ombre e spettri.


:: Eclectic Maybe Band – The Blind Night Watchers Mysterious Landscapes – Discus
Destinazione ignoto. Si può indicare così la meta della missione esplorativa di questo estemporaneo sestetto, che perlustra disinvolto rock e jazz, elettronica e improvvisazione. Eclettici non per caso. A capitanarlo è il belga Guy Segers, noto per la militanza ultra quarantennale negli oscuri e minacciosi Univers Zero e il passato non si dimentica, perché qui si conserva inalterato il rigore tenebroso della storica band. Talvolta sono cupe atmosfere zeuhl a prevalere, illuminate da improvvisi lampi lisergici; altri momenti sono più riferibili all’improvvisazione jazzistica a tratti percorsa da fremiti elettrici e altrove prendono forma paesaggi elettroacustici più astratti.


:: Embassador Dulgoon – Hydrorion Remnants Psychic Sounds
Dall’Argentina arrivò il Manuale di zoologia fantastica di Jorge Luis Borges e Margarita Guerrero. Ora dal Cile spunta un analogo resoconto ma stavolta sonoro, perché potrebbe essere un juke box proveniente da Jurassik Park il lavoro basato sulla criptozoologia, di cui è responsabile Nicolas Carcavilla del collettivo Nonlocal Research. Un improbabile campionario di suoni e voci di animali di tempi remoti. L’idrorione del titolo, per esempio, è un rettile marino appartenente ai plesiosauri e vissuto all’incirca 185 milioni di anni fa (Giurassico inferiore), ma ce ne sono anche di immaginari, tutti catturati tra foreste e paludi di mondi perduti. Se non è questa exotica. D’altri tempi, certo.


:: Brian Eno – Music for Installations – UMC
Circondato da schiere di emuli ed epigoni, il non musicista per eccellenza ha proseguito negli anni a concepire nuove strategie sonore, altrettanto oblique di quelle passate alla storia come ambient music. Le musiche incluse nel box (sei cd o nove lp) datano dal 1986 a oggi, ma quasi tutto appartiene a questo nuovo millennio. Inediti e materiali già pubblicati ma non più facilmente reperibili. C’è di che scegliere: atmosfere ultra rarefatte, per dedicarsi alla pura meditazione, altre inquietanti e oscure, squarci di luce e di serenità, sussulti e in sottofondo un vago moto in assenza di gravità. Il sound è quello di sempre, la classe pure, eppure tutto risuona come se provenisse dal domani.


:: Entourage – Ceremony of Dreams – Studio Sessions and Outtakes 1972 -1977 – Tompkins Square
Furono tra i primi artefici con gli Oregon di una miscela acustica diffusasi solo tempo dopo, composta da minimalismo, jazz, musica da camera e tradizioni folk da tutto il mondo.
Il collettivo si chiamava per esteso The Entourage Music & Theatre Ensemble e lo inventò nel 1970 il sassofonista/tastierista Joe Clark a Baltimora. La storia finì alla fine dei Settanta con quattro album pubblicati. Solo il campionamento di un loro brano nel 2003 da parte dei Four Tet li ha fatti riscoprire e ne valeva la pena, perché la loro musica incanta tuttora. Questa raccolta di ben tre dischi non comprende gli album ufficiali ma un mucchio di inediti e alternate takes. Bizzarro, ma meglio di niente.


:: Eve Hessex – Here Appear – Soap Library/Sky Walking
Multistrumentista di stanza a Brooklyn, Hessex ha confezionato un seducente album d’esordio dove l’imprevisto è perennemente in agguato. Canzoni spiritate, free jazz strumentale, meditazioni minimaliste, che la vedono destreggiarsi brillantemente al sassofono contralto e all’ottavino, usando con parsimonia l’elettronica e alternando organo, clavicembalo, armonica a bocca, fischietto, campanelli e la voce, con la quale più che cantare invoca, snocciolando sci-fi contemporanea (Il problema dei tre corpi di Liu Cixin in Grind Away), o citando dalla poesia fuori dai canoni di Lev Rubinstein nel brano eponimo. Due le etichette, una per l’edizione in cassetta e l’altra per il vinile.


