Immaginazione… Mediterraneo… Immaginate*

 

di Paolo Rosa

 

La mitologia delle culture mediterranee è ricca di figure tentatrici che adescano con il loro canto e attraggono con la loro forma. Esseri che combinano sembianze umane con parti di uccelli, forme di pesci e movimenti di serpente. Creature che scaturiscono da elementi imprecisati dell’aria, del mare, della terra, ma che soprattutto, nella mescolanza, appartengono all’inconscio e si manifestano con sogni affascinanti e terribili.

Quale di queste creature abbia visitato le nostre visioni notturne per tentarci a un viaggio nel Mediterraneo, a questa seducente ma faticosa avventura, è difficile ricordarlo. Di certo ha fatto leva su una serie di desideri e di sentimenti che già percorrevano il nostro pensiero e la nostra attività.

Primo ad accendersi è stato il senso di una appartenenza che travalica i dati anagrafici, i luoghi di residenza, ma si basa sulla percezione di un territorio, sulla capacità di riconoscere e sentire propri certi sapori (l’olio di oliva, il vino), certi profumi e certi odori (il mirto, le spezie), la consistenza di alcune materie (il marmo, l’argilla), la frequenza di diversi suoni o rumori (le risonanze di un liuto, le voci di un mercato), ma anche il sorgere e lo svanire di una certa luce. Sono sensazioni che senti sulla pelle, che penetrano oltre le barriere della ragione, in un convincimento più profondo di qualsiasi differenza di lingua, religione, nazione. Attraverso di esse impari ad apprezzare la vicinanza, il dialogo, l’innesto. Così come impari a vedere e rispettare il mare, il territorio, le memorie che sono depositate in loro o nella sapienza delle persone; diventi attento alle direzioni del vento, ai colori bruciati delle terre, al sorriso di un vecchio. Diventi curioso del volo di un insetto che di fiore in fiore impollina le differenze.

Il secondo sentimento è di inquietudine. La preoccupazione che da troppo tempo il Mediterraneo si sta configurando più per quello che divide piuttosto che per quello che unisce. Più come confine d’acqua che, per usare una metafora regalataci: “ una bacinella in cui posare i propri piedi vicino a quelli degli altri”. Troppi conflitti, troppe intolleranze, troppi radicalismi confondono il senso di questo territorio. Esasperano le differenze. Distaccano un sud, sottosviluppato economicamente e socialmente da un nord che, al di là dell’apparenza, soffre di uno sottosviluppo umano crescente. E al furore dell’uomo verso se stesso, aggiungono anche quello dell’uomo sull’ambiente. L’incuria, l’abuso delle risorse naturali, i grandi inquinamenti industriali accanto al degrado derivato dall’irresponsabilità anche del più piccolo gesto. Tutto ciò che la nostra civiltà scarta finisce prima o poi in questo bacino, dalle grandi e piccole città, attraverso i grandi e i piccoli fiumi. Ma il Mediterraneo ricambia le sue acque solo nell’arco di 90 anni. Questo mare, questo territorio ha anche il suo tempo, il suo ritmo, che ormai però non è più né avvertito, né rispettato. Se non quando reagisce, brutalmente, con le alluvioni, le eruzioni, i terremoti.

 

*questo testo è una versione parzialmente modificata dall’autore stesso di quello incluso nel volume Meditazioni Mediterraneo edito da Silvana Editoriale, libro “affluente” del progetto/mostra itinerante (percorso di cinque videoinstallazioni interattive) di Studio Azzurro che ha già fatto tappa a Napoli (Castel Sant’Elmo Marsiglia (Vieille Charité) e Tokyo (Mori Art Museum).

 

 

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