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    Universi alternativi, il west di Marco Ferreri di Andrea Sanseverino
    westwest westwest
     

    A rendere più fertile nel film il gioco degli anacronismi, contribuiscono anche le caratterizzazioni degli altri personaggi, interpretati da attori di rilievo a cominciare da Catherine Deneuve, qui angelica nobildonna mossa da un discutibile senso di generosità verso il prossimo, purché di pelle bianca. Votata alla causa degli yankee, alterna la meraviglia per il cielo stellato all’altrettanto stupore per l’ostinazione degli indiani d’America a popolare una terra che Dio ha concesso ai bianchi, e per questo convinta che scacciarli ad ogni costo sia un atto non solo legittimo ma che ne giustifica anche lo sterminio: “sono belle le missioni umanitarie”, esclama Marie-Hélène de Boismonfrais, alla quale Ferreri concede il ruolo da protagonista nella scena decisamente più comica del film, quando da timida e ritrosa alle avanche di Custer, si trasforma in energica amante capace di sollevare lui e condurlo a letto. 
    Tra gli indiani, spiccano i volti di due celebrità del cinema internazionale, Serge Reggiani e Alan Cuny, nei rispettivi ruoli dei leggendari Cavallo Pazzo e Toro Seduto, due nomi che riflettono due atteggiamenti diversi nei confronti della crudeltà dei bianchi: il primo non a caso scalpita per attaccare gli usurpatori con un’azione collettiva di resistenza condotta da tante tribù (accomunate, nel film, a meridionali e palestinesi) così unite da formare un popolo; il secondo, statico nello sguardo come nei gesti, agli inizi più riflessivo, convinto che i barbari attacchi subiti dalla sua gente siano frutto dell’indisciplina dei soldati, all’insaputa del presidente Nixon, del quale anacronisticamente il generale Terry conserva il ritratto nel proprio ufficio.
    Ad alimentare quello strano concetto di pace, che serve, come lamenta Cavallo Pazzo, a preparare una nuova guerra, c’è inoltre il personaggio interpretato da Paolo Villaggio, vorace divoratore di patatine fritte ma soprattutto indispensabile manovalanza intellettuale per la supremazia imperialista statunitense (la pax americana), ma che non disdegna di venire ai fatti adoperando con destrezza fucili di quelli tipo Mannilicher-Carcano, dal ’63 abbinato all’icona di Lee Harvey Oswald e ai tragici fatti della Dealy Plaza di Dallas.

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