Il Mostro e lo Scienziato: 
Frankenstein, o della rivoluzione industriale
 

 

di Carmine Treanni



Quando si parla di precursori della letteratura di fantascienza si cita anche Mary Wollstonecraft Shelley e la sua opera più nota: Frankenstein o il Prometeo moderno, pubblicata nel 1818.

Lo studioso francese Jean Gattegno, ad esempio, è molto categorico su questo punto:

“Al di là del vecchio mito prometeico che lo fonda e della giovane tradizione romantica che lo rende di moda, il romanzo della Shelley è il primo testo narrativo che utilizza l’impulso d’una scienza in piena espansione per lanciare il suo intrigo”[1].

Anche per lo scrittore e critico inglese Brian Aldiss, la fantascienza moderna è iniziata proprio con il romanzo della Shelley[2]. Così come per Mario Praz:

“Oltre al merito di essere uno dei più agghiaccianti «romanzi neri» o «gotici», il Frankenstein di Mrs. Shelley ha quello di aver iniziato il tipo di favola fantascientifica che nel nostro secolo, a cominciare dal gran successo dell’Isola del dottor Moreau di H. G. Wells (1896), si è talmente diffuso che è divenuta un genere letterario a parte. C’è però un’importante differenza tra il punto di vista di Mrs. Shelley e quello di H. G. Wells e dei suoi innumerevoli epigoni. Sebbene entrambi i romanzi, Frankenstein e l’Isola del dottor Moreau, si concludano con una catastrofe, nel secondo caso questa è a sfondo socio-politico, mentre nel primo è a sfondo etico-religioso”[3].

Al di là dell’attribuzione del romanzo della scrittrice inglese fra quelli che hanno contrassegnato la science fiction, resta il fatto che Frankenstein segna la rottura con il romanzo gotico del 700, di cui è comunque figlio, e apre la strada ad una letteratura più attenta alla realtà in cui nasce e alla scienza, tanto che si può affermare – ed è la tesi che intendiamo sostenere – non solo che è il romanzo che segna l’apice della cosiddetta rivoluzione scientifica, ma è anche il romanzo simbolo della rivoluzione industriale, che proprio in quegli anni muoveva i suoi primi passi.

Il Mostro: l’ultimo romanzo della letteratura gotica

Il romanzo della Shelley è, dunque, allo stesso tempo il primo testo narrativo che utilizza l’impulso d’una scienza in piena espansione, ma è anche l’ultimo esempio di quella letteratura che si nutriva di storie tormentate e ricche di eventi sanguinari o profezie di sventura, di ambientazioni cupe e lugubri, di personaggi soprannaturali. Questi due elementi convivono e sono simbolicamente rappresentati dai due protagonisti del romanzo: il Mostro e lo Scienziato.

Vale la pena ricordare, seppur note, le circostanze entro le quali prese forma il romanzo: nell’estate del 1816 Mary e il marito, il poeta Percy Bysshe Shelley, si recarono a Villa Diodati, la residenza che Lord Byron aveva affittato sul lago di Ginevra. Qui, per ingannare la noia di un’estate piovosa, i tre si diedero alla lettura di storie di fantasmi; la cosa li ispirò a tal punto che decisero di imitarne il genere. I tre intavolarono una discussione riguardante il “segreto della vita”, ovvero su alcuni esperimenti condotti dal fisico Erasmus Darwin, nonno del più famoso Charles, che aveva infuso nuova vita, grazie all'elettricità, in un gruppo di piccoli vermi. Sempre di quel periodo sono gli esperimenti di Galvani, che con la sua pila era in grado di far contrarre i muscoli di una rana morta. Tutti questi fatti affascinarono e influenzarono Mary Shelley, tanto che durante la notte ebbe un incubo nel quale immaginò un uomo animato da una macchina. Al mattino riportò su carta il suo sogno e, incoraggiata dal marito, ne tirò fuori un romanzo che diventò famoso in tutto il mondo con il titolo di Frankenstein o il Prometeo moderno.

Il romanzo fu pubblicato per la prima volta nel 1818, in tre volumi e Mary aveva solo diciannove anni. Percy Shelley ne curò la prefazione e, finché non fu aggiunto il nome della moglie, gli fu attribuita l'opera intera.

La stessa Shelley, nell’introduzione al romanzo, formalizzerà l’ambiguità stessa della sua opera, nuova per la sua dichiarata paternità nei confronti delle scienze naturali, ma legata anche alla letteratura gotica e ai suoi stereotipi narrativi.

“Il caso di cui tratta questo romanzo è stato giudicato possibile dal dottor Darwin e da altri fisiologi tedeschi. Non si supponga, però, che io presti seriamente un minimo di fede a tale ipotesi; pure, accentandola come base di un lavoro di fantasia, ho cercato di far qualcosa di più che non collegare insieme una serie di fatti terrificanti: l’evento su cui poggia l’interesse della mia storia non presenta i difetti del solito racconto di spettri o di incantesimi; esso si raccomanda per la novità delle situazioni che ne scaturiscono, e, per quanto irreale – in un dominio puramente fisico – offre all’immaginazione un panorama più ampio e aperto di quello concesso da normali rapporti di eventi reali”[4].

Del resto se il Settecento è stato il secolo dei lumi, già nella seconda metà del secolo si diffondeva, proprio in Inghilterra, un sentimento generale che può definirsi anticlassico, preludio di quello che poi sarà il romanticismo. Una sensibilità basata sull'immaginazione che in seguito diventerà un orientamento più diffuso del pensiero filosofico, ma anche di quello scientifico.

Sul piano strettamente culturale tutto ciò si traduce in un recupero del mondo medievale e di un gusto gotico dell’arte e della letteratura: un allontanarsi dalle certezze dell’Illuminismo settecentesco e un affacciarsi di sentimenti irrazionali che erano il riflesso di un senso di timore per le trasformazioni politico-sociali che stavano avvenendo in quegli anni attraverso le Rivoluzioni (quella americana, quella francese e la rivoluzione industriale).

Questa nuova sensibilità genera la cosiddetta letteratura gotica che ha ne Il Castello di Otranto di Horace Walpole del 1784 il suo archetipo. Si tratta di una narrativa caratterizzata dalla presenza di scenari come chiese, conventi, abbazie, antichi castelli e labirinti: luoghi tetri e oscuri dai quali può emergere un tipo di orrore che affonda le sue radici nell’irrazionale.

 


[1] Citato in Adolfo Fattori (a cura di), L'immaginazione tecnologica. Teorie della Fantascienza, Liguori, Napoli 1989.

[2] Brian Aldiss, Un miliardo di anni – Storia della fantascienza, dalle origini a oggi., Edizioni SugarCo, Carnago (Va) 1974 (1973)

[3] Mario Praz, Introduzione a Mary Shelley, Frankenstein, ovvero il moderno prometeo, Rizzoli Editore, Milano 1975 (1818).

[4] Mary Shelley, Frankenstein, ovvero il Prometeo moderno, op. cit.

 

 

    (1) [2] [3]