Un numero speciale, una donna fuori dal comune e una dozzina di cartoline


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[
SAN GIULIO]
di
Marco Bertoli


 
CCaro Quaderni,
la tua proposizione: “(…) un triangolo: l'autore del pezzo, l'opera e/o l'artista e il luogo. Citare altri autori non è proibito, ma il focus è questo triangolo”. (una proibizione bensì c’è, conferita a voce – “a nessun costo si dica io”, intimazione che manco ci penso a controvertere, io).

Solo che non c’è mica da giurare che, tesa fra i vertici che tu metti avanti, “autore del pezzo/opera/luogo”, quella figura riesca in fin dei conti un triangolo. Almeno, non uno di quei triangoli che sappiamo tutti, le punte dure affilate, da girarci intorno cauti per non prenderci dentro e farsi male. Ma forse la tua metafora gemoetrica sarà abbastanza lasca da permettere di immaginarlo, questo triangolo, un triangolo aggiustabile? Per intendersi: con due punte fisse e la terza mobile, le semirette incernierate agli estremi del lato opposto per variare, secondo necessità, la ripartizione degli interni 180°? È possibile immaginare che uno dei vertici, quello detto dell’opera, non se ne voglia restare fisso a un’opera e a quella sola? Non sarebbe anzi interessante supporlo (meglio ancora che mobile) molteplice, cioè addirittura porre in revoca il proposto triangolo per favorire un profilo giocondamente dentato, genere corona o catena montuosa? Non sarebbe più rimunerativo per chi legge? 
Fisso e unico, dunque, è un vertice; l’autore del pezzo, egli che non può dire “io” e dunque tantomeno dirà “noi” o “loro”. Fisso è anche un altro, il luogo, perché un luogo, beh, si capisce, o è lì dov’è, o non è. 
Ora, il terzo vertice. Un libro, a volerne trarre il nuovo e l’inaudito che sempre se ne spera, tocca prima metterci dentro per poco o tanto quello che già si sa: un po’ come quando si soffia in un palloncino mencio per estruderne, dormienti nel lattice, il coniglietto, il cuore… Tieni anche conto di questo, tu, che hai letto per tutta la tua vita fino a oggi: non hai finito forse per ritrovartele, quelle letture, tutte spalmate in vario grado di emulsione su più o meno qualunque superficie il tuo sguardo abbia incontrato? 
Fin qui, d’accordo. Pensare adesso a un romanzo. Il lettore che ha viaggiato e viaggia, il cosmopolita che ha pisciato in tanta neve (o se no, il sedentario curioso di atlanti e repertori geografici), non si troverà favorito in questo esercizio di conoscenza che è la lettura, grazie al corredo di cotanto repertorio d’immagini e sensazioni, o se no almeno di nozioni e tabelle? Parrebbe logico.


 
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