AA.VV. L’interno dell’esterno dell’interno di Second Life di Simona Vitale

 


Dopo diverse ore di negoziazione sul luogo da visitare, gli italiani propendono unanimi per una vista ad un’altra capitale europea: Amsterdam.

La città olandese mi sorprende per la grande verosimiglianza con l’originale. Piazza Dam è riprodotta fedelmente. Inutile dire che qui droga e sesso sono messe in primo piano. Mi annoio. Decido di esplorare in autonomia il vasto e incalcolabile mondo di SL. Visito molti casinò, locali da ballo, e club di striptease. In uno di questi incontro Jade, una ragazza bionda e pesantemente agghindata, la quale mi si avvicina con fare gentile. Jade mi confida di lavorare come intrattenitrice di clienti presso il locale. Mi offre una piña colada al bar, mi racconta della sua vita in RL[3]. Jade è americana e ha origini italiane. E’ sposata, ha due bambini e vive nel Massachusetts. E’ molto cortese. Mi dona vestiti, scarpe e gioielli. Mi invita nella sua casa, un palazzo di ghiaccio con decorazioni natalizie, iscrizioni elfiche e immagini di angeli alati. Jade possiede anche una pista di pattinaggio. Mi regala un paio di pattini e mi invita a volteggiare sul ghiaccio insieme a lei. Più tardi mi confessa di aver costruito integralmente la sua abitazione fatata con lo scopo di far divertire i suoi bambini nella RL. Dopo poco Jade mi congeda. La saluto con gratitudine.

Nei giorni a successivi esploro molte regioni e sandbox, luoghi deputati alla costruzione. Qui incontro tre ragazzi americani intenti a lavorare ad un progetto grafico. Sono in compagnia del loro tutor accademico. In RL sono all’Università. Quello a cui ho assistito non è altro che una lezione universitaria di design impartita in SL.

E’ notte. I cicli di buio e luce si alternano velocemente in Second Life. Ritorno ai Parioli, padrona del teletrasporto. Come ad attendermi, incontro un uomo in ginocchio. Ha le vesti di un schiavo egizio. Mi chiede di essere la sua signora. Mi dimostro disinteressata alla proposta. Lo schiavo ha una modalità di interazione mai riscontrata negli abitanti di SL. Il suo avatar  interpreta appieno il suo personaggio. Persona e personaggio coincidono integralmente. Non vuole gettar via la maschera della messinscena. Sostiene di essere fuggito dal suo crudele padrone dal quale ha subito indicibili violenze. Chiedo di poter parlare alla persona che si cela dietro l’avatar. Lo schiavo acconsente a patto che io segua un piccolo accorgimento nella comunicazione. Per poter interrompere la conversazione con il personaggio ed accedere alla comunicazione con l’utente dovrò scrivere utilizzando delle virgolette <...>. Questa è la formula che mi consentirà di parlare alla persona “reale”. Lo schiavo mi conduce in un luogo dalle costruzioni medievali. Mi rivela che lo spazio in cui ci troviamo è adibito allo scambio e alla vendita di schiavi. Qui Master e Mistress scelgono la “merce” e la acquistano come ad un supermercato della carne.

Osservo galeoni, distese di tende e accampamenti. La terra battuta è a tratti insanguinata. Una bestia simile ad un dinosauro giace priva di vita tra capanne e fuochi perennemente fiammeggianti.

Chiedo allo schiavo delucidazioni in merito al gioco. Mi risponde risoluto che questo non è un gioco e mi esorta a fare attenzione.

L’utente/schiavo dopo molta riluttanza mi descrive i motivi che lo spingono a vestire i panni di un servo. Lo schiavo nella RL svolge un ruolo dominante nella sua professione. È in SL per esperire una posizione subalterna a questi sconosciuta nell’esistenza oltre lo schermo.

Lascio l’uomo in balia del suo padrone tornato per riprendersi l’oggetto perduto.

All’incontro con lo schiavo seguono molte conoscenze e chiacchiere con gli abitanti di questo mondo virtuale.

Le considerazioni più ricorrenti esplicitate negli incontri riguardano la possibilità tuttaffatto remota della dipendenza da SL. I soggetti incontrati asseriscono quasi tutti di concepire la vita in SL come reale quanto quella vissuta oltre il cyberspazio.

Le attività a cui si dilettano maggiormente hanno a che vedere con il corpo e la fisicità. Sport e sesso estremo non a caso rappresentano le due forme di interazione fisica maggiormente frequentate.

Al paracadutismo, surf, motociciclismo, ad esempio si affiancano attività rivolte al piacere estremo. E’ il caso della comunità dei oreani seguaci del BDSM (acronimo di Bondage, Domination, Sado-Masochism) una pratica che ha origine da una vasta letteratura la quale varia dai racconti del marchese De Sade alle storie fantascientifiche di John Norman.

A tali diletti si rivolgono i creatori di ambienti di tortura in SL, strumenti sofisticati di grandi ingegno e complessità, tra i quali un gigantesco spiedo per cuocere gli avatar ed una fogna dalla quale piovono escrementi ed urine.

Quasi tutti i oreani incontrati (non molti) mi confidano di praticare le medesime attività nella vita reale e ciò non sorprende visto che SL, nonostante tutto faccia pensare al contrario, si dimostra essere nient’altro che un prolungamento della first life.

Gli abitanti di SL sono perlopiù grafici e web designer, professionisti dell’informatica e della rete con la volontà di riversare le proprie competenze in un gioco dai confini più che reali.

Molti giocatori svolgono nella cosiddetta prima vita una professione creativa ed esprimono così l’esigenza di estendere le proprie capacità in un universo sociale più esteso di quello consueto. Musicisti e programmatori esibiscono in tal modo la propria arte in quel teatro spettacolare che è Second Life. Difficile è scindere i due mondi che si compenetrano in SL: gioco e affari, reale e virtuale, fittizio e vero sono categorie qui sovrapposte.

Altrettanto arduo è non lasciarsi coinvolgere dalla rete di relazioni intessute in SL e percepire i rapporti sociali come marginali e secondari.

Mentre il racconto volge al termine il mio avatar si appresta a partecipare ad una cerimonia nuziale che avrà luogo presso i Parioli. Sono chiamata dalla sposa a svolgere il ruolo di damigella d’onore. Ho dato parola della mia presenza. Non posso mancare.

 


[3] Abbreviazione con cui i second lifers si riferiscono alla vita reale.

 

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