Un numero speciale, una donna fuori dal comune e una dozzina di cartoline


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  [NAPOLI]
di
Gennaro Fucile


Poche decine di metri tra i meno celebri di Napoli, poco significativi per bellezza architettonica, per folclore, per decadenza, per traffico, per sporcizia, per quello che si vuole. È solo un altro, ennesimo esempio di struttura edificata sulle rovine di precedenti insediamenti. Ciò che la rende differente è che la cartoleria occupa esattamente sì gli stessi spazi, ma sulla quarta dimensione, quella temporale, ha conservato inalterata la traccia di una precedente attività commerciale, una libreria, che non era solo una libreria, ma anche un negozio di dischi e non soltanto un negozio di dischi e una libreria, ma anche un negozio di giochi didattici per bambini. L’ingresso era dedicato all’esposizione delle novità editoriali. Una scala conduceva al negozio vero e proprio, posto sotto il livello stradale. Una discesa emblematica nel sottosuolo, inabissamento nella coscienza dove albergano domande che il sapere cerca di soddisfare. Tre i locali sottostanti, pavimenti rivestiti di moquette, in modo da ingentilire il gioco di pedane, dei rialzi che facevano di Vito Fornari 10 uno spazio dove incontrarsi, un salotto dove consultare libri e ascoltare musica, un trucco di scena per rendere naturale il passaggio da uno spazio di vendita all’altro. Visitare questi spazi era come navigare tra link. Era uno spazio per conversare, scambiare opinioni, impressioni, considerazioni, ragionamenti, informazioni, pareri, intorno a la musica, la letteratura, il cinema, il teatro, lo spettacolo e l’intrattenimento. Si chiamava Vito Fornari 10, terzo omaggio, appunto, all’abate, con il 10 a precisare il numero civico. 
Vito Fornari 10 si inaugurò il 29 gennaio 1979 e sparì di fatto nella notte del 23 novembre 1980, quando il terremoto mise in ginocchio l’economia già disastrata del capoluogo campano. Sei mesi dopo chiuse, rilevata e trasformata nell’anonima cartoleria tuttora in attività. La traccia che si conserva intatta è, in realtà, una sequenza di tracce musicali, una cassetta, nastro al cromo, riemersa, come certi manoscritti in bottiglia, da sopiti abissi, e che porta incisa una colonna sonora ideale per un documentario sulla vita reale di Vito Fornari 10. Musiche non sempre corrispondenti agli album in vendita, musica di sottofondo, una filodiffusione alternativa, dove capitava di sentire la geometrica Volo Vivace dei Tuxedomoon, prelevata dal loro esordio a 33 giri Half-Mute. Suoni malsani, geometrie ossessive, i Tuxedomoon prima di quest’album erano apparsi in una bizzarra compilation della Ralph Records, l’etichetta discografica dei misteriosi Residents, gente che si celava dietro maschere, enormi globi oculari, un accolita di musicisti di cui ancora oggi si ignora l’identità e il numero dei componenti. L’album era Subterranean Moderns e anche i Residents vi parteciparono, ma nella colonna sonora di Vito Fornari 10 c’era invece un EP (un Extended Play, cioè un maxi 45 giri), Diskomo, ovvero la versione disco del loro concept album Eskimo, etno-reportage su una cultura immaginaria. Cantilene demenziali ed elettronica in dosi ancora più massicce, per danzare al Polo Nord.


 
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