:: Eiko Ishibashi – Darin Gray Ichida Truffle
Meditazione jazz per ambienti zen. Ecco in sintesi questo lavoro, che risplende per serenità e inquietudine al tempo stesso. Una miscela di jazz, elettronica, ambient e atmosfere tradizionali del Sol Levante che stupisce per freschezza, naturalezza e coesione del tutto. Fuori dal Giappone, Ishibashi (pianoforte, organo, elettronica, flauto) è più che altro noto per aver collaborato con Jim O’Rourke e altrettanto dicasi di Gray (contrabasso, elettronica, voce trattata). Proprio al comune sodale è stato affidato il mix della registrazione effettuata in concerto a Tokyo, flusso onirico, che mescola atmosfere contemplative e malinconiche con stadi di tensione e perturbazione. Gemma d’Oriente.


:: Mike Westbrook Orchestra Catania Westbrook Music
Come si riassume una carriera musicale? Semplice, si tiene un concerto, mettendo in scaletta il meglio della propria produzione. E per non sbagliare di concerti se ne fanno tre. Forse non era proprio questa l’intenzione di Mike Westbrook quando nel luglio del 1992 si esibì con la sua Orchestra a Catania per tre sere di seguito, ma fatto sta, che il meglio di quei concerti sono un magnifico compendio della sua arte. Si va da Citadel/Room 315 a On Duke’s Birthday, da Westbrook/Blake a The Cortege e Westbrook/Rossini. Notti magiche: solisti fantastici, brani di grande bellezza. E proprio per citare il compositore pesarese, qui si può ben dire che ascoltando Catania “Di piacer mi balza il cor”.


:: The Necks – Body ReR Megacorp
Ogni loro ultima fatica sembra toccare un traguardo poi insuperabile: la musica appare compiuta, perfetta, immutabile. Nuove variazioni sembrano impossibili. Invece, i Necks ci riescono sempre e Body non fa che confermarlo. Si è tornati a un’unica composizione che, come di consueto, si aggira intorno all’ora di durata, dopo Unfold (2017), pubblicato solo su doppio vinile, che proponeva un brano per facciata. In realtà, Body si articola, più che in passato, come una suite in quattro movimenti e in particolare il terzo fa saltare nuovamente il banco con un ritmo incalzante, oltre che ossessivo, inaudito nella discografia del trio.


:: The Oakland Elementary School Arkestra – The Saga of Padani – Modern Harmonic
A insegnare musica agli allievi delle scuole elementari di Oakland (California) nei Novanta c’era un insegnante decisamente di larghe vedute, Randy Porter, autore di un particolare approccio didattico, assai creativo, alla musica improvvisata. A dargli una mano come “consulenti” si sono avvicendati alcuni specialisti della materia, gente come Terry Riley, Fred Frith, Dave Slusser e vari membri della Sun Ra Arkestra, Marshall Allen in primis. Registrò in proprio ben due raccolte dei lavori realizzati dai suoi ragazzi e questa ne è la summa. Qui si orbita dalle parti di un po’ tutte le musiche con traiettorie che sembrano sempre mancare il bersaglio e alla fine, chissà come, lo centrano.


:: Bernard Parmegiani Mémoire Magnétique, vol​.​1 (1966​-​1990) Transversales Disques
Musiche per sonorizzazioni, tutti brani inediti firmati da uno dei maestri dell’arte musicale elettronica, che sopravvivono allegramente alla loro destinazione d’uso originale. Un piccolo scrigno contenente diverse gemme, a iniziare dalla seconda versione di Versailles… peut​-​être, datata 1977: una corsa ossessiva verso il futuro annunciando la techno che verrà. A bozzetti elettronici più astratti, come L’herbe rouge, si alternano brani atmosferici che richiamano alla mente le colonne sonore degli horror/thriller all’italiana, per esempio La ville en haute de la colline. Tra i lavori elettronici di Parmegiani c’è De Natura Sonorum e quell’essenza si manifesta anche qui.


:: Allen Ravenstine – Waiting for the Bomb ReR Megacorp
L’apocalisse nucleare: un incubo custodito gelosamente da Allen Ravenstine per sessant’anni. Non se ne è mai separato sin dai tempi dei calzoni corti. Lo cullava quando militava nei Pere Ubu, impegnato a maneggiar tastiere e anche negli anni a seguire, una volta deciso di far tutt’altro. Visioni pericolose che ora hanno assunto la forma compiuta di un progetto musicale maturo: Waiting for the Bomb, un disco che sfugge a qualsiasi definizione di stile. Vi dominano l’angoscia dell’attesa, il peso della minaccia, uno sciame di suoni cupi, perturbati, onirici, che danno corpo a motivetti inquieti: Ravenstine, lui sì che ha fatto il botto.


:: Sun Ra ­– The Cymbals/Symbols Session – Modern Harmonic
Star dietro a tutte le uscite a nome Sun Ra è impresa impossibile, specie quelle del 2018, anno particolarmente ricco di pubblicazioni. D’altra parte, il suo è un archivio sterminato dal quale fuoriescono a ciclo continuo ristampe e inediti. Dal mucchio la spunta di un soffio questo ripescaggio di un album perso dalle sedute per la Impulse! negli anni Settanta e ritrovato all’inizio di questo millennio dalla Evidence: Cymbals. Qui viene rimasterizzato e integrato da una seconda session coeva e mai pubblicata. Una vera manna dal cielo (e da dove, altrimenti?). Per una buona metà le tastiere elettroniche di Sun Ra dominano la scena, ribadendo una volta di più la natura spaziale della sua musica.


:: Third Ear Band – Elements 1970-1971 – Esoteric
Apparsa nel bel mezzo della psichedelia, la band del terzo orecchio, armata di oboe (Paul Minns), violino e viola (Richard Coff), violoncello (Ursula Smith) e percussioni (Glen Sweeney), coltivava arti misteriche e acidi. La congrega diede alla luce due album tra il 1969 e il 1970: Alchemy e Third Ear Band, quest’ultimo altresì noto come Elements perché composto da un’unica suite dedicata ai quattro elementi. Ora rispunta rimasterizzato e irrobustito da due dischi e più di inediti e/o materiali rari e altrimenti irreperibili. Spiccano la colonna sonora di Abelard and Heloise, film prodotto dalla tivù tedesca, e alcune sedute per un terzo album che avrebbe dovuto chiamarsi The Dragon Awakes.


:: Anna von Hausswolff – Dead Magic – City Slang
Suo padre, il musicista svedese Carl Michael, è un esploratore di sonorità abissali. Lei sembra condividere la medesima attrazione per ciò che è sulla soglia o oltre, verso l’oscuro, e più che nei precedenti tre album, qui si inoltra nell’ombra più cupa, alternando ballate gotiche, atmosfere dark-folk e passaggi strumentali claustrofobici. La sua voce da strega (un po’ Kate Bush, un po’ Diamanda Galás, senza toccarne i picchi) e il maestoso organo a canne qui impiegato rendono il sound decisamente tombale, impreziosito da sezioni d’archi e chitarre sanguinanti, che stordiscono quanto basta. Opera pop al nero che beneficia anche di un sostegno letterario, quello del poeta Walter Ljungquist.


:: ZNR – Archive Box – ReR Megacorp
Mettere in musica (e talvolta in parole) quadretti, miniature, schizzi e altre istantanee di impressioni e ricordi. Agivano così Joseph Racaille ed Hector Zazou, autori nei Settanta di due album firmati ZNR: Barricades 3 e Traité de mécanique populaire. Diligentemente la britannica ReR li inserisce in un box completato da un terzo cd con registrazioni post ZNR: l’album Sous les flots bleus firmato da Racaille con Patrick Portella, sodale della band, e l’Ep Six Petites Chansons realizzato dal solo Racaille. Tutto molto charmant, tanto naïf quanto sperimentale, un po’ musiche di paese e un po’ musique de chambre. Il cofanetto regala un quarto dischetto con inediti, demo e live.